
Contributo ad una biografia di Licio Gelli.
Gelli è un personaggio unico nella storia dell’Italia repubblicana e senza di lui la P2 , probabilmente, non sarebbe esistita. C’è chi ne ha parlato come di un nuovo Cagliostro e chi lo ha avvicinato a Giuseppe Cambareri, un’inquietante meteora nella stagione fra monarchia e Repubblica che, effettivamente, presenta allarmanti punti di contatti con il Nostro. La cronaca giornalistica è spesso (e inevitabilmente) un grande appiattitore e banalizzatore e questo ha riguardato anche Gelli, rappresentato con l’immagine un po’ caricaturale dell’eterno intrigante, del faccendiere-spia e golpista che, però, alla fine, è stato sempre sconfitto.
Ma, decisamente, la qualifica di faccendiere va stretta al personaggio che, per quanto si possa averne giudizio negativo, ha avuto un innegabile ruolo storico in paesi come l’Italia e l’Argentina e dunque non solo di un faccendiere si tratta ma di qualcosa di ben più “pesante”.
Stupisce la sua capacità di convincere e quasi plagiare interlocutori autorevolissimi, nonostante l’evidente modestia della sua formazione culturale, meravigliano la sua straordinaria capacità di auto accreditamento, l’ampiezza del suo campo d’azione internazionale, la velocità della sua carriera massonica.
Ma, più di tutto, stupisce come abbia potuto salire così in alto da origini, che tutto sommato, non avevano nulla di speciale: il padre, Ettore, era un agiato possidente terriero, dunque borghesia di campagna toscana. Un’ estrazione sociale certo assai distante dalle classi dirigenti e dalla quale non sono emersi particolari astri della politica, della finanza o della cultura. A sottrarre il giovane Licio al un destino di un qualsiasi giovanotto di provincia fu la guerra di Spagna. Lui ed il fratello maggiore, Raffaello, si arruolarono nel corpo di spedizione fascista che andava a soccorrere i falangisti e Raffaello morì in combattimento. Al suo ritorno in patria venne ricevuto dal Duce, insieme a un gruppo di familiari di caduti nella spedizione e, alla domanda del dittatore che gli chiedeva cosa desiderasse come compenso per la perdita del fratello e per la sua partecipazione al conflitto, risposte “un posto dove poter essere ancora utile al Partito”. Risposta che piacque a Mussolini che apprezzò l’intraprendenza e l’ambizione del giovane. Licio fu prima funzionario del partito a Pistoia, quindi Ispettore dei fasci di combattimento all’estero.
Poco dopo, durante la guerra, gli si presentò una nuova occasione che colse con prontezza ancora maggiore. Durante l’invasione della Jugoslavia, gli Italiani si erano impossessati del tesoro della banca di Stato; una considerevole massa di lingotti d’oro che, però, faceva gola anche ai tedeschi.
Il comandante del corpo italiano, Mario Roatta, fece uscire sulla stampa la notizia che l’oro jugoslavo, al pari di quello greco, era stato involato dagli inglesi e portato nella banca egiziana, riuscendo ad ingannare momentaneamente i tedeschi; ma, ovviamente, l’oro non sarebbe stato al sicuro sinché non fosse giunto nei forzieri della Banca d’Italia. Tuttavia, varcare i confini, strettamente sorvegliati dai tedeschi, era cosa assi poco semplice e qui entra in scena Gelli che, al momento rivestiva un incarico di partito a Cattaro, in Montenegro, ed al quale venne affidato il compito di portare quell’oro in Italia. Gelli ebbe una trovata che funzionò: nascose i lingotti sotto le traversine di legno di un vagone su cui erano caricati soldati colpiti da malattie infettive e mise davanti alla locomotiva la regolamentare bandiera gialla. Al posto di confine tedeschi, comandati, secondo Pier Carpi da un giovane sottufficiale austriaco di nome Kurt Waldheim (futuro Presidente della Repubblica austriaca e poi segretario Generale dell’Onu) non ebbero animo di controllare un treno carico di ammalati infettivi e l’oro giunse a Trieste. Per di più, abusando del fatto che l’ufficiale non conosceva l’Italiano, ma doveva rilasciare una dichiarazione sull’ispezione sommariamente compiuta, Gelli ed i suoi riuscirono a fargli firmare due lasciapassare con i quali arrivarono a Trieste.
Dopo, nel percorso successivo, non si sa bene perché, circa un terzo dei lingotti, andarono dispersi e, secondo alcuni Gelli ne sapeva qualcosa. Si trattava di diverse tonnellate d’oro e se anche Gelli fosse riuscito a trafugare per sé una parte di esse, questo spiegherebbe quale sia stata la sua prima base di potere. Ma non ci sono mai state prove che sia andata così.
L’8 settembre si schierò con la Rsi diventando federale di Pisoia, ma capì prontamente che la guerra era persa ed occorreva pensare al dopo, per cui iniziò a collaborare con i partigiani facendo uno spregiudicato doppio gioco. Di questo lo accusò nel 1981, pur con tono bonario, Giorgio Pisanò del battaglione Np della X Mas che operava nella zona di Pistoia. Comunque stiano le cose, il doppio gioco fruttò a Gelli un attestato di aver collaborato con i partigiani firmato dal Presidente del Cln pistoiese Italo Carrobi, comunista che valse ad attenuarne la prigionia, scontata solo per brevissimo tempo, e poi ad inserirlo nella vita sociale dell’Italia repubblicana.
