Ancora su Piazza San Giovanni
Vedo che il dibattito sugli incidenti di sabato si è acceso, come è giusto che sia, e prosegue. A distanza di tre giorni le cose si fanno un po’ più chiare, anche se moltissimi aspetti sono ancora tutt’altro che chiari.
Forse è utile fare qualche puntualizzazione, usando, volutamente, un linguaggio che chi mi legge sa che non uso mai, ma che in questo caso è necessario per togliere di mezzo ogni possibile equivoco:
1- qui non serve alcun discorso di natura etica sulla violenza iniqua dei governanti e quella giusta dei governati che insorgono. Sappiamo perfettamente quale è la natura di questo potere, sappiamo altrettanto bene dello sfruttamento cui le multinazionali ed il capitale finanziario sottopongono le masse ecc ecc. E’ un discorso che non ci è estraneo, mi pare. Qui il discorso è di natura politica, cioè se è politicamente utile o dannoso ricorrere a certe forme di lotta in un determinato momento. Punto e basta. Solo un freddo, arido calcolo politico. C’è chi pensa che la violenza si possa usare sempre e senza alcuna gradazione di intensità. Io credo, invece, che dipende da circostanze e momenti. Ad esempio, se è giusto ricorrere alla lotta armata contro un regime totalitario che non riconosce alcuna agibilità politica alle opposizioni, è invece assolutamente sbagliato farlo in un regime democratico che, con tutti suoi limiti, le sue deformazioni e prese in giro (lo sappiamo, Davide, che anche in democrazia le classi dominanti usano i peggiori trucchi per falsare la partita…), però riconosce libertà di stampa, di propaganda, di manifestazione, di sciopero ecc ecc.
Così come, se è lecito resistere in piazza alle aggressioni della polizia con una azione di massa, come nel luglio sessanta, è una bestialità scatenare una sommossa in quattro gatti pensando che così si fa la rivoluzione.
Magari su questo punto torneremo più avanti.
2- Un movimento non è di per sè un soggetto politico e, quando riesce ad esserlo, lo resta solo per un certo periodo di tempo più o meno lungo e, talvolta, non riesce neppure a costituirsi come tale. Perchè, a differenza di una organizzazione, un movimento vive di una confluenza più o meno occasionale di molte componenti diverse ed in equilibrio precario fra loro, perchè non ha vere e proprie strutture ecc.
Sono discorsi piuttosto banali, ma gli eccessi di movimentismo di questi anni ce li hanno fatti dimenticare. Certo, in passato ci sono stati eccessi opposti di “partitismo” che tradivano una concezione da caserma del rapporto fra organizzazioni e movimenti, ma questo non autorizza gli attuali deliri iper movimentisti.
3- Una manifestazione non appartiene a tutti quelli che ci vanno, ma a quelli che la convocano e fissano le discriminanti politiche di essa e se ne assumono la responsabilità. Chi ci va sa di andarci a quelle condizioni e su quelle posizioni politiche. Se vuole fare altro o ha proprie posizioni politiche incompatibili, può sempre indire una manifestazione per i fatti propri ed assumersene le responsabilità relative. Rispettare questo criterio è una elementare premessa per realizzare il diritto di manifestare liberamente: io voglio fare una manifestazione per dire certe cose e non voglio fra i piedi gente che vuole cose diverse: sono libero di manifestare con chi mi pare o no? O dove sta scritto che devo sorbirmi compagnie inaccettabili?
Diversamente, caro Heraclio, se tu convocassi una manifestazione e ti trovassi una piazza invasa da fascisti, potresti sentirti dire che la piazza appartiene sia a te che a loro. Ti pare?
Ed allora ripeto: usare gli altri come schermo delle proprie azioni è un gesto parassitario e vigliacco.
4- La politica si basa sulla capacità di distinguere fra cose, persone e fenomeni, per cui occorre distinguere anche fra quelli che hanno dato vita agli scontri. E nel primo articolo avevo distinto tre tipi di persone: 1- provocatori e/o teppisti professionali , 2-“Compagni che non crescono” e devono mettere un po’ di giudizio 3- giovani e giovanissimi esasperai che si sono fatti coinvolgere nella situazione. Si tratta di tre cose diverse da trattare diversamente.
Iniziamo dalla fine: i giovanissimi esasperati (sul modello dei ragazzi di Londra) non sono un soggetto politico, esprimono una carica di rabbia comprensibile, ma la indirizzano malissimo e fanno più danni a sè stessi che alle vetrine che (forse) rompono. Si tratta di dare una risposta politica vera a queste persone, riconoscendo che, se le forme di espressione sono sbagliate, hanno ragioni molto fondate di incazzatura. Non basta dire “i giovani hanno ragione” ma portarli sul terreno della lotta politica, superando la cultura da ultras da stadio. E per fare ciò occorre fare qualcosa di concreto e subito, che gli dia un segnale di speranza. Ed ovviamente, si spera che non siano loro a pagare il conto.
Il secondo gruppo, i “compagni che non crescono”, sono, appunto afflitti da una permanente sindrome di Peter Pan, mischiano emotività ed astrattezze ideologiche, primitivismo politico e ingenua passionalità, però si muovono su un terreno di cultura politica ancora accettabile. Magari fanno errori (anche pesanti) ma ci si può capire e si può anche difenderli dalla repressione. Ad esempio, l’11 marzo 2006 a Milano ci fu una iniziativa politica sconsiderata che mandò dritti in galera 40 giovani compagni. Personalmente non condivisi affatto quella azione politica, ritenendola una autentica bestialità (come poi in effetti si dimostrò), ma non ebbi difficoltà ad attivarmi in tutti i modi che potevo per chiedere la loro liberazione e lo rifarei ancora oggi.
I problemi sorgono con il primo gruppo. Capiamoci: se infiltrati e provocatori ci sono stati, sicuramente erano una piccola minoranza rispetto agli altri, questo però non vuol dire che, anche in pochi, non abbiano potuto dare il loro contributo decisivo alla cosa. Prove che ci fossero non ne abbiamo, indizi, però, si e non pochi. Questo discorso non può essere cancellato solo con una scrollata di spalle perchè non piace: in fondo, non abbiamo prove che ciò sia stato, ma non ne abbiamo neppure del contrario. E non sarebbe certo la prima volta che una cosa del genere accade, o no?! Quindi questa ipotesi va valutata come tutte le altre.
