Come interpretare l’ultimo video di Roberto Casaleggio.

Come si sa, Davide Casaleggio ha deciso di rendere noto l’ultimo video del padre che, in qualche modo, ne costituisce il testamento politico, con il titolo Singularity ispirato allo scritto di Stephen Hawking.

Ho frequentato piuttosto intensamente Roberto Casaleggio per circa due anni e mezzo, ne ho letto gli scritti e esaminato i video e, spesso, scambiato idee con lui in merito agli uni ed agli altri, pertanto posso azzardare una mia interpretazione di questo suo ultimo messaggio anche sulla base di ricordi che ora mi riaffiorato.

Già in uno dei nostri primi incontri, nel gennaio del 2014, parlammo del fenomeno dei big data e di dove ci stessero portando (vi avevo dedicato una lezione del mio corso ed avevo assegnato una tesi sul tema). Alcune sue intuizioni mi parvero eccessive (e glielo dissi), in particolare l’idea che la rete, pur crescendo a quei ritmi di accelerazione lineare) potesse esaurire il campo del conoscibile e giungere allo stadio dell’onniscienza, perché sono filosoficamente convinto dell’inesauribilità del sapere (ma di questo parleremo un’altra volta). Lui era ossessionato da questo tema già da allora e forse da qualche anni prima. Dopo, imparando a conoscere meglio il personaggio, ho capito meglio il suo metodo che andava al di là delle singole affermazioni cui perveniva.

Roberto era un pensatore complesso e per nulla facile da interpretare e l’errore più grande per comprenderlo sarebbe quello di prendere alla lettera le sue affermazioni o fermarsi ad esse. In primo luogo va tenuto presente il tipo di formazione che aveva: da informatico aveva una mentalità scientifica e materialista che lo spingeva verso un metodo logico-deduttivo molto rigoroso; ma era anche un passionato di storia (ricordo che gli regalai per Natale  “la storia del mondo in dodici mappe” di Brotton, di cui mi parlò con entusiasmo) che lo spingeva a indagare la prospettiva di lungo periodo alla ricerca delle tendenze dominanti. Ed era anche un grande consumatore di letteratura, in particolare del genere fantasy in generale e di fantascienza in particolare, che gli forniva stimoli continui e sempre nuove curiosità.

Se non avesse fatto l’informatico, forse sarebbe stato un brillantissimo  scrittore di fantascienza di fama non solo nazionale.

Da questo singolare incrocio scaturiva un metodo originale, probabilmente non impeccabile sul piano scientifico, ma ricco di intuizioni ed ipotesi da approfondire. Era un autore “visionario” nel senso migliore del termine (anche Orwell,  Huxley, Zamiatjn, Hoyle e diversi  dei grandi rivoluzionari lo furono del secolo scorso). Non sempre la scienza progredisce sul binario rettilineo del metodo consolidato: ogni tanto occorre uno scarto laterale (come insegna De Bono) che consenta di mutare paradigma scientifico e, in questa  operazione, serve molta fantasia. Ovviamente ci si espone anche a molti fallimenti, previsioni sbagliate, deduzioni gratuite, ma anche l’errore è una forma di conoscenza. E proprio questo metodo immaginifico e consequenziale, strampalato e geniale, ribelle ad ogni regola ed insieme rigoroso ha consentito a Roberto Casaleggio di avere, prima di tutti, intuizioni di grande valore. A cominciare dal valore politico ed economico della rete, a percepire la rivolta popolare e generazionale che covava già dai primi anni duemila, ma che si sta sviluppando solo ora, a capire gli scenari che la crisi stava aprendo. Forse (anzi molto probabilmente) lo svolgimento storico del prossimo secolo non sarà quello descritto nel famoso e tanto criticato video che sfociava nel tempo di Maia, ma non è affatto questo l’aspetto più importante di quel video. Chi lo pensasse guarderebbe il dito e non la luna che esso indica. Quel che conta in quel video è la percezione delle distopie che ci attendono al varco. Va letto come un testo di alta letteratura, di quella che avverte delle patologie in arrivo.

Caratteristico del pensiero di Roberto era una certa “ossessività”: quando individuava un filo di ragionamento ci balzava sopra e lo sviluppava sino alle estreme conseguenze alla ricerca della tendenza “forte” contenuta in esso. Io lo avvertivo che in questo modo di ragionare si rischia di perdere di vista ogni controtendenza: in fondo, ogni corpo immerso in un liquido produce una spinta uguale e contraria. Ma nel suo  deliberato “visionarismo” lui non voleva tenerne conto perché convinto che questo avrebbe affollato la mente di dati secondari distraendo dall’individuazione della tendenza principale.

Anche nell’ occasione di questo ultimo video, occorre leggere il messaggio in “controluce”: forse (auspicabilmente) Singularity non giungerà mai con la sua dittatura delle macchine sull’uomo, questo non significa che non rischiamo di trovarci di fronte a problemi molto gravi per cui questo accumulo disordinato e tumultuoso di conoscenze configurerà una inedita “rivolta delle cose”.

Viviamo in un’epoca che è assai scarsamente consapevole dei mutamenti che sta producendo e delle conseguenze, anche a breve termine, che esse stanno producendo. Tutti dicono che il mondo è cambiato, ma tutti proseguono a fare come sempre e come se nulla fosse cambiato.

Questo video di Roberto è prima di tutto un grido d’allarme rivolto soprattutto a quegli scienziati (informatici e sociologi, economisti e progettisti di robotica, politologi e neurologi, studiosi dell’intelligenza artificiale e storici) a riflettere sul significato e la destinazione di quel che stanno facendo. E’ un appello ai politici a mutare visione ed avere il coraggio di misurarsi con l’innovazione. Ai comuni cittadini cui si chiede di guardare oltre il proprio naso e di rendersi consapevoli dei grandi problemi che si prospettano.