Prima di proseguire, notiamo come già in queste vicende giovanili, Gelli abbia dimostrato alcune sue doti come l’intraprendenza, l’attivismo, la rapidità nel cogliere le occasioni di promozione sociale, le capacità organizzative e, soprattutto, l’assoluta mancanza di scrupoli. A questo proposito si pone un problema, che ci servirà a capire il seguito: ma Gelli era fascista?
Lui, sino ai suoi ultimi giorni, si dichiarò sempre fascista, nonostante non abbia mai smentito la sua collaborazione con partigiani e servizi alleati. Tecnicamente, non c’è dubbio che fosse un traditore. In epoca repubblicana, come diremo, collaborò disinvoltamente con esponenti democristiani, liberali, socialdemocratici, repubblicani e persino socialisti, che trovarono accoglienza nella sua Loggia. Ma ovviamente anche con diversi missini come Giulio Caradonna e Mario Tedeschi, non disdegnando neanche frequentazioni con gli ambienti della destra giovanile extraparlamentare (si pensi a Valerio Fioravanti). Fu in rapporti molto stretti con i generali argentini che dirigevano una bestiale dittatura di destra, ma non si fece mancare neppure contatti con la Romania comunista. Insomma, uomo con relazioni a 360°.
Ed allora, chi era il Gelli che mentiva: quello che ostentava una fede fascista o quello che opererà perfettamente a suo agio nel retrobottega dell’Italia democristiana? L’uomo legato agli ambienti della destra repubblicana Usa o quello che trafficava con gli uomini di Ceausescu?
A tirare la linee troppo dritte si rischia di non capire un personaggio sicuramente ambiguo e complesso come Gelli. Il punto è questo: il fascismo subì una sconfitta totale, quella che i giuristi chiamano “per debellatio” che non lasciava speranza alcuna di rivincita.
La probabilità di restaurazione di un regime fascista in Europa era pari a zero: in paesi marginali potevano esserci regimi castrensi di destra (come in Grecia o America Latina),o sopravvivenze (come quelle iberiche) ma non regimi propriamente fascisti destinati a durare. Questa sconfitta totale e definitiva pose il problema ai sopravvissuti di come continuare a far politica nel nuovo quadro storico. Una parte minoritaria dette luogo a nicchie ambientali di resistenza, dove coltivare il culto della memoria, nella speranza di un ritorno, mentre la maggior parte decise di integrarsi nei partiti esistenti: quelli che passarono al Pci o (meno) al Psi furono decine di migliaia, ma molti di più aderirono alla Dc. Questi, nella maggior parte dei casi abbandonarono del tutto (o in gran parte) la propria identità fascista, aderendo pienamente, o quasi, alle ideologie di riferimento dei partiti in cui entrarono. Una piccola parte coltivò disegni entristi, pensando di realizzare un regime autoritario a vocazione sociale (questo riguardò in particolare chi aveva scelto il Pci). Ma i più numerosi, scelsero i partiti di centro in nome dell’anticomunismo e, pur restando legati in cuor loro alla memoria del passato regime, si accontentarono di partecipare al gioco, cercando di far passare il più possibile della propria cultura politica. Il Msi, in qualche modo, raccoglieva entrambe le anime: la base –a suo modo illusa e generosa- continuò a sperare in una nuova marcia su Roma, che avrebbe riportato al potere il fascismo, mentre il vertice era perfettamente consapevole dell’impossibilità di questo ritorno e, pur blandendo le nostalgie della base (non mancarono mai saluti romani ed Inni a Roma), cercò in tutti modi di inserirsi nel gioco parlamentare, anche solo in ruoli subalterni. Da Michelini ad Almirante, da De Marsanich a Pisanò, da Romualdi a De Marzio, da Fini allo stesso Rauti, cercarono tutti –e ciascuno a suo modo- di adattarsi all’ambiente, non nutrendo alcuna illusione su una restaurazione. In fondo fu Almirante ad inventare lo slogan: “Non rinnegare, non restaurare”. D’altra parte, i sistemi politici tendono ad assorbire nella propria logica anche le opposizioni antisistema, esercitando una sorta di attrazione gravitazionale.
Gelli in cuor suo era certamente fascista e, fosse dipeso da lui, non sarebbero mancati stivali e fez, ma non reputando realistica questa speranza, puntò ad entrare nel gioco per condizionarlo, come vedremo, attraverso la massoneria. Magari si riprometteva ulteriori sviluppi in direzione di un ordinamento più ortodossamente “stivalato”, ma, prendendo realisticamente atto che l’orbace non andava più di moda, fondò un ditta di impeccabili gessati avendo per soci gli ex partigiani Lebole.
Peraltro, ad alimentare l’immagine di ambiguità del personaggio non mancarono altri aspetti, come il coinvolgimento in casi di sequestri di persona, fra il 1946 ed il 1947 e una sorprendente segnalazione, dei primissimi anni cinquanta, del servizio segreto militare (ma di cui si saprà molti anni dopo) per la quale era sorvegliato come “agente del Cominform” legato alla Romania. La vicenda non è affatto chiara, si sa poco del suo fondamento e non è affatto escluso che i documenti possano essere un falso prodotto molto dopo della loro data.
Ma dopo aver risposto al quesito sul se Gelli fosse fascista, dobbiamo porci una domanda correlata: che massone fu Gelli.
