Come rilanciare l’occupazione? E se provassimo con l’autoimprenditorialità?
Una campagna elettorale diversa 3
A leggere i programmi dei partiti sembra che vogliano tutti le stesse cose: maggiore crescita, maggiore giustizia sociale, distribuzione più equa del peso fiscale, più occupazione, pubblica amministrazione più efficiente ecc. Sembra la fiera dell’ovvio: ve l’immaginate un partito che chieda minore occupazione, meno sviluppo, più ingiustizia sociale, e pubblica amministrazione meno efficiente? Il punto è come ottenere questi risultati? Qui i programmi dei partiti cadono nella reticenza più assoluta balbettano imbarazzati qualcosa di molto generico.
Ha iniziato Monti con la sua leggendaria “agenda” della quale ha icasticamente detto Cirino Pomicino (ministro delle Finanze quando Monti ne era consulente) che non ha una sola idea forte ed è solo una collezione di petizioni di principio. In effetti, nel famigerato documento non si trovano indicazioni concrete che non vadano in direzione esattamente opposta a quelle istanze di sviluppo occupazionale: il testo insiste sulla via del rigore che proprio non si capisce come possa accordarsi con la crescita.
Poi gli altri (Bersani, Berlusconi, Bossi e, mi spiace dirlo, anche Vendola ed Ingroia) hanno fatto di meglio cucendo parole in libertà e, in ultimo, Grillo non mi pare da meno.
Veniamo al cuore del problema: i grandi imprenditori preferiscono o investire i capitali in titoli del mercato finanziario o in impianti delocalizzati nei paesi in cui la forza lavoro costa meno. Le piccole e medie imprese sono strangolate dalla tenaglia fra costo del denaro bancario e pressione fiscale.
I giovani, che pure vorrebbero dar vita a qualche impresa, non ricevono né sostegno pubblico né credito bancario a condizioni decenti. Infine, il taglio della spesa pubblica (per quanto ragionevolmente necessario) implica anche una riduzione della committenza pubblica sul mercato. Magari non direttamente proporzionale ai tagli operati, ma comunque una riduzione ci sarà.
Morale: in queste condizioni andiamo in fallimento senza nessun dubbio. E’ ovvio che la base occupazionale si contrarrà ulteriormente, quindi diminuirà ancora il monte salari da spendere, quindi caleranno i consumi, il che metterà fuori mercato un altro pezzo di imprese, dunque l’occupazione si ridurrà ancora e così via, in un giro a spirale verso il fallimento. Anche dello stato, intendiamoci, perché se la tendenza è questa inevitabilmente caleranno le entrate dello Stato il che renderà sempre meno credibile la restituzione del capitale assorbito dai titoli pubblici e, quindi, crescerà la pressione degli interessi e cosi via. Ovviamente sono possibili accorgimenti, deviazioni, rettifiche, modi per prendere tempo ma la tendenza di fondo resta questa.
Allora che si fa? Lasciamo da parte, per ora, il problema della riduzione della pressione fiscale e concentriamoci sul come finanziare il rilancio occupazionale. Valutiamo l’idea dell’auto imprenditorialità (o impresa autogestita). Si tratta di questo: immaginiamo il caso in cui un imprenditore decida di chiudere un’azienda o un suo reparto (magari per impegnare il capitale ricavato in una speculazione finanziaria o per delocalizzare la produzione in un paese asiatico), ma i lavoratori ritengono che ci siano i margini di mercato per resistere. In questo caso, si potrebbe, per legge, riconoscere ai lavoratori una sorta di golden share nell’acquisto dell’azienda e subentrare nella proprietà. Si porrebbe il problema di come finanziare l’acquisto e le strade potrebbero essere due (eventualmente in combinazione fra loro): o utilizzare un fondo di resistenza alimentato dagli accantonamenti Tfr o organizzata ad hoc dai sindacati (che si spera ricomincino a fare qualcosa), oppure con l’ingresso dello Stato come socio temporaneo, che acquista un pacchetto di azioni poi gradualmente ricomperato dal collettivo dei lavoratori nel tempo.
