Rifondazione: che fare?

Diversi interventori mi hanno posto la domanda: e adesso cosa proponi di fare? Non basta criticare ecc. Risposta: “Dipende: stiamo parlando di Rifondazione o di altro?” Per Rifondazione la risposta è molto semplice: niente. Non c’è più niente da fare. Forse non avete letto l’ultimo rigo del mio articolo precedente che si autodefiniva “referto di una autopsia” e di fronte ad una autopsia voi cosa pensate che si possa fare?

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Rifondazione: un caso limite. Ovvero: l’autocritica questa sconosciuta

Dopo la “prima puntata” di alcuni giorni fa, in cui mi chiedevo provocatoriamente se la base della sinistra sia formata di deficienti, ecco la seconda puntata, in cui vi sottopongo il “caso studio” di Rifondazione Comunista.

C’è un partito il cui segretario ha condiviso con gli altri la scelta rovinosa di entrare nel governo con le elezioni del 2006, poi è stato il capo delegazione di quel partito nel governo, dove non ha combinato assolutamente nulla. Di conseguenza ha la piena responsabilità, insieme ai massimi dirigenti del partito della disfatta del 2008 per cui il partito ed i suoi alleati perdevano 2 elettori su 3 e restavano esclusi dal Parlamento.

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Cosa votare? Concludendo, per quel che mi riguarda, la prima parte del discorso

Diversi intervenuti mi sollecitano ad esplicitare la mia posizione sul voto (il particolare il mio amico Franco De Mario che mi sembra assai impaziente). Per quanto mi riguarda, posso iniziare a restringere il campo delle possibili opzioni, escludendo due delle quattro ipotesi iniziali: Pd-Sel da un lato e M5s dall’altro. Di Pd e Sel non c’è bisogno di aggiungere molto a quanto già detto, se non il fatto che vedo la coalizione sempre più “montiana” e spostata al centro. M5s: mi sembra poco generoso accusarmi di scarsa attenzione verso questo movimento al quale ho dedicato parecchi pezzi di analisi e verso il quale ho avuto un atteggiamento abbastanza aperto e, direi, tutt’altro che pregiudizialmente ostile.

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Un consiglio disinteressato a Pd e Rivoluzione civile

La presentazione delle liste si avvicina, per cui mi sembra opportuno dare la precedenza ad una questione tecnica. Come tutti sappiamo, alla Camera non dovrebbe esserci partita, con un Pd che, nei sondaggi, stacca di 10-12 punti il blocco di destra; la battaglia vera sarà al Senato. Il Pd ha bisogno di vincere anche in quelle regioni a rischio (Lazio, Sicilia, Campania e soprattutto Lombardia) che potrebbero determinare la situazione di ingovernabilità che spalancherebbe le porte a Monti (il peggio che ci possa capitare). E’ da escludere un’ intesa anche solo tecnica con Grillo, che sta facendo una partita tutta sua di cui torneremo a parlare (come anche del pittoresco schieramento berlusconiano, dalla Lega a Grande Sud). L’unico apporto esterno al Senato può venire da “Rivoluzione Civile” che non ha la più lontana speranza di beccare un solo senatore (ditemi in quale regione potrebbe fare l’8%…) e se la vede brutta alla Camera, dove deve fare il quoziente per non restare fuori.  Gli arancioni giurano di avere sondaggi che li danno al 5% e qualcuno azzarda persino il 7%, ma gli unici sondaggi che si leggono sui giornali parlano di valori oscillanti fra il 2,8 ed il 3,7%.

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Gli arancioni: che fare?

A quanto pare la lista arancione ci sarà, ma le cose non sono affatto semplici. Conosco molti dei promotori della lista, a cominciare da Antonio Ingroia di cui sono stato consulente e con il quale ho sempre mantenuto un ottimo rapporto personale; per di più, nella lista confluiscono gruppi e forze politiche che sono una parte significativa della mia vita militante, la cultura politica di molte componenti è sicuramente quella più vicina a me, per cui  ho ottime ragioni per guardare con simpatia a questa aggregazione ed augurarle il miglior successo possibile. Sfortunatamente temo che i miei auguri siano destinati ad essere disattesi: spero che la lista riesca ad entrare in Parlamento ma temo fortemente  che la partita sia molto gravemente compromessa.

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Sinistra radicale: non c’è più niente da fare (almeno per questo giro)

Diversi amici e compagni mi sollecitano un parere su cosa dovrebbe fare la sinistra radicale in vista delle elezioni. Risposta semplice: nulla e passare la mano. Infatti, almeno per questo giro, non c’è nulla da fare, la sinistra radicale si è suicidata: non si possono perdere 4 anni e 10 mesi e pretendere di risolvere tutto con un tentativo degli ultimi due mesi, siamo seri! Iniziamo da Vendola: la scelta di sottoscrivere l’alleanza con il Pd si è risolta nel disastro che era stato facile prevedere. Nichi, che due anni fa di questi tempi, sognava di arrivare primo in elezioni primarie della sinistra (e forse avrebbe potuto anche farcela)  non è arrivato neppure al secondo turno, surclassato da Renzi che ha preso il doppio dei suoi voti. Per cui, l’alternativa a Bersani non era alla sua sinistra ma alla sua destra ed a Nichi non resta che fare la ruota di scorta di un Pd esplicitamente orientato a mantenere la linea fallimentare del rigore montiano.

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