Per tutti gli anni quaranta e cinquanta, Gelli non mostrò alcun particolare interesse verso il mondo delle logge, anzi il suo unico impegno politico, per quel che se ne sa, fu quello di organizzatore delle campagne elettorali di Romolo Diecidue, per due legislature, deputato democristiano del collegio Firenze-Pistoia, e di cui non risulta una coeva affiliazione massonica. Poco dopo, Gelli stabilì (per il tramite di Diecidue) proficui rapporti con l’on. Giulio Andreotti, all’epoca sottosegretario di Stato al Ministero per l’Industria che presenziò all’inaugurazione dello stabilimento Permaflex diretto da Gelli, il 28 marzo 1963. Peraltro, con Andreotti, Gelli aveva anche un altro canale di comunicazione: Maria Luisa Muzi, che conosceva dal tempo in cui l’aveva incontrata alle corporazioni fasciste e di cui era restato amico che poi era fra le segretarie dello statista democristiano
La pur contrastata iniziazione massonica di Gelli avvenne quasi contemporaneamente ai primi rapporti con Andreotti, nel 1963.
Peraltro non sembra neppure che la famiglia abbia avuto frequentazioni massoniche o, quantomeno, questo non risulta da nessuna parte. Meno che mai si ha notizia di saggi o articoli di Gelli di cultura liberomuratoria. Gelli non era uomo da spendersi in tenzoni teoriche, ma assai più interessato alle questioni “pratiche”.
Si sa della scarsissima (diremmo nulla) attenzione dedicata agli aspetti rituali nella vita della P2, anzi non sono mancate frasi vagamente irrisorie del Venerabile che non riusciva ad immaginare i suoi importanti ospiti “tirarsi su la manica sinistra dei pantaloni e fare dei giri intorno al tavolo”. Forse aveva ragione lui a non prendere sul serio quel cerimoniale, ma nella Massoneria il simbolismo è parte integrante dell’esoterismo che ne impregna l’ambiente. Per quanto quella cultura ed i riti che ne derivano possano sembrare anacronistici, essi fondano l’identità di gruppo per cui, al di là di quanto quei simbolismi possano essere individualmente creduti e condivisi, la conoscenza di quel codice è condizione di riconoscimento reciproco dei “fratello”. L’adepto che se ne mostrasse troppo poco informato ed interessato sarebbe vissuto come un corpo estraneo (o, quantomeno, così era ancora negli anni sessanta e settanta). E, in effetti Gelli, che palesemente non ebbe mai alcun interesse verso queste pratiche o verso la stessa letteratura massonica, fu un corpo estraneo nell’ambiente che, alla fine, lo rigettò.
Certamente, in Italia, la Toscana è storicamente una delle regioni a massima densità massonica e, dunque, sicuramente Gelli ebbe rapporti personali con esponenti di Loggia anche ben prima di varcare la soglia della Loggia Romagnosi, ma va anche detto che, proprio per la pervasività delle logge nella società e nelle istituzioni di quella regione, non poche adesioni sono sempre state dettate più dalla convenienza offerta dalla “solidarietà dei fratelli” che da sincera adesione ideologica. Gelli apparteneva esattamente a questo segmento sociale della provincia toscana ed aveva già dato abbondanti prove di sufficiente spregiudicatezza per non porsi problemi di ordine ideologico. Ad un certo punto della sua vita gli si prospettò l’occasione di entrare in una antica organizzazione che, per quanto decaduta e nella quale era rimasto bel poco degli antichi allori, gli avrebbe permesso di giovare la sua già consistente rete di rapporti ed accrescerla esponenzialmente soprattutto grazie ai contatti internazionali di cui il Grande Oriente era al centro, raggiungere le logge B. Franklin che raggruppavano gli ufficiali massoni di stanza nelle basi americane e Nato in Italia, utilizzare i residui dell’antico potere di penetrazione delle istituzioni del paese. C’è un elemento che dovrebbe far riflettere: per cultura e collocazione politica, Gelli era uomo di destra e per nulla interessato all’anticlericalismo di Palazzo Giustiniani e, semmai, la sua collocazione più congeniale sarebbe stata in quella di Piazza del Gesù o, più tardi, nella Loggia degli Alam (distaccatasi da Piazza del Gesù quando iniziò a prospettarsi la fusione con i giustinianei) con la quale ci sarebbero stati ancora maggiori punti di affinità. In effetti Gelli non disdegnò rapporti con i fratelli di Piazza del Gesù (e poi Alam) ma, al momento del suo ingresso in Massoneria, scelse Palazzo Giustiniani. Come mai? Semplicemente perché quella confessione gli era più utile, per la maggiore irradiazione di contatti internazionali, per il maggior numero di seguaci, per l’immagine più forte. Ma perché i giustinianei accolsero un fratello così anomalo, che aveva militato nella Rsi, che aveva organizzato la campagna elettorale di un democristiano e che non mostrava grande interesse per la cultura massonica? In effetti il suo ingresso alla Romagnosi suscitò diverse perplessità ed, anche dopo, le sue proposte in materia di riorganizzazione interna destarono più di una perplessità nel Gran Maestro aggiunto Roberto Ascarelli. Peraltro, la carriera massonica di Gelli fu fulminante: in un sol giorno, 1° settembre 1966, ottenne i gradi di compagno e di maestro, dopo soli tre anni di apprendistato molto all’acqua di rose che lo aveva visto assai poco coinvolto. Ciò nonostante godette subito di grande autorevolezza:
<<Il 3 giugno 1967 Ascarelli riferì a Gamberini che Gelli insisteva per promuovere l’intesa fra il Grande Oriente d’Italia e l’obbedienza massonica incardinata su Aldo Sollazzo e lo invitò a prendere posizione esplicita a favore dello Stato di Israele…Il 2 settembre gli sottopose la minuta di una lettera da inviare a Walter Bruno, della segreteria del Presidente Saragat, che fa parte del gruppo che mi ha presentato Gelli>>
La cosa più curiosa è che fosse l’ex salotino a perorare la causa di Israele presso Ascarelli che era ebreo e, in qualità di avvocato di parte civile aveva difeso la comunità ebraica romana, nel processo a Kappler, il boia delle Ardeatine. Evidentemente, il neo maestro rappresentava già un rapporto ancora più diretto con Telaviv di quanto non avrebbe potuto essere quello di Ascarelli.
