Cappuccino, brioche e intelligence n°21. La libertà di espressione è sempre la stessa. Per tutti e senza eccezioni.
Francamente non sappiamo come sia andata la vicenda di cui è accusato Assange, se si sia trattato realmente di una violenza sessuale o se le donne erano consenzienti e non vogliamo entrare nel merito, però l’odore di montatura c’è e forte. Sino a questo momento non avevamo visto un mandato d’arresto internazionale e l’Interpol mobilitata per un reato di quel tipo.
Non siamo nemmeno in grado di dire con esattezza chi sia Assange: se un libertario un po’ Don Chisciotte, se un esaltato che gioca un ruolo più grande di lui o se un bucaniere al soldo di chissà chi; forse la verità è un misto delle tre cose e d’altro ancora, staremo a vedere.Per ora la cosa, in termini oggettivi –almeno apparenti-, si pone in questi termini: un giornalista è venuto in possesso di documenti riservati e li ha resi pubblici. Chiediamoci: ma se quei file fossero stati testi cartacei e fossero arrivati in possesso della direzione di qualsiasi testata giornalistica (beninteso: di un paese in cui viga la libertà di stampa) quale direttore non l’avrebbe usata pubblicandola? Ma –qualcuno dirà- si trattava di documenti coperti da segreto si Stato che lui aveva intercettati. E allora? Quante volte abbiamo visto pubblicati documenti processuali o di servizi segreti o simili pubblicate sulla stampa? Le “Pentagono paper’s” cosa erano? D’accordo, all’epoca non esisteva internet e non erano state intercettate, ma credete –per questo- che il “Washington Post” le abbia acquistate in un mecatino dell’usato o che gliele abbia portate Santa Klaus come strenna?
Ovviamente anche quelle carte hanno avuto una provenienza furtiva assolutamente illegale, ma tutta l’opinione pubblica democratica difese il diritto di informazione del “Wp”. E cose simili potremmo dire delle rivelazioni su Guantanamo o sulle extraordinary renditions. Perchè il diritto di informazione non è solo quello del giornale di informare i suoi lettori, ma anche il diritto di noi lettori di essere informati, visto che –almeno in teoria- i governi operano in nostro nome e per nostro conto. E, comunque, il conto di eventuali errori, crimini e bestialità lo pagano sempre i relativi popoli.
E questo riguarda anche la libertà di espressione del proprio pensiero: non spetta ai governi stabilire se una opinione sia giusta o sbagliata. Ognuno ha diritto di dire quel che vuole, poi giudicano gli ascoltatori se quello che dice sono una cosa o l’altra. La libertà di opinione, prima ancora che una libertà di chi parla, è una libertà di chi ascolta di sapere cosa ha da dire l’altro e l’opinione pubblica (o, se preferite, il popolo) non hanno bisogno di alcun tutore che stabilisca se un messaggio sia degno di essere ascoltato o no. Siamo tutti maggiorenni….
E questi vale anche per Liu Xiaobo del quale, peraltro, condivido e sottoscrivo l’appello per l’abolizione dei campi di lavoro, la rivendicazione dei diritti umani anche in Cina, la richiesta di abolizione della censura.
Dunque nessuna difficoltà a schierarmi per la libertà di Assange e di Liu Xiaobo.
Poi l’assegnazione del Nobel a Liu è stata una strumentalizzazione per colpire la Cina in piena guerra valutaria (cui la Cina ha risposto istituendo il premio Confucio) ed Assange forse è il mezzo più o meno inconsapevole di una operazione di intelligence, d’accordo, ma è un altro paio di maniche: la difesa dei principi di libertà precede le valutazioni di ordine politico.
Aldo Giannuli, 23 dicembre ’10
aldo giannuli, assange, censura, confucio, libertà d'espressione, libertà di stampa, liu xiaobo, newyork times, segreto di stato, washington post, wikileaks
davide
ah quindi uno può dire che l’occupazione coloniale occidentale che la cina ha subito,doveva durare duecentoanni in più,così tranquillamente
Io invece sostengo in tutto e per tutto la direzione cinese.
Prima lo stato poi l’uomo,mi pare semplice no?
Sopratutto se l’ometto in questione è palesemente nemico della nazione e pagato dai soliti agenti del colonialismo yankee-sionista.
Ah ,dimenticavo:sono usciti i dossier di wikileaks sulle banche?Non ho letto niente in riguardo.
Questa fissa per la libertà di espressione,stampa,parola,è una via comoda per far credere al popolo di avere un’opinione.
