Che succede nell’Isis?

Il 1° maggio,  “The Guardian” annunciava che Abu Bakr Al Baghdadi, Califfo dello Stato Islamico (Isis) sarebbe stato colpito nel corso di un bombardamento americano accaduto in marzo. A causa della serietà delle ferite alla schiena, non sarebbe stato in grado di reggere il califfato, per cui sarebbe stato sostituito dal suo vice Abu Alaa al-Afri, un professore di fisica membro della prima ora dell’Isis. E questo avrebbe spiegato l’assenza di Al Baghdadi dalla scena pubblica che durava da diverse settimane.

Per la verità, non era la prima volta che veniva annunciato il ferimento di Al Baghdadi, anzi in novembre si era detto che sarebbe addirittura morto, sempre a causa di un raid aereo. Questa volta, però, si aggiungeva una nota ufficiale del governo iraqueno che confermava la notizia.

Meno di due settimane dopo, il 13 maggio, lo stesso governo di Baghdad annunciava  la morte di Abu Alaa al-Afri, in un nuovo bombardamento aereo  che aveva colpito la Moschea dei Martiri, nella zona di Tal Afar, mentre era in corso una riunione di molti esponenti dell’Isis in gran parte periti anche essi.

Subito dopo, compariva in rete un video di Al Baghdadi con il consueto appello alla Jihad e il Califfo appariva in buone condizioni di salute, eretto e perfettamente in grado di muoversi (mentre avrebbe dovuto essere stato colpito gravemente alla schiena). Sin qui nessuno è stato in grado di stabilire se si tratti di un messaggio preregistrato o se la voce sia davvero quella di Al Baghdadi. Insomma, che sta succedendo nell’Isis e quali e quante di queste notizie vanno prese sul serio? Quanta fuffa c’è? Facciamo alcune ipotesi.

La più semplice: è tutto vero, Al Baghdadi è stato colpito a marzo ed Al Afri a maggio, il primo ferito, il secondo ucciso. Il messaggio di Al Baghdadi potrebbe essere un falso o un pre registrato dell’Isis per reggere il colpo propagandistico. Oppure, in questi due mesi Al Baghdadi si è rimesso ed è in grado di mantenersi eretto e fare un discorso. Possibile. Però se davvero l’aviazione alleata è riuscita in così poco tempo a mettere a segno due colpi di questo livello appare singolare: o hanno un sistema di localizzazione che gli permette di identificare dove colpire i massimi dirigenti nemici, o sono i primatisti mondiali della fortuna. In secondo luogo: possibile che, dopo il ferimento di Al Baghdadi, i seguaci dell’Isis non abbiano preso alcuna precauzione per proteggere i propri dirigenti? Al punto da riunirli in vasta compagnia in una Moschea abbastanza nota, per di più nella zona natale del facente funzioni del Califfo e, quindi, zona tenuta d’occhio?  Possibile ma con dei dubbi.

Secondo scenario: una delle due notizie è falsa o lo sono entrambe, e sono manovre di disinformazione, sia per galvanizzare la propria parte, sia per vedere se ci sono reazioni e quali in campo avverso; nebbia di guerra. Plausibilissimo, come fa pensare le diverse volte in cui è stato annunciato il ferimento di Al Baghdadi. Peraltro questa guerra è ancora più “buia” di quella dell’Afghanistan e ne sappiamo davvero poco. Perplessità? Il trucco è destinato a durare poco perché le presunte vittime potrebbero ricomparire in pubblico prima o poi e smentire le notizie sulla loro morte o ferimento.

Terzo scenario: c’è qualcosa che sta accadendo dentro il Califfato con il conflitto fra i due leader, uno dei quali potrebbe essere stato eliminato dall’altro, nel quadro di una lotta per il potere interno. E americani ed iraqueni potrebbero trovare conveniente ascrivere a sé la morte o il ferimento dei vari esponenti dell’Isis, per dare peso alla propria azione e dimostrare che i bombardamenti stanno sortendo effetti importanti. Anche questo è possibile, anche se perplessità non mancano. Ad esempio: se c’è un lotta interna per il potere, sarebbe il momento migliore per una offensiva di cui, invece non si vede l’ombra.

