Bergoglio e i linciaggi: intervista con Ariel Pennisi
Dall’Argentina, Dario Clemente
Ariel Pennisi è docente alla Università Nazionale di Avellaneda (Buenos Aires), saggista, editore, coordinatore del master in Estetiche Contemporanee Latinoamericane. In un libro (1) in uscita il mese prossimo in Argentina, curato assieme a Adrián Cangi e incentrato sui casi di linciaggio avvenuti nei mesi scorsi nel paese sudamericano, Pennisi si è soffermato in particolare sulle parole del Papa, pronunciatosi in occasione dell’assassinio del diciottenne David Moreira da parte della folla inferocita a Rosario, nel marzo scorso.
«Ho immaginato la scena e ho sentito quei calci nella mia anima. Non era un marziano, era un ragazzo. Un delinquente, ma un ragazzo del popolo. Ho ricordato Gesù: che avrebbe detto se fosse stato lì? Chi è senza peccato scagli il primo calcio? Mi doleva tutto, sentivo il dolore del corpo del ragazzo, sentivo il dolore del cuore di quelli che lo scalciavano. Ho pensato che quel ragazzo lo abbiamo cresciuto noi, si è educato tra noi. […] che il signore ci dia la grazia di poter piangere…piangere per il ragazzo delinquente, piangere anche per noi.»
Pennisi si spinge più in là dei molti che hanno commentato le parole del Papa. Scavando sotto l’ostentazione di empatia, riesce in poche pagine a restituire al lettore il senso dei molteplici messaggi che il suo intervento contiene, e a resuscitare quel Bergoglio politico, e peculiarmente argentino, che viene continuamente offuscato dalla strategia della macchina comunicativa papale: l’ecclesiastico e peronista di destra che ha avuto un ruolo di primo piano nella chiesa argentina degli ultimi decenni, anche quelli più torbidi, e che approfitta della statura pubblica garantitagli dal soglio pontificio per promuovere la sua visione popolar-conservatrice del continente sudamericano.
Numerosi commentatori di sinistra hanno apprezzato le parole del Papa, ritenute quantomeno un “freno” alla giustificazione di questi atti da parte dei settori più reazionari dello spettro politico argentino:
“Credo che questo Papa sia una figura complessa, tanto per il fatto fondamentale della rinuncia di Ratzinger che ha abilitato la sua elezione da parte della cupola ecclesiastica, quanto per il momento che la chiesa come istituzione stava attraversando in un contesto di riconfigurazione delle relazioni globali e delle soggettività. Allo stesso tempo, però, Bergoglio è un personaggio con una storia propria e, dal nostro punto di vista, diciamo “locale”, ha una forte incidenza nella politica. Perciò il fatto che alcuni “commentatori” considerati progressisti o di sinistra vedano con un certo beneplacito la elezione di Bergoglio da parte del Vaticano e la gestualità di “Francesco”, riflette un livello della questione che non è il più importante e, di fatto, se l’analisi si fermasse qui sarebbe di una semplificazione esagerata. Quindi dato che uno dei livelli di analisi è l’incidenza del Papa argentino sulla opinione pubblica locale, ciò che ha detto sui linciaggi e- aggiungo- la sua esagerata reazione allo sgombero violento della baraccopoli che era stata battezzata “Papa Francesco”, devono essere pensati in termini della trama storica argentina e del modo di produzione di significato di oggi. Essere di sinistra o di destra nel riferirsi al Papa non dice molto, i suoi interventi devono essere pensati all’interno dei piani in cui egli li compie, cioè la retorica e i media. Che percezioni mobilita? Che pulsioni interpella? Che (esagerando un poco) effetti soggettivi produce?
