Ancora sulla elezione del Presidente della Repubblica
In teoria, il prossimo Presidente dovrebbe essere eletto nel 2022, allo scadere del mandato di Mattarella (a meno che egli non si dimetta prima, magari perché il referendum inaugura un nuovo sistema costituzionale e lui ritenga opportuno mettere a disposizione il suo mandato), troppo tempo per poter fare qualsiasi previsione, perché:
a. non sappiamo con quale legge elettorale voteremo (di mezzo c’è il giudizio della Corte Costituzionale e le pressioni per cambiare un sistema elettorale che è in odore di far vincere i 5 stelle)
b. non sappiamo, ovviamente, come andranno le prossime elezioni politiche, chi vincerà e come si articoleranno le opposizioni grandi e piccole
c. non sappiamo neppure come andranno le elezioni ragionali ed amministrative e, di conseguenza, come saranno distribuiti i senatori
d. non sappiamo quanti saranno i senatori a vita, ancora in vita, e se ne saranno nominati di nuovi
e. non sappiamo quale sarà la legge elettorale per il Senato
f. non sappiamo se cambierà anche la legge elettorale di regioni e comuni.
Troppe variabili per azzardare la più vaga previsione, però possiamo fare un ragionamento seguendo la logica del sistema tratteggiato.
Partiamo da un dato: il sistema Costituzionale tratteggiato dalla riforma (e con esso la legge elettorale) è essenzialmente esecutivo-centrico e, più particolarmente, Premier-centrico, giustificata dalla necessità di decisioni veloci e coerenti con un’unica impostazione politica e non frutto di mediazioni. Pertanto, il rischio di un Presidente ostile o, comunque, non in sintonia con il governo è una eventualità non funzionale alla logica del sistema.
L’occupazione della casella del Quirinale dunque, ha un valore strategico ancora maggiore del passato, quindi vediamo quali possano essere le carte in mano alla maggioranza.
Facciamo una ipotesi base molto facile: 630 deputati e 100 senatori (non teniamo conto di eventuali senatori a vita in più), totale 730, quorum dalla quarta votazione in poi e non prendiamo in considerazione la lieve diminuzione dal settimo scrutinio in poi che può, al massimo far scendere di 2-3 voti il quorum. Dunque quorum a 438, La maggioranza ha 340 voti alla Camera che, però può aumentare con una parte dei 12 eletti nelle circoscrizioni estere e con i 9 rappresentanti delle minoranze nazionali che non si computano ai fini del premio di maggioranza (proprio perché, non essendoci più le coalizioni, presentandosi con simboli propri e godendo della esenzione dalla clausola di sbarramento). Dunque, un totale di 21 seggi che attribuiamo convenzionalmente per metà alla maggioranza (10-11). Ugualmente dividiamo a metà i seggi al Senato, abbiamo una sommatoria di (340 + 10-11 + %0) fa un totale di 400-401 seggi. Pertanto, mancherebbero 37-8 voti che la maggioranza potrebbe reperire comodamente con l’accordo con una delle minoranze maggiori pagando il prezzo di un candidato di compromesso, ma non è la soluzione più probabile proprio per le considerazioni precedenti. La via più semplice potrebbe essere quella dell’accordo con qualche opposizione minore o più d’una, magari offrendo in cambio qualche altra compensazione (un vice Presidente di Assemblea, qualche Presidente di Commissione, magari per la vigilanza Rai o il Copasir, al limite consociando il partito al Governo ecc). Prima ancora di questa ipotesi, però, valutiamo altre possibilità, partendo da una constatazione: non è possibile eleggere alcun Presidente senza i voti del partito di maggioranza, salvo che non si registri una tripla condizione: un accordo generale di tutte, ma proprio tutte, le opposizioni, la confluenza di almeno 89 franchi tiratori della maggioranza e nessun franco tiratore nelle fila dell’opposizione. Possibile ma improbabilissimo, soprattutto non sembra facile un accordo fra le due opposizioni maggiori. Dunque, la maggioranza gode di un potere di interdizione che gli garantisce un rapporto di forza molto favorevole, incoraggiando i gruppi minori a cercare un accordo con essa.
Peraltro, così come esiste la possibilità di franchi tiratori esiste, ed è più probabile, quella di franchi tiratori della minoranza. Basti considerare quanti parlamentari sono passati al Pd da Scelta Civica, dal M5s, da Sel. Dunque la prima mossa prevedibile è la ricerca di franchi tiratori nelle fila altrui. Però è difficile che si riesca a raggranellarne una quarantina anche perché è fisiologica la comparsa di franchi tiratori propri. Poi, la presenza più o meno abbondante di franchi tiratori dipende anche da come verranno fatte le liste dai vari partiti. L’operazione potrebbe avere senso se, più che la ricerca di franchi tiratori, si preparasse (si immagina da qualche tempo) una consistente scissione in una delle due opposizioni o magari in entrambe, con l’offerta di altri vantaggi.