E lo Stato dove trova il denaro? Se ci fosse ancora la moneta nazionale non ci sarebbero problemi: emettendo moneta (ecco una buona ragione per pensare ad uscire dall’Euro, pur se con la dovuta gradualità), ma nella situazione in cui siamo potremmo tentare altre due strade. La prima, preferibile, è quella di utilizzare allo scopo la Cassa depositi e Prestiti (i conti postali, per intenderci) che nel frattempo andrebbe sottratta alla voracità delle banche cui la vorrebbero consegnare. L’altra strada è quella di usare i beni demaniali ed azionari destinati alle privatizzazioni non per fare questa solenne sciocchezza, ma come garanzia alla base di specifici titoli da emettere per sostenere l’auto impresa.
Ovviamente, occorrerebbe evitare pasticci clientelari per cui si vanno a finanziare cose che non hanno prospettive economiche serie e destinate a chiudere dopo aver sperperato un altro po’ di denaro pubblico. Dunque è bene studiare le opportune garanzie di controllo sula fattibilità economica dei progetti.
Ovviamente, lo stesso metodo potrebbe essere applicato anche all’imprenditoria giovanile ed, anzi, questo appare particolarmente indicato per una generazione che non sembra amare molto il lavoro dipendente. Il punto è questo: la grande proprietà non ha bandiera nazionale e tende a non mettere radici, mentre la piccola impresa ed, ovviamente, quella posseduta da quanti ci lavorano, al contrario tende a radicarsi sul territorio. Anche per questo il graduale passaggio di parti significative di manifattura nelle mani dei lavoratori è una premessa necessaria di una ripresa occupazionale, soprattutto nel settore manifatturiero.
Aldo Giannuli
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pierluigi tarantini
Caro Aldo,
il post prende spunto da un dato noto: la devastazione del nosto sistema produttivo.
Eclatante è il caso Richard Ginori, dei cui è stato dichiarato di recente il fallimento.
Come se ne esce (rectius come ne usciremo)?
Sicuramente più poveri, con (ancor) minori retribuzioni, con un’economia maggiormente orentata verso le esportazioni (trend già in atto).
Certo non se ne esce senza un politica industriale che, nell’Italia di Berlusconi, è stata ricordata solo in una puntata di Chi l’ha visto.
Necessaria è anche una politica del lavoro degna di questo nome e, sotto questo aspetto,è interessante l’esperienza tedesca http://vocidallagermania.blogspot.it/
Sempre in relazione all’esperienza tedesca rimando a quanto riporta Bagnai sul suo blog nel post Cosa ne sapete della slealtà.
Sa
In realta’ direi che Grillo ne ha parlato molto in questi giorni, intendo di misure concrete per le medie-piccole imprese. Esempio:
Pagamento dell’IVA solo a fattura incassata
Attribuzione del “Made in Italy” solo alle aziende che producono in Italia
Crediti dallo Stato in pagamento entro 60 giorni
Accorpamento e semplificazione degli adempimenti fiscali
Diminuzione graduale della tassazione sul reddito di impresa con adeguamento alla tassazione europea
Defiscalizzazione degli investimenti
E per trovare il denaro, be’ non sto neanche a dirlo, e’ piuttosto ovvio dove si propone di recuperarlo (vedi Regione Sicilia e fondo 5 stelle per il microcredito alle imprese)
Non c’è lavoro Proviamo con l’autoimprenditorialità | FiascoJob Blog
[…] Dal blog di Aldo Giannuli […]
richard
In effetti Sa ha ragione. Il post di Giannuli – è in sé una buona notizia per chiunque sia aperto a quel confronto sulle idee su cui Grillo insiste così tanto. Si può dissentire dalle sue idee, ed è inevitabile trovare poco credibili molte delle soluzioni che prospetta, ma come dimostra Giannuli — il cui sito gode di grande prestigio presso tanti altri siti espressione di un pensiero critico, ed è così che l’ho scoperto — una volta sgombrati i cascami della stampa di regime dal terreno di discussione il confronto si fa fruttuoso.