“Vox Populi, Vox Dei”, nella prima parte del tuo scritto metti in relazione le affermazioni di Bergoglio con il suo comportamento durante l’ultima dittatura, legato al processo per sequestro e esilio dei preti gesuiti Jalics y Yorio, quando, interrogato come testimone, si rifiutò di fare nomi specifici, un perdono collettivo di impronta cattolica in cui le responsabilità individuali si diluiscono:
“Può darsi che l’associazione che il mio saggio suggerisce possa apparire avventurosa, quando comparo la forma che Bergoglio adottò nelle sue dichiarazioni di fronte alla giustizia nel 2010 (dopo essersi sottratto a testimoniare per vari anni, e ottenendo il trasferimento del tribunale fin dentro all’Arcivescovado) alle sue frasi a proposito dei linciaggi. Credo che in entrambi i casi, nonostante la differenza di circostanze, prevalga una forma di intervento discorsivo che, in quanto “pratico”, da un lato fa “galleggiare” le responsabilità materiali in fatti di repressione sociale, e dall’altro rende equivalente la “violenza “che coinvolge attori che si scontrano in disparità di condizione. Evitare di fare nomi in una dichiarazione sulla desaparición coatta di persone e comparare la situazione di “vittime” di linciatori e linciati può avere da una parte la conseguenza pratica di un occultamento di parte della trama delle relazioni, della mappa di legami che furono materialmente necessari per organizzare il sequestro sistematico, l’omicidio e altre atrocità commesse dal governo di fatto con l’assoluta’ complicità della Chiesa cattolica argentina. E dall’altra di deresponsabilizzare i linciatori e i loro complici mediatici, così come giustificare discorsi stigmatizzanti che egli stesso riproduce quando fa una distinzione fra “noi” e “il ragazzo delinquente”. Quindi no, non si tratta solo di responsabilità individuali (che ci sono), ma della più complessa ricrescita di microfascismi che formano parte della vita quotidiana argentina e che ci chiama a stare attenti e a promuovere una problematizzazione di questi fatti e della loro connessione con la nostra storia e cultura.
Usando il “noi” inoltre, l’oratore non intende favorire una reale esperienza dell’altro, quanto rafforzare le due categorie distinte di “ladri e brava gente” …
“Il punto da cui vengono enunciate le parole del Papa è lo stesso dei linciatori. Oltre alla ovvietà del suo ripudio dei linciaggi e di una correzione politica obbligata, il problema è la costruzione enunciativa della stessa affermazione, cioè le condizioni materiali della posizione dalla quale dice quello che dice. Come esercizio, possiamo ubicarci per un momento in quella posizione: Cosa vediamo? Cosa sentiamo? Il sollievo non tarda ad arrivare quando ci rendiamo conto che ci troviamo nel lato corretto, che la misericordia ci assiste per assolverci assolvendo a sua volta gli altri, che tutto si riassume in una questione di passioni agitate e ingiustizie sociali tanto facili da menzionare come difficili da modificare. Perché’ quel “noi” del quale il Papa ci invita a far parte è quello di una posizione morale astratta che si astiene dall’intento di comprendere le reti materiali come condizione di possibilità dei linciaggi, confondendo le violenze, come se fossero equivalenti il furto- che, chiaramente, nessuno approva- all’assassinio collettivo di una persona in modo almeno pseudopremeditato. La questione “premeditazione” è, in questo caso, complessa, perché’ non c’è un “piano”, però non si può in alcun modo parlare di una spontaneità da “buoni vicini” che sono vittima delle circostanze. In ogni modo ci sono razionalità concrete che si formano con il tempo e che includono discorsi e attori che operano in suo favore e che non si riproducono “di nascosto” ma fanno parte delle trame percettive che si tessono nei media, nelle reti sociali e nelle conversazioni da ascensore… Qui si cerca di cancellare questo profondo e doloroso intreccio che riguarda più la vita “normale” che alcune terribili eccezioni. Non chiederei al Papa che si trasformi in un analista dei drammi argentini, però dato che ha preso la parola, e che la sua parola oggi è indiscutibile per la maggior parte dei suoi interlocutori nel nostro paese e non solo, credo importante segnalare gli elementi che formano la sua pratica mediatico-discorsiva, quantomeno per favorire un dibattito.”