Dunque un personaggio già molto inserito in ambienti di potere di alto livello. Come si è accennato, la Massoneria italiana, negli anni cinquanta era in forte decadenza: nell’Italia governata, per la prima volta, dai cattolici, non c’era grande spazio per “i figli della vedova” (come i massoni amano spesso definirsi) che ancora non si erano ripresi dalla repressione del periodo fascista. Gelli portava alla Massoneria il suo attivismo e la sua non comune capacità organizzativa, a cominciare dalla sua innegabile abilità nelle pubbliche relazioni (come dimostra il rapporto con uomini della segreteria della Presidenza della Repubblica). Gelli è stato soprattutto un grande Pr, la stessa P2 fu la costruzione organizzativa di una rete di relazioni, cosa di non poco conto in paese, come l’Italia, dove vige un modello di capitalismo di relazione e dove la struttura sociale è costruita da una rete di corporazioni e cordate regionali. Per questa ragione, Gelli attrasse l’attenzione del Gran maestro Giordano Gamberini, che ebbe grande influenza nel Goi anche dopo la fine del suo mandato maestrale e che ne fu sempre il nume tutelare. Poco dopo la sua iniziazione passò alla loggia Hod dove iniziò a fare opera di proselitismo reclutando personaggi di spicco. E questa fu l’immediata premessa del suo passaggio alla Loggia P2
Aldo Giannuli
aldo giannuli, licio gelli, P2, per una biografia di Licio Gelli

GherardoMaffei
Lo slogan “non rinnegare non restaurare” fu coniata da Augusto De Marsanich che fu uno dei primi segretari del MSI, negli anni cinquanta, pertanto non è farina del sacco di Almirante. Poi bisogna intenderci cos’è il fascismo e chi era realmente fascista. Sicuramente fascista fu Roberto Farinacci, Alessandro Pavolini, Ettore Muti, Giuseppe Solaro federale del PFR a Torino, impiccato pubblicamente dai partigiani. Fascista fu Nicola Bombacci uno dei fondatori del PCI, amico personale di Lenin, artefice della legge sulla socializzazione delle imprese durante la RSI (immediatamente abrogata dai partigiani nel 1945) morto a Dongo al grido di “viva il socialismo”. Ma fascista fu anche il più grande filosofo del novecento Giovani Gentile, ucciso dal partigiano dei GAP di Firenze Bruno Fanciullacci, al grido:”uccido l’idea non l’uomo” (sic). A costui a Firenze è stata dedicata una via in sua memoria, mentre l’ANPI toscano, ha chiesto che la salma del filosofo venga rimossa dalla basilica ove è sepolta di Santa Maria Novella. Nei partigiani toscani militò anche Pietro Pacciani, il “mostro di Firenze,” insignito di un diploma di benemerenza per i suoi trascorsi antifascisti. Nel dopoguerra il MSI a causa di una errato anticomunismo viscerale, di una sorta di “destrismo” deteriore, cavalcò tutti le peggiori battaglie reazionarie.Tale svolta reazionaria fu sempre condannata dai veri fascisti della FNCRSI (ex combattenti della RSI) e il Comandante Borghese fu espulso dalla Federazione per le sue posizioni reazionarie I citati parlamentari missini Mario Tedeschi e Giulio Caradonna erano entrambi membri della loggia P 2 . Licio Gelli non fu mai un vero fascista, ma solo un volgare lestofante, un affarista, un faccendiere buono per tutte le stagioni. La massoneria che all’inizio finanziò il fascismo, poi ne divenne sua mortale nemica, tanto da ispirare l’unico vero colpo di stato militare mai avvenuto in Italia, quello del 25 luglio 1943.
Post Scriptum. La condanna per la strage di Bologna di Fioravanti e Mambro, grida vendetta di fronte a Dio e agli uomini. Rappresenta una vergogna nazionale indelebile.
Aldo S. Giannuli
e perchè mai pensa che la qualifica di lestotante sia incompatibile con quella di fascista?
GherardoMaffei
Prof.Giannuli l’epopea nazifascista fu una sorta di Estate di San Martino,nell’attuale era di glaciazione finale (Kali Yuga) preludio di una Europa che è divenuta semplicemente una porcilaia e che ampiamente ben merita la fine che entro qualche decennio farà.L’arma di distruzione di massa di questo vecchia baldracca europea, sarà semplicemente il ventre fecondo delle donne islamiche.Ma ci metto pure le tempeste ormonali dei milioni di giovani maschi africani che la stanno invadendo o la invaderanno. In conclusione prof.Giannuli le riconosco una buona dose di onestà intellettuale, tuttavia le sue pessime frequentazioni con la peggiore feccia dell’oltranzismo di tutto il paese, quello di Milano, le ottenebrano sovente la mente. La sua domanda rientra in un momento di opacità mentale. La esorto ad una sorta di disintossicazione mentale, prenda subito, immediatamente, senza esitazione alcuna, le distanze dai stercaioli milanesi di sinistra che frequenta e di cui vanta pure l’ amicizia pubblica , troverà mi creda maggior rigore mentale e autorevolezza.
Aldo S. Giannuli
risposta irata ma che non risponde alla domanda….