C’è poi la componente di quelli che chiamo “teppisti professionali”. E qui è il caso di farci qualche discorso molto chiaro. Non è certo un mistero che si siano formate aree anarcoidi (non dico neppure anarchiche perchè non meritano un appellativo che ha una sua nobiltà), gruppi che teorizzano la politica del “no future”, che esprimono una cultura politica nichilista e in forte odore di contaminazione con l’estrema destra. Ad esempio, gruppi che in Grecia hanno già causato una bella serie di guai per il movimento, che non hanno alcun progetto politico e che teorizzano la violenza per sè stessa.
Bene, di questi non voglio neppure sapere se sono provocatori coscienti o no perchè sia che lo siano, sia che non lo siano, è perfettamente la stessa cosa, dato che producono gli stessi effetti. E, pertanto, vanno trattati di conseguenza: isolati ed espulsi dal movimento. Questo discorso sul rifiuto di fare distinzioni fra “buoni” e “cattivi” nel movimento è vecchio, l’ho già sentito nel 1977 e non ho ancora finito di stramaledire quei delinquenti che lo facevano e che ci hanno portato al disastro del caso Moro e dintorni. Questo discorso non voglio più sentirlo. Se qualcuno fa certe scelte se ne assuma la responsabilità e se la veda da solo con lo Stato: nessuna solidarietà.
La politica impone anche scelte molto crude e non è con gli equivoci embrasson nous che si risolve il problema. Diciamo così: se il movimento vuole avere un futuro, deve liberarsi dei no future.
Spero di essere abbastanza esplicito.
5- E veniamo al discorso su una nuova strategia della tensione, che, pure, non si può liquidare con un troppo comodo “non parliamone”. Intendiamoci: siamo 40 anni dopo, le condizioni sia nazionali che internazionali sono incomparabili, nessuno pensa ad una copia piatta di quella esperienza. Però vorrei ricordare a tutti questo brano:
“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro
dell’Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei,
perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni
rimanesse ucciso o gravemente ferito. Gli universitari invece
lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle
università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a
tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti
devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e
fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono
delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di
polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine dovrebbero
massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale.
Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in
libertà, ma picchiarli a sangue”
Ricordate di chi è? Cossiga nel novembre 2008, durante il movimento dell’Onda. Vi dice niente?
Noto che i fatti sono questi: un governo moribondo ed iper sputtanato, che sta in piedi grazie ad abbondanti largizioni di denaro ecc. sta sfruttando la cosa per farsi uno spottone elettorale e buttare le mani avanti contro le prevedibili proteste contro le sue manovre economiche: per un mese proibite le manifestazioni a Roma, ritorno della legge Reale, arresto in “flagranza differita” eccetera eccetera.
Cioè la stessa politica dell’emergenza del 1974-75 che trasformò le violenze (non armate) di piazza in lotta armata e terrorismo.
Non è detto che ci riesca: la maggioranza è già in sala rianimazione, si spera che l’opposizione faccia il suo mestiere, è probabile che altri pezzi del Pdl si stacchino ecc. Ma il semplice fatto che se ne parli la dice lunga su quello strano blocco del centro di Roma il 12 ottobre e sulle tre ore in cui non c’è stata alcuna reazione della polizia a quanto accadeva a Piazza San Giovanni.
Peraltro sulla demenzialità delle proposte di reintroduzione della legge Reale ecc, dopo l’esperienza del terrorismo, torneremo più ampiamente.
6- Per concludere: ora dobbiamo difendere quel minimo di libertà politiche che consentono alla protesta sociale di esprimersi e concentrarci sulla difesa di salari, pensioni, servizi, posti di lavoro ecc trovando forme di lotta efficaci ma accettabili. Il resto non ci interessa.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, indignati, movimento, scontri roma 15 ottobre 2011
Francesco "baro" Barilli
Condivido: hai detto, con molta più lucidità di quanto abbia saputo fare io, alcune cose che avevo fumosamente scritto qui:
http://francescobarilli.splinder.com/post/25671774/sui-fatti-di-roma
A presto
pauca
Oh, finalmente trovo un ragionamento sensato ! Io sono andata alla manifestazione, sia per osservare dal vivo e sia perchè sono profondamente indignata( ma non da ora!), anche se indignazione non sono sicura che sia la parola giusta. Concordo pienamente sulle tre succitate categorie, ad un plotoncino nero che si apprestava a combattere gliene ho gridate quattro, così, m’è venuto dal cuore, mi stavano dando una sprangata e mi hanno tirato un superpetardo , allora ho pensato bene di arretrare perchè non ho nessuna voglia di fare la guerra e poi sarebbe stato impari, io e la mia vecchia bici, ma gli occhi di un paio di loro li ho incrociati: giovanissimi, addestrati, fanatici, di quel fanatismo da adrenalina, genere ” combattere o morire” e “boia chi molla”…in fondo, a mente fredda, guardando il risultato mi pare chiaro a chi sia convenuto tutto questo casino, no?In fondo con 3-400 di questi ragazzotti ti delegittimo un movimento che stava nascendo forte e potente. Ah dimenticavo, quando sono arretrata dopo il petardo, un pò sconvolta, mi avvicina un tizio, sui 38, una pancia notevole, fortissimo accento napoletano, sguardo feroce: “ma che ci sei venuta a fare qua? ” e io ” ma che vuoi dire, perchè non posso manifestare?” e lui ambiguo”no, no, stai attenta che ti puoi fare male…” e io ” ma che dici, scusa’” e lui ” siccome ho sentito che gridavi contro quei ragazzi, che cazzo gridi, stai attenta , con quella bicicletta, che ti puoi fare male”….era una manifestazione costellata di strani personaggi…
Lamarca Luciano
Condivido la tua analisi soprattutto per quanto riguarda l’ultima parte. Chiedersi sempre “qui prodest?” è la chiave di ogni interpretazione politica dei fatti che avvengono.
Ho qualche perplessità solo sullo scarso accento che dai ad un aspetto che, secondo me, invece sul fattore principale che sta alla base dei fatti del 15 ottobre, ovvero sia il “lasciar fare”. Rifiuto di credere che le intelligens, italiane (si perché come ben sai sono più di una…) e straniere ignorassero i preparativi dei cosiddetti “Black bloc” dei giorni precedenti e le forze dell’ordine non fossero in grado di individuare e fermare a mo’ di ultras da stadio quanti, con caschi e armi improprie, stavano convergendo su Roma.
