Ucraina: attenti che qui rischiamo grosso.

Siamo allo showdown della partita ucraina, il momento in cui tutti buttano giù le carte e si vede chi ha il punto più alto. Putin ha deciso di andare giù duro e tagliare ogni esitazione, entra con i carri armati a sostegno della Repubblica del Donetsk. Va da sé che tornare indietro sarebbe molto difficile e potrebbe costargli un crollo di consensi senza pari, sino al punto di doversi dimettere. La Ue, dal canto suo, avendo appena firmato un atto di associazione dell’Ucraina, perderebbe la faccia lasciando mano libera ai russi. Adesso, poi, capiamo il senso della nomina della Mogherini: tanto poi ad esprimere veramente la posizione Ue è Tutsk che già parla di guerra e non confinata alla sola Ucraina. E nessuno si è sentito in dovere di dissentire o almeno rettificare, mentre la Mogherini piange. Si limita a piangere. Ma più di tutti, è la Nato che ha da temere una solenne sconfitta politica se i russi riescono a smembrare l’Ucraina senza colpo ferire: tutti i paesi di recente adesione (Polonia, baltici, Bulgaria, Ungheria e Romania) dedurrebbero che non c’è da fare affidamento sulla Nato nei confronti dei russi.

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Virus Ebola: sono gli immigrati gli untori?

Da circa un mese si è diffuso l’allarme per il manifestarsi si casi di ebola anche in paesi occidentali. Sinora si tratta di focolai molto circoscritti ma non è detto che i casi in incubazione siano altrettanto pochi, né che i dati diffusi non siano reticenti. In ogni caso, per ora la situazione sembra sotto controllo. Come è noto, per l’infezione da ebola non esiste ancora né vaccino né terapia, anche se si parla di una cura americana che avrebbe già registrato il primo caso ad esito felice. Come sempre accade per le malattie a carattere epidemico, si è subito scatenata la “caccia all’untore” che, tanto per cambiare, è stato trovato dai leghisti (ma non solo da loro) negli immigrati, responsabili di ogni infezione. Vale la pena di fare qualche considerazione in merito.

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Perché gli americani non intervengono in Iraq?

Ovvero: quale è la strategia di Obama per il Medio Oriente? Questo potrebbe essere l’articolo più breve della storia di questo blog e concludersi in tre parole: “non c’è” (lo dice anche la BBC!). So che la cosa susciterà un coro di disapprovazione da parte di quanti (e non sono pochi) sono convinti che dietro ogni evento piccolo o grande sulla scena internazionale ci sia un malefico e diabolico piano del “grande Satana americano”.  Non amo affatto gli Usa ed ho un giudizio abbastanza preciso del ruolo che giocano in questo momento storico, ma, il fatto è che anche il peggiore e più grande avversario può trovarsi a corto di idee e non sapere bene cosa fare.

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L’Isis, i suoi collegamenti ed il fallimento dell’intelligence occidentale.

Notizie e dati sull’Isis sono scarsi e frammentari ma non inesistenti. Qualcosa su cui iniziare a ragionare c’è ed ho esposto alcune argomentazioni già alcuni giorni fa. Come si sa, l’Isis ha colto tutti di sorpresa con una ascesa rapidissima che non ha precedenti nei casi di guerriglie ed organizzazioni clandestine. Ancora qualche mese fa se ne parlava come di un gruppo di giovani fanatici, privi di una effettiva pericolosità sul piano strategico. C’è stata una madornale sottovalutazione, tanto della forza organizzativa quanto delle capacità di direzione politica e militare di questo gruppo (ed anche io debbo fare autocritica per aver accettato questa immagine, sin oltre la presa di Mossul, il 10 giugno). Questi sono sanguinari, ma non sono solo un gruppo di briganti tagliagole, sono avversari che vanno presi molto sul serio. E non sono avversari solo degli Usa, ma anche dell’Europa e di chiunque non si riconosca nell’Umma. Anche nostri, intendo della sinistra comunista e socialista.

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La Repubblica Popolare di Donetsk e l’ombra nera di Aleksandr Dugin

Da oggi inizia la collaborazione con il sito anche Jacopo Custodi, amico e studente brillante, nonchè collaboratore dell’interessante sito East Journal. In particolare oggi ci occupiamo di Ucraina, passata in secondo piano in questi giorni in cui ci si è occupati solo di Iraq. Grazie a Jacopo per la collaborazione e buona lettura!

La Repubblica Popolare di Donetsk e l’ombra nera di Aleksandr Dugin.

