Può esserci un’altra Europa? E come?

Il mio vecchio amico Luciano Muhlbauer ha pubblicato un articolo sul suo blog a proposito della lista Tsipras, nel quale, fra l’altro, polemizza con me per il mio pessimismo in materia. Essendo una persona intelligente, Muhlbauer argomenta molto abilmente le sue posizioni e, pertanto, l’articolo merita d’esser letto per intero ed una risposta puntuale.

Per comodità espositiva e per favorire il dibattito, penso sia opportuno dividere la risposta in due pezzi che pubblicherò in rapida successione: il primo riguardante il giudizio sull’Europa, sull’Euro ecc, il secondo sulla proposta della lista e sulle possibilità di riuscita. Partiamo quindi dal giudizio sull’Europa.

Caro Luciano,

nel tuo pezzo riprendi il contenuto dell’appello di Spinelli, Flores, Gallino, Camilleri, Viale, grosso modo, sintetizzabile in questo slogan: Europa si, fiscal compact no. Dunque: vogliamo un’Europa dei popoli e dei diritti e siamo contro l’Europa tedesca dell’ “Austerità espansiva”, della demolizione del Welfare, del fiscal compact, del vincolo di pareggio ecc.  E per questo una candidatura vincente di Tsipras alla presidenza del Parlamento Europeo è quello che ci vuole per cambiare passo e riformare l’Europa.

Di qui la proposta di una “terza via” fra i sostenitori dell’Europa attuale con le sue compatibilità e quelli del ritorno alle sovranità nazionali che auspicano la fine della Ue e dell’Euro. Insomma, “né Pasok né Front National”.

Questo ovviamente, presuppone che l’attuale Ue e la sua moneta siano effettivamente riformabili e che questo cambiamento possa partire da un diverso assetto del Parlamento Europeo.

Togliamo di mezzo il pezzo più semplice del ragionamento e cioè, che questa svolta possa partire dal Parlamento di Strasburgo: non conta nulla, ha poteri limitatissimi, mentre le decisioni si prendono in sede di Commissione, Consiglio di Europa e Bce. E’ la stessa architettura dell’Unione ad escludere questa possibilità. Quando si polemizza contro il ritorno alla sovranità nazionale, si dimentica che i soggetti principali di questa architettura di potere sono gli stati nazionali, la Bce e l’eurotecnocrazia. Cioè, ancora oggi a decidere sono gli stati nazionali di concerto fra loro e la parte di sovranità che hanno ceduto è gestita da apparati tecnocratico-finanziari, che sono quelli che propongono e sostengono la politica restrittiva, il fiscal compact ecc.

Se un’ influenza popolare c’è nella Ue, essa passa indirettamente attraverso i governi nazionali. Dunque, il Parlamento Europeo è del tutto impotente. Questo non vuol dire che votare per esso sia perfettamente inutile. Il valore dei risultati di questa consultazione sta nella funzione di indice degli umori popolari e nel conseguente effetto traino sulle successive elezioni nazionali. Per il resto, queste elezioni sono quello che gli americani chiamano “una gara di bellezza”, cioè una competizione di valore simbolico e di nessun effetto pratico (o quasi).

Dunque, spero che Tsipras abbia un buon successo a livello europeo perché questo poi lo aiuti a vincere le elezioni nel suo paese. Punto.

Ma veniamo alla questione del se la Ue sia riformabile e in che modo. Mi sembra che in certi appelli si diano per scontate troppe cose.

In primo luogo si ragiona come se la Ue fosse la realizzazione parziale del disegno progressista e democratico del Manifesto di Ventotene, ma si ignora che c’è stata un’altra influenza culturale, di ben diverso orientamento, come quella elitista di Richard di Coudenhove-Kalergi e che, semmai, è stata questa a prevalere nell’attuazione concreta del progetto. L’Unione europea è sorretta dalle sue fondamenta da un progetto aristocratico-finanziario, perfettamente sintetizzato dalla formula di Mario Monti della “democrazia a trazione elitaria”. Ed i governi nazionali di tecnici (da Monti a Samaras) non sono un incidente di percorso, ma il frutto di questa pianta, così come i governi di “unità nazionale” o “larghe convergenze” (Italia, Germania, per certi versi la coalizione conservatori liberali in Inghilterra) vanno esattamente in questa direzione. Né l’alternativa viene dai governi dell’Internazionale socialista come quello dell’inutile Hollande.