Affronti anche un’altra questione però. Il papa cita la ribellione popolare del Paese di Fuenteovejuna teatralizzata da Lopez de Vega, dice “Fuenteovejuna, mi sono detto…”:
“Siamo nuovamente di fronte ad un citazione che il Papa introduce nel gioco senza spiegare quale sarebbe il collegamento tra i linciaggi in Argentina e l’opera di Lope de Vega. Credo che occorra prendere sul serio le intenzioni del Papa e investigare che vincoli possono o meno rintracciarsi. La lettura che propongo brevemente nel mio testo mostra un ribaltamento di significato che rende il commento del Papa molto vago. “Fuenteovejuna” è la storia di una ribellione popolare, con una esemplare partecipazione femminile, contro i soprusi di un governante, un tiranno… I linciaggi, secondo alcune analisi contenute nel libro che abbiamo scritto, tendono invece piuttosto a rafforzare un principio di autorità generalizzato e naturalizzato, qualcosa come il nostro “tiranno interiore”. La situazione è quindi non solo diversa, ma inversa rispetto a quella proposta dal Papa. Gli abitanti di Fuenteovejuna formano una comunità nel momento in cui scelgono di non obbedire più e di organizzarsi per proprio conto, stringendo legami e decidendo in assemblea quale sarà il loro destino. Di fatto i linciatori e i loro complici virtuali (occorre girare per la rete per osservare quali brutalità si proferiscono al rispetto e che orrendo godimento vi si possa leggere), amano più l’autorità che le persone, vomitano risentimento e portano a fior di pelle un veleno che sembra condensarsi giorno dopo giorno, in una ambigua vita quotidiana che, seppur difendono davanti ad atti delittivi minori, è oggetto di una lamentela permanente. Reclamano e si rassegnano, esplodono con ferocia assassina per strada ed esagerano una felicità da Facebook… Questi fatti non possono rimanere impuniti ed è fondamentale che si problematizzino perché’ ci dicono molto dello stato della nostra cultura e della atmosfera soggettiva che si diffonde (di nuovo?) in parte della nostra società”.
Il papa parla direttamente alla società argentina quindi. Che effetto politico ha avuto la sua elezione? I muri di Buenos Aires salutavano il “Papa peronista”…
“Il concetto di “Papa peronista” collega una storia evangelica del peronismo (per approfondire la quale consiglio “Perón y el mito de la nación católica”, di Loris Zanatta) con la condizione di quadro politico di Bergoglio. Il suo ultimo intervento politico esplicito si ebbe nel 2002, quando promosse con Duhalde (Il presidente ad interim che sostituì De la Rua dopo la crisi del “corralito”, ndr) il “tavolo di dialogo”, che riuniva i potenti dell’industria, la dirigenza peronista e gli agrari a rappresentanza di tutto il popolo argentino. Il significato reale del tanto decantato dialogo fu una feroce repressione sociale per quelli che evidentemente non accettarono i termini del “dialogo”, o non erano considerati parte del popolo argentino, come i militanti Maximiliano Kosteki e Dario Santillan, uccisi dalla polizia il 26 giugno 2002. La storia di Bergoglio all’interno del peronismo ha un peso: dalla formazione del gruppo di destra “Guardia di Ferro” alle buone relazioni che mantenne con i militari durante la ultima dittatura.
Un “Papa peronista”, però non di un peronismo qualsiasi, ma della Guardia di Ferro, che ha un’impronta di moralità cristiana che si mescola con il peronismo come forma di governo, formando una struttura di potere estremamente conservatrice, con caratteristiche repressive. Vale la pena recuperare l’analisi del sociologo Horacio González, secondo il quale: “si sta compiendo una disputa per la direzione morale e intellettuale delle masse popolari con l’intenzione di renderle conservatrici e limitare al massimo, fino alla scomparsa, i movimenti sociali che sono sorti in questi anni e che continueranno ad esistere, però sotto il nuovo controllo di qualche ufficio del vaticano”.
Concludi evocando una sorta di agenda papale a medio periodo per la regione, con forti tinte di conservatorismo popolare, e interrogandoti sul reale significato del suo messaggio ai giovani: “Fate casino”:
A mio giudizio, dopo che il nostro panorama sociale e politico ha goduto di importanti aperture dal 2001, ed ha affrontato dilemmi complessi nella ricomposizione di una governabilità instabile che include il partito di governo (il sempiterno Partito Giustizialista, dentro il “Frente para la victoria”,ndr), attori forti dell’economia e dei mezzi di comunicazione, ci troviamo ora alla vigilia di una nuova svolta, che per i movimenti sociali, stando al comportamento del governo negli ultimi mesi, potrebbe voler dire un rinnovato giro di vite repressivo.