Guerra davvero strana questa: dopo la travolgente avanzata di giugno scorso, l’Isis sembrò fermarsi, forse ad opera delle milizie curde. Seguivano molta propaganda, decapitazioni, annunci. In gennaio la Giordania aveva annunciato una offensiva di terra in risposta al rogo del suo giovane pilota, ma sin qui non si è visto niente. In marzo una offensiva degli sciiti appoggiati dall’Iran sembrava strappare città una dietro l’altra all’Isis, dopo, inspiegabilmente si è interrotta ed, anzi, c’è stata una controffensiva dell’Isis che ora sembra espandersi in Siria.

Che effetti reali abbiano i bombardamenti, cosa stia facendo questa strana alleanza islamica anti Isis, che gioco faccia la Turchia: tutte cose di cui non si capisce un accidenti. La sensazione, (giusto una sensazione che non saprei supportare con dati di fatto) è che si stia cercando un qualche compromesso, un punto di caduta o una tregua in attesa di qualcosa. Di fatto è la guerra su cui abbiamo meno notizie.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (7)

  • anche se l’attuale isis scompare per implosione interna dovuta ai più svariati motivi, le cause che coltivano il germe su cui si fonda scompaiono?
    il riscatto islamico può avere un origine diversa dal salafismo, quale?

    che loschi figuri scompaiano in modo più o meno atroce è nell’ordine delle cose, dispiace i ricami che se né fanno che seminano ignoranza )-:

  • Il compromesso potebbe essere “Concentriamoci sull’abbattimento di Assad”, obiettivo di entrambe?

    D’altra parte tutto quanto riguarda l’ISIS è poco chiaro. Ho letto di 1.000.000 di $/gg in proventi dalla vendita clandestina di petrolio. Questo può essere solo caricato su pertoliere o consegnato in raffineria, altrimenti non ha valore. A 60 $/bbl sono circa 150 autocisterne con rimorchio AL GIORNO. E i droni, che riescono a trovare un matrimonio afgano, si fanno passare sotto il naso un traffico del genere? Questo fa il paio con il passaporto dell’attentatore suicida trovato tra le macerie delle due (in realtà tre) torri, mi pare…

    • Mi spiace ma il passaporto vince.
      Non fu trovato tra le macerie, ma PRIMA del crollo delle torri da un anonimo passante, tra le 9 e le 10.

  • e cosa vogliamo dire di israele? a parte le dichiarazioni di alcuni ufficiali del loro esercito molto bonarie riguardo l’isis, e le voci sul fatto che i miliziani isis vengano curati negli ospedali israeliani. ma netaniau che va al congresso usa a dire che il vero nemico è l’iran, e che l’isis è poco preoccupante? sinceramente, ma che roba è? e non solo perchè all’atomica iraniana non ci crede nessuno (nenanche il mossad, che ha rilasciato rapporti che ne negavano l’esistenza), ma per la totale mancanza si senso del ridicolo. non puoi fare l’occidentale e contemporaneamente stare con l’isis. o da una parte o dall’altra.