In secondo luogo, non è un caso che il Parlamento sia l’istituzione meno influente nell’architettura Europea: perché il progetto istituzionalmente è pensato per reggere su due gambe, quella dei governi nazionali, che incorpora la legittimazione democratica, e quella della èlite tecnocratico finanziaria che esprime lo spirito cosmopolita e sovranazionale del progetto. Il Welfare, in questo quadro, è una soluzione che poteva ben essere tollerata in epoca di keynesismo vincente, ma che non è funzionale nel mondo della globalizzazione neo-liberista; per cui, la Ue che è uno dei due principali pilastri dell’ordine neo liberista, è istituzionalmente vocata alla soppressione del Welfare. E, infatti…

In terzo luogo, questa configurazione della Ue non viene dal nulla ma da oltre mezzo secolo di trattati ed intese, che non hanno mai parlato alla ragione ed al sentire dei popoli europei, ma che hanno prodotto una costruzione totalmente autoreferenziale, pensata e realizzata dalle èlite diplomatiche, finanziarie e giuridiche europee, del tutto non interessate al parere dei rispettivi popoli.

In quarto luogo, la Ue è pensata totalmente all’interno del principio della partnership euro-americana e, pertanto, risponde ad un disegno geopolitico, che mette insieme tre pezzi (l’Europa del nord, quella mediterranea e quella orientale) senza alcuna attenzione per l’omogeneità culturale e politica e neppure economica, ma come puro calcolo di potenza. E c’è ancora chi pensa che si debba allargare il tutto alla Turchia anzi, fra gli aspiranti c’è anche il Kazakistan che si ritiene Europa perché per un tratto confina con il Mar Caspio che, come geografia fisica, è in Europa (infatti, il Kazakistan gioca in coppa Uefa).

In quinto luogo, la struttura basata sulla convergenza di stati nazionali esige che i cambiamenti di patto si concordino e, se da un punto di vista formale i paesi aderenti sono perfettamente uguali (o quasi), questo non è assolutamente vero dal punto di vista sostanziale, per il quale tutti sono eguali ma c’è uno molto più uguale degli altri: la Germania. La Ue (e prima ancora il Mec) esiste perché c’è stato un asse franco-tedesco; per fare l’Europa unita può non esserci l’Inghilterra o la Spagna o la Grecia o anche l’Italia o l’Olanda, ma non possono non esserci Francia e Germania, che sono il nocciolo strategico dell’operazione.

Per di più, a partire dagli anni novanta, con l’operazione Euro (di cui diciamo subito dopo) -una moneta pensata non a caso con una partità 1 a 1 con il marco- la Germania è diventata da sola la trave portante di tutta la costruzione. Se la Germania si ritira non c’è più l’Europa. Quindi, se vogliamo cambiare la Ue, Tsipras o non Tsipras, non serve vincere le elezioni in Grecia, Italia o Spagna, ma convincere la Germania. Ad esempio potrebbe essere utile che la Linke raggiungesse il 30%, ma la cosa non pare probabile.

L’orientamento rigorista di Berlino non dipende da un qualche “coefficiente di cruccaggine” che rende il governo tedesco poco flessibile o da un qualche invincibile egoismo nazionale, ma dal fatto che la compagine sociale tedesca si regge su certi equilibri monetari: la pace sociale, per la quale i sindacati hanno accettato una dinamica salariale così fredda, dipende in gran parte dalla stabilità dei prezzi e dei livelli occupazionali, che si reggono su quella moneta.

Allo stesso modo in cui gli imprenditori non vogliono sentir parlare di rischi di inflazione, perché il loro equilibrio si basa sull’acquisto “a buon mercato” delle materie prime di cui hanno bisogno, grazie all’euro. Allo stesso modo in cui le banche tedesche, che hanno in corpo belle fette di debiti pubblici italiani, greci, spagnoli, portoghesi ecc. non ne vogliono sapere di rischi di svalutazione della moneta, perché così si svaluterebbero i loro crediti. E’ chiaro?