La forma che il peronismo ha dovuto adottare a fronte della insurrezione popolare del 2001 ha dato come risultato un governo complesso, che riunisce la più rancida tradizione partitaria e di governo con istanze di dialogo interessanti con gli attori sociali che furono protagonisti della resistenza durante gli anni ’90 e si manifestarono poi visibilmente in quelle giornate campali di 13 anni fa.
Questa lotta, sommata alle biografie di alcuni componenti del governo, ha aperto il panorama legislativo e dato vita ad un comportamento dell’esecutivo rispetto all’economia interessato a differenziarsi in ogni aspetto dalle politiche neoliberali degli anni ’90.
Tuttavia il neoliberismo non è semplicemente un programma che si possa scegliere ed applicare, ma un modello economico che tende ad affermarsi a partire dalle condizioni materiali economiche date, che sono molto simili in Argentina e nel mondo. La forma attuale di produzione della ricchezza fa sì che gli agenti economici più importanti, spesso in alleanza con lo Stato, tendano alla concentrazione delle risorse (naturali, umane, comunicazionali) e alla conformazione di blocchi dominanti. La decada Kirchnerista ha significato l’uscita dalla crisi economica figlia del neoliberismo selvaggio degli anni ’90 (e che ancora ha i suoi promotori in una opposizione ultra-conservatrice e immobilista), ma al prezzo di legarsi a doppio filo alla coltivazione intensiva di soia e allo sfruttamento senza limiti delle risorse naturali, con un livello di povertà ancora altissimo. Il problema centrale è quindi come ampliare la partecipazione democratica in Argentina, oltre all’attuale logica di proclami e sondaggi, che includa tutti quegli attori sociali che si battono per ulteriori avanzamenti sociali e sono esclusi dai blocchi economici dominanti.
In questo contesto, come continuare quindi a vivere, rappresentare e discutere il nostro paese quando milioni fra noi vivono al limite della umiliazione? Come fare con il problema della casa, della urbanizzazione e dell’accesso alla città? Che immagine della povertà produciamo e che conseguenze ha? Nel discorso del Papa, che non si discosta dai luoghi comuni propri dei programmi televisivi sensazionalisti, sembra che ci siano poveri “buoni” e poveri “cattivi”. Cambiando la prospettiva, la categoria di “povero” può essere messa in discussione pensandola in termini di conflittualità. Anche in quel caso la reazione non tarderebbe, definendo “conflittuale” chi viene considerato indocile, per isolarlo da quelli che, per il momento, sembrano più tranquilli…
Riguardo a questo ultimo punto in particolare vedo un problema serio con il continuo intervento del Papa che, seppure potrebbe dar impulso a riappropriazioni potenti di tipo radicale delle sue parole, suggerisce una certa cautela al rispetto.
E’ necessario nel concreto domandarsi se questa sorta di revival della carità non tenda a smobilitare quelle tendenze che attraversano i settori popolari che si caratterizzano per una ricerca attiva di un cambiamento della propria situazione e di quella del paese. Non si corre forse il rischio di un certo depotenziamento della conflittualità’? La Chiesa ha una lunga tradizione e il peronismo una presenza territoriale estesa, assieme formano un cocktail che ci deve mantenere allerta, considerando anche la potenza comunicativa di questo Papa. Perché’ se il suo slogan “fate casino” si dirige ai fedeli che non mettono in discussione lo status quo mondiale e che, di fatto, pensano secondo le sue categorie, che ne è allora di quelli che lottano? E di quelli che vivono ai limite? Ad alcuni raccomanda “fate casino”, però non, per esempio, ai baraccati sfrattati con la violenza poliziesca, proprio quelli che (strategicamente?) avevano dato al proprio precario spazio di sopravvivenza il nome di “Papa Francesco”, ai quali rivolge le sue condoglianze e accarezza con le sue lacrime…
Perché’ non ha chiamato al telefono Macri o Berni (rispettivamente governatore della città di Buenos Aires e Ministro della Sicurezza, ndr) o direttamente la presidentessa Kirchner perché’ fermassero questa brutale azione? Da un lato ha rivoluzionato la Chiesa però dall’altro non può fare niente…
Tutto ciò ha il tipico odore del conformismo armonioso e sinistro dei periodi in cui si mantiene il conflitto sociale ad un certo livello di tolleranza, con l’aiuto di discorsi stigmatizzanti e repressione poliziesca.