Se sguinzagli dei cani feroci e affamati qualche morso lo daranno di sicuro…
davide
concordo sui punti esposti in questo trattato.Nondimeno su un punto solo non mi trovo affatto d’accordo ,il primo.
Non credo nella democrazia rappresentativa del colonialismo euroatlantista e delle borghesie finanziarie.Non penso nemmeno che vi sia la libertà di pensiero,parola,stampa,in quanto ad esempio:quante volte vi è capitato in tv o sui giornali di leggere e far sentire/vedere alla massa interventi di Grimaldi,Losurdo e altri pro gheddafi o Assad,quante balle sulla cina e biellorussia,su milosevic e così via.
Certo scriviamo qui o in altri blog,ma rimane tutto nel nostro cerchio.Senza peso effettivo.
Chiusa questa parentesi,invece concordo assai con gli altri punti.In particolare sul punto del teppismo nichilista anarcoide,(per mia naturalissima antipatia nei confronti degli anarchici direi anarchico,ma è un errore politico ),ripeto:servizio d’ordine e bastonate da parte del movimento contro questi criminali.Reprimendo dall’interno del movimento stesso le derive provocatrici forse si riuscirà a dar una visione di forza e stabilità verso l’esterno.
Concordo anche che la libertà di manifestare non sia,mo mi intrufolo nella prima manifestazione e faccio il pirla.Andate se volete sfogarvi,ad assalire da soli un centro di estrema destra.Tra galantuomini un po’ di cinghia e mattanza farebbe bene,ma solo tra membri non evoluti mentalmente e socialmente quali sono anarcoidi e fascistelli.
Per me se questi gruppetti come sono gli indignados non sono capaci nè di tenere la piazza,nè di portare avanti un discorso politico più serio e organizzato sui punti fondamentali del lavoro,istruzione,cambio di regime,facciano il piacere di levarsi dalle scatole e maturare.In dieci anni sono nati troppi movimenti,per me non è una buona notizia,che si sono poi sciolti come neve al sole dopo qualche stagione di esultanza e gloria di seconda mano.
Il problema è la mancanza di strategia e tattica che solo i partiti organizzati possono o potrebbero dare.
L’ultimo punto del suo scritto è illuminante
aldogiannuli
D’accordo, sappiamo che l’accesso ai media è molto filtrato (per usare un eufemismo) ed anche io non è che riesca a passare più di tanto per cui sono sensibile al tema. Però, almeno abbiamo i blog, giornali, possiamo fare cortei ecc. Insomma: non sarà mica meglio che Losurdo, Grimaldi ecc finiscano in galera per un libro o no?
giandavide
un bellissimo post. la citazione di cossiga dovrebbe essere tatuata o impressa a fuoco su parti del corpo visibili di certi elementi del mondo politico italiano, in modo che abbiano modo di leggerla guardandosi allo specchio.
davide
Il limitare è già un atto poco democratico.Quindi,chiaramente è meglio che nessuno finisca in galera per un libro-forse-nondimeno è anche vero che un blog,un corteo,che non è al centro dell’attenzione delle masse è pressochè nullo ,visto che è ristretto a una realtà per pochi.Ad esempio:sabato c’è stata una manifestazione a milano in favore di gheddafi e assad,con una buona presenza pacifica ma incisiva di siriani.Non una traccia di questo si trova sui giornali,mentre si leggono articoli sulle povere vittime stile la blogger lesbica peraltro invenzione americana.Mi pare che usando la classica ipocrisia istituzionalizzata tipicamente liberale si dia al popolo un governo e un’opposizione,una libertà di consumo e parola,ma senza possedere nulla di fondamentale per incidere come popolo.I nostri lavoratori vivono la dittatura della precarietà,dei giochi di mercato,pressochè abbandonati,non mi pare democrazia.Io per carattere sarei più portato per altre forme di governo,molto ben rappresentate in altri paesi.Tuttavia non è questo il tema del post,che meriterebbe maggiore spazio.Chiedo venia se son uscito di tema.Per il resto :un governo sputtanatissimo e incapace di governare decentemente dovrebbe sciogliersi e far in modo che altri lavorino al suo posto.
Concordo su tutti gli altri punti,comunque.
Nicola Mosti
Quelle che Aldo ha riportato erano le frasi di Cossiga cui facevo esattamente riferimento nel mio intervento al post precedente. Quando ebbi modo di leggerle su un qualsiasi quotidiano, quelle terrificanti affermazioni, mai smentite dal picconatore folle, mi lasciarono profondamente allibito.
L’argomentare del presidente negli ultimi anni di vita sembrava purtroppo sincero ed ai miei opcchi era il probabile frutto di quella disinibizione senile propria di alcuni soggetti maniaco-depressivi. Per questa mia personalissima e forse fallace impressione, giunsi a credere che si trattasse di rivelazioni del tutto plausibili e ad oggi che – se possibile – mi ritengo ancor più disincantato, ne sono convinto a maggior ragione.
Paola Pioldi
Giusto!
Difendiamo quel poco di democrazia che ci rimane. Sono d’accordo con le analisi di Aldo, ma aggiungerei che, coloro che sono affetti da Sindrome di Peter Pan, andrebbero curati e messi in condizione di non nuocere. I giovani arrabbiati, alcuni anche privi di riferimenti culturali, se non fomentati e strumentalizzati sarebbero “contenibili”, coi duvuti interventi, sia da delle forze dell’ordine democratiche sia dal Movimento stesso. Per infiltrati e in mala fede nessuna pietà o comprensione: GALERA!(Umana e giusta, ma galera). Detto questo, sappiamo che le cose non funzionano così: “Qui prodest?” … lo sappiamo bene, ma “Che fare?” per arginarfe il fenomeno?
Buona giornata a tutti,
Paola
Dario
Carissimo Sig. Giannuli
Le scrivo per avvertirla che, da anni, siamo in dittatura. La democrazia è il più grande bluff mai creato dall’uomo per renderlo apatico.
Ritengo che sia giusto utilizzare la violenza in maniera proporzionale alla situazione storico-politica in cui ci si trova. Attualmente, data la dittatura europea che ci sta distruggendo, ritengo sia giunto il momento di cacciare fuori i fucili.