Forse non ve ne siete accorti, ma in Alternative fur Deutschland  non ci sono i descamisados de la patria ma un ex presidente della Confindustria e gente come lui. Ed a vigilare sulle scelte della Merkel non c’è solo Afd, ma, soprattutto, la Bunedestbank e la corte di Karlsrhue, per cui facciamo così: fatevi un giro a Berlino e convincete la Merkel, la Buba e la Corte costituzionale e, quando lo avete fatto, mandateci un sms e fatecelo sapere: ne saremo felici.
Ma tenete presente che le attuali tendenze geo politiche non vanno nel senso dell’asse renano, ma al contrario, verso un’integrazione dell’economia tedesca a oriente. Dunque, la Ue non è una cosa che si può piegare come si vuole, ma una costruzione che ha una sua funzionalità precisa: voi, invece, volete iscrivere un ferro da stiro al premio di formula 1 di Monza e pretendete pure che abbia un buon piazzamento: volete anche un the freddo?

Infine. La Ue è un castello che sta in piedi su una roccia che si chiama Euro, se frana quella, frana tutto. E l’Euro non è una moneta qualsiasi, flessibile ad ogni politica monetaria, ma una scelta funzionale a determinati equilibri di potere. Per cui, piaccia o no, se volete l’Euro dovete tenervi anche il fiscal compact: bere o affogare.

Ma voi ragionate così: voglio il Welfare ma voglio anche la Ue, non voglio le politiche restrittive ma non voglio rinunciare all’Euro, la voglio cotta ma anche cruda… Cos’è? Una nuova versione del “ma anchismo” di Veltroni?

Dunque, il problema non è se volere l’Europa dei popoli o tornare all’angusto spazio nazionale, ma se tenerci questa Ue o no. Chi scrive è convinto della positività dell’integrazione europea ma c’è modo e modo e non è detto che questo esistente sia quello che vogliamo.

Insomma, se vuoi fare case popolari dove c’è una raffineria, è poco probabile che ci riesca ristrutturando la raffineria, mentre è molto più semplice smantellare la raffineria, demolire quel che c’è e poi costruire case ex novo.

Per concludere: c’è un filo di ragionamento che ritengo totalmente scorretto, per il quale: chi è contro la Ue è antieuropeista, chi è antieuropeista è senz’altro nazionalista, dunque fascista, per cui chi è contro la Ue non può che stare dalla parte dei nazisti come Alba Dorata.

Ma, in primo luogo, esiste la possibilità di una Europa diversa dal suo attuale assetto istituzionale concretato dalla Ue, in secondo luogo non tutte le opposizioni alla Ue sono di destra, perché c’è anche una sinistra anti-Ue (ad esempio il Kke) ed un movimento come il M5s non è etichettabile come destra, in terzo luogo non tutta la destra anti Ue è fascista: non lo sono certamente gli euroscettici inglesi, i Veri Finlandesi, non lo è il partito che fondò Pim Fortuyn, e non lo è nemmeno Afd in Germania. Il fenomeno, dunque è molto più complesso e non tollera soluzioni semplicistiche.

E sin qui parliamo della debolezza politica di fondo della ipotizzata lista Tsipras, nel prossimo pezzo parleremo degli aspetti più spiccioli.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (35)

  • Solo una precisazione: evidentemente si tratta di una svista, ma è “Consiglio Europeo”, non “Consiglio d’Europa”, che è tutt’altra cosa.
    Ammiro inoltre (e forse invidio) la pazienza con la quale si risponde ad un attacco squadristico (che è qualcosa di diverso da “fascista”), perché tale è l’uso dell’aggettivazione negativa verso chiunque la pensi diversamente.
    E’ una vecchia storia. Chiunque criticasse la costruzione europea, fin dagli anni ’90, era bollato come “antieuropiesta” o “nazionalista”.
    http://documentazione.altervista.org/appello_europa_1997.html
    “In quanto critici dell’Emu, ci si imputa di mettere in pericolo la cooperazione europea, e ci si dice che faremmo meglio a stare zitti.”

