L’Isis, i suoi collegamenti ed il fallimento dell’intelligence occidentale.

Notizie e dati sull’Isis sono scarsi e frammentari ma non inesistenti. Qualcosa su cui iniziare a ragionare c’è ed ho esposto alcune argomentazioni già alcuni giorni fa. Come si sa, l’Isis ha colto tutti di sorpresa con una ascesa rapidissima che non ha precedenti nei casi di guerriglie ed organizzazioni clandestine. Ancora qualche mese fa se ne parlava come di un gruppo di giovani fanatici, privi di una effettiva pericolosità sul piano strategico. C’è stata una madornale sottovalutazione, tanto della forza organizzativa quanto delle capacità di direzione politica e militare di questo gruppo (ed anche io debbo fare autocritica per aver accettato questa immagine, sin oltre la presa di Mossul, il 10 giugno). Questi sono sanguinari, ma non sono solo un gruppo di briganti tagliagole, sono avversari che vanno presi molto sul serio. E non sono avversari solo degli Usa, ma anche dell’Europa e di chiunque non si riconosca nell’Umma. Anche nostri, intendo della sinistra comunista e socialista.

Ho avuto la piacevole sorpresa di scoprire che anche altri, del tutto indipendentemente, stanno facendo considerazioni sull’Isis e sulla sua natura di gruppo predatorio dietro cui ci sono soggetti coperti, che coltivano un disegno di potere di segno tutt’altro che progressista o “antimperialista”. Alludo per esempio ai Wu Ming che su twitter hanno esposto in 30 punti alcune loro valutazioni (consultabili riunite su ilcorsaro.info).

Sono in larga parte d’accordo con le valutazioni riguardanti la resistenza curda e sul ruolo decisivo del Pkk (anche se trovo il giudizio sui Peshmerga un po’ ingeneroso), ma qui vorrei sviluppare la parte del discorso relativa alla natura politica e sociale  del “Califfato“ e dei suoi possibili committenti, partendo dalle informazioni disponibili.

Una prima messe di informazioni è venuta dall’arresto a Mossul, l’8 giugno, di Abu Hajjar (un corriere dell’organizzazione) che ha rivelato il nascondiglio del capo del comando militare dell’Isil Abdulrahman al Bilawi, catturato poche ore dopo ed ucciso. A parlarne è stato un articolo del “Guardian” (15 giugno 2014) ripreso da “Internazionale”.

Queste catture hanno fatto cadere nelle mani dell’intelligence iraquena ben 160 chiavette usb dalle quali è stato possibile ricavare una grande quantità di dati, come i nomi originari e di copertura dei combattenti stranieri, le identità dei capi più anziani, le iniziali degli informatori dell’Isil infiltrati nei ministeri di Bagdad ecc. Ma soprattutto una ricca raccolta di dati sulle finanze del gruppo, da cui si ricava che l’Isil, a quella data, disponeva già di 875 milioni di dollari sia liquidi che in beni. Cui poi si sono aggiunti i lingotti d’oro ed i liquidi trovati nelle banche di Mossul ed altro. Nessun gruppo “terrorista” nel mondo dispone di risorse finanziarie paragonabili.

Sempre secondo la stessa fonte, queste ricchezze sarebbero state il frutto della commercializzazione del petrolio e del contrabbando dei reperti archeologici nelle zone che l’Isis controlla in Siria da oltre un anno (e solo dai reperti del sito archeologico di Al Nabuk, l’Isis avrebbe ricavato oltre 36 milioni di dollari). Oltre che da sottoscrizioni di singoli sostenitori sparsi nel mondo islamico. Dunque, l’Isis non avrebbe ricevuto finanziamenti nascosti da stati islamici o da gruppi finanziari.

Invece, in una inchiesta di Fausto Biloslavo comparsa su “Panorama”(27 agosto 2014) si parla di beni per oltre 2 miliardi di dollari, di cui circa 500 predati nella conquista delle città settentrionali dell’Iraq; , pur sottraendo i 500 milioni in questione, il resto è quasi il doppio della stima fatta sulle famose chiavette. Lo stesso Biloslavo accenna a finanziamenti “iniziali” di Quatar ed Arabia saudita, voce ripresa anche da diverse fonti minori. Peraltro, non mancano tracce di piccoli versamenti di denaro di provenienza Turca e persino americana.

