Patrimoniale si o no? Ma di cosa stiamo parlando?

Una campagna elettorale diversa

Molti, in questa campagna elettorale, lanciano la proposta di un’ imposta straordinaria patrimoniale, ma si guardano bene dal precisare cosa intendono per patrimoniale. Come se l’espressione avesse un significato univoco ed ovvio, non bisognoso di precisazioni. E invece, chiediamoci: la patrimoniale serve o no? Ed a cosa? Ma, soprattutto, che intendiamo per patrimoniale e patrimonio?

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Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena. Qualche proposta: ad esempio il carcere a vita per alcuni reati finanziari

Una campagna elettorale diversa 5

Per certi versi, lo scandalo del Monte dei paschi cade come il formaggio sui maccheroni, perché mette a nudo una serie di questioni di cui proprio non si fa cenno in questa sordida campagna elettorale. E partiamo proprio da una questione che mi è stata posta: si tratta del solito scandalo “ad orologeria” che in questo caso cerca di impedire la vittoria elettorale del Pd? Risposta:  “Ma certo! Che altro volete che sia?””. Che il Mps navigasse fra i guai di titoli obbligazionari basati sul nulla era cosa che si sapeva già da un bel po’, e già da maggio dell’anno scorso, i senatori Pancho Pardi ed Elio Lannutti dell’Italia dei Valori avevano chiesto il suo commissariamento. Che la crisi esploda in modo irreparabile proprio ora, a 30 giorni dal voto non sembra davvero una coincidenza casuale.

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L’azionariato dei dipendenti

Una campagna elettorale diversa 4

Dalla Confindustria alla Fiat, sino alla Lista Monti (non che il percorso sia tanto lungo!) molti chiedono la crescita della produttività del lavoro per reggere la concorrenza sul mercato globale. Niente di nuovo: si sta cercando di abbassare il costo unitario per prodotto, pagando lo stesso salario, musica vecchia. Comunque, il problema di reggere la concorrenza dei paesi emergenti, dove il costo del lavoro è seccamente più basso (sia per i livelli retributivi, sia ed ancor di più per i cambi valutari) non è un problema inventato ma reale. E, dunque, può anche starci il fatto che cerchiamo di abbassare il costo unitario per prodotto. Però: dove sta scritto che questo deve produrre solo profitto per l’imprenditore?

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Via l’Imu dalla prima casa, ma quadruplichiamola per gli stabili sfitti

Una campagna elettorale diversa.

L’Imu pare che non l’abbia voluta nessuno: Monti dice che era necessaria ma ora la abbasserebbe, Berlusconi non sapeva cosa fosse fino a quando il suo commercialista non gli ha fatto vedere il conto di quello che c’era da pagare per le sue ville sparse nel mondo; Bersani, poi, quando sente Imu ha reazioni allergopatiche. Va bene: vuol dire che ce la hanno portata i marziani, però, visto che siamo tutti d’accordo sulla sua indesiderabilità, non dovrebbe essere difficile trovare un’intesa e liberarcene. O no?! Però la cosa potrebbe creare qualche problema di cassa, visto che ormai è nel conto delle entrate e bisognerà pur sostituire in qualche modo quello che verrà meno. A guardarla bene, l’Imu non è altro che una mini-patrimoniale (e neanche tanto mini, se vogliamo) quindi può anche essere usata come elemento di riequilibrio del carico fiscale fra chi ha e chi non ha. E, dunque, è evidente che va immediatamente abolita -e senza discutere- sulla prima casa.

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Cosa votare? Concludendo, per quel che mi riguarda, la prima parte del discorso

Diversi intervenuti mi sollecitano ad esplicitare la mia posizione sul voto (il particolare il mio amico Franco De Mario che mi sembra assai impaziente). Per quanto mi riguarda, posso iniziare a restringere il campo delle possibili opzioni, escludendo due delle quattro ipotesi iniziali: Pd-Sel da un lato e M5s dall’altro. Di Pd e Sel non c’è bisogno di aggiungere molto a quanto già detto, se non il fatto che vedo la coalizione sempre più “montiana” e spostata al centro. M5s: mi sembra poco generoso accusarmi di scarsa attenzione verso questo movimento al quale ho dedicato parecchi pezzi di analisi e verso il quale ho avuto un atteggiamento abbastanza aperto e, direi, tutt’altro che pregiudizialmente ostile.