  • Mi sono letto entrambi i pezzi (quello di Luciano e il tuo) e credo ci si stia impiccando attorno ad un falso problema. Si può benissimo parlare se è meglio demolire l’UE attuale o riformarla ma se l’obbiettivo è “un’altra UE” o, se vogliamo usare una desueta locuzione che una volta andava di moda “un altro mondo” (con un accetto vagamente internazionalista), il punto è crearlo il popolo e, di conseguenza, il consenso al progetto. È inutile costituire una lista per riformare l’Euro se nessuno la vota, è inutile demolire l’Euro se si torna a valute nazionali e a nazionalismi. Non sono un grande esperto di economica ma sono abbastanza sicuro che la crisi economica non sia data dall’Euro in sé ma dal contesto economico: uscendone così, il risultato migliore è che non cambi nulla. Se si migliora allora ci sarà un certo consenso ai nazionalismi e vi ricorderete certamente meglio di me a cosa ci hanno portato, se peggiora, beh, peggiora.

    Per tornare al popolo trovo interessante l’esperimento Tsipras non nel fatto in sé ma in quel passettino in più che potrebbe essere fatto se il consenso fosse veramente molto alto. Il condizionale è d’obbligo ma non sarebbe interessante se si formasse un partito veramente europeo? Non sarebbe rivoluzionario andare oltre e creare una comunità, attorno ad un partito di questo genere, che siano le radici di una cultura europea? Questa è la cosa interessante a mio avviso, la parte sociale del progetto in divenire. Magari dopodomani sarò smentito e la sinistra di dividerà, di nuovo, in mille rivoli dal peso nullo ma una volta l’impossibile era il minimo sindacale da pretendere.

  • non sono assolutamente d’accordo, e trovo l’articolo abbastanza disfattista. e francamente quando leggo che l’europa è troppo poco di sinistra per fare delle politiche di sinistra e che è meglio l’italia, faccio notare che in italia le destre sono dominanti: siamo il paese dove non solo berlusconi fa il bello e il cattivo tempo da 20 anni e si è fatto fare una legge elettorale che gli consente di rivincere a mani basse, ma abbiamo un leader di sinistra che è una persona sfacciatamente di destra, e un partito di opposizione antisistema che non fa un cazzo e comunica come una cellula degenerata di casapound. a questo punto mi chiedo: sarò io troppo disfattista, che considero l’italia un paese troppo arretrato e nepotista perchè si applichino politiche di sinistra, oppure sto vivendo nel paese della bambagia e non me ne sono accorto? perchè delle due l’una…
    infatti tutto sommato non è che mi sorprenda per il rigore con cui viene considerato l’abito della ue, ma per la totale mancanza di questo rigore una volta che si debbano applicare gli stessi ragionamenti su scala nazionale. e non mi si venga a dire che le ferie, le assicuraazioni sanitarie, il divorzio per fare esempi sono frutti degli stati nazionali e non della ue: è chiaro che al tempo c’erano solo quelli. ma le conquiste sociali della storia del novecento sono state portate avanti solo grazie a una determinata e aggregante visione politica di sinistra, non certo da movimenti contro la lira (o il marco o lo scec) e contro la kasta. e onestamente non capisco come un cittadino di sinistra possa pensare il contrario.