Qui però conviene fare delle distinzioni per non trarre conclusioni troppo azzardate. Piccoli versamenti turchi o americani possono anche esserci stati, ma questo va ricondotto alle particolarissime condizioni della guerra in quelle zone. Ad esempio, il settimanale americano “The Nation” documentò pagamenti americani in Afghanistan ai talebani, per il tramite dei contractors ingaggiati, per garantire la sicurezza dei convogli che trasportavano armi ed equipaggiamento (“Internazionale” 13 novembre 2009),

così come l’esigenza di procurarsi ingentissime quantità di carburante per aerei e mezzi di terra, sempre in Afghanistan, davano luogo, grazie alla diffusa corruzione fra i militari americani, a spericolati giochi e triangolazioni con regimi discutibilissimi come il Kirghizistan o il Tagikistan o con faccendieri di vario genere di cui non si capiva se fossero emissari di qualche gruppo terroristico o semplici organizzazioni di mala vita (“Internazionale” 30 aprile 2010).

Tutto questo non significa che gli americani abbiano finanziato la guerriglia contro di loro, ma che in operazioni di quelle dimensioni possono esserci “fughe laterali di denaro” dovute alla corruzione o a taglieggiamenti di cui non sono responsabili i comandi in capo o l’autorità politica. Ma, ovviamente, si tratta di flussi occasionali e necessariamente molto limitati.

Nel caso dell’Isis possono esserci state occasioni del genere ma non si tratta di episodi significativi sul piano politico e neppure dei finanziamenti. Robetta.

Più serio può essere il discorso dei finanziamenti iniziali quatarioti e sauditi. Certo, occorrerebbe saperne di più: di che cifre si parla? Sino a quando sono durati? L’impressione è che si possa essere trattato di cifre non piccole, che hanno consentito all’Isis di “prendere quota”, ma che sono molto lontane dalle cifre di cui si parla oggi. E, probabilmente, Arabia Saudita e Quatar le hanno date nell’illusione di controllare l’Isis e farne un proprio strumento di influenza.

Restano, però, da chiarire troppi punti in materia di finanziamenti: in primo luogo, non siamo affatto sicuri di avere una stima sufficiente delle disponibilità di denaro dell’Isis. Facciamo un piccolo calcolo: in tutti gli eserciti, anche quelli totalmente volontari (come erano le Brigate internazionali in Spagna), occorre dare un soldo, anche limitato, ai propri combattenti e provvedere al loro sostentamento, equipaggiamento ecc. Ovviamente il costo di un soldato americano è decisamente superiore a quello di un soldato dell’Isis, ma, pur calcolando una cifra bassissima di 800 dollari mensili a testa (e dovremmo saperne di più, ma questo è un dato prudenzialissimo, considerando il vettovagliamento, l’equipaggiamento e l’eventuale soldo) si ricava che l’Isis, che vantava circa 30.000 effettivi già prima dell’offensiva in Iraq, dovrebbe aver avuto bisogno di circa 21 milioni di dollari al mese. Ovviamente una parte importante è venuta dalla vendita del petrolio, dal contrabbando archeologico, da finanziamenti quatarioti e sauditi ecc, ma già questo dice che in un anno, per la pura sussistenza, sono occorsi oltre 250 milioni di dollari. Poi ci sono state le spese per armamenti e munizionamento, operazioni varie ecc. ecc.

Dunque, già prima dell’offensiva gran parte degli 875 milioni di cui parla il “Guardian” dovrebbe essere stata bruciata. Poi, non siamo affatto sicuri che vendita di petrolio e contrabbando archeologico possano aver dato quelle cifre. E non perché lì non ci sia merce da vendere per quei valori, ma perché questo non riesce se non si ha una rete commerciale idonea a smaltire quei quantitativi. Ad esempio, il contrabbando, che avrebbe fruttato 36 milioni solo da un sito, esige una rete di distribuzione in grado di raggiungere collezionisti, aste, banche ecc che paghino quelle cifre. Se ci si rivolge ai canali della criminalità organizzata, per quanto si tratti di una ricettazione di alto livello, non si rimedia molto di più del 5-10% del valore.

Dunque, il solo sito di Al Nabuk avrebbe dovuto fornire pezzi per oltre 300 milioni di dollari, per poi realizzarne una trentina o poco più. Poco credibile. Per avere un apprezzamento adeguato, occorre avere una rete di distribuzione propria o una “amica” che si presti a collocare la merce senza farci affari da strozzino. Ed allora: chi sono questi benefattori che si sono offerti di fiancheggiare l’Isis con questa attività “commerciale”?