Dall’Argentina, Dario Clemente
1- “Linciaggi, La polizia che ci portiamo dentro”, coedizione Editorial Quadrata e Milea Caserola
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Umberto G.
L’analisi di Pennisi si riduce alla solita massima marxista “La religione è l’oppio dei popoli”.
Purtroppo per Pennisi le critiche nei confronti di Papa Francesco, colui che ha sbloccato il processo di beatificazione di Monsignor Romero, assassinato per il suo impegni al fianco dei poveri, non stanno proprio in piedi, e appaiono ora più che mai reggersi su una ideologia che appare sempre più vecchia e inadeguata a descrivere la realtà odierna.
Saluti.
Bergoglio e i linciaggi: intervista con Ariel Pennisi | NUOVA RESISTENZA
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Germano Germani
L’aver citato in questo breve scritto, la Guardia di Ferro, richiama alla mente quella rumena. Ciò non può essere che di buon auspicio, poiché il movimento nazionale rivoluzionario rumeno capitanato dal suo leader Corneliu Zelea Codreanu, fu l’espressione più alta e nobile fra tutti i movimenti che si ispiravano al fascismo in Europa, fra le due guerre mondiali.Basterà ricordare il suo assassinio voluto dal monarca corrotto, su istigazione della cricca dei massoni e degli ebrei che dominavano la Romania in quegli anni. Per schiarirsi le idee per chi volesse approfondire la conoscenza di tale martire cristiano, basterà leggere quanto scrisse su di lui Julius Evola che lo conobbe personalmente.Per quanto riguarda l’attuale pontefice, noto che la cricca degli “atei devoti” alla Eugenio Scalfari, degno rappresentante di costoro, tessono dei continui peana in suo favore,in attesa che assolva definitivamente i sodomiti e consenta la comunione ai divorziati e che i preti prendano moglie e si riproducano.Questa ultima ipotesi segnerebbe la fine del clero, in pratica un esercito di moglie divorziate e di figli da mantenere fino ai quaranta anni, otterrebbe ciò che storicamente non sono mai riusciti a fare massoni,atei,marxisti,nazisti vari, vale a dire estirpare il cristianesimo dal mondo.La forza del Vaticano si basa sul celibato dei preti, poi per il resto ci pensano le perpetue e le beghine.Ma gli atei devoti nutrono delle pie illusioni.Bergoglio è un gesuita della peggior specie; il motto che caratterizza i gesuiti è tutto un programma:”Candidi come colombe astuti come serpenti”. La Chiesa non cambia, tresca con i potenti del mondo, siano essi Pinochet che Castro, essa è consapevole che i regimi tramontano, mentre il suo dominio nei millenni si perpetua. Amen.
Bergoglio e i linciaggi: intervista con Ariel Pennisi | Reologia Sociale
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leopoldo
per un po’ di chiarezza sulla guardia de hierro e loro formazione . Poi io non credo che la lotta per la consapevolezza, liberazione, giustizia sia una esclusiva della sinistra infatti il messaggio evangelico è molto più rivoluzionario delle attuali proposte di Pseudo sinistroidi e comunistoidi in circolazione per il mondo odierno; Sopratutto quando hanno dei problemi ideologici e accusano l’incapacità di manovra politica tra le classi sociali.
Giannuli quando pubblica un articolo veda che gli autori abbiano controllato le fonti e riferiscano fonti controllabili altrimenti si fa mistificazione cosa molto gradita a personaggi come Germani che al posto della croce ha messo la svastica e non controllano nemmeno di cosa si sta parlando.