GherardoMaffei
Certamente si anche tra i fascisti ci furono volgari lestofanti.Lenin collaborò con lo stato maggiore germanico. Stalin da giovane rapinava le banche per finanziare il partito bolscevico, che ricevette attraverso Brostein (Trotkzy ) finanziamenti dai banchieri circoncisi di New York per fare la rivoluzione bolscevica. Per liquidare il “male assoluto” il comunismo bolscevico non esitò ad allearsi coi capitalisti della city londinese e coi banchieri di Wall Street di New York.La politica è sangue e merda la si fa coi bipedi umani, che altro non sono che scimmie carnivore e assassine e certamente non coi gli anacoreti e i mistici. Costoro vivono nei monasteri,nei deserti in meditazione, ma non fai le rivoluzioni. Concludo con una domanda a lei rivolta prof. Giannuli, ricordando che a Dongo fu fucilato anche il Magnifico Rettore dell’Università di Bologna Goffredo Coppola.A detta esimio prof. Giannuli, del suo corregionale di sinistra Luciano Canfora, uno dei massimi esperti di papiri antichi, insigne grecista,latinista, docente universitario, che spese una vita intera dedicandosi allo studio e all’insegnamento. Anche lui finì a piazzale Loreto impiccato a testa in giù. Era un fascista lestofante costui ?
Aldo S. Giannuli
certamente no e non sostengo che tutti i fascisti fossero lestofant, ce ne furono anche di onestissimi, così come lestofanti non ne sono mancati dalla mia parte (anche se, devo dire, con un densità decisamente inferiore a quella dei nostri diripettai). Il problema non è questo: lei aveva detto Gelli non erafascista era un lestofante, il fatto è che si può benissimo essere entrambe le cose, così come ci sono fascisti (ma anche comunmisti se è per questo) che sono profondamente opportunisti, ma questo non significa che siano effettivamente fascisti o comunisti o qualsiasi altra cosa
Gaz
Le volte in cui ho parlato con dei fascisti, tali per loro autoproclamazione, ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad una galassia: sotto l’etichetta di fascismo ho scorto le più varie posizioni: da filonazisti, ad antitedesci, da nazionalisti ad atlantisti, da antiamericani ad antieuropisti … Non mi sembra di averne ascoltato due che la pensassero alla stessa maniera.
Gelli, a modo suo, rientra nel caleidoscopio delle plurime posizioni che si richiamano al fascismo.
Michele
Gelli fu solo uno che credeva nella gerarchia. In questo senso avrebbe potuto andargli bene anche il comunismo. Se non fosse stato per il fratello morto in Spagna, io credo che avrebbe accettato chi dal PCI lo invitava a diventare un suo grande dirigente…
Per questo motivo Gelli è cattolico ( anche se faceva dei distinguo proclamandosi cristiano), monarchico, fascista, peronista, comunista (ovviamente se avessero vinto loro nel dopoguerra). Ha sempre ritenuto valido che uno solo o pochissimi dovessero stare al comando..
Gaz
Il primo Gelli massone, come è stato scritto sopra, aveva il profilo più della -meno potente- Piazza del Gesù, che del più potente -e internazionalmente riconosciuto- Palazzo Giustiniani.
Gelli in Piazza del Gesù non sarebbe stato il Venerabile.
Insomma, un depotenziatore di P. Giustiniani, un Giano, un dirottatore/instradatore di uomini potenti, un cuculo in nido d’altri, un presenza dove meno ce la si sarebbe aspettata.
Gli uomini e le donne a 360° hanno nomi precisi … che per quanto l’esercizio e l’effettivà del potere ricordano chi è capace di avere la neve anche d’estate di manzoniana reminescenza, tanto per non dire mafiosi. Con questi se ti attacchi una volta, ti atacchi per sempre, anche senza essere iniziati. Come certi virus …
Ricordo un articolo di Paese Sera dei primi anni settanta in cui veniva scritto tutto l’interessante sulla loggia P2 e ne veniva denunciato il suo carattere, ma DC dell’epoca e successiva ha mostrato di non avere gli uomini in grado di comprenderne la natura e neutralizzarla: ha avuto invece una donna in grado di opposi a Gelli, Tina Anselmi.
P.s. La Terra dei Fuochi si trova in Sud America o in Sud Italia?
Michele
In Verità la Comunione di Piazza del Gesù era molto più forte di quella di Palazzo Giustinani. Era sicuramente molto più filo-governativa e sotto certi punti di vista più in linea con il pensiero americano, perché credente, direi quasi palesemente cristiana. Aveva persino una loggia coperta con nomi di rilievo ( tipo Sindona) che nel 1973 passò sotto l’egida della P2 dopo l’atto di unificazione firmato tra Salvini e il Bellatonio.
Non bisogna dimenticare poi che l’unico massone scozzese riconosciuto dagli americani era il principe Alliata di Monreale che aveva la sua Obbedienza
( discendenza di piazza del Gesù) in via Lombardia a Roma.
Anche lui fu fatto poi entrare nella P2 per comodità…
Rachkovsky
Buongiorno,
Mi è piaciuto molto questo “ritratto” di Gelli. Vi è solo un piccolo punto sul quale non sono del tutto d’accordo.
“..che ancora non si erano ripresi dalla repressione del periodo fascista”.
Mi scusi Professore, ma credo che, la locuzione “repressione del periodo fascista” vada presa quantomeno con cautela. Il regime fascista ha sempre avuto (fin da via San Sepolcro) un rapporto molto ambiguo con la Massoneria; sia con quella di Palazzo Giustiniani, laica e “apertamente” ostile al Duce, sia con quella di Piazza del Gesù, guidata da una enigmatica figura: Raoul Palermi, ed il suo “fratello di loggia” Giacomo Acerbo (quello della famosa legge maggioritaria: corsi e ricorsi..).