Poi, in questo caso è anche improprio  parlare di guerriglia, perché siamo in presenza di un soggetto che esercita una  sorta di “sovranità di fatto” su un territorio grande quanto il Belgio e dotato anche di cospicui armamenti pesanti (come carri armati), in parte catturati all’esercito iraqueno in fuga, ma in parte posseduti già prima, altrimenti non si capisce come possano aver avuto la meglio in uno scontro campale con una armata molto corazzata. Dunque siamo molto vicini ad una guerra regolare. Cose che costano e molto. Ma soprattutto, se il Califfato dovesse durare, avrebbe bisogno di risorse notevoli, tanto per la guerra, quanto per la gestione amministrativa del territorio. Vero è che potranno gestire una parte dei pozzi petroliferi nella zona di Mossul (sinchè saranno nelle loro mani), ma in primo luogo occorre vedere quanto petrolio riusciranno ad estrarre in queste condizioni e, più ancora, come troveranno acquirenti e come lo trasporteranno. Senza contare che, dovendo sostenere una guerra, di soldi gliene serviranno proprio tanti. Chi li procurerà? Tenendo anche conto che appare piuttosto difficile che possano ricorrere ai mercati finanziari per approvvigionarsi di denaro: al di là delle condizioni politiche, quale operatore finanziario può essere disponibile, in queste condizioni, a rischiare il suo capitale prestandolo all’Isis?

Insomma, trattandosi non più di un esercito guerrigliero ma di uno Stato vero e proprio, qualcuno dovrà soccorrerli, magari anche solo per trovare chi compri il loro petrolio.

A proposito: sin qui a chi lo hanno venduto? A che prezzo e con quale rete di distribuzione?

Insomma, mi pare che l’intelligence occidentale sia un colabrodo incapace di fare il suo mestiere, come ha sottolineato nei giorni scorsi anche Mattia Ferraresi, in un interessante articolo apparso su “Il Foglio” del 22 agosto, sul tentativo fallito di liberare James Foley nel luglio scorso. Ma di questo, torneremo a parlare.

Aldo Giannuli

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Ma Al Quaeda o l’Isis sono solo quel che sembrano? 22 agosto 2014

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Aldo Giannuli

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Comments (16)

  • E si aldo, le cifre sono grosse e gli angioletti non stanno improvvisando. L’unica cosa che sembra un po’ a soggetto è il mito del califfato che vogliono vedere fin dove riescono a spingerlo. Mi sa che quella mappa su basi etniche nord americane non è così brutta.(-:

  • da profano: i servizi riferiscono ai governi (occidentali), sono essi che prendono le decisioni. chi ci dice che non abbiano adottato i provvedimenti “giusti”, finora?

  • L’islamofobia maniacale nell’opinione pubblica occidentale,ha preso non casualmente,il via dopo la caduta dell’URSS.Il capitalismo occidentale doveva sostituire un nuovo nemico a quello vecchio;il comunismo fu liquidato senza ricorrere a una guerra mondiale (a differenza del “male assoluto” vale a dire il nazifascismo) usando solo la coca-cola.Sono i cristianosionisti e gli atei devoti dell’occidente, che fomentano quotidianamente,odio,menzogne,disinformazione,da sempre contro chi si oppone a loro.Gli europei hanno tutto da temere dai cristianosionisti e dagli atei devoti occidentali, sono loro i veri e unici nemici dei popoli e non solo europei.Ma purtroppo stanno preparando “nuove crociate”, quindi stanno cucinando a dovere l’opinione pubblica.Manca solo la Pearl Harbor o l’undici settembre di rito, poi tutto il resto accadrà, secondo copione.

  • ma il fatto che l’Isis non sia l’unica forza in guerra contro il governo settario sciita perchè non viene mai nominato?