Preciso che sabato 15 ottobre ero al corteo a roma e ritengo quella violenza inutile e ingiustificabile.
Cordiali Saluti
Dario
aldogiannuli
Guardi che in una dittatura vera nè lei nè io saremmo in libertà. Sono d’accordo con lei che la nostra emocrazia è in crisi, ma non esageriamo con giudizip politici che portano fuori strada. Insisto: la politica è la capacità di distinguere
Massimo Copetti
Anch’io mi accodo al coro di quanti condividono l’articolo. Per quanto cercare paralleli storici sia una forzatura, alcune cose un po’ mi preoccupano.
Il meccanismo che sembra essersi messo in moto ha inquietanti analogie con quello della fine anni ’60. Il black bloc che l’altro giorno su Repubblica si vantava di aver fatto un master in disordini in Grecia, mi ha riportato alla mente altre vacanze studio, sempre greche.
Come viene gestita (e caricata mediaticamente) la situazione in Val di Susa, poi, mi fa fare un parallelo con i disordini in Alto Adige, che non a caso sono stati definiti “la prova generale” di quanto si stava per accadere.
Saranno solo suggestioni, certamente, ma il clima che si respira, il richiamo alla legge Reale e ai Daspo, mi fanno tenere le antenne dritte.
La mancanza di una struttura in grado di bloccare sul nascere un’eventuale spirale degenerativa è IL problema.
Allora mi sorge il dubbio: non è forse il caso di rinunciare alle manifestazioni, che sono una trappola pericolosissima, e individuare altre forme di espressione del dissenso?
Se la manifestazione è pacifica e colorata, anche se numerosa, è assolutamente inutile (pensiamo alle pagliacciate arcobaleno contro la guerra in Iraq). Se invece è violenta, rischia di far scattare repressione e leggi speciali.
D’altra parte la possibilità che i poliziotti scendano in piazza con i manifestanti non è mai stata così concreta. Che aria tira nell’ambiente di polizia lo si può leggere chiaramente sui loro forum. Certo, tra di loro sono solidali anche con i colleghi che fanno quel mestiere solo per poter manganellare i giovani, certo sono fedeli allo Stato e non parlano di “insurrezione contro il sistema democratico-borghese” e così via. Ma prendono stipendi da operai e la crisi la vivono nè più ne meno degli altri: hanno figli da mantenere, mutui da pagare, fratelli disoccupati e mogli precarie. In più soffrono la frustrazione di dover difendere quel ceto politico che li ha ridotti così, prendendosi moltov, sanpietrini e bastonate, per poi essere ipocritamente elogiati come “eroi”.
Ieri facevano sit-in in tutta Italia: possibile che nessun indignato se ne sia accorto? Possibile che non sia venuto in mente a nessuno di appoggiare pubblicamente la loro protesta? Quest’ultima farebbe un enorme salto di qualità: accoglierebbe chi ha veramente diritto di essere indignato e ridurrebbe gli spazi di visibilità ai sedicenni lancia-pietre.
Dobbiamo lasciare che LaRussa e Mantovano, dopo averli ridotti in quello stato, continuino a fare loro -odiatissimi- portavoce?
Non si è mai visto un cambio di regime senza un rifiuto, da parte delle forze armate e di polizia, di attuare repressioni contro la folla. Indubbiamente con i Carabinieri e la finanza, che sono inquadrati nell’esercito (e hanno frome di rappresentanza sindacale decisamente meno democratiche) il dialogo è più difficile, se non impossibile.
Ma per la polizia no. Ricordiamo le parole di Manganelli, nel dicembre scorso: “la politica ci lascia soli di fronte al malessere sociale”. Una mezza dichiarazione di ammutinamento, di una gravità che tutti si son ben guardati dal sottolineare.
E noi dovremmo stare a discutere se sia giusto tirare loro i sanpietrini e se sià più corretto limitarsi ad insultarli?
Cercare di instaurare rapporti con i loro sindacati più agguerriti, al fine di proporre iniziative congiunte, è da fascista? O è la cosa più rivoluzionaria che si possa fare?
P.S. Al di là della citazione di Manganelli, questo discorso è riferito non ai vertici (dei quali ben conosciamo la caratura umana e morale), ma al loro restante 99%.
davide
il tono è importante,quindi dovremmo esser sempre un po’ profondi e freddi nell’esporre le nostre tesi
Tuttavia,credo che in ambito storico e politico,proprio voi studiosi,più di me che son giornalaio,dovreste anche incominciare ad analizzare la fine della democrazia liberale e la sua trasformazione in altri tipi di democrazie :socialiste?autoritarie?Popolari?Credo che l’idea della intoccabilità del nostro sistema perchè poi arriva l’inferno crolli pensando che questo è il nostro metodo di agire nel mondo.Le peggiori dittature infatti nascevano da noi e poi venivano esportate per difendere i nostri interessi.
Abbiamo distrutto il socialismo reale-e peste ci colga-senza battere ciglio convintissimi di fare una figata clamorosa.Perchè non dovrebbe crollare anche il nostro di sistema?
Ripeto:il tema è profondissimo,non merita di essere banalizzato o reso argomento da tifoseria,tuttavia gli storici potrebbero fare degli studi o assemblee per parlarne con il popolo-io sono un sostenitore di gheddafi,assad,luckaschenko.
Parliamone con freddezza e attenzione
Heraclio
Caro dottor Giannuli,
forse la sorprenderò, ma questo post mi vede d’accordo.
Ho due punti su cui non condivido la sua analisi: il punto 3 e il punto riguardante l’operazione di distinzione tra buoni e cattivi che stanno facendo media e istituzioni.
Una cosa per volta.
1) Come già detto, sono d’accordissimo che la piazza sia di chi la organizza e appunto per questo le dico: quella manifestazione era tanto dello spezzone moderato e pacifico, quanto di quello “nero” e “ribellista”. Fatti i dovuti distinguo tra le componenti del “blocco nero”, ripeto per l’ennesima volta: a parte il coinvolgimento sul posto di persone trovatesi in San Giovanni di fronte alla brutalità poliziesca, la volontà di non fare la solita sfilata autunnale c’era ed è sempre stata dichiarata. Forse lei non è troppo dentro gli attuali circuiti di movimento, ma le assicuro che l’organizzazione del corteo romano è stata molto più affidata a quei centri sociali e quelle realtà attualmente sotto accusa, piuttosto che ai pacifisti o agli arcobaleno fricchettoni che pensavano di poter scendere a Roma con il Lambrusco e sbronzarsi, come se si stesse andando ad una festa. Le critiche che io muovo sono legate: alla comunicazione, interna agli organizzatori, e politica, rivolta all’esterno; alla gestione della piazza (un servizio d’ordine più efficiente); alla mancata occasione di trasferire quel potenziale rivoltoso da piazza San Giovanni ai “palazzi del potere” (come sta avvenendo in Grecia in queste ore). Ma, mi spiace, non posso accettare il paragone tra fascisti e i ragazzi incazzati e determinati di sabato. Lo trovo offensivo e fuori dalla realtà.