Sarebbe interessante un Suo pensiero, proprio su questo tema (rapporti fascismo-massoneria)
Cordialità.
Aldo S. Giannuli
ne parlerò in un prossimo articolo, ma direi che ,anche se fra milleambiguità, la repressione ci fu
Michele
Quella tra fascismo e massoneria italiana fu amore-odio. I gerarchi del fascismo ( da farinacei a Balbo) l’amavano, Mussolini no perché non “era stato accettato tra le colonne del Tempio”, quando ancora era un fervente socialista seguace del sindacalismo rivoluzionario di Sorel.
Cmq il Palermi, per farselo amico, lo insignì della sciarpa del grado 33 del rito scozzese antico ed accettato…
Danilo Di Mambro
Dal ragionamento su Gelli manca la verifica circa la possibilità che lo sviluppo della P2 secondo le modalità storicamente attuate, sia stato progettato da livelli superiori di potere. E’ possibile che Gelli si sia trovato al posto giusto al momento giusto anche se sarà stato scelto per le sue doti di adattamento e di relazione. Aveva tutte le porte aperte e ciò non è possibile senza una regia e una potenza superiori. Gelli è uno dei protagonisti di una storia che non si riesce a raccontare, quella del nostro paese degli ultimi 73 anni. Senza storia non c’è un popolo e senza un popolo non può esserci la nazione italiana e quindi l’Italia. Si spieghi perché un coacervo di forze formato da parti di Stato, parti di Servizi Segreti, parti di Chiesa, parti di Massoneria, parti di malavita organizzata anche in collaborazione tra loro, ha avvelenato e insanguinato la vita del paese. E’ possibile per esempio, che Cossiga, Andreotti e D’Amato, col concorso della CIA, abbiano costituito e gestito una falsa Gladio coperta e nascosta dietro quella vera? Parlo di una Gladio utilizzata per motivi interni, per organizzare le attività e le infiltrazioni atte a realizzare la strategia della tensione. Ed è possibile che uomini come Contrada o come i carabinieri che hanno gestito la trattativa Stato-mafia siano convinti di essere stati fedeli servitori dello Stato e, nello stesso tempo, che siano invece stati al servizio di quelle forze eversive e che abbiano messo in atto attività criminali, senza averne consapevolezza perché appunto convinti di stare ad eseguire ordini superiori e legittimi?
Gaz
@ Maffei. Signor Maffei, lei mostra di essere particolarmente addentro alle cose storiche della destra politica.
Sfruttando le sue conoscenze, mi permetto di rivolgerle alcune domanda.
Durante la prima Repubblica e segnatamente, quali furono i rapporti tra MSI e DC e specificatamente con le sue correnti più a destra ?
Quali furono i rapporti tra MSI e le altre formazioni grosso modo riferibili alla destra, come i liberali?
GherardoMaffei
@ Gaz. Non ho problema alcuno a riconoscere che il MSI fu un grosso equivoco,, un inganno storico , fu una sorta di ruota di scorta della DC. Venne usato per scopi di anticomunismo viscerale. Fece una politica reazionaria, al servizio dei gangsters statunitensi, schierato sempre con lo stato canaglia di Israele. Nel dopoguerra solo la FNCRSI (ex combattenti della RSI) furono i veri fascisti. Vi è un interessante sito in rete a nome FNCRSI egregio Gaz, troverà tutte le risposte che vuole circa il ruolo equivoco e nefasto giocato dai missini.nel dopoguerra…
Michele
Credo che il MSI sia stato un partito costruito in laboratorio. Un partito di destra, conservatore, da tenersi in formalina ma non sicuramente adatto per un impossibile ritorno del fascismo. Era sì la ruota di scorta della DC ma anche un alternativa valida a quel partito qualora fosse scivolato a sinistra ( vd. Moro).
Gaz
La mia apparentemente era una domanda maliziosa, ma in realtà in cauda conteneva il tentativo di comprendere come mai una parte dello schieramento politico non si è trasformato in destra tout cout, abbandonando il fascismo definitivamente, per entrare nella dialettica politico-costituzionale come partito conservatore.
Michele
A mio avviso, sarebbe stato un tentativo inutile. C’era la DC, voluta dal Vaticano e dagli americani, e l’unica possibilità per le varie destre sarebbe stato da fare da stampella al grande partito di Centro oppure entrare dentro occupando una corrente al suo interno.
E’ bene dire che lo schieramento politico del tempo subiva una forza centripeta. Non c’era il bipolarismo e tutto doveva per forza convergere verso il Centro.
D’altra parte c’era stata già una dittatura di destra, si voleva scongiurare quella di sinistra, e’ inevitabile quindi che si formasse un “regime” di centro, non dittatoriale certamente ma non certamente debole.
Il centro usò tutta sua forza, con tattica e strategia, per farsi amare e farsi votare. Sotto questo punto di vista la lotta e la contrapposizione degli estremi non faceva che facilitare il successo elettorale del Centro che, per quanto infiltrato da una forte corruzione e da parassitismo dilagante, non aveva una valida alternativa, almeno fino al 1992, cioè dopo la caduta del Muro di Berlino e grazie all’inchieste dei giudici milanesi.
andrea z.
Ho letto che un ruolo fondamentale nella carriera di Gelli e nella storia repubblicana è stato ricoperto da Frank Bruno Gigliotti, uomo dei servizi segreti e della massoneria USA.
https://gianmicheletinnirello.org/2013/05/15/frank-gigliotti-un-potente-massone-e-agente-segreto-americano/
Aldo S. Giannuli
esatto
Michele
Se è per questo il Gigliotti era anche un pastore-protestante di origini calabresi…cmq non c’è alcuna prova dei contatti tra il geli e il Gigliotti, solo un avvicendarsi nella gestione di alcune cose riguardanti il Grande Oriente.