  • Aglieglie Bratsorf

    Se il Medio Oriente è il calderone, il Libano è il fornello. Tutti gli intrighi finanziari, di reclutamento e contrabbando per tutta la regione passano o partono da Beirut e dai suoi clan imprenditorial-finanziar-mafiosi-politici.
    Faccio solo un esempio: all’inizio della guerra siriana al porto di Beirut è stata bloccata una nave che conteneva (se non ricordo male) trenta container stipati di armi che da lì dovevano andare presumibilmente a Homs ai gruppi antiAssad sunniti, passando per la porosa frontiera libanese ad Ersal.
    Il carico era molto probabilmente gestito da Hariri e dal suo clan, che in Libano (almeno oggi) “rappresenta” l’area di potere Saudita.
    Quella spedizione era sicuramente una delle tante, che è stato bloccato dal governo libanese quando un altro gruppo di potere (molto probabilmente Hezbollah, alleato di Assad) ha fatto capire di non gradire questo viavai ed era pronto a dare una spallata al traballante governo del paese dei Cedri.
    I gruppi di potere libanesi, nonostante tutte le guerre civili, e forse proprio per queste, sono ancora spaventosamente ricchi, hanno le mani in pasta in tutto il mondo, e sono ancora al centro di tutto il contrabbando di armi e di droga del Mediterraneo.
    Tutte le guerre del Medio Oriente – che sono a sfondo clanistico più che confessionale, questo non va mai dimenticato – hanno il loro snodo in Libano, e in particolare il più impegnato e attivo tra Libia, Siria, Iraq è il gruppo Hariri, forte dell’alleanza saudita. Saad infatti è scappato a Ryadh quando in Libano l’atmosfera si è scaldata di nuovo con le autobombe.
    A proposito… dove è scappato Dell’Utri?

  • Lasciamo perdere quegli alienati del wuminghe che inquadrano ISIL nel solito schema anni 70, basta leggere le cd. tesi 24 e 25 e uno si mette a ridere, dio mio ‘sta gente vive fuori dal mondo. Anche la carta da culo di Ferrara la appollottoliamo e buttiamo nel cesso visto che uno che santificava la guerra USA in irak Iran afghanistan che poi invece ha fatto nascere ISIL lo paracaduterei in mezzo a ISIL (ma prof che porcherie legge!? 🙂
    Massimo Fini è l’unico che ha capito per tempo il pericolo, che non era una buffonata http://www.beppegrillo.it/2014/06/passaparola_-_il_nodo_iracheno_e_che_fa_paura_alloccidente-_massimo_fini.html

    ISIL è facile da capire: è cosa diversa da Al Quaeda perchè non vuole limitarsi a fare terrorismo in franchising per il mondo per destabilizzare i poteri locali, ma vuole farsi stato, anzi è già uno Stato nelle zone dove esercita con regole sue il monopolio della violenza statuale sul popolo; è diverso dai talebani che fanno guerre tribali in difesa delle loro terre. ISIL è un progetto integralista di guerra santa contro l’occidente, quindi anche contro noi. Vogliono venire da noi. Quello significa quando dicono che vogliono mettere la bandiera a Roma. Per questo è una cosa diversa e nuova. Sono combattenti indefessi e fanatizzati, che solo un intervento di altro esercito con guerra di terra può eliminarli.

    Consiglio di vedere l’unico documentario su ISIS, in 5 parti: ci si fa una idea di quello che ci aspetta.
    https://www.youtube.com/watch?v=bsCZzpmbEcs

    analisi utile
    http://www.vice.com/it/read/intervista-anand-gopal-origini-isis-263

  • a me sembra chiaro che i regimi sunniti dell’area sono in varie misure complici dell’isis. un organismo statale infatti avrebbe il potere di mettere mano su certe attività private come l’invio di danaro a gruppi terroristi, la compravendita di opere d’arte rubate, senza contare che anche per quanto riguarda i proventi della vendita di petrolio è difficile pensare che sia stata utilizzata una logistica diversa da quella presente in quell’area.
    ma non credo che i servizi americani siano così stupidi da essersi lasciati sfuggire questi particolari, come non credo che siano stati così stupidi da non aver capito che bin laden era in pakistan. solo che in entrambi i casi si è trattato di paesi “amici” e probabilmente gli usa non hanno ritenuto il caso di rivedere completamente il quadro geopolitico delle loro alleanze (in medioriente e non solo). almeno per ora, ovviamente. quindi credo che l’effetto colabrodo sia sistemico, in quanto non è imputabile ai soli servizi, ma alla strategia americana degli ultimi decenni.

