Come finanziare l’autoimprenditoria?

Abbiamo già scritto e ripetiamo che la soluzione preferenziale per radicare un tessuto di imprese nel territorio è quello dell’autoimprenditoria dei lavoratori. Ma dove trovare il denaro per far nascere e sostenere un rete di imprese del genere?

Ci sono diverse strade possibili: la prima e più ovvia –dato quanto abbiamo detto- è quella di dare la liquidità creata in questo periodo non alle banche (o, almeno non tutta) ma ad imprese di questo tipo con progetti mirati. E questo presuppone una agenzia statale che lo faccia senza intermediazione bancaria. Si tratterebbe di una misura in violazione dei trattati internazionali come quello istitutivo del Wto, lo sappiamo, ma se vogliamo uscire dalla crisi, qualche sbrego a questa rete di trattati demenziali occorre cominciare a farlo, vi pare?

Una seconda strada potrebbe essere quella dell’azionariato di risparmio popolare (con garanzia dello Stato in caso di insuccesso della società).

Una terza strada potrebbe essere quella di utilizzare la cassa depositi e prestiti: in molti paesi, milioni di persone depositano i loro risparmi presso le Poste; questo denaro è stato da sempre usato per anticipare le spese degli enti locali, dei tribunali ecc. con interessi ridotti.  In Italia, nel 2003,  una improvvida legge del governo Berlusconi (che, però, non trovò particolare opposizione a sinistra, bisogna dire) trasformò la Cassa Depositi e Prestiti in una società per azioni di cui circa un terzo vennero acquistate dalle maggiori banche del paese; essa divenne una banca d’affari che continuò a fare prestiti agli enti pubblici, ma a tassi di mercato, quindi evitando alle banche quella noiosa concorrenza che c’era stata sino a quel momento. Insomma un bel regalo alle banche che hanno potuto attingere anche a quella Cassa.

Nel 2010 la relazione annuale comunicò che l’utile di esercizio ammontava a 2,7 miliardi di Euro e che il rendimento per gli  azionisti era stato del 13%. Dunque, cosa impedisce che lo Stato si riprenda per intero la Cassa per riportarla alla sua funzione sociale originaria? Potrebbe essere proprio la Cassa l’agenzia di cui dicevamo poco prima, che potrebbe agire come socio pubblico temporaneo.

Questo assicurerebbe una robusta fascia di piccole e medie imprese che potrebbero collaborare con quelle esistenti, di proprietà privata e non sociale. Ma sicuramente questo non risolve il problema delle grandi aziende ed in particolare di quelle industriali. Anche qui si può ipotizzare una trasformazione nel senso dell’economia sociale.

Nel 1975, l’economista svedese Rudolf Meidner, propose un piano, fatto proprio dal partito socialdemocratico svedese, per il quale i fondi pensione dei lavoratori (gestiti dai sindacati) avrebbero gradualmente acquistato azioni delle grandi società, sino a diventare maggioranza ed a sostituire la gestione privata. Il piano venne poi approvato nel 1983, ma la sua attuazione venne consistentemente affievolita e la proprietà privata delle grandi aziende, nel complesso, restò tale. Il piano aveva diversi aspetti criticabili: la proprietà, più che ai lavoratori, era trasferita alle centrali sindacali e questo avrebbe potuto avere come effetto finale la nascita di un poderoso apparato burocratico piuttosto che un regime di tipo autogestionario.

Tuttavia l’idea base di un trasferimento graduale della proprietà, sfruttando gli accantonamenti pensionistici (che non sono altro che salario differito) può essere utilmente riconsiderata, per esempio in riferimento agli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto. Altra strada possibile, potrebbe essere quella di contrattare una parte, anche piccola, del salario in azioni non cedibili. Esse, più che al singolo lavoratore o ad una organizzazione sindacale, dovrebbe essere versata ad un soggetto collettivo di tutti i dipendenti dell’azienda che potrebbero ricevere una parte dei dividendi spettanti, mentre il resto si cumulerebbe.  I dipendenti potrebbero acquistare volontariamente altre quote –ma sempre tramite il soggetto collettivo di cui dicevamo- ricevendo per intero i dividendi in questo caso. Questo darebbe già voce al collettivo dei dipendenti nell’assemblea degli azionisti e, dopo qualche tempo, negli organi societari, permettendo di intervenire su questioni come l’assunzione e la retribuzione dei manager, le strategie di impresa, le eventuali delocalizzazioni ecc. Il fondo, peraltro, potrebbe essere integrato in altri modi: attraverso l’azionariato di risparmio popolare, attraverso il versamento obbligatorio (come imposta dovuta allo Stato che lo Stato gira al soggetto collettivo dei lavoratori) del 5% delle retribuzioni del management, da restituirsi dopo 5 o 10 anni e con interessi correnti non superiori al 2%.