  • Professore, alle sue interessanti osservazioni sulla situazione irachena e i suoi possibili sviluppi credo manchi un elemento non secondario, sul quale purtroppo abbiamo poche informazioni: il ruolo e gli obiettivi dei Sauditi.
    Mi pare che lei tenda a considerare il rapporto tra Is e Sauditi come di semplice “non belligeranza”; i complottisti tendono, al contrario, a considerare il primo una creazione dei secondi o perlomeno un Golem sfuggito di mano.
    Ho letto con interesse il suo recente articolo sul regno saudita e credo manchi lo stesso fattore rilevante per la nostra discussione: i Sauditi (come per il resto ogni altro paese) non sono un blocco unico, monolitico, pur essendo una monarchia assoluta. Perché? Per via delle migliaia di principi raggruppati in clan diversi e rivali? Forse, ma anche per via del fatto che ognuno di questi può contare su un bel gruzzolo di miliardi con cui giocare la propria politica estera. Non è infrequente che clan diversi siano rivali e supportino all’estero gruppi e politiche rivali: si veda ad esempio la contesa economica della seconda metà anni ’90 tra il consorzio saudita DeltaOil e l’anglo-argentina BP-Bridas appoggiata dalla Ningarcho di Turki Faisal. In gioco era l’assegnazione dell’appalto afghano per un gasdotto. A decidere toccava ai talebani, wahabiti secondo molti messi su proprio con l’appoggio saudita. Dovremmo dunque forse parlare del ruolo di “alcuni” clan nel forgiare o foraggiare ribelli in giro per l’Asia, dai ceceni contro i russi all’Is in funzione antiamericana-antiiraniana.
    I sudairi sono sempre stati gli amici più stretti degli USA: Fahd era uno di loro.
    Abdallah, invece, no.
    Ora con Salman le cose non tornano tanto perché pur essendo uno dei sette fratelli Sudairi anche lui sembra in disaccordo con Obama. Ma forse è solo una questione di rapporti con L’iran. (Un po’ come per Israele..)
    Per concludere, le domande che dovremmo porci, a mio parere, dovrebbero essere:

    1.quali gruppi interni al regno saudita possono avvantaggiarsi dall’esistenza dell’Is?
    2. Viene aiutato attualmente (L’Is) magari nel gestire e vendere il greggio iracheno?
    3. E’ un califfato a orologeria, destinato in altre parole a mutare gli equilibri in gioco per poi essere sostituito da qualcosa d’altro che faccia accrescere l’influenza Saudita sull’area?
    4. Quali piani ha realmente il regno (o una sua parte) su Yemen e Siria? considerando che l’esercito saudita esiste solo per avere la scusa di comprare armi per miliardi di dollari e farsi amici in giro per il mondo?

  • quarto scenario:
    Al Baghdadi non è mai esistito, è il prodotto di una fiction, ad uso dei paesi occidentali per giustificare un intervento dei governi e per spaventare i telespettatori.
    Come Al Zarkawi, ucciso tre volte e tre volte rinato ad opera della società di produzione di minacce video SITE.
    Come non è mai esistito un “califfato” territoriale o organizzato, ma una nuova banda di mercenari buttata nell’arena irakeno-siriana per dare un nuovo impulso distruttivo contro le entità governative che si stavano riorganizzando e spazzando via le formazioni guerrigliere create via via dai vari attori regionali con il coordinamento abborracciato degli Stati Uniti.
    Il fatto che esistano un “califfo” e un “califfato” viene smentito infatti dalla mancanza di coordinamento degli attacchi, compiuti a casaccio man mano che le colonne di automezzi incontrano un villaggio nel deserto, e di un territorio controllato. Tuttavia gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita, la Turchia, il Qatar e la Giordania hanno bisogno di far credere che esista un capo e un territorio, appunto per arrivare a farlo riconoscere internazionalmente per arrivare a quello smembramento del Medio Oriente da tempo progettato e perseguito con tutti i mezzi.

  • Buonasera Professore, Buonasera a tutti.
    Bell’articolo; ottimo ragionamento; la verità? Difficile trovarsi di persona in una casa degli specchi, per di più anche affollata! Mettiamola così: allo stato attuale, la situazione geopolitica ed economica in Medioriente ha permesso e permette agli US di rivedere accordi e posizioni di Russia, Arabia Saudita e Iran; nonchè di mettere in seria difficoltá alcuni nomi da sempre nelle “black list” come Assad, Hezbollah e altri poco “friendly” come la Giordania.
    …..homo faber fortunae suae……
    Un saluto a tutti!

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