Tommaso
butto giù alcuni rapidi commenti nell’ordine in cui mi vengono in mente:
i) sicuro che il problema sono le grandi imprese che non hanno bandiera nazionale e non mettono radici, e non sia invece proprio la piccola imprenditoria, radicata sul territorio eccetera, a fallire o trasferirsi all’estero?
ii) non credo che il problema in italia sia solo il costo del lavoro, nè che il grosso delle delocalizzazioni siano verso paesi del terzo mondo (penso a quante imprese vanno in svizzera, ad esempio), quando avrò tempo cercherò se esistono dati a riguardo. Per adesso faccio solo un esempio: il fatto che nei ranking sulla difficoltà di fare impresa nei vari paesi ci troviamo 155° su 185 per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia civile potrebbe avere un suo peso. ( http://www.fainotizia.it/inchiesta/14-11-2012/il-governo-monti-riforma-della-giustizia-Doing-Business-in-Italy-2013 )
iii) notare che il problema tasse agisce anche aumentando il costo del lavoro attraverso il cuneo fiscale, facendo un doppio danno (i datori di lavoro sostengono un costo molto alto e i lavoratori percepiscono un salario netto più basso che all’estero, e con le loro tasse pagano servizi mediamente scadenti).
iv) evitare orridi pasticci clientelari, dando in mano la gestione di un’iniziativa del genere alla nostra PA mi sembra davvero impossibile, nulla è più difficile da stabilire oggettivamente che il giudizio sulle prospettive future di un’impresa e nessuno è più incompetente a riguardo rispetto ai nostri politici (anche al netto di intrallazzi di vario colore). Il discorso dell’imprevedibilità vale al quadrato quando si parla di imprenditoria giovanile e start-ups.
In ultimo, quanto alla mancanza di proposte concrete e circostanziate da parte dei partiti vorrei ricordare che esiste una sostanziale eccezione, che Aldo si dimentica di citare in questo articolo come negli altri, che soprattutto quando si parla di temi economici è estremamente chiara e specifica. Questa eccezione si chiama Fare per Fermare il Declino, e sarei curioso di sentire cosa ne pensano le persone che ne hanno letto i programmi e le proposte.
Lucignolo
Certo sono buone idee e da queste ne possono nascere anche di meglio. Il problema è: chi prenderà codesto fardello sulle spalle? Chi vorrà farsi carico di un avanzamento così grande verso una democrazia economica? Non vorremo mica credere che il pd voglia darsi da fare in questo senso, vero? Anche perchè non potrebbe tradire “gli amici” della cricca finanziaria, ovvero la “finanza CANNIBALE”. Anche perchè loro, “gli amici”, non vogliono nuove imprese, ci mancherebbe altro. Sanno fin troppo bene che si guadagna molto meglio affossando piuttosto che far fiorire. Le parole d’ordine sono deindustrializzare, disgregare, privatizzare i guadagni e socializzare le perdite. Questo è il loro lavoro ed è quello che stanno facendo. L’unica maniera per poter attivare soluzioni economiche veramente innovative è riprendere in mano lo stato, le istituzioni e questo non certo possibile dando il proprio voto a carrozzoni nauseabondi come pd, pdl e loro vassalli, valvassori e valvassini. Se dovessi scommettere qualche LIRA su qualcuno circa l’attuazione di economie alternative, scommetterei sul movimento 5 stelle. Certo si può sbagliare ma sicuramente, attualmente è il più papabile.
Claudio
Più che far rilevare le aziende che stanno chiudendo ai lavoratori forse avrebbe senso promuovere questo tipo di iniziativa in aziende che stanno ancora funzionando. Il rischio che l’attuale Pubblica Amministrazione faccia dei disastri clientelari è troppo alto.
p.s. Il partito di Giannino ha già i suoi adepti del web che vanno in giro ad accusare i vari blogger, giornalisti and co di non dare spazio al proprio partito come fanno i grillini. All’intervento di tommaso mancava solo un commento finale del tipo: tanto la rivoluzione si avvicina e sarete tutti spazzati via.
Mi sembra ovvio che Giannuli come negli altri articoli, stia parlando unicamente dei partiti che agli attuali sondaggi hanno speranze di entrare in parlamento, Giannino è dato allo 0,3.
leprechaun
Cari amici,
se nessuno si occuperà di mettere dei soldi in tasca alla gente perché li spenda, puoi anche arrampicarti sui muri, o sugli specchi, qualunque impresa fallirà.