D’altra parte, il processo di socializzazione delle grandi aziende potrebbe convergere con una rinata impresa pubblica che potrebbe intervenire per impedire eventuali progetti di delocalizzazione.

Altra misura potrebbe essere quella di riconoscere al collettivo dei lavoratori dell’azienda una golden share in caso di delocalizzazione di stabilimenti (e magari ne riparleremo).

Ci sono molte cose utili che si possono fare che non siano quella solenne scemenza del reddito di cittadinanza che è una idea di destra, costosa, improduttiva, inefficace e funzionale al sistema e che, invece, piace tanto al M5s, a Sel ed a Landini.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (17)

  • Tenerone Dolcissimo

    Per far nascere un tessuto di piccole imprese occorre che l’economia riparta e per far ripartire l’economia occorre che diminuiscano le tasse e per far diminuire le tasse occorre diminuire i parassiti quindi occorre di mandare aerei spargitori di anticrittogamici a diffondere nuvole di antiparassitario sulle sedi CGIL e CISL e PD.
    La soluzione della nuova Cassa del mezzogiorno è semplicemente ridicola. Non ne abbiamo abbastanza di carrozzoni dove i politici piazzano parenti, galoppini di partito e mignotte???
    Addaveni’ la Tacce
    Zuccherosi saluti

  • Caro professore, riuscire a portare a compimento un processo del genere significherebbe dare scacco al capitalismo: segnalo, in tale ambito, anche l’esperienza delle autogestioni in Argentina legate al movimento dei piqueteros, di cui certo sarà a conoscenza.
    Mi farebbe piacere, inoltre, sapere cosa pensa di questa suggestiva ricostruzione storica http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15319 che immagino abbia letto. Saluti a tutti, Moravagine.

    • A Moravagine
      Ho letto l’articolo che lei suggerisce, le do un consiglio: smetta di leggere l’espresso repubblica, ne va della sua salute mentale.
      Quell’articolo ha tutte le caratteristiche della bugia professionalmente confezionata.

      • Caro Paolo Federico, non leggo la repubblica da almeno dieci anni; il link infatti non è del sito de l’espresso,ma di comedonchisciotte, e di quei mentecatti penso tutto il male possibile.
        Ad ogni modo, non prendo la ricostruzione per oro colato, anzi; proprio considerando la fonte (e la tempistica) sarebbe per me interessante indagare per capire cosa c’è dietro (o sotto, dove ti pare). Saluti, Moravagine.

    • Ho trovato il post segnalato puntuale e degno considerazione.
      E’ una ricostruzione storica che mette in luce, caso mai ce ne fosse bisogno, il ruolo assolutamente abnorme svolto da Napolitano.

  • Concordo con Tenerone, il problema, ancor prima che organizzare il lavoro, è crearlo il lavoro. Premesso che ciò che è andato non torna più( lo dicono gli esperti ), il punto è reperire soldi e inventarsi nuove attività e nuove produzioni e questo sì che lo si dovrebbe lasciar fare al mercato!
    P.S. Perché ha questa opinione sul reddito di cittadinanza? A me non sembra una cattiva idea…

    • Marcello Romagnoli

      Il reddito di cittadinanza nasce come tentativo di ridurre la disuguaglianza economica e le condizioni di disagio di una parte della popolazione. Però può funzionare anche come pompiere contro la presa di coscienza delle differenze tra le ricchezze enormi di pochi e la povertà dei molti. Insomma una specie di anestetico sociale. Forse allora utilizzare quelle risorse per creare nuovo lavoro, facendo sentire le persone socialmente inserite e attive , sarebbe meglio.

      Non ultimo, se creò lavoro e i beni prodotti vengono in parte esportati si produce un surplus di export che migliora il PIL e il rapporto debito/PIL con conseguente riduzione degli interessi sul debito e minore ricattabilita’ del paese. Col reddito di cittadinanza una parte importante prenderà la strada dell’estero producendo l’esatto contrario.