Un giorno saremo grati a Roberto per questo allarme, sempre che non lo si sia lasciato cadere nel vuoto con conseguenze assai negative.

E questo scritto è pensato anche come omaggio ad un amico che sono orgoglioso di aver conosciuto e di cui serbo un grande ricordo.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (15)

  • Sinceramente non vedo nulla di cosi originalmente geniale…quello del rapporto triadico uomo-macchine-ambiente è un tema trito e ritritissimo affrontato gia’ da pensatori e studiosi genialissimi e spesso sconosciuti ai più.
    Mo tutta a una volta la moda di questi temi…e guarda caso di moda proprio quando c’è pure da far politica e poi l’allarme chi lo lancia ,quella parte politica che sembra aver eletto la macchina e gli algoritmi annessi a demiurgo politico super partes e pietra d’angolo della futura societa’?…Per caso sembra essere un po’ contraddittorio questo allarme? Non è neanche cosi complesso da individuare il retroterra culturale,qualcuno lo potrebbe chiamare brodo o minestrone,dal quale scaturisce questo rinnovato interesse per certi temi…ma si dai chiamiamolo catarismo cibernetico…altro che gnosi valentiniana…

  • Pur essendo un vecchio informatico che ha visto ed anche partecipato alla nascita l’A.I. negli anni ’70, ’80 del secolo passato, non mi ha mai entusiasmato. Sarà che come Casaleggio anch’io sono stato un divoratore della migliore fantascienza, quella seria, che assimilo alla divulgazione scientifica sotto forma di romanzo. Non a caso, i migliori autori ancor prima che scrittori erano scienziati.
    Comunque, ho sempre contestato l’allocuzione Intelligenza: non so adesso, ma agli esordi dell’informatica (inizi anni 70) gli addetti ai lavori chiamavano il calcolatore elettronico (come si diceva allora), il “cretino”. Questo perchè può fare solo quello che è stato programmato a fare, può conoscere le procedure, anche le più sofisticate, può anche perfezionarle, crearne di nuove per associazione imparando da una casistica, ma non può e non potrà mai “capire” gli scopi umani.
    E come dicevamo noi, se gli dai merda, ti restituisce merda sotto altra forma.
    Per fare un esempio, incrociando i milioni di dati in suo possesso potrà perfezionare sempre più i metodi di ricerca fino a riuscire a scovare il nascondiglio di un Bin Laden, ma non potrà mai avere coscienza del perchè l’uomo che lo ha programmato vuole trovarlo.
    Per questo Casaleggio aveva ragione; a forza di sofisticare il software per tentare l’impossibile, cioè fargli acquisire la coscienza del “giusto”, in base agli scopi che si vogliono ottenere, si arriverà ad una tale complicazione che sarà impossibile capire il motivo di certe scelte.
    Dico di più: gli algoritmi non potendo tener conto delle vere motivazioni dietro le procedure, a fronte di situazioni ignote o “conosciute” solo tramite l’esperienza artificiale, finiranno per fornire risposte e innescare comportamenti esattamente in antitesi con gli obiettivi umani. E scusate se è poco.
    C’è un film del 1983 che, a parte evidenti ingenuità dovute ad esigenze di spettacolo, può dare un’idea di quello che può succedere: Wargames. Per chi non lo ricorda, un ragazzo collegandosi casualmente al supercomputer del sistema di difesa statunitense, da il via ad una simulazione di una guerra tra USA e URSS, che viene presa come reale dai militari americani fino a rischiare di scatenare davvero un conflitto nucleare. Il film termina con il solito lieto fine hollywoodiano; la realtà potrebbe essere molto diversa.

  • Lucia Francesca Menna

    Volevo fare una riflessione ma anche porre una domanda. Secondo la teoria della Complessità la differenza sostanziale tra gli esseri viventi e le macchine è che i primi sono Sistemi complessi mentre i secondi Sistemi complicati. I primi rispondono a “regole” ben diverse tra cui L’autodeterminazione, l’andamento caotico, imprevedibilità e proprietà emergenti,mentre i sistemi complicati, computer aerei etc sono sempre uguali a stessi ( e per fortuna :D). Proprio Darwin ci dimostra quanto gli esseri viventi procedano ” per scatti”, quanto attraverso le 4 “proprietà” emergano poi quelle proprietà emergenti espresse poi nel salto di specie adattativo. Ora mi chiedo.”Può una macchina assumere caratteristica di un sistema complesso non essendolo per sua natura specifica?

    • P.S. Non fraintenda la risposta Signora,il commento vuole mettere in evidenza come non esistano solo guerre ideologico politiche ma anche guerre scientifiche.Gli aspetti sotto traccia di tali guerre vanno catalogate sotto la categoria piu’ specifica di guerre cognitive,il cui score finale è distruggere non il “cosa si conosce” ma il “come si conosce”…obiettivo quest’ultimo che garantisce vantaggi piu’ stabili e a lungo termine rispetto al primo.
      Cordiali Saluti

  • La teoria della complessita’ non è una teoria che ha dato vita ad un movimento scientifico ma al contrario un movimento culturale ha tirato fuori una teoria che oscilla tra banalita’ elementari,adeguatamente occultate sotto categorie pseudologiche,e il new age piu’ sfrenato.
    Altra cosa sono le intuizioni e relative formalizzazioni scientifiche,di grandi scienziati come Ljapunov per non parlare di Godel…altro che teorici della banalita’ complessa…

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