#SaveKobane

Alcuni amici mi segnalano questa campagna che sostengo con convinzione ed invito tutti a diffondere attraverso i social network. A.G.

#SaveKobane

Nasce la rete spontanea #SaveKobane per sostenere la resistenza di Kobane e sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo.

A Kobane – città siriana a maggioranza curda – si resiste contro l’ISIS da più di trenta giorni. Le bandiere nere dello Stato Islamico si sono arrestate grazie alla resistenza del popolo curdo, che ha organizzato una lotta con una forte partecipazione femminile contro il fondamentalismo islamico. Il popolo curdo ha organizzato negli ultimi due anni forme innovative e progressiste di autogoverno, nel difficile contesto della guerra civile siriana, creando un’area “di pace”, indipendente tanto dal governo di Assad quanto dall’opposizione islamica e estremista.

Oggi c’è bisogno del nostro supporto affinché Kobane non sia più isolata.

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Isis: come se ne esce?

Appurato che il piano Obama non si mantiene né in piedi, né seduto, né sdraiato e che, seppure avrà un inizio, è destinato al fallimento, ne deriva che qui corriamo rischi anche peggiori la situazione si incancrenisce. Dobbiamo realisticamente prendere atto che con l’Isis non esistono possibilità di trattativa, perché semplicemente non c’è un interlocutore disposto a trattare. D’altro canto, la persistenza del cosiddetto “Califfato” rischia di destabilizzare l’intera area e non per dar vita a regimi più democratici e tolleranti, come poteva esser tre anni fa per la primavera araba, ma, al contrario per alimentare tutte le spinte fondamentaliste verso la guerra santa. Il che può portare ad esiti molto più gravi di quello che potrebbe essere un intervento militare oggi.

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Piano Obama contro l’Isis: funzionerà?

Nei prossimi giorni sarò assente. I pezzi che usciranno questa settimana sono stati scritti dunque il 14 settembre e potrebbero risentire di alcuni cambiamenti delle situazioni in corso.

Come si sa, a conclusione del recente vertice Nato, Obama ha indetto l’ennesima crociata per sconfiggere il nuovo nemico mediorientale: l’Isis. Dopo di che ha annunciato un programma per la sua liquidazione articolato in tre fasi:

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Il Califfato, l’Ucraina e la crisi di panico dell’Occidente.

Siamo sull’orlo di una crisi di nervi? Pare proprio di si: il neo presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk evoca la “grande guerra con la Russia”, invitando implicitamente l’Europa a prepararsi a menare le mani, David Cameron gli va dietro, Hollande assume pose da dittatore romano davanti al Rubicone, il premio Nobel per la Pace Obama va a corrente alternata: un giorno minaccia apocalissi ed il giorno dopo si ritira. E sui giornali si leggono cose impensabili sino a qualche settimana fa.

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India: l’avanzata dell’Isis è un grosso problema.

Da New Delhi torna a scriverci Daniele Pagani, con un pezzo che vi consiglio vivamente di leggere sui problemi che anche in India rischia di provocare l’avanzata dell’Isis in Iraq e si ricollega con quanto scritto da me ieri. Buona lettura!

Al netto della situazione attuale, è strano pensare come alcuni mesi fa l’Iraq non occupasse nessuna posizione nell’agenda politica di Narendra Modi.

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Che farà Al Qaeda?

La rapida ascesa dell’Isis ha messo in crisi anche Al Qaeda che è stata messa ai margini della scena. In questi tredici anni, Al Qaeda ha vissuto essenzialmente di rendita sul grande colpo mediatico dell’11 settembre: il più spettacolare attentato della storia, compiuto su territorio americano, ha dato al gruppo di Bin Laden una centralità che spingeva gran parte della galassia jhiadista ad agire fiancheggiandolo.

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Ucraina: quali prospettiva dopo la tregua?

A quanto pare siamo ad un cessate il fuoco nella questione ucraina. Molto bene, ma questo non basta. La questione va definita, perché non possiamo tenerci questo barile di dinamite con miccia innescata nel pieno centro d’Europa. E dunque occorre passare dalla tregua alla trattativa per definire la situazione stabilmente. Vorrei riprendere il discorso per il quale, appurato che non ci sono ragioni di principio per un intervento militare Nato nella crisi ucraina, questo dipende piuttosto da calcoli di ordine politico che, per di più, sono molto probabilmente sbagliati. Quali sono questi calcoli?

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Ucraina: le ragioni dei russi.

(Con preghiera vivissima, prima di commentare, di leggere il pezzo per intero e non limitarsi alle prime righe)

Diversi intervenuti sul pezzo precedente (probabilmente a causa di quell’enfatico “Entra” al quarto rigo) hanno centrato l’attenzione solo sul punto iniziale e mi accusano di accettare acriticamente la versione occidentale che dà per scontato l’avvio dell’entrata russa in Ucraina. Più che altro, la mia impressione è che Putin sia sul punto di farlo e ci siano le prime avvisaglie: il milione di persone che lascia le zone più a rischio, alcuni filmati che, per quanto non decisivi, costituiscono indizi che non è possibile ignorare del tutto, la stessa dichiarazione di Putin “Se voglio prendo Kiev in due giorni” ecc.. D’altra parte sembra ormai chiaro (nessuno lo contesta seriamente) che automezzi e soldati russi partecipino alla battaglia di Mariupol. I carri armati non ci sono ancora, ma, insomma…

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