    è logico che solo i governi nazionali possono camniare la situazione, e il voto ad una lista legata a syriza, in caso di successo europeo, porrebbe le basi a un cambiamento delle politiche nazionali nei singoli stati attraverso le elezioni politiche degli stati in questione. anche sotto questo aspetto non capisco come aldo si sia scordato che il mondo non finisce dopo queste elezioni europee e che ci saranno elezioni nazionali anche in futuro. e questo non vale solo per l’italia, ma anche per il resto dei paesi ue: che in essi esista una elettorato aggregato a livello europeo che proponga una visione di sinistra è una condizione necessaria ad un qualsiasi cambiamento politico che verta a sinistra. non sarà condizione sufficiente, ma non c’è dubbio che se l’alternativa è quella di un orizzonte dominato dal neoliberismo e dal nazionalismo, syriza tutta la vita.
    e non mi si dica che ilmovimento no europossa essere convertito verso impostazioni di sinistra: cose del genere vanno bene solo finchè si rimane al tavolino e nel mondo delle teorie: quando si deve scendere nella pratica di un movimento di massa, bisogna innanzitutto fare i conti con la società dello spettacolo. e credere che una massa sociale possa essere considerata alla stregua di un singolo individuo che può scegliere, sbagliare e imparare dai propri errori è una cosa semplicemente ridicola. con le masse il principio prevalente di convinzione è quello dell’autorità. e quindi, sarò un disfattista, ma credo che l’autorità di un berlusconi varrà molto di più della vostra per decidere la direzione in cui ilmovimentoin cui vi volete imbarcare andrà a parare. buona navigazione.

  • ma forse la vera differenza è che io sto a messina, e che qua abbiamo accorinti e il teatro pinelli che tentano di dimostrarci ogni giorno che cambiare le cose è possibile…

  • Bravo!
    Condivido tutto. Non voler capire che tenersi l’euro e riformare la UE è infantilismo politico. Infatti l’euro è stato concepito per disciplinare i lavoratori, ridurre il potere d’acquisto e demolire il walfare, quello che di fatto sta succedendo. L’unica posizione di sinistra in senso stretto è quella di reintrodurre le monete nazionali e ritornare a fare una politica monetaria nell’interesse della nazione. Ma i signori non l’hanno ancora capito e confondono interesse nazionale con nazionalismo, abbandonando le classi lavoratrici alle quali non rimane che rivolgersi alle varie destre populiste. Un danno politico di cui pagheremo le conseguenze negli anni a venire. In fondo era Lenin che diceva: ‘Il disprezzo del proprio Paese è l’internazionalismo degli imbecilli’ .

  • qua si vuole allegerire troppo …si parla di calcio di kazakistan…volevo fare una battuta anch’io ma chi leggo peter yanez il troll preferito di bagnai …e allora mi incazzo di nuovo…

    l’italia è entrata nell’euro per questo
    ve lo dice andreatta in faccia (notate la scritta nella fascia in alto :monti presto nell’unione monetaria o saranno guai !)
    poi da vero ipocrita andreatta ci dice che il problema dell’italia sono gli alti tassi di interesse sul debito quando proprio lui con ciampi è il principale responsabile degli alti tassi…
    http://www.youtube.com/watch?v=eqEjhQ0RMlw
    ( a questo e molto altro gli intellettuali PiDddini lo sanno …anche quelli del manifesto per dire …l’ha scritto pure cavallaro sul manifesto , quindi non si puo’ neppure dire che non si sappia..
    non a caso renzi ha invocato andreatta come ispiratore…)

  • @Eliogabalo: questa facilità di dare di imbecille a chicchessia e questo ipertrofismo dei giudizi a priori sono segni evidenti della tendenza ad abusare del principio di autorità da parte dei movimenti populisti. grazie per avere fornito la prova empirica

  • e quanto dice andreatta ovviamente è proprio accaduto ovvimente…poi le materie prime ora le paghiamo pochissimo…peccato benzina e gasolio costino molto piu’ in italia che austria a germania (e tutti gli altri …)
    peccato che il finanziamento del debito ora costi 200 punti piu’ che in germania …(lo spread…) e sono 200 per granzia ricevuta dalla bce dopo aver perso sovranita’ economica con il fiscal compact in costituzione…per non parlare che ora gli italiani possono perfino emigrare in germania in cerca di lavoro ! in germania Wow ! a gli stipendi ? leggere goofynomic di oggi…
    e se le bundesbank invoca la patrimoniale per gli italiani che sia patrimoniale lo dice la camusso (meglio di andreatta) e dice pure che la disoccupazione aumentara’ (e il salario diminuira’ implicitamente) ma tanto che gli frega? anzi
    dai peter yanez dicci qualcosa sulla camusso o sui miliardi di euro risparmiati di interessi …quando gli interessi erano vicino a zero per tutti causa politica espansiva della fed..