Dario Clemente
Mi pare che la questione qui fosse cio’ che il papa ha detto, e che riferimenti culturali ha fatto, la sua influenza attuale sulla societa’ argentina. Poi, certo, Pennisi (che e’ ricercatore e docente dell’universita’ di Avellaneda, saggista e giornalista de “La Nacion” (http://www.lanacion.com.ar/autor/ariel-pennisi-3601), non propriamente una fonte anonima) tira in ballo la guardia di ferro. E qui non credo che ci siano inesattezze. Le fonti da lei riportate ( a proposito, infobae ha un orientamento di destra, non e’ il piu’ affidabile per rintracciare critiche al papa) non fanno altro che sottolineare il livello di complessita’ del peronismo e delle sue correnti interne. Pennisi fa parte di quella parte dello spettro politico (non peronista) che giudica la Guardia di Ferro un gruppo di pressione peronista di destra con notevole influenza anche sotto la dittatura e considera il riferimento ai rumeni non affatto casuale (e per niente positivo). E vede l’attuale comportamento politico del papa in continuita’ con quel impegno di Bergoglio sul lato destro del peronismo, il recupero dell’immagine popolare della chiesa da una parte e la sua posizione sulla repressione dall’altra, iniziando con la “mesa del dialogo” di Duhalde.
Dario Clemente
http://www.gennarocarotenuto.it/22743-un-ersatz-leditoriale-di-horacio-verbitsky-di-oggi-su-papa-francesco/
http://www.gennarocarotenuto.it/22713-il-papa-argentino-francesco-i-il-conservatore-popolare-nei-torbidi-della-dittatura/
leopoldo
@Dario Clemente se c’è lhai con me puoi solo parlre perché non avevi incariche di resposabilità sotta la dittatura argentina. I signorini non ci pensavano su a farti sparire, e sostenere o indurre il sospetto che bergoglio fosse compiacente o peggio complice dell’ideologia della junta come risultato del peronismo è un atto degno degli ambienti culturali argentini in guerra tra loro per spiccioli di potere e vendette mai sopite. A buenos aires c’è un vescovo è lui che deve intervenire presso le istituzioni argentine in quanto rappresentante della comunità cristiana. Il tuo intervento è una servilità per assicurarti una poltrona?
aldogiannuli
leopoldo: conoscendo Dario ti assicuro che stai dicendo una sciocchezza
Germano Germani
Leopoldo non per amore di polemica, ma per fare chiarezza sulla Guardia di Ferro rumena, mai tale movimento adottò la svastica o richiami al paganesimo come fecero i nazisti.Il suo capo Codreanu, era un vero e proprio mistico cristiano, che adottò uno stile di vita e di lotta che fu molto simile a quello dei templari. Il suo assassinio fu paragonabile al martirio di tanti beati e santi martiri cristiani.Digiuno, preghiera, canti corali,castità,volontariato a favore dei poveri,pratica religiosa quotidiana, invio in Spagna di volontari in soccorso della Spagna nazionalista, contro i rossi atei che massacrarono decine di migliaia di preti e suore,che devastarono monasteri,chiese,santuari, furono i suoi dogmi e quelli del suo movimento.Quando il monarca rumeno lo elimino’ nessuna aiuto, nessuna collaborazione Codreanu e il suo movimento ebbe né dai nazisti né dai fascisti, che preferirono il monarca corrotto a lui.Bergoglio è un degno rappresentante dei gesuiti, con la loro storica prassi che dice:”candidi come colombe, astuti come serpenti”. Questo pontefice rappresenta la fine di questi ultimi tempi di decadenza e di conclusione di un ciclo storico, che segnerà il tramonto definitivo dell’occidente, ma anche la fine dell’egemonia della religione cristiana nel mondo, suo frutto decadente.
Dario Clemente
Il tono della “discussione” mi sembra ormai talmente lontano dal contenuto dell’articolo e dalla analisi di Pennisi da non avere senso. In ogni caso, se serve un nome “super partes” che ha espresso le medesime opinioni sul Papa, varra’ quello di Estella di Carlotto, leader delle Abuelas de Plaza de Mayo.
http://www.perfil.com/politica/Carlotto-sobre-Bergoglio-Representa-a-esa-Iglesia-que-oscurecio-la-historia-en-nuestro-pais-20130315-0008.html
Ugo Agnoletto
la chiesa tendenzialmente (cioè quando non è perseguitata) rispetta l’autorità costituita come voluta da Dio per garantire l’ordine. In altre parole insegna l’obbedienza. (nella lettera a Tito, San Paolo scrive: “Ricorda loro di esser sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire”). Inoltre, siccome la chiesa a parole dice di non voler far politica, non si esprime sul fatto che un regime sia buono o no. Questo fa capire la neutralità dimostrata da Bergoglio nel periodo della dittatura. Poi il cattolicesimo vuol essere una religione che ha a che fare con gli atti delle persone, non con le strutture. Per questo Bergoglio è preoccupato degli atteggiamenti privati, di essere povero personalmente o di occuparsi delle singole persone povere, ma non attacca la politica. Quindi se c’è una ribellione, essa è condannata dalla chiesa, sia perché è contro le autorità, sia perché è una disobbedienza. Non facciamoci impressionare dalle condanne che Bergoglio fa del consumismo, dello sfruttamento, ecc. Non va e non vuole entrare nel merito dei meccanismi che creano le ingiustizie. Bergoglio quindi è perfettamente in linea con la tradizione cattolica.
