Per capire il perchè della corruzione in Italia. 1. La “corrusione endemica”.

Per battere la corruzione politica –come per ogni altro fenomeno sociale o politico- occorre capire di che si tratta e studiarlo. Al contrario le analisi che si leggono in questo periodo sembrano sconfortantemente piatte, banali e prive di qualità analitica. Sembra che la corruzione ci sia sempre stata, sia sempre stata uguale a sè stessa e dipenda da una sorta di tara razziale degli italiani. In realtà il fenomeno –che certamente è una delle costanti della nostra storia nazionale- è molto più complesso di quanto non si creda ed è stato molto variabile nel tempo.

In primo luogo occorre distinguere fra corruzione politica e corruzione amministrativa: anche se le due cose sono spesso intrecciate, non è la stessa pratica corruttiva di un ufficio della Pa o di una persona con una carica politica e, d’altra parte, se è possibile che qualche singolo organo della Pa si corrompa senza alcun coinvolgimento di alcun politico, è assai meno probabile il caso contrario di un politico che riscuota una tangente senza la complicità di un qualche ufficio amministrativo. Particolare ed a sè stante è il caso della corruzione di un organo del potere giudiziario.
Da un punto di vista storico, ci sembra di poter distinguere sei principali periodi nella storia dell’Italia Repubblicana:

1- tardi anni quaranta-primi cinquanta: corruzione endemica
2- metà anni cinquanta-metà sessanta: corruzione diffusa
3- fine anni sessanta-metà settanta: corruzione generalizzata
4- fine settanta-primissimi novanta: corruzione sistemica [prima parte | seconda parte]
5- prima metà anni novanta- fine anni novanta: disgregazione delle precedenti reti corruttive e metamorfosi del fenomeno
6- anni 2000: iper corruzione finanziaria.

Nel primo periodo la corruzione consisteva in singoli episodi malversativi (spesso strettamente riferiti alla situazione del momento: ad esempio sugli aiuti Unnra) e prevalentemente ad opera di organi periferici della Pa (soprattutto nel meridione ed a Roma), mentre i partiti politici sopravvivevano essenzialmente grazie ad aiuti internazionali (da entrambe le parti) o sovvenzioni di associazioni imprenditoriali ed aziende. Un ruolo lo ebbe anche la spartizione dei beni dell’ex Pnf e qualche bottino di guerra. Il voto aveva carattere fortemente organizzato, militante e di adesione ideologica; bassissimo il numero di preferenze degli eletti e campagne personali assolutamente marginali.

La corruzione non fece certo la sua comparsa in Italia, con l’avvento del regime repubblicano: si pensi agli scandali del monopolio tabacchi, della Banca Romana ecc.). Il fascismo, ebbe un cavallo di battaglia della sua propaganda antiparlamentare nella denuncia dell’arricchimento malversativo dei politici, ma, una volta giunto al potere, non dimostrò un maggior rigore morale, tranne che nella repressione della corruzione amministrativa e nei ranghi inferiori. Al contrario, non mancarono affatto gli arricchimenti dei gerarchi (ricordiamo a questo proposito una celebre lettera di Mussolini a Farinacci nella quale il Duce  rimproverava al riottoso ras di Cremona la sua rapida fortuna economica, anche se non si faceva cenno a pratiche malversative) ed, a Palermo, il prefetto Cesare Mori venne rapidamente promosso e trasferito non appena azzardò a toccare la mafia dei colletti bianchi.

Dunque, un certo tasso di corruzione amministrativa, politica e finanziaria fu sempre endemico nel nostro paese e la Repubblica non fece che ereditare questo fenomeno.

Aldo Giannuli, 27 maggio ’10

1- tardi anni quaranta-primi cinquanta: corruzione endemica
2- metà anni cinquanta-metà sessanta: corruzione diffusa
3- fine anni sessanta-metà settanta: corruzione generalizzata
4- fine settanta-primissimi novanta: corruzione sistemica [prima parte | seconda parte]
5- prima metà anni novanta- fine anni novanta: disgregazione delle precedenti reti corruttive e metamorfosi del fenomeno
6- anni 2000: iper corruzione finanziaria.

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Aldo Giannuli

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