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Un consiglio disinteressato a Pd e Rivoluzione civile

La presentazione delle liste si avvicina, per cui mi sembra opportuno dare la precedenza ad una questione tecnica. Come tutti sappiamo, alla Camera non dovrebbe esserci partita, con un Pd che, nei sondaggi, stacca di 10-12 punti il blocco di destra; la battaglia vera sarà al Senato. Il Pd ha bisogno di vincere anche in quelle regioni a rischio (Lazio, Sicilia, Campania e soprattutto Lombardia) che potrebbero determinare la situazione di ingovernabilità che spalancherebbe le porte a Monti (il peggio che ci possa capitare). E’ da escludere un’ intesa anche solo tecnica con Grillo, che sta facendo una partita tutta sua di cui torneremo a parlare (come anche del pittoresco schieramento berlusconiano, dalla Lega a Grande Sud). L’unico apporto esterno al Senato può venire da “Rivoluzione Civile” che non ha la più lontana speranza di beccare un solo senatore (ditemi in quale regione potrebbe fare l’8%…) e se la vede brutta alla Camera, dove deve fare il quoziente per non restare fuori.  Gli arancioni giurano di avere sondaggi che li danno al 5% e qualcuno azzarda persino il 7%, ma gli unici sondaggi che si leggono sui giornali parlano di valori oscillanti fra il 2,8 ed il 3,7%.

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Gli arancioni: che fare?

A quanto pare la lista arancione ci sarà, ma le cose non sono affatto semplici. Conosco molti dei promotori della lista, a cominciare da Antonio Ingroia di cui sono stato consulente e con il quale ho sempre mantenuto un ottimo rapporto personale; per di più, nella lista confluiscono gruppi e forze politiche che sono una parte significativa della mia vita militante, la cultura politica di molte componenti è sicuramente quella più vicina a me, per cui  ho ottime ragioni per guardare con simpatia a questa aggregazione ed augurarle il miglior successo possibile. Sfortunatamente temo che i miei auguri siano destinati ad essere disattesi: spero che la lista riesca ad entrare in Parlamento ma temo fortemente  che la partita sia molto gravemente compromessa.

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Grillo, perché vuoi rovinare tutto?

Prima di addentrarmi negli ultimi sviluppi del movimento 5 stelle, desidero comunicare che sabato parteciperò alle primarie per la scelta del candidato presidente del centrosinistra in Lombardia e voterò Andrea Di Stefano.

Ma veniamo al M5S…

Confesso di essere sconcertato dalla piega che sta prendendo la polemica interna al M5s. E lo sbalordimento non  dipende tanto dal fatto che possa esserci un comportamento più o meno autoritario da parte di un vertice nazionale e nemmeno che questo avvenga in un movimento che si definisce orizzontale e senza vertici di sorta, ma perché non capisco che senso abbia tutto questo e che convenienza venga, non solo al M5s, ma anche allo stesso Grillo da questa immagine dispotica e rissosa che sta dando. Che bisogno ha di fare così?

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Grillo e 5 stelle: le soluzioni di oggi saranno i problemi di domani

Invito tutti a leggere anche il post successivo in cui chiarisco alcune notizie che mi riguardano circolate in questi giorni.

Come i lettori di questo blog sanno (ed alcuni mi hanno rimproverato) seguo il M5s con aperta disponibilità al dialogo, dunque, non credo d’essere accusabile di pregiudizi ostili nei suoi confronti; questo, però, non significa che non  abbia critiche da fare e riserve da sciogliere e sarebbe sleale tacere le une e le altre. In particolare, ritorno sul punto delle soluzioni organizzative che il comico genovese ha dato al Movimento ed, in particolare, al ruolo che si autoassegna. Partiamo da questo.

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Sinistra radicale: non c’è più niente da fare (almeno per questo giro)

Diversi amici e compagni mi sollecitano un parere su cosa dovrebbe fare la sinistra radicale in vista delle elezioni. Risposta semplice: nulla e passare la mano. Infatti, almeno per questo giro, non c’è nulla da fare, la sinistra radicale si è suicidata: non si possono perdere 4 anni e 10 mesi e pretendere di risolvere tutto con un tentativo degli ultimi due mesi, siamo seri! Iniziamo da Vendola: la scelta di sottoscrivere l’alleanza con il Pd si è risolta nel disastro che era stato facile prevedere. Nichi, che due anni fa di questi tempi, sognava di arrivare primo in elezioni primarie della sinistra (e forse avrebbe potuto anche farcela)  non è arrivato neppure al secondo turno, surclassato da Renzi che ha preso il doppio dei suoi voti. Per cui, l’alternativa a Bersani non era alla sua sinistra ma alla sua destra ed a Nichi non resta che fare la ruota di scorta di un Pd esplicitamente orientato a mantenere la linea fallimentare del rigore montiano.

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