Più produttiva potrebbe essere la strada delle “liste civetta”. Mi spiego meglio: non si tratta di “inventare di sala pianta un partito” ma di passare pacchetto di voti che aiuti un partito circonvicino a superare l’asticella del 3%, ovviamente questo potrebbe essere fatto da un partito che abbia la certezza di arrivare al ballottaggio, non importa se da primo o da secondo, perché al secondo turno, i voti dell’alleato esterno tornerebbero “alla base”. Ad esempio, un centro destra in piena ripresa, pur senza l’accordo con la Lega, potrebbe fare questo gioco con la Lega o magari far nascere una lista moderata di centro con il compito di sottrarre voti al Pd. Ovviamente i voti di quel gruppo, al ballottaggio si riverserebbero sul candidato di centro destra.
Più realisticamente, questa operazione potrebbe esser tentata dal Pd con una lista sulla sua destra (magari Ala o altri gruppi simili non confluiti nel centro destra) e sulla sua sinistra (con una lista mista di qualche ex Sel e qualche ex M5s ecc.) con il compito di contenere il M5s.
Per quanto riguarda il M5s non riesco ad immaginare quale operazione possano fare e non mi sembra una cosa nell’ordine del loro modo di pensare, ma non si sa mai.
Il vantaggio di questa operazione è doppio: in primo luogo si aggiungono seggi che vanno oltre i 340, in secondo luogo, la lista che superi il 3% parteciperebbe anche alla spartizione dei seggi resi disponibili dalla dispersione delle liste sotto quoziente. Facilmente un 3,5% potrebbe ottenere 24-26 seggi che risolverebbero già in gran parte il problema dei 38 seggi mancanti e se l’operazione fosse ripetuta con due liste il problema sarebbe risolto.
Ovviamente se tutte queste manovre (caccia ai franchi tiratori altrui, scissioni degli avversari, ricerca di gruppi di opposizione minori, liste civetta ecc.) non avessero successo non resterebbe che cercare l’alleanza di uno dei gruppi maggiori, magari giocando a metterli in concorrenza fra loro per aumentare il proprio potere contrattuale. Ma è ragionevole supporre che, prima di rassegnarsi a questa eventualità, la maggioranza tenterebbe tutte le altre strade.
Di fatto, la possibilità di conquistare la strategica casella del Quirinale imponendo un uomo di partito non è facilissima, ma sicuramente possibile ed implica molti altri sviluppi.
Peraltro il Presidente resta poi condizionabile con la minaccia di un possibile deferimento all’Alta Corte che lo obbligherebbe alle dimissioni. Vero è che da un punto di vista giuridico no0n sarebbe tenuto a farlo, ma l’ipotesi di un Presidente sotto accusa che resti al suo posto non si è vista neppure in America Latina (e il caso Roussef dovrebbe dire qualcosa). Per cui…
Aldo Giannuli
aldo giannuli, presidente della repubblica, referendum costituzionale, riforma costituzionale, riforma renzi, sergio mattarella
Allora ditelo
La logica del sistema a ben vedere è di tipo infantile, volendo darle un contegno si può dire solipsista o egocentrica.
Se ancora di logica si tratta, è una che spesso viene “riscritta” ad ogni avvicendamento con la pretesa di “migliorare” quanto deliberato da maggioranze “aliene”.
Possiamo dunque confidare che le normative che rimangano putacaso inalterate siano le uniche ad essere “trasversalmente” condivise, a prescindere dalle sceneggiate in favore di telecamera.
PS: La legge elettorale per il Senato è formulata nell’art 39 (norme transitorie) della legge di revisione costituzionale.
http://www.camera.it/leg17/126?tab=2&leg=17&idDocumento=2613-D
Dunque una delle conseguenze di tale logica è che bisogni fare di tutto per mantenere a lungo il potere, altrimenti le “conquiste” normative verrebbero “epurate”.
I media si prestano bene a quest’opera di moral suasion senza andare troppo di fretta (alla Erdogan).
Brugial
Trovo sia grottesco tutto questo frenetico far di conto con pallottolieri, civette, saltafossi ecc. per qualcosa che probabilmente non avrà seguito alcuno.
Sarebbe interessante se il mondo accademico, invece che star a fare fantasiose addizioni, si mettesse magari nell’ordine di idee di valutare se non sia più consono che il Presidente della Repubblica venga finalmente eletto direttamente dai cittadini senza più l’intermediazione dei partiti.
E sarebbe senz’altro un validissimo contrappeso al Premierato forte proposto, piuttosto che ricorrere ai sortilegi della matematica.
Aldo S. Giannuli
brugiai con tutto il rispetto, lei non ha le più elementari nozioni nè di diritto costituzionale (come dimostra la sua fissa per lo spacchettamento) nè di scienza della politica per cui proprio non capisce a che servono le simulazioni. Nulla di male perchè magari fa un altro lavoro ma perchè non pensa di leggere qualche solido manuale?
