Cari compagni di art.1-Mdp e di Si auguri di buon lavoro. Però…

Con la recente manifestazione di Art 1 Mdp si è aperto un processo che potrebbe riguardare anche Si e questo sarebbe augurabile, perché non vorrei che alle politiche ci ritrovassimo con due liste, ciascuna con il 2,9% e nessun parlamentare. Poi al Senato, dove la soglia di sbarramento è l’8% credo non ci sia proprio niente altro da fare. Di un soggetto di sinistra in Parlamento c’è bisogno e, quindi, non fate scemenze. Detto questo, devo dire che diverse cose non mi convincono e mi pare non si stia partendo con il piedi giusto.

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Il Pd sta implodendo e con lui la Seconda Repubblica

Subito dopo il 4 dicembre, scrissi un pezzo, che sosteneva l’opportunità di togliere di mezzo il Pd, in quanto fattore di intossicazione della politica nazionale. E, per la verità, c’era di che pensare che fosse venuto il momento: una sconfitta come quella del 4 dicembre è di quegli avvenimenti che non restano senza conseguenze, ma non avrei mai immaginato che le cose sarebbero andate al galoppo sino a questo punto.

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Dopo la scissione del Pd, come muterà lo scenaio politico italiano?

Pare che anche la grande stampa si stia accorgendo che, se l’elettorato boccia con il 60% una riforma costituzionale promossa dal (solo) partito di governo, questo non può restare senza conseguenze, che vanno ben al di là delle dimissioni del governo. E, se alla sconfitta referendaria ha concorso anche una parte minoritaria del partito in questione, è abbastanza logico attendersi una scissione in quel partito.

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Referendum: l’amaro day after del Pd e lo spaesamento da sconfitta

Sono stato in trasmissione a La7 dove ho sentito Chicco testa dire cose che non  stanno in piedi: “è vero che Renzi ha perduto, ma ha un 40% che ne fa ancora il partito di maggioranza relativa, mentre il no è solo una confusa mescolanza di cose troppo diverse”. Come se il 40% delle europee fosse restato compatto intorno a Renzi. Cominciamo da questo.

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Dal Pci al Pds e la “chiesa” che è santa anche quando ha perso memoria.

Quando Occhetto annunciò, nella sorpresa generale, che aveva deciso di cambiar nome al partito, esternai le mie perplessità ad un amico che era militante più che ortodosso del Pci e che, con uguale ortodossia aderiva alla nuova linea. Lui fu sorpreso, ricordando le mie molte polemiche con il Pci (evidentemente poco capite, perché non era certo il nome comunista che mi dava fastidio) e proruppe in un “Ma tu allora non sei anti-Pci, tu sei anti-Noi!”

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