Siria, quali scenari dopo gli ultimi giorni?

Il raid compiuto da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti in risposta al presunto e finora non dimostrato attacco chimico delle forze del legittimo governo siriano a Douma si è risolto più in uno spettacolo a uso e consumo mediatico che in un evento di reale portata strategica (stante anche la limitatezza conclamata dell’azione), ma permette di comprendere alcune linee di tendenza del conflitto che sta dilaniando il Paese mediorientale.

Continua a leggere

Non esiste Siria senza Assad?

Da diverse settimane la guerra in Siria è entrata nella sua seconda fase. Guerra civile, guerra per procura tra potenze, “guerra mondiale a pezzi” per usare le parole di Papa Francesco, quella che ha sconvolto la Siria è una tempesta che rappresenta in maniera completa il conflitto dell’era della globalizzazione: devastante nonostante la completa asimmetria e liquidità che porta a una difficile definizione degli schieramenti in campo. Lo smantellamento dell’entità parastatale dell’ISIS ha di fatto liberato il genio intrappolato nella lampadata, dato che il disarticolamento del Califfato ha portato con sé la fine dell’alibi che numerose parti in causa usavano per legittimare il loro coinvolgimento (sono state sedici, come riporta Fulvio Scaglione, le potenze straniere che hanno operato militarmente in suolo siriano dal 2011 ad oggi).

Continua a leggere

Il caso Skrypal e lo scontro geopolitico in corso.

Prosegue la Spy Story che sta infiammando i rotocalchi, il cosiddetto “caso Skrypal” dove un ex agente dei servizi segreti russi che faceva il doppiogioco passando informazioni per i servizi di sua maestà è stato ucciso attraverso l’utilizzo, sembrerebbe, di gas nervino. Ora sicuramente Aldo ci saprà ragguagliare e darci una visione più ampia essendo uno dei maggiori esperti sul tema dei servizi in Italia, possiamo però trarre una qualche considerazione di livello geopolitico.

Continua a leggere

Le Olimpiadi del disgelo? Un’analisi dello scenario tra le due Coree

Sono state definite le olimpiadi del disgelo quello che sono appena terminate a Pyeongchang nella Corea del Sud, che hanno permesso cioè un riavvicinamento tra le due Coree, attraverso la figura del generale Kim Yong-chol, di otto funzionari della Corea del Nord e del Presidente Sudcoreano Moon Jae-in. I colloqui sono stati oltremodo proficui con addirittura una dichiarazione del generale nordcoreano che si afferma disponibile a incontrare gli USA. Una svolta apparentemente storica dopo un tempo lunghissimo di escalation e minacce reciproche tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti.

Continua a leggere

Le “Primavere Arabe” a sette anni di distanza.

Lo scorso 28 novembre dalle colonne di questo sito Elio Catania ha pubblicato un’interessante analisi basata sulle dinamiche delle “rivoluzioni” contemporanee. Tali rivoluzioni, dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, si sono manifestate nella forma “colorata” in diverse parti del mondo, dal Kyrghizistan all’Ucraina, dalla Georgia al Myanmar.

Continua a leggere

“Rivoluzioni colorate”: una riflessione

Riflettere sul complesso “arco di fenomeni” costituito dalle cosiddette “Rivoluzioni Colorate” (quelle succedutesi nei paesi dell’area ex-comunista e, quindi, le rivolte arabe, chiamate “colorate” perché associate ad un colore eletto simbolo delle proteste) è davvero difficile: già il solo costituirne un’unica categoria di eventi lontani tra loro nello spazio, nel tempo e nei contesti culturali potrebbe far gridare al “complottismo” mentre proprio la suggestione complottarda è ciò che dobbiamo scrollarci di dosso.

Continua a leggere

Il “pacto de l’olvido” e le rivoluzioni contemporanee

Con questo pezzo del mio amico Elio Catania, apriamo una discussione su uno dei fenomeni caratterizzanti della nostra epoca: le rivoluzioni colorate, di velluto o comunque non violente. Il tema è molto delicato e spero interverrete numerosi, ovviamente interverrò anche io. A.G.

Ottobre-novembre 2017. In poco più di un mese in Catalogna si consuma la “ribellione” della Generalitat catalana al governo centrale di Madrid. Crisi politica iniziata l’anno precedente, nutrita dal sentimento storico di indipendentismo catalano, cresciuta progressivamente con la crisi economica, è culminata nell’indizione del referendum sull’indipendenza dell’1 ottobre e nel suo svolgimento caotico tra cariche della polizia e proteste nelle principali città della regione.

Continua a leggere

Corea del Nord e Iran: due scenari, nessuna strategia

La recente scelta del Presidente statunitense Donald J. Trump di bloccare la certificazione del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto tra Teheran e la comunità internazionale nel 2015, e di aprire la strada verso la reintroduzione di sanzioni statunitensi contro la Repubblica Islamica testimonia l’assoluta mancanza di una vera e propria linea guida strategica nell’azione nei confronti dell’Iran.

Continua a leggere

Attentato di Barcellona e misure di sicurezza.


Ieri sono stato in trasmissione sul La7 e mi è capitata una cosa che merita d’essere commentata. Il presentatore, Parenzo, mi ha chiesto cosa pensassi delle misure di sicurezza adottate in tutte le città italiane (barriere di cemento o fioriere per sbarrare la strada alle auto o gruppo di militari con mitragliatore in collo con jeepponi ecc.) ricordando come, se Barcellona avesse accettato di installare barriere, l’attentato delle Ramblas non ci sarebbe stato. Ho risposto che le difese fisse sono la difesa più stupida ed inutile che si possa immaginare, perché il terrorista studia il teatro della sua azione e che adegua alle condizioni presenti, per cui, nel caso specifico di Barcellona, non ci sarebbe stato quell’attentato perché ne avrebbero fatto uno diverso o non usando mezzi automobilistici, ma, ad esempio, attentatori suicidi, o avrebbero fatto l’attentato da un’altra parte.

Continua a leggere

Il Rojava tra la retorica e il Pentagono

La decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump di interrompere, con un apposito ordine esecutivo, le covert operations con cui la CIA, nel corso degli ultimi anni, ha rifornito di armi e munizioni i cosiddetti “ribelli” siriani, rivelatisi a più riprese contigui con gruppi jihadisti e islamisti radicali, non ha solo chiarificato come, per Washington, fondamentalmente la permanenza al potere di Bashar al-Assad non rappresenti un ostacolo insormontabile per la risoluzione nella crisi del Paese: la mossa di Trump, infatti, ha stabilito una volta per tutte come, nella visione strategica del Pentagono, siano oramai le forze curde facenti capo al governo autonomista del Rojava a rappresentare il “cavallo di battaglia” su cui la superpotenza americana dovrà puntare per perseguire i propri interessi nello scenario siriano.

Continua a leggere