2)Va bene, lei il discorso “buoni-cattivi” non lo vuole più sentire; però mi pare ci sia una “leggera” distinzione tra chi sceglieva la lotta armata negli anni Settanta e quei giovani che, proprio all’opposto dei no future, scelgono anche la strada dello scontro di piazza per far sentire la loro voce e le loro necessità (riassumibili, in ultima istanza, sotto il macroconcetto di “futuro”, e futuro degno aggiungerei). Non facciamo analogie pericolose che servono solo la posizione maroniana. L’attuale operazione di separazione e divisione serve a due scopi: annientare ed isolare l’ala radicale del costituendo movimento e neutralizzare quella più moderata e numericamente più consistente. Accostarsi a determinate tesi e sposare certe posizioni, rischia di fare il gioco della destra e dei liberisti.
La situazione è molto più complessa di quello che vecchi schemi potrebbero suggerire.
Heraclio
menici60d15
Riguardo ai consigli di Cossiga nel 2008:
http://menici60d15.wordpress.com/2008/10/29/incudine-e-non-martello/
giandavide
questo heraclio è incredibile:
1) dire che la piazza è di chi l’organizza e quindi è lecito fare sgomberare quelli che si vogliono mettere in tenda è una bella contraddizione logica. ti faccio solo notare che di solito è la polizia a sgomberare le occupazioni, e senza il brillante intervento di questi falangisti neri (che bel nome di sinistra) ci sarebbe stata una taz fatta di tende. ma sembra che il guru di certi strani militanti non sia più akim bey ma kos siga.
2) peggio del peggio: è la creazine di un’ala dei violenti messa contro quella dei pacifici che di solito è stata lo strumento del potere per mettere fine ai movimenti. e anche in questo caso siamo arrivati alla delazione libera e al chiacchiericcio su leggi straordianrie. non arrivare a credere che la propria rabbia possa essere strumentalizzata d’altra parte comporta l’abbandono di qualsasi prospettiva culturale. che ne sa il toro che fa parte di una corrida? lui tira cornate e basta, rispondendo a semplici stimoli pavloviani. e provare a mettere tutto all’inverso suona un pò come la barzelletta dei due cani che si incontrano a mosca. uno è affamato e uno è ban pasciuto. quello affamato chiede al secondo: “ma come fai a procurarti cibo così facilmente?” e l’altro risponde “semplicissimo: ogni mattina vado davanti all’istituto pavlov e mi metto a sbavare. e a un certo punto arriva uno scienziato che suona il campanello e mi porge il cibo”. beh voglio informarti che le cose non vanno così, e di solito le emozioni spntanee sono le più controllabili dall’alto. vedi invece con quanti bravi ragazzi di casa pound ti sei messo insieme prima di fare queste brillanti considerazioni.
Igor Giussani
Scusate, ma più che provare, disarmati, a cacciare a male parole quella gentaglia in nero che dovevano fare i manifestanti?
Sento parlare di servizi d’ordine, ma con gente armata di spranghe e bombe carta ci vorrebbe un servizio fatto di gente con i fucili d’assalto. Si fanno paragoni con i movimenti del 68 o del 77, con la differenza che quelli si ponevano come scopo dichiarato la conquista del potere tramite vie più o meno rivoluzionarie, mentre le proteste degli indignati non puntano a questo. I Black bloc non compaiono nella manifestazioni di partito o sindacali non perché queste sono a prova di infiltrazione, ma perché sono i black bloc che non vogliono presenziarci. Non serve essere poi particolarmente complottisti per capire che chi ha tratto giovamento da fatti di sabato scorso:
1) i politici che vogliono impedire manifestazioni e criminalizzare il dissenso;
2) le organizzazioni istituzionali in generale, che possono dire che i movimenti sono troppo facilmente manipolabili;
3) Askatasuna o come cavolo si chiama che ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità con il suo delirante comunicato sulla ‘resistenza’ ripreso da giornali e tv
Delle ragioni della protesta invece non è rimasto niente.
Algil
Provo ad andare dietro ad Aldo, che ci ha fornito di nuovo una traccia molto precisa e completa. Io guarda ne farei addirittura un forum permanente di queste pagine, perché ribadisco, credo, qui siamo al crocevia tra l’analisi di un momento storico comunque di svolta, che abbiamo l’onere di vivere, e la valutazione dei metodi che è possibile esperire per provare a non subire il cambiamento. Quale futuro ci attende, cioè, e cosa dobbiamo fare. Abbastanza impegnativo.
Qui di intelligenza ce n’è un bel po’. Si tratta allora di cercare di capirsi.
Io dico che i fatti di sabato ci danno tutte le entrate, ma li considererei per il poco che sono, strumentalmente, insomma; perché anche a freddo mi resta l’impressione che da una parte, “rivoltosi”, e dall’altra, “guardiani”, non siano stati tutto sommato un grande spettacolo.
Dunque si parla di rivoluzione, e di violenza. E già è un bel parlare.
Se si accetta che stiamo parlando di rivoluzione (e prego chi vuole dissentire di precisare, perché mi avvierei..), allora i dubbi attorno alla natura democratica del sistema in cui viviamo possono diventare superflui: è vero, non andiamo dentro per un libro, ma succede che qualcuno debba vivere esiliato -Saviano..?-. Possiamo manifestare; ma siamo tutti bene in guardia contro gli strateghi della tensione. Dunque? Quanto al propagandare – e solo in questo caso forse, c’è un grosso spazio di libertà che non sappiamo sfruttare..- finché siamo qui in trenta di effetti non se ne vedranno, poste le barriere di cui avete detto.