  • @Yanez

    Il punto è che la costruzione europea è stata fatta “1 a 1 con la Germania”. Così ti piace di più? Mi spiace, ma qualcuno che onora la Sinistra esiste ancora.

    @leprechaun

    Peggio. Le argomentazioni erano già state usate dagli anni ’70: invito a visionare gli interventi dell’on. Spaventa alla camera durante la discussione per l’entrata dell’Italia dello SME. Il “fascismo” esisteva già allora e non inodossava già più la camicia nera.

    @Robert

    Non prendere con leggerezza il riferimento al Kazakistan: l’obiettivo americano (leggi oligarchie finaziarie angloamericane) di spingere a est la Germania è lo stesso degli anni ’30. Dovresti ben sapere chi sono i maggiori fomentatori in Turchia e in Ucraina (e dovresti anche sapere cosa è “l’heartland” e CHI e PERCHE’la vuole controllare).

    La geopolitica non rispetta le ere geologiche ma non cambia neanche così in fretta.
    —–

    Per chi ha ancora qualche dubbio: la UE è una delle facce “civili” della NATO (leggi: braccio armato delle oligarchie oil&finance). A Putin non piace essere circondato.

    Di “sinistro” il progetto europeo ha solo il ghigno di Draghi: chi lo sostiene è un filonazista e un collaborazionista. E non è un’opinione.
    (Per buona pace degli intellettuali tinti di rosso pagati con i soldi della famiglia Quandt… un brivido su per la schiena di qualcuno…).

    @Professore

    Siamo tutti vittime della neolingua e della nuova idolatria feticistica neoliberista: non diamo all’unità di misura della nostra schiavitù l’ingiusto privilegio della capital letter.

  • p.s.

    La Germania, dal punto di vista commerciale, ha sempre voluto avere una moneta sottovalutata per attuare efficacemente il proprio (storico) mercantilismo. E in questo, un certo “coefficiente di cruccaggine” c’è e come. Almeno rispetto la propria classe dirigente che per la terza volta in un secolo ha raso al suolo l’industria europea.

    Nell’asse franco-tedesco il desiderio egemonico è culturalmente da ascrivere maggiormente alla seconda che non ha mai brillato per equità sociale: quello tedesco è un equilibrio socioeconomico instabile per sua natura (compressione salariale + mercantilismo). Questa cultura delle sua èlite finanziaria la porta necessariamente, per non saltare, ad espandere i propri mercati tramite politiche beggar thy neighbour (come ora) o con metodi che non vogliamo ricordare. Questo gli USA lo sanno bene e bisogna comprendere perché hanno voluto celebrare il matrimonio tra le due Germanie.

    Vediamo cosa farà ad est: se rimbalzerà ancora contro la grande madre Russia vedremo di nuovo risvegliarsi i progressisti americani e magari ci verrà dato il tanto agognato New Deal.

    (Vorrei ricordare ai diversamente europei che il giardino felice di questa estremità dell’eurasia è da ascriversi, negli ultimi secoli, a questo “incomprensibile” popolo slavo che ha fatto molto, ma molto, ma molto di più delle Alpi…)

  • No, il ragionamento non mi convince. Se è così difficile riformare l’Europa attuale, perchè dovrebbe essere più facile demolirla? La metafora edilizia, comunque, non regge: è più facile fare a meno di una casa che di strutture politiche e sociali, che non possono essere sostituite da tende e roulotte. Inoltre, che senso ha dire che l’Europa attuale è più vicina alla concezione di Richard di Coudenhove-Kalergi, e per questo mandarla in malora? Sarebbe come se i socialisti di cento anni fa, poichè l’Italia era stata fondata da una dinastia reazionaria e analfabeta, avessero proposto di tornare al Granducato di Toscana e al Regno delle Due Sicilie. Tornando al tema principale, penso che un lungo e difficile ma non impossibile percorso potrebbe essere che la linke e i partiti analoghi negli altri paesi europei si confrontino seriamente a livello di base (non con inutili incontri al vertice), discutano davvero delle diverse storie ed esperienze nazionali (oggi, e non ieri, grazie a internet, si può), e in un futuro non remoto si presentino ovunque in Europa (sia per il parlamento europeo, sia per quelli nazionali, sia per quelli regionali) con un unico simbolo, un’unica sigla, e un programma generale comune. E su questa base battersi per costruire l’Europa del Manifesto di Ventotene, cioè un’Europa quasi opposta a quella attuale. La proposta della lista degli intellettuali non mi convince perchè mi sembra l’ennesimo trucco dell’ultimo minuto per partecipare alle elezioni imminenti sperando che nessuno noti l’assenza di un vero progetto politico. Inoltre, il suo prevedibilmente modesto risultato (naturalmente spero di sbagliarmi) porterebbe ulteriore ragioni agli iperrealisti renziani e agli antieuropeisti.