Di Jacopo Custodi.

Nella foto, Aleksandr Dugin e il leader di Jobbik, il partito neofascista ungherese.

La Repubblica Popolare di Donetsk è stata fondata il 7 aprile 2014 dai separatisti ucraini filo-russi in lotta contro il governo centrale di Kiev ed è oggi la loro principale roccaforte; insieme alla vicina Repubblica Popolare di Lugansk forma la Repubblica Federale di Nuova Russia (Novorossiya), stato che non è riconosciuto internazionalmente. I separatisti sono stati identificati più volte da vari esponenti italiani di sinistra come dei “partigiani”, degli “antifascisti”, in lotta contro il governo di destra di Kiev.

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Ma Al Quaeda o l’Isis sono solo quel che sembrano?

Non è semplice stabilire quali siano i rapporti effettivi fra Al Quaeda e l’Isis. Si sa che il gruppo oggi proclamatosi Califfato è nato intorno al 2004, all’interno del ramo irakeno dell’organizzazione di Osama Bin Laden, e che circa due anni dopo se ne sarebbe allontanato per divergenze con  al-Zarqawi. Detto questo, quali sino gli attuali rapporti fra le due organizzazioni, soprattutto dopo la morte di al-Zarqawi, non è affatto chiaro.

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Armiamo i Peshmerga?

Mercoledì 20 agosto la Commissione Parlamentare competente (assenze permettendo) discuterà dell’opportunità di inviare armi ai guerriglieri curdi, per consentirgli di difendersi dagli attacchi dell’Isis, così come raccomandato dagli americani e dagli alleati europei. I parlamentari del M5s avanzano diverse perplessità, di cui rende conto l’on. Carlo Sibilia in una intervista a Repubblica del 19 agosto e che possono sintetizzarsi in tre punti.

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Ma Di Battista vuole tendere una mano all’Isis? Non credo.

Alessandro Di Battista è stato coperto di insulti per il suo post a proposito dell’Isis: l’accusa corrente è quella di  “sdoganare terrorismo ed Isis” aprendo la strada ad un riconoscimento del “Califfato”. Avendo letto due volte il pezzo di Di Battista mi sono reso conto che ci sono molte forzature in queste reazioni basate spesso su estrapolazioni di frasi dal loro contesto. A proposito del terrorismo, Di Battista dice chiaramente che non lo giustifica “e manifesta apertamente la propria preferenza per le forme di lotta non violente”. Si limita a dire che si può “capire” chi, avendo visto il suo villaggio e la sua famiglia sterminate dai droni americani, poi reagisce facendosi saltare in una metropolitana e facendo così una strage. Quel “capire” non sta per “approvare” (e lui dice chiaramente di non condividere questa scelta), ma è un modo per dire che certe reazioni sono il risultato di una logica di guerra come quella condotta dagli Usa. Si può discurtere questo punto di vista, ma, nel suo lungo (forse troppo lungo) pezzo, questo è un aspetto marginale, un inciso, mentre il sugo politico è altro ed è così sintetizzabile:

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Resistenza o terrorismo? Il dilemma irrisolto.

VERSIONE RIDOTTA dell’articolo apparso su Gnosis, Rivista Italiana di Intelligence, n.2-2006 (clicca per consultare l’indice del volume)

Non esiste una definizione univoca del termine “Terrorismo”. Si oscilla fra l’idea che il terrorista sia il combattente illegittimo, in quanto soggetto non statuale, e quella per cui il terrorista è chi faccia ricorso a particolari forme di lotta bandite dal diritto1.  Nel primo caso terrorista sarebbe ogni combattente irregolare  (partigiano, insorto, rivoluzionario, guerrigliero ecc): ma questo travolgerebbe il “diritto di resistenza” contro un ordinamento ingiusto, che è alla base della democrazia2, inoltre non esiste Stato, partito o aggregazione politica che non sostenga..una qualche lotta armata irregolare.

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Il “genocidio palestinese”: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Il mio pezzo precedente, sulla questione del preteso genocidio palestinese, ha suscitato una serie di reazioni negative (alcune, in verità, da bar dello sport) tanto nei commenti sul blog, quanto in fb o in mail. Alcuni usano le parole a caso, per cui genocidio, massacro, pulizia etnica ecc, sono tutti la stessa cosa. Si tratta di piccoli confusionari irresponsabili, che non si rendono conto dei danni che fanno, perché che “le parole sono pietre”, soprattutto in situazioni terribili come quella attuale in Medio Oriente.

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