Pinelli, Napolitano e il Corriere della Sera

L’incontro fra le due vedove di Calabresi e Pinelli ed il relativo discorso del Presidente Napolitano hanno innescato una serie di polemiche a ricaduta per cui una innesca un’altra. Due osservazioni sul discorso del Presidente: se Pinelli è stato una vittima, ci sarà stato pure un carnefice che lo ha reso tale o no? Chi è stato? La teoria del “malore attivo” di D’Ambrosio va a farsi benedire ed occorre essere meno reticenti, come Giuliano Ferrara a fatto notare: le cose non si possono dire a metà. Personalmente sono giunto alla conclusione che Calabresi non era nella stanza al momento del volo di Pinelli, ma che abbia fatto l’errore di avallare la versione dei suoi uomini, come se ci fosse stato.

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Il Leone del deserto libico

Non furono “la tenacia, la fede, il valore, lo spirito!” come scrisse il generale Rodolfo Graziani nel suo enfatico messaggio alle truppe. Fu, più semplicemente, un delatore a consentire l’arresto del “leone del deserto” Omar Al Mukhtar, l’eroe nazionale libico. E’ quanto emerge, quasi ottant’anni dopo, dall’esame delle carte conservate dai familiari di Giuseppe Franceschino, il giudice istruttore del Tribunale del Corpo d’Armata territoriale di Bengasi, cioè della corte che, dopo un processo-farsa, condannò Al Mukhtar all’impiccagione. Era il 1931. Ma il fantasma di Al Mukhtar è comparso più di una volta nella storia tormentata dei rapporti italo-libici (sul tema, segnalo anche un bel pezzo sul sito dei Wu Ming).

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1964: quando il PCI occupò canzonissima

1964, “Canzonissima” era la trasmissione più seguita dell’anno: sabato in prima serata, una gara di canzoni abbinata alla superlotteria con premi da 150 milioni in giù. Una formula imbattibile che assicurava punte oltre i 15 milioni di ascoltatori. Quell’anno, sul finire del 1964, i dirigenti Rai avevano pensato una cosa particolarmente “ruffiana”: una gara fra la canzone napoletana e canzoni del resto del mondo – “Napoli contro tutti” sul modello di alcune gara calcistiche-, condotta dal popolarissimo comico Nino Taranto.

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Un’alleanza coi socialisti: l’ultima mossa dei repubblichini

Nell’estate 1944, alcuni gerarchi di Salò (il ministro Pisenti, Franco Colombo, capo della “Ettore Muti“, il capo della polizia Renzo Montagna, Junio Valerio Borghese ed altri) iniziarono a cercare una via d’uscita con l’ “operazione ponte”: spaccare il Cln, trattare una tregua con socialisti ed azionisti con i quali dare vita ad un governo di “unità nazionale”. Più tardi si arrivò ad ipotizzare una nuova repubblica socialista, neutrale. Questo avrebbe posto gli Alleati di fronte alla scelta di usare le armi contro una repubblica governata da partiti antifascisti o invitare i due governi (repubblica del nord e monarchia del sud) a trovare una mediazione. Ed avrebbe messo il Pci in una situazione assai imbarazzante: appoggiare il governo monarchico contro una repubblica socialista o rischiare di compromettere l’ intesa con gli inglesi. Nella situazione di stallo fra due governi antifascisti, avrebbe avuto qualche possibilità di sopravvivenza anche al progetto del “ridotto alpino” della Valtellina, tanto più che Mussolini si illudeva di giungere ad una pace separata con i sovietici. In questa ottica, il duce autorizzava la costituzione del Raggruppamento Nazionale Repubblicano Socialista, guidato da Edmondo Cione e da Carlo Silvestri (già spia dell’Ovra).

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Le spie di Salò: i doppi giochi per infiltrare la democrazia

Nell’ottobre 1943, Mussolini ordinò la costituzione di un servizio segreto speciale per sviluppare la “guerra dietro le linee”, nell’Italia occupata dagli Alleati, e ne affidò il comando al nobile fiorentino Puccio Pucci che, a sua volta, nominò suo vice il suo concittadino Aniceto del Massa. Ci furono anche altri servizi segreti analoghi nella Rsi -come i Nuotatori paracadutisti della X Mas o le volpi argentate, tutte donne, del colonnello David- ma questo fu il principale ed ebbe i suoi uffici nella sede centrale del Partito Fascista Repubblicano in via Mozart 12 a Milano. La sua azione, infatti, fu strettamente coordinata con quella del partito guidato da Alessandro Pavolini, fiorentino anch’ egli come il suo segretario Olo Nunzi.

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Ipercapitalismo Finanziario e intelligence

Cosa c’entrano l’ipercapitalismo finanziario e il mondo dell’intelligence con la guerra contemporanea? E perchè il caso Telecom è stato uno straordinario esempio di guerra finanziaria? In questo articolo, pubblicato per la prima volta sulla rivista “Libertaria”, ho tracciato un quadro d’insieme. Buona lettura! A.G.

1- Una parabola lunga tre lustri.

Quando lo sgangherato colpo di stato del 21 agosto 1991 terminò nel più completo insuccesso -la fine dell’Urss era ormai inevitabile-, fu evidente a tutti la fine del bipolarismo: il mondo aveva, ormai, una sola grande potenza. Questo indusse molti a facili previsioni di una nuova era di prosperità e di benessere: la fine del bipolarismo avrebbe posto termine alla gara per gli armamenti, le spese militari sarebbero crollate in un mondo pacificato (ci fu anche chi azzardò che si era giunti alla “fine della storia), gli investimenti si sarebbero riversati su attività pacifiche favorendo una crescita economica senza precedenti. Non é andata così. Tuttavia, fra tante previsioni sbagliate, ce ne fu una, riguardante il futuro dell’intelligence, che, invece, si rivelò abbastanza azzeccata.

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