Coronavirus: la previsione con mezzi tradizionali
Con il consueto interesse e gratitudine, vi consiglio la lettura di questo articolo di Lamberto Aliberti. A.G.
La domanda è sulla bocca di tutti, anche se spesso ci rimane, perché siamo confinati in casa: quando finisce? E lui è il coronavirus. Ma la scienza fino a qualche giorno fa ha evitato accuratamente di fornire una risposta. Poi gli statistici si sono fatti vivi. E il prato del web fiorisce di ipotesi sul numero dei contagi futuri. Le tecniche appartengono tutte alla famiglia tradizionale della proiezione delle tendenze in atto, che vede tre passaggi:
- Raccolta dei dati storici
- Ricerca della migliore curva che li interpola, vale a dire quella che scosta meno, in media. In sostanza: si dispone di un set di dati storici. Ciascuno viene sottratto dal corrispondente temporale della curva – si chiamano dati teorici – Di tali scostamenti si fa la media e la curva che presenta la media più bassa è quella scelta.
- Sua applicazione al futuro.
Insomma, si cerca nel passato una traiettoria sufficientemente descrittiva delle tendenze in atto e la si proietta nel futuro. Il primo problema è l’individuazione della curva più adatta allo scopo, cioè più approssimata. Per qualche fenomeno si usa una molteplicità di curve fino a trovare quella ottima. Nel caso specifico però il guaio è un altro: i dati storici sono pochi. Conosciamo I casi della Cina dal 22 gennaio. Peggio che mai l’Italia, dal 26 febbraio. Risultato? Possiamo moltiplicare le curve teoriche, come vogliamo, ma saranno vicinissime l’una all’altra. Extrapolate al futuro però andranno a raggiungere valori diversi.
aldo giannuli, coronavirus, lamberto aliberti