A meno di non tornare al baratto o a stampare una moneta clandestina, o locale. Ora che ci penso, si potrebbe pure fare. In Argentina all’epoca della parità col dollaro lo fecero.
Lasciate perdere le classifiche sulla “difficoltà di fare impresa”. Fino a cinque anni fa di imprese ne avevamo fin troppe, e di investimenti esteri anche:
Auchan, Carrefour, Ikea, Spar, Despar, Eurospar, Lidl, Eurospin …
Qualcuno ha anche cercato di comperare Alitalia. E prima o poi lo farà, a prezzi stracciati.
Come vedete, la lenta giustizia civile e la burocrazia non ha mai spaventato nessuno.
E se questi fossero fattori dirimenti, la Cina sarebbe già in rovina da un pezzo. Lì la giustizia civile non c’è proprio, e la corruzione arriva ai vertici dello stato passando per le strutture locali del partito. A Pechino si dice che ogni negozio mantiene cinque poliziotti, ma fuori della frontiera c’è la fila per investire.
Gli investitori amano la corruzione, la giustizia civile impacciata, perché è proprio in queste situazioni che i soldi fanno più differenza. E la burocrazia spaventa noi, ma chi ha strutture e capitali assolda un piccolo stuolo di avvocati specializzati in diritto societario e gli affida tutte le beghe. Posso presentarvi più di uno studio che vive di questo.
Da queste elezioni non verrà fuori un bel nulla, rassegnamoci. D’altronde, ci vuole una certa dose di coraggio a chiamarle elezioni.
Tommaso
@Claudio, non capisco cosa intendi con “promuovere”. Perchè se i provvedimenti sono gli stessi promossi da Aldo, ma con riferimento ad aziende non ancora fallite, non capisco come si evitino i disastri clientelari. Ho nominato Giannino solo alla fine del commento e non mi sembra di averlo fatto con chissà quale tono apocalittico. Btw, qualsiasi sondaggio che non campioni solo dagli elenchi telefonici dà il partito intorno al 2.5% in crescita (sondaggi condotti unicamente on-line arrivano a cifre poco inferiori al 7%, ma sono chiaramente distorti nella direzione opposta), che alla luce dell’esposizione mediatica ridicola e al fatto che è totalmente nuovo non è male (entrare in parlamento sarà dura, ma non impossibile). Lo segnalavo solo perchè mi sembra si cercassero proposte concrete delle quali discutere e, parlamento o non parlamento, le proposte di FiD sono lì, pronte ad essere discusse.
Forzutino
Caro Aldo, perdona l’off topic, ma io quando vedo (a pochi giorni dalle elezioni politiche) un giornale spiattellare in prima pagina la notizia -per altro già nota- dei prodotti acquistati maldestramente da Mussari e dei guai di MPS, la banca vicina (è un eufemismo ovviamente) al PD…beh, ci vuole così tanta fantasia ad ipotizzare l’influenza di qualche manina nella diffusione ad arte di queste news?
tho86lmb
Caro Aldo, mi hai letto nel pensiero.
Tempo fa ho ragionato sullo stesso problema e sono giunto alla “azienda a proprietá condivisa”. Trovo che sia molto simile al concetto di autoimprenditoria che intendi tu.
Trovo necessario sia l’intervento statale per dar forza alle operazioni di copertura finanziaria, sia l’impegno dei tfr degli addetti al fine di aumentare la disponibiltá di capitale ma anche per responsabilizzare i dipendenti rendendoli direttamente coinvolti nel rischio d’impresa(riducendo rischi di sprechi pubblici). Per quanto riguarda la copertura finanziaria di tali operazioni avrei dei commenti:
– Trovo che in un momento di crisi come questo lo Stato per poter giocare ad armi pari con gli imprenditori che si spostano all’estero debba forzare un pó le regole. Ad esempio: i soldi dati dallo Stato ad aziende private (e magari quotate) si potrebbero trasformare nella corrispettiva acquisizione di pari valore della proprietá o dei titoli dell’azienda da parte dei dipendenti sotto forma di proprietá condivisa.(anche in forma retroattiva)
– Divieto di esportazione dei macchinari e delle installazioni all’estero in caso di chiusura dello stabilimento.