Gaz
Mah !
La P2 sicuramente non è una vitamina. Tanto men è stat prescritta da un medico.
Un tempo fu anche il nomignolo di un titolo quotato.
Una P2 esiste in Spagna, Francia, Germania, etc. etc. ??
Gerardo
Pezzo molto interessante. Avrebbe qualche libro da consigliare sia sulla massoneria italiana del dopoguerra sia sulla figura di Gelli?
Grazie
andrea z.
Credo che Gelli fosse uno di quei personaggi scelti dagli americani dopo la guerra in previsione dello scontro finale con i regimi comunisti.
Il criterio di selezione si basava sul principio che la guerra contro il comunismo non potesse essere lasciata alle persone oneste e per bene, ma richiedesse uomini di altro tipo: criminali comuni, mafiosi, politici corrotti, doppiogiochisti, funzionari e spie del vecchio regime e così via.
L’eredità di questa scelta effettuata dagli USA è stata la corruzione, la gestione di intere regioni da parte della criminalità organizzata, lo stragismo di Stato, la collusione tra servizi, mafia e pezzi dell’apparato statale.
Il potere di Gelli penso nasca dalla protezione americana e dal suo ruolo nel sistema stay behind; è solo un potere riflesso, che i suoi protettori avrebbero potuto facilmente togliergli.
Però, studiare protagonisti come lui può servire a capire il presente, perché i suoi allievi probabilmente stanno ancora nei piani alti del potere a decidere del nostro futuro.
Michele
..personaggi screditati utilizzati per il dirty job…quando non più utili, gettati nella spazzatura ma credo che il burattinaio lo sapesse e per questo motivo ha dato più peso ai soldi che al potere concessogli. Il primo rimane perché è quantificabile, il secondo no.
Giovanni Talpone
La Loggia Montecarlo è realmente esistita o è solo una leggenda?
Aldo S. Giannuli
personalmente ho la forte sensazione che sia esistita ma di prove….
Michele
Credo che esistesse un gruppo creato dal Gelli a Montecarlo, nello staterello dove ha poi vissuto per molto tempo il figlio Raffaello.
Mi pare che in merito ci fosse una nota anche del SISDE in relazione a questo gruppo che cita il nome di un noto trafficante d’armi inglese ed un italiano ancora oggi presente nel Monegasco ( che ha avuto alcune cariche nel COMITES locale fino a tempi recenti)…c’erano, se non sbaglio, personaggi liguri e toscani, alcuni inglesi e francesi ed anche alcune donne..tecnicamente non era una loggia regolare, visto la presenza di donne.
Quando nel GOI si muovevano pesanti critiche al suo operato, lui pensava di portare armi e bagagli della P2 a Monaco ma era un progetto alquanto irrealizzabile. Le Massonerie che contano, quella inglese e quella americana, non lo avrebbero aiutato.
Tutto ciò fa pensare che da un lato, senza la sua capacità di proselitismo, il GOI non avrebbe avuto tutta quella forza, tuttavia il Gelli senza il cappello del GOI non riusciva a muoversi autonomamente.
La sua segretaria Nara lazzarini parlò anche di un grande appartamento comprato dal Gelli a Montecarlo dove riunire questi personaggi in questo pseudo-loggia.
A mio avviso, è come nel caso dell’OMPAM ( creatura del Gelli del 1975/76) quando il Gelli si decide a muoversi troppo autonomamente, non combina nulla.
Gelli era sicuramente uno furbo ma ha sempre vissuto il potere come luce riflessa. Come disse infatti Craxi ” Gelli appariva più come un grand commis che un vero e proprio leader”. Non ne aveva la stoffa, si muoveva solo nell’ombra. In fondo era un gran mediatore e come si sa i mediatori sono deboli e senza ideologia.
D’altra parte lo spessore culturale era basso, le capacità politiche altrettanto.
Era un ottimo esecutore di ordini altrui.
In lui solo tanta spregiudicatezza nel servire chi deteneva veramente il potere.
Se lui era Belfagor, evidentemente sopra di lui c’era sempre qualche Belzebù..
Gaz
E pensare che volevano dargli una nomination per il premio Nobel per la letteratura, poichè ha scritto delle poesie.
Michele
Quello dello scrivere è stato sempre un pallino del Gelli. I libri di Poesie erano la sua passione. Un uomo versatile sicuramente che apprezzava la Cultura, essendo di modeste origini ( figlio di un mugnaio). Il riscatto per i contadini del tempo partiva proprio dalla scuola e dalla Cultura.
Mohicano79
Al lauto banchetto dei lingotti d’oro
Persero ogni colore politico costoro.
Venderono l’anima x un po’ di potere:
Le sedie son sempre li. È cambiato solo il sedere.
Una strofa che vale x qualsiasi periodo storico.
Cordialmente
fortebraccio
un altra celebrazione,contrattuale,di un ‘servitore dello stato’! viva l italia,in mano ai rinnegati!
Aldo S. Giannuli
celebrazione contrattuale? Ma cosa hai letto?
Gaz
Mi frulla una domandda per Iniziato e Giannuli.
Quale fu la percezione di Taviani della P2 e quale giudizio espresse, o preferì essere silente?
