Considerazioni sulla decadenza degli intellettuali
Viviamo un tempo sempre più povero di intellettuali, dove il conformismo ha infettato la gran parte di coloro che dovrebbero stimolare un pensiero critico e analitico. Perchè il ‘900 ha visto sia in Italia che in occidente meravigliose stagioni di intellettuali, pensatori, poeti, studiosi, musicisti, compositori ed oggi abbiamo davanti a noi una prospettiva così omologata e desertificata? Ragioniamo insieme e scrivetemi che ne pensate, riprendendo i ragionamenti avviati nell’approfondimento dedicato al libro “La decadenza degli intellettuali” di Bauman.
Aldo
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Francesco
Al vertice del conformismo, io credo, c’è il provincialismo delle periferie. Un senso di inferiorità dettato dalla distribuzione del potere incontestato e, soprattutto, incontestabile. Se non dobbiamo più preoccuparci della nostra sicurezza, ossia se non ci è concesso provvedere a noi stessi e nemmeno stabilire delle priorità sociali e culturali, se manca lo stimolo principe come motore della riflessione perché tutto ci è già politicamente fornito altrove e senza contestazione possibile (come che i social sono tutti statunitensi), allora tutto ciò che rimane è in vendita al miglior marketing. Ci è concesso soltanto provvedere all’economia in una sorta di darwinismo verso risorse già stabilite a monte. Più in concreto e sintetizzando professore, credo che il problema del conformismo stia nell’incontestabilità del potere. E questo potere è, soprattutto, geopoliticamente stabilito nelle élite e negli apparati statunitensi.