La vera libertà e democrazia invece è:lavoro,casa,istruzione,sanità per i cittadini.Si tu qui puoi parlare,ma che te ne fai se hai un lavoro precario per un mese?Se non sai come pagare l’affitto?Se demoliscono la scuola?Se un operaio non può pagarsi cure mediche costosissime mentre un marchionne?
Buona giornata e auguri per le vacanze di natale
davide
scusi ,mi sovviene in mente anche questo punto.
Libertà di espressione,stampa,vale anche quella che per fini politici legati al neocolonialismo americano ed euroatlantista-vede non ho scritto sionista,così non sembro il solito complottista monocorde- scrivono falsità oscene e presuntuose lezioni di democrazia su stati autonomi,indipendenti come ad esempio la BielloRussia?
Chiarissimo ed uno studioso sopratutto se illustre dovrebbe semmai studiare come il dirittocivilismo,la libertà di stampa-espressione eccetera siano armi diaboliche del Potere .D’altronde la grande sciagura storica e politica di questi venti anni-IL DEMOCRETINISMO- si alimenta proprio di questo:usare temi che piacciono alle masse sinistrate per non aver problemi nell’occupazione di territori liberi dal giogo del neocolonialismo imperialista.Laddove una guerra potrebbe creare problemi dando spazio a contestazioni popolari si risolve alimentando la rivoluzione,la resistenza,i buonissimi ribelli contro i cattivissimi al potere.
Massimo alleato la stampa libera occidentale che puntando sulla massima importanza delle libertà di espressione individuali è il braccio armato -intellettualmente-dei coglionazzi che andranno poi al potere.
Mi scusi per la lunghezza e per la eccessiva presenza sul suo blog.
cordiali saluti,davide
Simone
Concordo con quasi tutto. Faccio una piccola rilevazione sulla chiusura: il Nobel per la pace, in teoria, è assegnato da un comitato norvegese. Quindi, da un lato, il fatto che questo assegni il premio con criteri occidentali è quantomeno normale; dall’altro, non facciamo l’errore che facevano i fondamentalisti islamici, che se la prendevano con l’intera popolazione danese per via di un disegnatore satirico che aveva fatto delle vignette su Maometto. Il Nobel si presta a strumentalizzazioni, finanche pressioni? Certamente sì, ma se rimanesse confinato nella sua dimensione (un premio, per quanto prestigioso, assegnato da un semplice comitato norvegese) questo accadrebbe in modo meno smaccato: oppure Vargas Llosa è più bravo di Philip Roth perché ha vinto il Nobel? E se parliamo della reazione cinese, mi ricorda molto Berlusconi quando viene indagato per l’ennesimo reato finanziario e dice che i giudici comunisti ce l’hanno con lui.
Infine, intorno alla vicenda Wikileaks si sviluppano elementi che mi fanno impazzire: il primo, e più ovvio, è il “ma va?” generalizzato, come se la notizia fosse che Berlusconi fa i festini o che D’Alema attacca i giudici, non che i diplomatici americani ne parlino come di dati assodati, con annessa gran bella figura nazionale; il secondo è il sacro terrore com cui tutti aspettano le rivelazioni, si potrebbe scrivere un trattato sul concetto di coda di paglia; il terzo sono le reazioni dei garantisti italiani del momento, a partire da alcuni ministri e dai cosiddetti giornalisti indignati, come se Paolo Berlusconi (quello che va in galera al posto del fratello) non abbia guai con la giustizia per rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio sulle scalate bancarie, Fassino, Consorte e D’Alema, e come se gli stessi giornalisti non fossero stati sospesi dall’ordine per aver diffamato a suon di notizie false. Evidentemente, per loro, è meglio inventare una notizia che pubblicarne una: poi ci sorprendiamo se non difendono la libertà di stampa.
davide
il nesso cina e berlusconi,ecco cosa mancava all’anti berlusconismo.
Cosa c’entri la sacrosanta reazione cinese,giustissima sotto tutti i punti di vista , con le bizzarrie del nano re,mah!
Massimo
D’accordo con l’analisi da lei fatta; l’assegnazione del Nobel per la Pace è frutto di valutazioni soggettive del comitato che assegna il premio e risponde senza dubbio a interessi di geopolitica dell’occidente.
Altrimenti non si capisce perché l’anno scorso il premio fu assegnato ad Obama che, nonostante le tante promesse di cambiamento fatte in campagna elettorale, non mi pare ne abbia mantenute molte, forse quasi nessuna.
Rimane sempre il capo di una nazione che continua da quasi 10 anni una guerra, in Afghanistan, senza motivi se non l’allargamento della sfera d’influenza economica della nazione stessa, per non parlare della guerra scatenata contro l’Iraq che non aveva neanche la scusa risibile di essere dovuta all’attacco alle Twin Towers del 2001.