Stiamo parlando di rivoluzione, mezzo mondo lo vorrebbe fare o lo sta facendo, perché il maturo neoliberismo ci costringe. Se l’Italia o gli Stati Uniti vogliono chiamarsi democrazie ben venga, allora parleremo di rovesciare democrazie. Che con le rivoluzioni fino a prova contraria si rovesciano o si sovvertono dei sistemi.
Quanta violenza allora. Io non me la sentirei di dare del parassita e del vigliacco alla neonata categoria dei neri. In strada (e posso tranquillamente sbagliare visto che mi allargo un po’), direi caso unico al mondo, c’era qualcuno che aveva un piano, giusto o sbagliato che fosse. E giusto o sbagliato che fosse l’ha attuato e portato a termine con successo. Ciò a differenza dei guardiani, al solito incapaci di gestire uno dei domini del loro lavoro, anzi proprio quello precipuo, di preservare intatta l’area della intoccabilità loro e della loro prerogativa dell’uso della forza; e a differenza degli strateghi della rivoluzione dei limoni LaRepubblica-style, che baciandosi tra loro ossessivamente senz’altro costringeranno apparati degli organismi finanziari internazionali, plutocrazie varie e governi corrotti ad arrendersi alla forza dell’amore.
Neanche vigliacchi, li chiamerei. Tenete presente che fare quella guerra lì è anche molto un gioco, non c’è dubbio, ed infatti anche per questo le loro fila si gonfiano man mano, regolarmente; ma è un gioco pericoloso, perché personalmente non mi ci vedrei bene, portato in questura dopo essere stato acchiappato in quella bolgia. Proprio no.
Questo mi condurrebbe a dibattere delle categorie di Aldo, ma ho già abusato della sua ospitalità e della vostra pazienza.
A presto
Caruto
Luigi Manconi sul Messaggero del 19.10.2011 interviene sugli anarco-sindacalisti che, secondo lui, sono una realta’ sociale organizzata e pericolosa.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=15Q6SX
Federico Geremicca su La Stampa del 20.10.2011 interviene sul discorso di Napolitano del giorno prima e sottolinea soprattutto la parte nella quale alla “frustazione giovanile” si accompagnano “le preoccupazioni” per “l’equilibrio democratico” dell’Italia.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=15S27O
Kris
Guardate, io non ho mai partecipato a una manifestazione di piazza e tantomeno ero a Roma, sono un giovane (28 anni) che idealmente si pone al centro-sinistra anche se non mi vedo rappresentato da nessuno, tantomeno a sinistra. Quello che penso e’ che i Black Bloc semplicemente non esistano….si parla tanto di questi figuri….sono piu’ di 10 anni (in italia dal g8) che se ne riempiono i giornali ogniqualvolta ci si ritrovi a parlare di manifestazioni….ma dove si ritrovano? come comunicano? come si organizzano? come fanno???!! Le ns F.F.O. si sbattono come pazzi (riuscendo) a portare avanti indagini dall’interno di mafia e camorra e non riescono a portare avanti un attacco strutturale a queste organizzazioni? No, perche’ non esistono, sono una invenzione adatta per tutti quei momenti in cui vogliamo avere una giustificazione qualunque per a- fare violenza (g8 di genova) b-screditare una manifestazione e comunque magari menare anche qualcuno (roma di adesso); comunque alzare la tensione e dare un pretesto per reagire. IL problema italiano e’ che siamo fermi a 60 anni fa….siamo fermi ai FASCISTI e ai COMUNISTI, quando dovremmo andare avanti senza nessuna ideologia parlando di GIUSTIZIA e FUTURO. Questa volonta’ nelle generazioni che dirigono (la vostra, perche’ se io voglio fare qualunque cosa mi viene detto che non ho ESPERIENZA) non la vedo. Come vedete noi italiani siamo i soliti mafiosetti, anche in questo. – Comunque tanti complimenti all’autore dell’articolo, sono un suo lettore accanito.
Massimo Copetti
Pur essendo in netto disaccordo con quanto affermato da Algil, condivido la sua proposta di aprire una sorta di forum permanente sull’argomento, perché la questione mi sta particolarmente a cuore, perché avrei ancora numerose considerazioni da fare, e perché (a differenza dello stesso Algil) ho già ampiamente abusato dello spazio concessomi e della pazienza altrui
Algil
Gentile Copetti, allora continuiamo un altro po’ ad abusare: ho letto i suoi interventi, e credo che abbia colto lo spirito di quella mia estemporanea proposta. Pertanto, credo bene che le stia a cuore, personalmente argomenti altrettanto urgenti io non ne trovo. Trovo che lei abbia fornito delle sollecitazioni interessanti; se possibile, sarei lieto di considerare dove stia il suo netto disaccordo. Grazie.
A presto
quesevayantodos
Aldo, non riesco a leggere tutti i commenti pero’ ho letto l’articolo e mi sembrava molto piu’ azzeccato il primo.
lascia perdere le classificazioni precise, qua siamo tutti insufficienti e la gente si sta incazzando, chi ha sale salga, ognuno faccia il suo che a condannare ci pensano i tribunali e dir cazzate Emilio Fede.
Roma 15 Okt, c’ero, non c’ero, sti cazzi…
Mi Associo!
Con affetto.
Massimo Copetti
Colgo l’istigazione all’abuso di Algil, al quale prego di darmi del tu. Neanche io sopporto il buonismo dei repubblichini di Repubblica, non sono a priori contro la violenza (per quanto non abbia mai alzato le mani) e sono profondamente convinto che questo sistema, per quanto si definisca democratico, in realtà non lo sia affatto, perché dà a tutti il diritto di esprimere il dissenso ma a nessuno la possibilità di cambiare le cose. Non esito a definire il nostro stato terrorista e mafioso.
Sono tutt’altro che pacifista, perbenista e moderato; non condivido tuttavia il tuo discorso sui “neri” perché mi pongo in tutt’altra prospettiva. La storia ci ha insegnato che, nell’Occidente del dopoguerra, chi decide il livello dello scontro è sempre il potere politico e statale, e che la guerriglia urbana non ha mai fatto altro che rafforzare quest’ultimo: è sempre stata il pretesto ideale per ulteriori limitazioni di quella fasulla libertà di cui crediamo di godere. Al G8 di Genova, nel quale la strategia repressiva era stata ben pianificata a tutti i livelli, i neri giocarono un ruolo fondamentale. Al riguardo consiglio il documentario “Le strade di Genova”, si trova anche su YouTube: ti renderai conto di come abbiano agito scientificamente in modo da scatenare la repressione sul resto dei manifestanti e di che libertà di azione abbiano goduto. L’altro giorno ad Atene hanno tirato molotov sulla folla e causato la morte di un manifestante, mentre reduci nostrani della battaglia di P.za S.Giovanni vantavano rapporti con loro e “viaggi istruzione” in Grecia.