– Intervento fiscale sui conti dell’azienda e dei proprietari (commissariamento conti e beni) nel caso di utilizzo della cassa integrazione.
– Incentivi al passaggio alla proprietá condivisa piuttosto che alla quotazione in borsa.
-…
Di idee ce n’é milioni. Purtroppo ho paura che per poter arrivare ad un “autogestione” si debba passare dal fallimento completo dello Stato (vedi Argentina) e difficilmente ci si riesca ad arrivare con intelligenza prima.
Ma la speranza é l’ultima a morire!
Tommaso
@Leprechaun
“fino a cinque anni fa di imprese ne avevamo fin troppe, di investimenti esteri anche” ( http://www.google.com/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&ctype=l&met_y=bx_klt_dinv_wd_gd_zs&hl=en_US&dl=en_US#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=bx_klt_dinv_wd_gd_zs&scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:ITA:FRA:ESP&ifdim=region&tstart=1983600000&tend=1295823600000&hl=en_US&dl=en_US&ind=false )
“qualcuno ha anche cercato di comperare Alitalia” e infatti si è visto come ha reagito il Bel Paese, baluardo della concorrenza, dritto come un fuso a difendere l’italianità di tale strategicissima impresa, coi soldi degli altri.
“se questi fossero fattori dirimenti, la Cina sarebbe già in rovina da un pezzo.” a parte che non so quanto senso abbia confrontarci con la Cina, che non credo sia il tipo di paese con cui dobbiamo ambire a competere per tipo di imprese ed investimenti esteri, comunque rispetto all’indice “enforcing contracts” del rapporto DB che ho citato prima si piazza al 19° posto.
“Gli investitori amano la corruzione, la giustizia civile impacciata, perché è proprio in queste situazioni che i soldi fanno più differenza. E la burocrazia spaventa noi, ma chi ha strutture e capitali assolda un piccolo stuolo di avvocati specializzati in diritto societario e gli affida tutte le beghe. Posso presentarvi più di uno studio che vive di questo.” Ripeto, il 99.9% delle imprese italiane sono PMI, circa il 95% sono microimprese quindi, ammesso e non concesso che il tuo discorso valga per le grandi corporations, di certo non vale per chi questi grandi mezzi proprio non ce li ha, ovvero la stragrande maggioranza delle imprese.
Ovviamente ciascuno è libero di credere che la soluzione sia “mettere dei soldi in tasca alla gente perchè li spenda”, “tornare al baratto”, “stampare una moneta clandestina, o locale”, come fecero brillantemente in Argentina. A mio parere, andremo a picco, altro che rivoluzione.
Tommaso
il link funziona solo in parte… per farvi mandare alla pagina giusta provate a copiarlo per intero e ad incollarlo nella barra degli indirizzi. ad ogni modo provo a incollarlo di nuovo qui per vedere se ora funziona.
http://www.google.com/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&ctype=l&met_y=bx_klt_dinv_wd_gd_zs&hl=en_US&dl=en_US#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=bx_klt_dinv_wd_gd_zs&scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:ITA:ESP:FRA&ifdim=region&hl=en_US&dl=en_US&ind=false
alberto
sono assolutamente per l’autogestione.
ma non credo che possa essere accettata dal mainstream politico attuale, rivoluzione civile compresa.
il problema come sempre sono i soldi e non solo, maastricht è il legame più efficace ed efficiente affinché l’autogestione e la rovina dell’italia siano tra loro inversamente proporzionali.
per inciso l’autogestione è direttamente ipotizzabile attraverso anche l’articolo 46 della costituzione italiana, per quello che ancora vale dopo maastricht e il patto di lisbona.
saluti
alberto
Claudio
@La promozione mica vuol dire solo clientelismo. Se li legifera col cervello e con onestà il clientelismo lo si riduce entro dei termini più che accettabili. In generale comunque scrivere in fondo al post un commentino dove si insinua che Aldo non parli, o voglia parlare, di Giannino sembra proprio un grillino che critica l’articolo in cui non si parla di Grillo.