leopoldo
@Dario Clemente chiedo scusa per la poltrona, ma ribadisco l’articolo critica bergolgio perché pensa come bergoglio? Io critico giannuli perché non condivido alcune sue posizioni un po’ anni 70 (scioperi,ecc..,se entrasse a lavorare in una unità produttiva, si renderebbe conto che lo sciopero così come è concepito oggi è un arma inutile è dannosa per gli stessi praticanti perché sono suddivisi in diverse realtà contrattuali e imprenditoriali, questo dimostra che non è cosciente delle realtà lavorative che non siano quelle accademiche), non perché pensa e si esprime come giannuli. Tronando a bergoglio se la critica è il silenzio avrà avuto le sue raggioni forse la dittatura argentina la quale non si faceva problemi a far sparire chiunque fosse andato a chiedere conto su ciò che faceva, Michelini e Herro due parlamentari uruguayani trovandosi a buenos aires a maggio del ’76 e aver esplicitato la propria opposizione al regime uruguayano a fine maggio dello stesso anno non hanno più sollevato obbiezioni (tale operazione si può concepire come gesto di buon vicinato) come altre migliaia di persone, se bergoglio avesse manifestato dissenso esplicito oggi non sarebbe papa (Oscar Romero il caso più evidente, e aveva chiesto solo che fosse rispettata la legge di dio oppure va bene perché è un martire). Dario puoi sempre andare dalla marina militare argentina e chiedere cosa facevano con le persone arrestate dal 76 in poi, anche se credo che poi ti sarà difficile scrivere un qualsiasi articolo. Ad esempio Giannuli non ha mai scritto del mobbing(mob maffia, ma io tradurrei con torture di gruppo verso una persona) che avviene nelle università un po’ difficile che le università siano prive di questa particolare attività lavorativa anche se ricercatori di varie discipline ogni tanto lamentano di tale attività. Perché non scrive? Semplice perché se lo facesse il mondo accademico gli girerebbe le spalle e si troverebbe in un probabile caso da art.18. Penso che tu abbia attivamente preso posizione su casi del genere quando si sono presentati, per ciò giustamente come negli articoli che segnali Bergoglio è stato connivente e vigliacco a stare zitto invece di diventare martire. Bergoglio invita a capire e condividere il dolere per fermare una catena di violenza nella città dove ha sempre vissuto, intervento forse inopportuno in quanto non è più vescovo di Buenos Aires, ma errore legittimo in quanto uomo e non certo un codardo quando può esporsi per una causa ‘allontanare la violenza dal confronto sociale e riportarlo in ambito di dialogo’, forse sbaglio e i preti buoni sono quelli morti o che imbracciano i fucili. Le madri di plaza de mayo forse sono le uniche che possono elevare la critica, bhe anche qui bisogna mettere i picchetti. Vediamo: le madri sono andate in piazza si sono rivolte alla presidenza a quell’epoca i militari, poi sono sempre state sui telegiornali europei e americani[evidenzio che a Romero questo non è servito a niente] in più erano tollerate dall’amministrazione americana e cmq avevano responsabilità famigliari per le quali manifestavano se avessero avuto scuole, conventi, istituti, quartieri non credo che le cose si sarebbero fermate a qualche arresto. Quello che succede che nella sinistra la povertà di idee e così grande che l’ipocresia diventa moneta spicciola, invece di accogliere un pensiero diverso e diventare ricchi del sapere, si preferisce speculare se una persona è stata debole per viltà e l’oppure non esiste.
Germano come mai non elogia la dittatura di Videla, Massera, ecc eppure dovrebbe piacerle?