      • Ma bisognerebbe considerare il reddito di cittadinanza come una soluzione di emergenza per chi si trova temporaneamente senza lavoro.. Oggi è molto costoso, ma in una società più civile lo sarebbe molto meno e non dovrebbe essere in alcun modo incompatibile con tutte le interessanti soluzioni proposte.

  • Marcello Romagnoli

    Condivido la proposta che coincide con la mia,anche se lei l’ha molto meglio di me, che ho evidenti limiti, descritta.

    Forse una strada per aggirare i limiti del WTO ( anche se concordò con lei sulla necessità di disubbidire a regole dannose) costituendo una banca pubblica in grado di erogare prestiti a tassi inferiori a quelli del mercato, svolgendo così anche una azione calmieratrice.

    Sul tema economico sarebbe interessante anche considerare l’aspetto relativo al finanziamento di start-up, soprattutto di giovani con contenuti innovativi ne tecnologici rilevanti. Ci sono interessanti sinergie con le università italiane che, nonostante siano tanto criticate, hanno una percentuale rilevante di persone al loro interno capaci di sprigionare importanti energie di sviluppo. Difficile per chi ha una idea interessante oggi, in Italia, poter trovare i finanziamenti e le infrastrutture. Ad esempio vivo nella zone del polo ceramico emiliano. Non si contano i capannoni di ex ceramiche vuote che potrebbero essere velocemente riadattate per diventare incubatori di nuove aziende.

  • Buongiorno Prof. Giannuli,

    La soluzione che consentirebbe I migliori risultati e’ la (1) ossia la creazione di un’agenzia statale che operi senza intermediatori bancari. Certo che dovremmo uscire dall’OMC, ed e’ proprio questa una delle cose da fare per rilanciare la nostra economia.
    Sul reddito di cittadinanza sono d’accordo: il problema non e’ dare un reddito a chi non lavora, il problema e’ dare un lavoro a chi e’ disoccupato.
    Saluti,
    Marco

  • Innanzitutto riducendo una serie di pesi economici e burocratici:
    – semplificazione della compravendita di autoveicoli, riducendo a una piccola struttura efficiente ACI e Motorizzazione Civile (si dovrebbe poter far tutto on-line in poche ore)
    – semplificazione del processo di gestione dei brevetti
    – semplificazione dell’affitto di uffici, capannoni industriali e altre strutture
    Per quanto riguarda il finanziamento vero e proprio, bisognerebbe analizzare bene e senza pregiudizi in positivo o in negativo esperienze anche estere quali “la banca dei poveri”, la “banca etica” e simili. (Non ne so molto, qualche anno fa avevo un piccolo deposito in una Banca Etica così, tanto per provare anche quella. Ho dovuto rinunciare quando uno degli ultimi Governi ha innalzato notevolmente l’imposta minima sui depositi, a prescindere dalla cifra depositata e dal rendimento: l’imposta era quasi la metà del mio deposito).
    Adesso è di moda il crowdfunding, che in italiano si potrebbe tradurre con “offri un caffé a una buona idea”. Di fatto, è un’elemosina, ma bisognerebbe capire come funziona in concreto, quanti prendono i soldi e scappano, quante idee hanno successo ecc. Comunque, nei Paesi di normale civilità borghese c’è una certa disponibilità a investire nell’autoimprenditoria anche da parte della finanza tradizionale, ma da noi non è pensabile.

  • Dimenticavo: dare la cittadinanza a tutti gli immigrati ben integrati che la richiedano. Non solo possono portare in generale idee nuove e forze fresche, ma magari hanno anche accumulato qualche risparmio che non si arrischiano a investire per via della precarietà della loro situazione.

  • Signori non è ipotizzabile tutti si laureino e trovino impiego come professionisti. Il lavoro va diminuendo e le macchine stanno prendendo il posto degli umani in mansioni sempre più complesse. Il reddito di cittadinanza sarà pure un’idea di destra ma finché per legge a livello planetario non si vieta l’utilizzo di macchine, software e automazione a favore di operai umani credo non abbia alternative praticabili.

    • esatto, finalmente un discorso sensato…
      basterebbe anche solo leggere qualche saggio di Domenico de Masi per capire che non viviamo piu’ nell’800, ma siamo oramai da alcuni decenni nel post-industriale.

    • Tenerone Dolcissimo

      Si potrebbero anche vietare le automobili e tornare ai carri. A me conviene: sono romano e come si sa “ai romani piaceva la biga”.

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