Michele
Gelli conosceva Taviani come uomo politico molto vicino agli americani, così come conosceva Pacciardi e Sogno, gli unici che avevano i contatti giusti interni ed internazionali per portare a termine un “cambiamento della Costituzione”, se così si può dire.
leprechaun
Di Taviani non so. Ma gli italiani sentirono nominare per la prima volta la P2 (trasecolando) perché in Parlamento Flaminio Piccoli (allora segretario della DC) denunciò l’esistenza di un “complotto massonico contro la DC”. Ricordo il giorno dopo o giù di lì un velenoso articolo (penso) su l’Espresso dove si attaccava la DC dicendo che erano tutte fandonie o giù di lì e che i veri complottatori erano la DC – o qualcosa di molto simile. Non sono mai più riuscito a ritrovare questo articolo, che mi colpì perché puzzava lontano un miglio di attacco strumentale, essendo di fatto incomprensibile ai più visto che nessuno aveva mai sentito nemmeno nominare la P2.
Coltivo da quando si capì cosa fosse la P2 il motivato dubbio (ho poi scoperto condiviso da molti) che l’editoriale Repubblica-l’Espresso di quei tempi fosse implicato nella faccenda.
De Benedetti, d’altronde, è stato socio di Roberto Calvi, nonché vicepresidente del Banco Ambrosiano qualche mese prima del suo crack e della morte di Calvi a Londra sotto al ponte dei Blackfriars.
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_De_Benedetti#Il_Banco_Ambrosiano
Michele
Di Gelli e della P2 erano venuti fuori alcuni articoli molto prima dell’intervento di Piccoli. Stiamo parlando del 1973/74, mentre l’intervento di Piccoli è quasi subito dopo che è scoppiato lo scandalo. Anche Pecorelli ne parlava nei suoi articoli allusivi.
Non c’è dubbio che la DC fosse il vero partito che Gelli serviva internamente.
Ed è probabile che molte informazioni sulla P2 furono date dal KGB che riteneva quel club e la massoneria in generale un nemico dei Paesi del Patto di Varsavia.
Michele
Buongiorno,
sicuramente un articolo di spessore.
Manca però, a mio avviso, un dato fondamentale che non viene tenuto in conto nella carriera di Gelli. Se è pur vero che Gelli si muoveva in maniera disinvolta in politica, apparendo fascista o comunista, a secondo delle occasioni, non bisogna dimenticare che la sua vera “fede” la riversava nella Monarchia.
Infatti, nell’articolo non si cita il fatto che aderì al partito monarchico e grazie all’interessamento di “sua Maestà” che stava in esilio a Cascais fu creato Conte ( fino all’ultimo giorno della sua vita portava al dito un grosso anello con lo stemma araldico concessogli da Umberto II).
Non bisogna dimenticare che la burocrazia “monarchica” di casa Savoia era sopravvissuta al fascismo e che la Massoneria, quella di marca strettamente europea, com’è si dalle sue origini del 1717, è sempre stata guidata dalla nobilità ( ancora oggi Michael Duke of Kent, cugino della regina, è il Gran Maestro della Gran Loggia unita d’Inghilterra). Non è un caso che grazie al Duca di Kent, proprio per interessamento del Gelli e di altri nobili, il Grande Oriente d’Italia ebbe l’agognato riconoscimento inglese nel 1972.
Gelli tentò, poi, invano di mettere a capo del GOI l’ultimo discendente di casa Savoia
( dopo aver offerto, insieme al Salvini la gran maestranza a Manlio Brosio della NATO che la rifiutò), non riuscendosi, lo iscrisse alla P2…
Aldo S. Giannuli
osservazione giustissima, ma il mio era solo un modesto contributo che peraltro non ho ancora ultimato
Michele
Gentile professore, il suo non è un modesto contributo, è un articolo ben fatto, anche se non l’ha ancora ultimato.
Ho sempre letto articoli molto imprecisi sul “caso” con il quale ho avuto un’esperienza diretta…
Non c’è dubbio che la P2 fosse una di quelle strutture parallele ( un po’ simile al Noto Servizio) utilizzate in campo interno nel momento in cui, dal 1974, si decise di mettere da parte le velleità dei colpi di Stato sul modello greco.
Infatti, è solo dal 1975 che Gelli costruisce una P2 nuova, esclusivamente dipendente dalla sua persona ( tant’è che Salvini gli lascia la delega di Maestro Venerabile per gestirla; prima era solo segretario organizzativo), dove ai generali si sostituiscono i finanzieri e i banchieri e le veline dell’intelligence servono a fare pressioni per fare grossi affari, leciti ed illeciti…
Cordialmente
elisa
Renato Risaliti – “Licio Gelli a carte scoperte” – Brancato editore (I Cammei) – 1991. Dai suoi primi passi nel Pistoiese alle insospettabili protezioni di cui ha goduto nell’immediato dopoguerra.
Michele
Gentile professore, il suo non è un modesto contributo, è un articolo ben fatto, anche se non l’ha ancora ultimato.
Ho sempre letto articoli molto imprecisi sul “caso” con il quale ho avuto un’esperienza diretta…
Non c’è dubbio che la P2 fosse una di quelle strutture parallele ( un po’ simile al Noto Servizio) utilizzate in campo interno nel momento in cui, dal 1974, si decise di mettere da parte le velleità dei colpi di Stato sul modello greco.
Infatti, è solo dal 1975 che Gelli costruisce una P2 nuova, esclusivamente dipendente dalla sua persona ( tant’è che Salvini gli lascia la delega di Maestro Venerabile per gestirla; prima era solo segretario organizzativo), dove ai generali si sostituiscono i finanzieri e i banchieri e le veline dell’intelligence servono a fare pressioni per fare grossi affari, leciti ed illeciti…
Cordialmente