  • Probabilmente la mia domanda è banale, ma ho un dubbio riguardo all’uso che si è fatto del video di Foley.
    Sperando di non essere troppo “off-topic” lo condivido qui, luogo fra quelli che frequento che valuto più indicato.
    Tralasciando le ovvie accuse di falsità del video, ciò che mi ha più colpito è che in nessun luogo di discussione si sia – non dico analizzato – ma neppure citato ciò che Foley stesso dice prima di essere decapitato: Foley accusa chiaramente, duramente e direttamente il governo degli Stati Uniti di essere il suo vero assassino.
    Purtroppo non sono più riuscito a trovare il video originale che era fra i primi risultati di YT immediatamente dopo l’accaduto, ma all’incirca intorno al minuto 2 si può almeno ascoltare il discorso da qui: https://www.youtube.com/watch?v=y2fV1TEPl1U
    Ora, magari si tratta di lavaggio del cervello, magari di dichiarazione sotto costrizione, ma possibile che con tanta leggerezza si sia decapitato persino il reperto che “prova” la decapitazione?
    Possibile che su molti media si sia addirittura censurato il video invertendone totalmente il significato, lasciando l’incipit in cui Foley dice “Chiedo ai miei amici, famiglia e persone amate di rivolgersi ai miei veri assassini” (continua “the US Government”) attaccando di seguito il discorso dell’esecutore che brandisce il coltello?
    Mi piacerebbe avere un parere in tal senso, perchè sinceramente non ci capisco più nulla.

  • in genere tendo sempre per la risposta più semplice, non mi prendono i piani troppo elaborati, eppure mi piace anche pensare che non esistono più i Servizi incompetenti.
    lo sono sicuramente stati in passato, in alcuni episodi e in un panorama radicalmente diverso disponendo di mezzi radicalmente diversi.

    se non nella misura in cui l’incopetenza e l’errore si possono imputare alla comprovata abitudine americana e occidentale di sottovalutare il proprio nemico, credo che in un panorama in cui tutto (eserciti, ideali, scopi, organizzazioni) è poroso e malleabile i Servizi abbiano terreno fertile per svolgere il loro lavoro in maniera efficace e precisa.

    non esiste organizzazione tanto pura da non scendere a patti, tanto difesa da non ospitare senza sapere qualche ratto e tutto per funzionare necessità di sottefugi, patti, alleanze e legami con criminalità di minor peso.

    quei territori non sono più i muti deserti di sabbia di 10 anni fa, le geografie dei poteri, specie quelle emergenti non sono sfuggite a nessuno. come si può con tanta attenzione riflettere sui costi necessari a mantenere attiva un organizzazione e non aver tracciato dai loro inizi questi stessi movimenti?

    i Servizi non prevengono ciò che non vogliono prevenire. bisogna riflettere su quali possano essere gli interessi che non vogliono ad esempio un giornalista salvo piuttosto che uno morto. occorerrebbe poi capire a che livello le cose “non vanno come dovrebbero”: il presupposto è che il tale giornalista debba essere salvato? poi si sa che i deltaforce ricevono la locazione sbagliata, ma non subiscono vittime pur trovando una resistenza più alta dell’attesa, e allora era sbagliata o anche i deltaforce sapevano di non intervenire per un ostaggio?

    mi piace pensare che in una certa misura le cose vadano sempre come debbano, sopratutto quando ci diciamo “ma perchè sbagliano? perchè non intervengono?” perchè non lo desiderano.

  • Si può anche pensare a una diversa linea interpretativa: per gli USA l’espansione dei Califfati è un’occasione meravigliosa per chiudere i rubinetti del petrolio mediorientale e africano (Nigeria…), e costringerci tutti a comperare lo shale gas a stelle e strisce. Naturalmente, come tutti i rubinetti strategici, deve essere gestito con attenzione, per cui bisogna reprimere il Califfato siro-iracheno se si espande “troppo” velocemente. Comunque, per farci capire bene chi comanda, è incominciata anche la destabilizzazione dell’Arabia Saudita: http://www.ned.org/fa/node/3219 Buona lettura.

  • Aglieglie Bratsorf

    @ Mattia
    ho notato anch’io questa contraddizione che si potrebbe spiegare con una teoria, sostenuta da alcuni insider o giornalisti non allineati (Webster Tarpley è uno di questi), che vede uno scontro tra due fazioni all’interno del complesso militare-industriale USA.
    Grosso modo le cosche (perché tali sono) Neocon+Clinton+McChrystal contro Obama+Hagel+Petraeus, la prima più interventista diretta, la seconda più indiretta.
    Può anche darsi che quel filmato sia stato fatto dalla prima cosca per promuovere un intervento diretto mettendo in difficoltà la seconda cosca.
    Il tutto sarebbe anche mirato a generare il maggior caos possibile e spianare la strada della Clinton alla casa bianca, per arrivare alla quale la Jena è saltata sul carro neocon (che tra l’altro ben si addice a cotanta bestia)

  • @aglieglie. credere che la storia vada avanti unicamente perchè le barbe finte americane si fanno i finti attentati da soli, e senza di questi sarebbe “finita” significa stare messi peggio di un fukuyama qualsiasi…

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