Brugial
Seguo il suo sito perchè trovo in generale interessanti gli argomenti che lei tratta. Devo dire però che certe volte, come per altro dimostra il fatto che per l’elezione del PDR è dovuto ritornare in argomento per correggere il tiro, le sue, e non me ne voglia, più che simulazioni mi sembrano pure elucubrazioni mosse da preconcetti di natura ideologica.
Per quanto riguarda lo spacchettamento suggerisco di tenerci prudenti nell’emettere sentenze in proposito, ognuno pur con le proprie idee, perchè se la CC non dovesse proprio ammetterlo, io da profano non rischio nulla, ma in caso contrario (hai visto mai? non sarebbe certo la prima decisione così sorprendente…) per lei dotto professore universitario come la mettiamo, si fa monaco trappista??
Aldo S. Giannuli
Allora:
1. nella fretta ho fatto degli errori e doverosamente li ho ammessi spiegamdo anche il come erano venuti fuori.
2 lei insiste a scambiare per elucubrazioni le simulazioni che sono degli strumenti di analisi correntemente usati negli studi politologici (non me li sono inventati io) perchè hanno una insostituibile utilità. Per farmi caripe uso una metafora: hanno la stessa funzione degli stress test nel collaudo delle auto o per capire quale sia la tenuta di una banca (poi possono essere fatti bene o male). Lei pensa che l’unico modo per valutare il tasso di disrappresentatività di un sistema elettrale sia quello di vedere come vanno le elezioni e misurare. Ma noi vogliamo saperlo prima se un sstema è più o meno rappresentativo per decidere se ammetterlo o dichiararlo incostituzionale e si fanno delle ipotesi limite. E’ chiaro o devo spiegarmi meglio?
3- spacchettamento: la questione è proprio mal posta, inatnto perchè la Corte Costituzionale non esaminerà la questione, non essendoci giudizio di ammissibilità in questi casi, La questione che è stata già decisa dalla Cassazione che ha bocciato l’ipotesi. Potrebbe, a questo punto, esserci il ricorso di uno dei comitati referendari,che potrebbe sollevare davanti alla Corte il conflitto fra poteri dello Stato con la Cassazione, ma non si vede chi possa e voglia farlo. Peraltro nel merito è facile obiettare che lo spacchettamento non è previsto dall’articolo 138 e non a caso. Se lei spacchetta in 4 pezzi la riforma, (ma a questo punto perchè non 6 o 8) ha una serie di possibili combinazioni di risultati, comprese alcune combinazioni illogiche e, a differenza del corso parlamentare non c’è poi una votazione finale del testo nel suo complesso. Ecco perchè qualsiasi Corte (di Cassazione o Costituzionale) non può decidere diversamente, Infine una cosa: ha una cartina di tornasole infallibile: è una idea proposta dai radicali e da Bersani, dunque è una idea stupida, si fidi
Brugial
La ringrazio per le precisazioni.
Una puntualizzazione è però dovuta.
Il senso dei suoi articoli sulla elezione del PDR con le nuove regole mirano a rappresentare una situazione di sostanziale “pericolo” che andrebbe a configurarsi posto i margini ampi di manovra che la maggioranza avrebbe a disposizione.
Ciò potrebbe aver senso solo se, ad esempio, a fronte dei 340 seggi assegnati al vincitore ne fossero necessari 350 o giù di lì (consideriamo neutro l’impatto del Senato), cioè una manciata aggiuntiva di voti facilmente reperibili.
Tale però non è la situazione visto che, come anche lei ha giustamente posto in rilievo, servono diverse risorse quali liste civetta, manovre per neutralizzare i franchi tiratori, acquisizione di voti in entrata ecc ecc elementi tutti di natura aleatoria.
Per questo ho parlato di elucubrazioni, nel senso di interpretazioni ispirate più che altro da un sostanziale preconcetto ideologico verso la riforma (giusta o sbagliata che possa poi essere) piuttosto che alla realtà pratica della stessa.
Aldo S. Giannuli
lei ha guardato bene in faccia quelli con cui abbiamo a che fare? çe sembrano tipi da non tentarle tutte? Io noin dico che andà così. ma sono sicuro che ci tenteranno e magari con 101 manovre in più di quelle che dico e non è affatto detto che non ci riescano.
Vincenzo Marineo
È forse utile ricordare, a questo proposito, che nel testo delle riforme approvato dal Senato in prima lettura era previsto che a partire dal nono scrutinio il quorum fosse la maggioranza assoluta.
Poi il quorum è stato modificato come sappiamo; ma chi ha presentato (e approvato!) il testo in prima lettura al senato era solo un po’ distratto, o ci ha provato?
Aldo S. Giannuli
tu che dici?