Giannino è un personaggio impresentabile, un uomo che ha invocato il vesuvio per risolvere i problemi di Napoli è meglio che resti a casa, si vede in politica da quasi 30 anni, fino a pochi anni fa sostenitore di Berlusconi e discreto zompafossi di partito. E poi come si fa a immaginare un premier che va in giro vestito cosi?
@leprauchen la giustizia che non funziona massacra le aziende e l’eccesso di burocrazia è odiato sia dalle piccole che dalle grosse aziende. Uno dei motivi assieme al costo del lavoro più basso per cui le grosse aziende si trasferiscono in parte o completamente all’estero è proprio perchè non devono stare a guardare ai cavilli giuridici e ad altre cose come i controlli ambientali ecc ecc
Zeno
Un opzione forse più sostenibile potrebbe essere incentivare il passaggio da un’azienda verticistica come quelle attuali a un’azienda democratica abbassando le tasse a chiunque decida di intraprendere la nuova strada. Questo vorrebbe dire che il “padrone” decide di diventare solamente un dipendente dell’azienda e tutti in assemblea decidano insieme la loro strada e la loro forma manageriale.
Tommaso
@Claudio: il punto è che mi sembra tu ti contraddica da solo, posto che “Il rischio che l’attuale Pubblica Amministrazione faccia dei disastri clientelari è troppo alto.”, questo rischio è alto sia che i soldi escano per finanziare l’acquisto di un’impresa che chiude, sia che escano per finanziare l’acquisto di un’impresa che non chiude, perchè il problema sta nella PA. Per questo la tua frase “Più che far rilevare le aziende che stanno chiudendo ai lavoratori forse avrebbe senso promuovere questo tipo di iniziativa in aziende che stanno ancora funzionando. Il rischio che l’attuale Pubblica Amministrazione faccia dei disastri clientelari è troppo alto.” mi sembra contraddittoria. Lo fai una seconda volta ora, dicendo “Se li legifera col cervello e con onestà il clientelismo lo si riduce entro dei termini più che accettabili.”… deciditi, o il rischio è troppo alto (e quindi non è il caso che soldi pubblici vengano usati per questo tipo di operazioni) o può essere agevolmente tenuto sotto controllo e, in questo secondo caso, di nuovo, la differenza tra imprese che chiudono e imprese che non chiudono perde di importanza.
Sul punto FiD , ovviamente non ha senso dire che insinuo che Aldo non ne parli, perchè che non ne parli è un fatto. La mia intenzione non è nemmeno insinuare che non ne parli per boicottare il partito in qualche maniera, infatti non lo credo affatto, credo che Aldo non ne parli proprio perchè, come dicevi sopra, lo ritiene un partito minore. L’unico motivo per cui l’ho citato è che , ripeto, (unico) ha messo sul tavolo delle proposte concrete, e sono curioso di sapere da chi le ha lette (seriamente) cosa ne pensa.
P.S.: il link del mio articolo di sopra continua a mandare al collegamento sbagliato, immagino perchè troppo lungo. Ad ogni modo se lo copiate per intero e poi lo incollate funziona. Mostra il confronto tra l’andamento degli investimenti diretti esteri in entrata per Italia, Spagna e Francia.
Claudio
Legiferare in senso serio vuol dire anche fare si che la PA non faccia danni o ne vengano limitati. Ma conscio delle difficoltà che ci vogliono per riuscire a rimuovere la corruzione che c’è in questo paese dico proprio che il rischio che si intervenga sulle aziende che stanno fallendo porga troppo in fianco al clientelarismo.
Io non ho mai detto di acquistare le aziende ma di promuovere le aziende che funzionano – e che ovviamente vogliano che lo stato le aiuti – a un passaggio di autoimpenditorialità.
Penso invece che intervenire su una azienda sana e su una che sta chiudendo cambi moltissimo. Una che chiude sta per lasciare a casa dei dipendenti i politici per fare campagna elettorale possono aumentare gli inciuci, possono esserci passaggi e scambi di favore tra PA, politici e criminalità organizzata ecc ecc oltre al fatto che obbliga sicuramente lo stato a metterci un profluvio di soldi per risollevare la situazione.
