Qualche settimana fa, Andrea Camilleri, Tullia Segre e Andrea Giardina hanno lanciato un appello in difesa della Storia nel quale, dopo aver lamentato la crescente marginalizzazione della materia e rivendicata l’importanza formativa di essa, proponevano il pristino della traccia di Storia agli esami di Stato, l’aumento delle ore dedicate alla Storia nell’orario scolastico, il potenziamento degli studi storici nell’Università.
Con una certa frequenza accade che ci siano risultati elettorali “sorprendenti” che i commentatori politici fanno fatica a spiegare, oppure, ancora più spesso, che i sondaggisti siano clamorosamente smentiti dai risultati. Ma, soprattutto, accade molto spesso che gli elettori (anche quelli colti ed informati) non riescano a spiegarsi improvvise avanzate o catastrofiche sconfitte, che appaiono immotivate quantomeno nelle dimensioni, oppure come mai il tale partito che sembrava avviato a sicura sconfitta abbia “tenuto” contenendo al minimo le perdite o non perdendo affatto.
Un po’ di giorni fa, le associazioni dei docenti di storia e l’Istituto Storico per la Storia della Resistenza hanno lanciato un grido di dolore contro la proposta di abolire la traccia di storia fra quelle degli esami di stato, additando l’incultura di chi ha fatto l’infausta proposta ed hanno colto l’occasione per la solita geremiade sulle cattedre perse, della marginalizzazione delle ore di insegnamento della storia ridotte ad una sola negli istituti tecnici eccetera.
Chiedo scusa agli altri lettori di questo blog, ma devo dare alcune istruzioni ai miei studenti per il loro prossimo esame, per il quale possono presentare una tesina su argomento da loro scelto.
Molto volentieri vi propongo questo articolo curato da Erica Picco dell’Associazione Lapsus dedicato abolizione della traccia a carattere storico dalle prove di maturità. Anche io ritornerò sul tema a breve. Buona lettura! A.G.
Negli ultimi giorni la notizia dell’abolizione della traccia a carattere storico dalle prove di maturità ha generato una vasta mole di commenti da parte di storici accademici e intellettuali. In alcuni casi le voci in difesa della disciplina si sono tradotte in un appello morale a non trascurare i pericoli di un progressivo smantellamento del sapere storico; in altri casi ci sono sembrate più che altro delle rimostranze, che suonano un po’ come un “non ci avete nemmeno chiesto il permesso”, da parte di un ambiente, quello degli storici accademici, chiuso nel proprio comfort intellettuale e poco avvezzo a misurarsi con il mondo oltre il proprio naso. Ci sembra che questa levata di scudi contro l’eliminazione del tema storico sia l’ennesimo appello cieco alla realtà dei fatti.
Giovedì prossimo comparirà in libreria il mio ultimo libro “La strategia della tensione” ed. Ponte alle Grazie. Questo volume conclude la mia ricerca trentennale sul tema in decine di archivi – anche per conto di diverse Procure della Repubblica, della Commissione di inchiesta parlamentare sulle stragi oltre quelle abituali per uno storico- nelle quali ho consultato decine di migliaia di documenti, fra i quali ho scelto i circa settecento che sorreggono questo lavoro.