Grecia: vince il No.

Grande è stata la saggezza del popolo greco che, nonostante la serie di errori tattici di Tsipras e Vanoufakis, ha scelto massicciamente il No. Il peggio (la vittoria della Merkel e dei suoi servitori greci, italiani, francesi ecc.) è stata scongiurato. E’ un test degli umori reali dei popoli europei (quantomeno quelli del sud) nei confronti della fallimentare politica dell’austerità.

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Speriamo che vinca il no, nonostante Tsipras e Varoufakis.

Che nel referendum greco possa vincere il Si è possibile (e temo probabile, visti i sondaggi) e non ci vuol molto a dire che sarebbe un disastro per i greci e non solo per loro. Sarebbe la vittoria campale della Merkel, che rigetterebbe indietro tutti i movimenti di contestazione dell’ordine europeo, tanto di sinistra quanto di destra (per intenderci: Podemos, M5s, Front de Gauche e Syriza, ma anche, ma anche di Lega, Front National, ecc.) ma, paradossalmente non dei movimenti anti euro dei “ricchi” come l’Ukip o Alernative fur Deutschland che eserciterebbero un ricatto permanente sulla Merkel, costretta a non mutare mai atteggiamento.

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Grecia: il gioco che si profila.

Quella che si apre, in questa settimana, è una partita a scacchi a mosse obbligate per entrambi i contendenti. E’ evidente che Tsipras ha bisogno di una squillante vittoria dei No all’accordo. Se vincessero i si a lui non resterebbe che dimettersi, la troika avrebbe vinto e i partiti di centro cercherebbero di fare una coalizione “europeista” (magari con una scissione fra i deputati di Syriza) per un governo di servizio (di servizio alla Merkel, naturalmente).

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Ripensare l’economia reale.

La crisi ha avuto il merito di chiarire che lo sviluppo economico non è un problema di ingegneria finanziaria. Soddisfare le esigenze sociali non può essere il risultato di qualche funambolismo finanziario, ma del buon funzionamento dell’economia reale, rispetto alla quale la finanza deve tornare in posizione servente. Il ruolo sociale della finanza è quello di fornire i mezzi per avviare e sostenere un progetto imprenditoriale, incassare il dovuto compenso per il servizio al credito e basta. Tutto il resto è semplicemente usura.

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Grecia: l’inutile gioco del cerino.

Come volevasi dimostrare. A quanto pare siamo allo showdown finale: non sappiamo come andrà il referendum, ma se anche i greci votassero sciaguratamente si al piano della troika, ormai saremmo lo stesso alla rottura, perché il gioco del cerino è finito. Se anche la Grecia accettasse le condizioni demenziali poste, fra un mese, alla prossima rata di interessi, saremmo punto e a capo e la troika chiederebbe altro ancora.  

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Il referendum greco

Spero che vinca il no, ma ho il forte timore che vincerà in si per le bestialità di Tsipras.
Siamo alle battute finali di una campagna referendaria brevissima ed assai confusa, fra una manciata di giorni sapremo come è andata. Da poco è arrivata la risposta della Merkel all’ultima proposta di mediazione fatta da Tsipras: rispedita al mittente, come era logico attendersi. Tsipras continua a dire che anche in caso di vittoria del No, la Grecia non uscirà dall’Euro.

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La fine del riformismo e l’ordine neo liberista.

Ci fu un tempo in cui la sinistra si divise fra rivoluzionari (che volevano conquistare il potere con l’insurrezione armata e fondare, con un solo atto di volontà, un sistema sociale e politico totalmente diverso da quello esistente) e riformisti (quanti volevamo andare al potere con il voto per cambiare il sistema attraverso una politica, appunto, di riforme graduali).

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Diavolo d’un greco, paga i debiti coi soldi del creditore

Di Lamberto Aliberti. La storia. I primi di maggio sembrano ripetere i primi di aprile (vedi il mio pezzo precedente). Per il 12 ci sono da rimborsare 750 milioni di euro all’IMF, un 50% in più della tranche precedente.  E cominciano a girare le stesse voci: “Non ce la faranno mai. Sarà default”. Invece va più liscia di prima: saldo intero, in anticipo di un giorno.

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Rimettere la finanza sotto l’economia reale.

A quanto pare, non ci sarà ripresa economica se non usciremo dalla crisi del debito, come osserva Adrien De Tricornot. Questo per diversi ordini di ragioni. In primo luogo perché se la bilancia commerciale continuerà a restare in rosso, il debito pubblico diventerà fatalmente insostenibile: una bilancia commerciale in passivo significa che un paese sta consumando più di quello che produce, per cui i debiti (anche privati) non possono far altro che aumentare. Di conseguenza, si innesca l’effetto “Regina Rossa” (o “tapis roulante contromano”).

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