Per questi motivi, la loro presenza suscita inquietanti interrogativi e impone analisi molto più urgenti delle solite elucubrazioni sulla legittimità dell’uso della violenza. Nella loro notevole capacità organizzativa io non vedo nulla di esaltante né di rivoluzionario, anzi.
Lo stesso movimento degli indignati suscita in me alcuni dubbi, perché presenta delle analogie con le varie rivoluzioni colorate che da qualche anno siamo soliti vedere in Europa Orientale a nel Mediterraneo. Prima l’Otpor in Serbia, poi Ucraina, Georgia, Bielorussia, fino all’Egitto (non ci metto dentro Libia e Tunisia per mancanza di prove): rivoluzioni pacifiche, senza un leader, senza un programma, nate tra gli studenti, capaci quindi di far proseliti in tutta la società civile, tanto da portare alla caduta del governo in carica; incapaci però di esprimere una nuova classe politica (che dovrebbe essere il primo risultato di una qualsiasi rivoluzione), né di migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Accomunate dallo stesso simbolo del pugno destro chiuso (analogo a quello adottato dal movimento Occupy Wall Street) e guardate con simpatia dai grandi della politica e della finanza internazionale. Personalmente, la solidarietà agli indignati dimostrata da leghisti, democristiani e compagnia bella un po’ mi puzza: gli stessi che un anno fa difendevano la legge Gelmini e attaccavano gli studenti, oggi fanno a gara per essere i portavoce di tutti quanti si oppongono a Berlusconi. Quest’ultimo, si sa, è da parecchio inviso ai capi di stato dei principali paesi dell’Occidente, e ogni giorno perde l’appoggio di qualche ex-pretoriano, interessato a riciclarsi nell’Italia prost-berlusconiana. Sarà un caso, ma gli unici radicali anti-indignati sono stati La Russa, Alemanno, Cicchitto: i suoi scagnozzi più fedeli.
Fatto sta che io non ho ancora capito chi siano gli indignati, cosa vogliano, chi siano i loro portavoce, chi abbia indetto la manifestazione di sabato 15. Al momento non sono niente di più di un magma indistinto che invoca le dimissioni del governo senza aver chiarito con cosa lo vuol sostituire.
Insomma, prima di vedere entusiasmanti slanci rivoluzionari, preferirei avere la certezza che quanto sta accadendo non sia il risultato di un “indirizzamento del dissenso” che ha già dimostrato la sua efficacia nel destabilizzare altri stati sovrani, e in un secondo momento mi proporrei di capire che ruolo giocano in tutto questo i neri.
Siamo già stati presi per i fondelli più volte in passato. Non vorrei scoprire di essere stato manganellato per far salire al governo il Montezemolo di turno. Solo collocandoci nell’odierno contesto internazionale potremmo capire come stanno le cose ed, eventualmente, adottare una violenza che non sia controproducente.
Con la massima stima nei confronti di Algil, con il quale penso si possa parlare più che di effettivo disaccordo, di un differente modo di approcciarsi alla vicenda (il mio certamente più freddo e disincantato, il tuo più emotivo).
Saluti a te, ad Aldo e a tutti gli altri lettori. Rinuncio alle scuse per la lunghezza dell’intervento, perché non risulterebbero credibili.
Caruto
In tema di concentrazione del potere economico e finanziario c’e’ un recente studio di alcuni ricercatori svizzeri.
Nell’Abstract si dice che la ricerca e’ lungi dall’essere esaustiva e che il potere di controllo effettivo e’ per ora difficile da verificare, ma che comunque ci troviamo di fronte ad un nocciolo duro abbastanza piccolo e definito di potere.
http://www.newscientist.com/article/mg21228354.500-revealed–the-capitalist-network-that-runs-the-world.html
http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/1107/1107.5728v2.pdf
Abstract
The structure of the control network of transnational corporations affects global market com- petition and financial stability. So far, only small national samples were studied and there was no appropriate methodology to assess control globally. We present the first investigation of the architecture of the international ownership network, along with the computation of the control held by each global player. We find that transnational corporations form a giant bow-tie struc- ture and that a large portion of control flows to a small tightly-knit core of financial institutions. This core can be seen as an economic “super-entity” that raises new important issues both for researchers and policy makers.
Algil
Caro Massimo, ormai Aldo se ne sarà fatta una ragione; ricambio la stima, ho piacere a disquisire con chiunque sappia dare ordine ai propri pensieri, quali che ne siano gli esiti. Purtroppo spesso il web è un immenso secchio dove chiunque vomita quello che gli passa per la testa, e il siffatto “output”, per ovvi motivi, è buono solo per fare compost.
C’è in effetti una divergenza su un punto essenziale, ma non credo si tratti di disincanto ed emotività: ora, qui siamo a casa di un massimo esperto di “indirizzamenti del dissenso”, ma sono certo che nessuno me ne vorrà se giudico, con approssimazione e ogni dubbio, senz’altro, che non sia questa la prospettiva, oggi. Il tempo non passa senza produrre trasformazioni, leggere i fatti del 2011 disponendoli su una griglia preparata quarant’anni fa forse è fuorviante.
Vengo e mi spiego: sono passati dieci giorni ma il post che scrissi di botto sul mio blog lo riscriverei uguale. A me pare che molti tra voi abbiano una stima eccessiva dei nostri governanti allorchè attribuiscono loro questa capacità di prevedere, indirizzare e determinare. “Ma voi credete davvero che si possa dare lo spettacolo di un capo del governo come Berlusconi e non pagare un prezzo?”, ha scritto Aldo: perfetto, no, non lo crediamo; il prezzo è che chi ci comanda ha mediamente molta meno testa di noi, semplicemente, e che ciò, dalla politica all’economia agli apparati, provoca la generale marcescenza che ci sta impoverendo.
Il pesce puzza dalla testa, si dice a casa mia; la corruzione genera inacapacità.