Una azienda che sta funzionando anche se con qualche difficoltà non mi pare fornisca gli stessi pretesti clientelari.
Tommaso
Claudio, passare all’autoimprenditorialità significa che i lavoratori diventano proprietari dell’azienda: se lo stato deve dare ai lavoratori i soldi per farlo credi ne servano di più per acquistarne una fallita o una sana (sempre ammesso che i proprietari vogliano vendere…)? Con quei soldi lo stato compra un’impresa ad un gruppo di persone, il rischio che la compri ai propri amici e non la compri a chi gli sta antipatico mi sembra piuttosto concreto. Comunque mi sembra che quasi tutte le piccole imprese non siano toccate dalle critiche mosse nell’articolo, e sono la maggior parte delle imprese sul territorio nazionale.
Simone
Mi piace molto l’idea di un’ autogestione da parte dei dipendenti.Ottima specialmente per le piccole imprese, nelle quali le capacita’ del singolo lavoratore fanno veramente la differenza!
Ma credo che la strada maestra sia l’abbandono della moneta unica. Ritengo infatti (mi corregga se sbaglio) che il tessuto industriale italiano sia ancora in grado di far fronte alle richieste del mercato interno e che anche nel settore primario ci sia una discreta autosufficienza. Senza contare che anche qualora si avesse bisogno di aprire/riaprire un certo settore non sarebbe un problema, dato che l’italia possiede certamente le risorse umane per farlo in tempi brevi. Questo,unito ad una moneta piu’ debole,creerebbe due situazioni:
1) il cittadino italiano sarebbe portato naturalmente ad acquistare prodotti italiani,per via dell’eccessivo costo del prodotto importato.
2) un forte aumento dell’offerta di lavoro da parte delle imprese che, da una parte gioverebbero delle conseguenze del punto 1 e dall’altra si troverebbero ad esportare il proprio prodotto verso paesi dotati di una moneta piu’ forte della loro, oltre che verso paesi che oggi come oggi faticano a pagare i beni prodotti nella zona euro!
Questo ci porterebbe,a mio modesto parere, ad uscire dalla crisi in tempi relativamente brevi.
Tanto piu’ che l’euro è un progetto fallito miseramente.Se non lo abbandoniamo noi si/ci auto-distruggera’ …. meglio muoversi per tempo!
Claudio
Si può benissimo dare una buona uscita al proprietario, gli operai possono decidere di acquistarla pagandola a rate fornendo cosi uno stipendio a vita o quasi per il proprietario. Io mi riferisco sopratutto alle piccole aziende e ribadisco non sto parlando di acquisto da parte dello stato ma a promozioni di altro tipo.
Si può anche forzare la cosa facendo dei referendum aziendali e se ipotizziamo il 70% dei lavoratori sono d’accordo di passare all’autoimprenditorialità magari si può costringere il proprietario a cedere l’attività ai dipendenti con sempre una buona uscita che magari gli forniscono i dipendenti stessi con un contratto. Magari se è una spa si può fare diventare i soci di maggioranza i dipendenti dividendo le azioni egualmente tra tutti i lavoratori ecc ecc ecc. Se operazioni del genere si fanno con aziende che non vanno male o stanno per fallire magari facendo si che sia l’azienda e non sia calata dall’alto ripeto che non vedo come ci possa essere tutto questo clientelismo.
Claudio
Leggo solo ora la proposta di Zeno, probabilmente è la più efficace ed è quella con zero rischio di clientelismo anche se forse si presta di più a un rischio di mafia e di falsa democrazia aziendale.
ugo agnoletto
come lavoratore autonomo non conviene lavorare. Bisogna pagare il commercialista, non puoi ammalarti, i clienti pretendono subito, ci sono clienti che non pagano. Non conviene.
Imprese agli operai: si può fare, se lo Stato li aiuta | Informare per Resistere
[…] ed è «solo una collezione di petizioni di principio». In effetti, scrive Giannuli nel suo blog, nel famigerato documento di Monti non c’è altro che rigore a oltranza, senz’ombra di crescita […]