Io non ci credo che il questore, il prefetto e il ministro siano stati capaci di decidere quello che è successo in piazza: quest’ultimo probabilmente avrebbe tratto maggior vantaggio personale dall’arrestare 2oo neri che dal farsi bruciare il secondo blindato in dieci mesi, i suoi elettori vogliono galere strapiene, non leggi speciali e cattivissimi buoni auspici.
Torno sulla piazza, e invito a considerare che anche Genova dieci anni fa non sia stata la stessa cosa, non esattamente almeno.
Ho visionato qualche ora di filmati, ne so quanto e più di chi c’era, anche perchè quel tipo di dinamiche della folla, contrariamente al resto, rimangono immutate forse nei secoli, in quanto attengono ad impulsi umani e collettivi molto profondi.
Sgombro il campo, il carnevale rivoluzionario del 15, della massa di quelli che c’era, non merita che ci si ritorni sopra, per quello che è, punto.
Infine, cerco di porre rimedio perchè forse non mi sono saputo spiegare: io non sto coi neri, perchè non voglio garantire per il coagulo di teppistelli da stadio, superautonomi, e sbandati che è.
Io però non posso non riconoscergli il successo che hanno conseguito e che credo sia lampante: quando si riempiono le strade di rabbia, l’unico risultato visibile, immediato, che si può raggiungere – in un pomeriggio – è lo scontro.
Quando scontro è, vince chi si scontra meglio, guerra, guerriglia o sommossa che sia; e loro hanno vinto. E la loro vittoria è tanto più grande e tanto più (incredibile!)d’insegnamento, in quanto proviene da un coagulo di teppistelli da stadio, superautonomi, e sbandati; se questa società incivile si è dimostrata più abile e determinata e incisiva e paradossalmente addirittura “organizzata” della controparte professionale e stipendiata, il lascito che ci rimane è: non è impossibile combattere, non è impossibile vincere, lo Stato è debole, e aspetta solo che i migliori se lo riprendano. E io non sprecherei questo monito.
Mi rendo conto che forse la divergenza di opinioni è insanabile; però inviterei a riflettere. I carnevalisti sono stati disorganizzati, e questo è il vizio da suparare; gli squadristi sono stati organizzati, e peste li colga.
Aspettiamo pazienti che il prezzo del pane salga, e poi che la sorte ci aiuti, perchè a quel punto può succedere di tutto.
A presto
Autonomen 80
Caro Prof. Giannuli,
ci conosciamo da anni e da anni su questi temi sappiamo di non avere idee comuni, ma nonostante Lei spesso ecceda di complottismo e determinismo, soprattutto nel parlare di incidenti di piazza, questa volta coglie alcuni nodi.
Non posso fare un torto alla mia storia e ai miei maestri politici, quindi non riesco proprio a parlare mai di “provocatori” o di manifestanti che debbano “vedersela soli con lo Stato”: anche se intendiamoci di auto e vetrine ne ho viste spaccare tante e ne ho spaccate molte e spesso ho anche dato sonore bastonate a chi lo faceva nel momento o nelle condizioni sbagliate o semplicemente facendosi scudo del mio spezzone in corteo.
Attenzione però come Lei mi ha sempre insegnato, non bisogna incentivare e sostenere neanche indirettamente le campagne ideologiche del Potere e allora mi chiedo se questo vale per le posizioni di Draghi non vale anche oggi per Maroni o per le letture giornalistiche sui “provocatori”?!
Non ero nato ma la storia di cui faccio parte ha sempre preferito, da minoranza determinata, cacciare Lama dalla Sapienza, nonostante fosse il rappresentante della più importante struttura sindacale del tempo, e rispondere al Berlinguer, Pecchioli, Cossiga o Pertini di turno, che è troppo semplice parlare sempre di “provocatori”, “compagni che non crescono”, o “giovani solo incazzati ma pre-politici”…
E quando la storia di cui mi onoro di far parte diceva che la violenza non porta all’uccisione di Moro, non era vigliaccheria, coda di paglia o malafede…come dimostrato anche dalle aule di tribunale e dal suo lavoro.
Non creda che il 15 Ottobre non apra grossi problemi anche a noi “compagni peter pan”, ma forse la sociologia del manifestante, quando non l’antropologia, non ci aiuta a capire granchè.
Piazza San Giovanni è molto grande, non lo è solo quando è riempita da giovani democratici che ascoltano Venditti o la Mannoia il 1° Maggio, lo è anche quando respinge la polizia con i blindati che usa in Iraq nelle “missioni di pace”…e per tenere un fronte in linea così ampio, come Lei ci insegna in storia militare, servono prime linee corpose, seconde più numerose, logistica, genio e la generosità di tanti ventenni senza futuro…
con immutata stima
aldogiannuli
Non pretendo affatto di convincere nessuno e neanche lei, ma mi chiedo cosa ci sia di così strano nel pensare che in incidenti di piazza possa esserci anche il ruolo di provocatori: sarebbe la prima volta? Non è mai successo prima.
D’altra parte so benissimo (e se legge con attenzione i due pezzi, l’ho anche scritto) che a scontarsi con la polizia non erano solo quelli che io identifico come personaggi sospetti (diciamo così) ma anche militanti dell’autonomia ed anche giovani senza particolari qualifiche ideologiche coinvolti nell’occasione. Non amo le campagne repressive e non apprezzo alcuna forma di delazione, questo non mi impedisce di prendere in considerazione anche comportamenti che, come si diceva un tempo, odorano di “comunisti del Questore”. Lei fa un atto di fede negando che questo possa mai verificarsi, non ho capito sula base di quale idea.
D’altra parte a ciaswcuno la sua storia ed io rispetto quella di qualsiasi militante di sinistra, compresi quelli dell’autonomia alla quale rivendica prgogliosamente di appartenere. Però devo dire che a spaccare vetrine ed incendiare auto non ho mai visto una lotta che vincesse.
Quanto a piazza San Giovanni: vero è molto grande ma, per essere obbiettivi, gli scontri erano localizzati nella sua parte in alto (almeno questo si capisce dalle immagini che vedo in youtube e da quello che mi riferiscono amici che hanno manifestato): per riempire piazza San Giovanni ci vogliono circa 300.000 persone e, mi pare, che i partecipanti agli scontri fossero molte centinaia, forse qualche migliaio, ma molti, molti meno di quelli che potrebbero riempire la piazza.