  • Complimenti, concordo in pieno. Aggiungo solo una noterella: l’asse franco-tedesco su cui si regge la UE si romperà, probabilmente, con una defezione della Francia (dove si trova, non per caso, il maggior partito euroscettico del Continente). Se poi il FN non piace perché di destra, capisco, ma allo stato dell’arte non vedo proprio partiti di sinistra euroscettici con un peso men che trascurabile.

  • da orizzonte48 mauro gosmin perfetta e sintetica spiegazione del cui prodest (euro):

    ‘io penso che chi ci tiene dentro questa gabbia ci stia guadagnando alla grande. Una piccola parte, a danno del resto del paese e della sua parte produttiva migliore.
    Penso che Confindustria ragiona più o meno così: abbiamo la moneta forte che ci consente di avere un alto potere d’acquisto all’estero, le nostre filiere produttive sono dislocate fuori dai confini nazionali e la moneta forte ci fa comodo. Inoltre abbiamo una moneta che non viene erosa dall’inflazione e funge bene come riserva di valore e per questo dobbiamo ringraziare solo i nostri fratelli maggiori tedeschi Per mantenere la competitività si abbassano i salari, ci pensano i media a dirre che è per il bene dei lavoratori, e se la domanda interna muore chi se ne frega, noi guardiamo la realtà non con la lente tolomaica rivolta alla nazione, che brutta parola, ma con la lente copernicana, noi guardiamo al mondo e vendiamo ai ricchi dei paesi emergenti. Con la distruzione della domanda interna muoino le piccole/medie aziende e che problema c’è, è la Legge della natura. Inoltre grazie all’europa a guida tedesca abbiamo anche lo Stato da spolpare vivo. Quindi via le privatizzazioni per un tozzo di pane.
    Qui siamo soli non possiamo contare su nessuno, inutile farci illusioni. Se vogliamo che la situazione cambi dobbiamo lavorare sul territorio a fianco delle piccole/medie imprese che sono il vero bottino di guerra, cercando di far capire loro che il peggior nemico non è lo Stato, ma la loro sorella Maggiore Confindustria. Tre milioni di piccole e medie industrie se si unissero avrebbero i numeri e anche la forza finaziaria per rovesciare il tavolo. Mille euro a ditta sarebbero 3miliardi e con quella cifra non c’è patto Berlusconi Renzi che tenga.’

  • chiosa (a quanto dice mauro gosmin) :il problema che il significato ‘pratico’ dell’adottare una moneta forte a bassa inflazione non è un segreto …era perfino spiegato nei corsi di economia politica complementari a giurisprudenza degli anni ’70 apprendo!
    Quindi politici (e sindacalisti) che hanno firmato i trattati e voluto fortemente l’euro lo sapevano …i discorso (l’ultimo?)
    di craxi al parlamento lo dimostra …mario draghi ha fatto la tesi con caffè sull’impossibilita’ di un unione monetaria europea…prodi e monti dichiaravano che crisi in europa erano necessaria per fare salti in avanti…quindi c’era consapevolezza e un disegno segreto implicito nei trattati europei dal ’90 in poi…verso una progressiva costruzione di un europa iperliberista o ordoliberista come la chiama barra caracciolo (e gli scritti di carli dell’epoca sono eloquenti…)

  • Mi sento di ringraziarla per la sua onesta e pragmatica analisi che si snoda toccando molti dei falsi miti in uso nella sinistra. Una sinistra ceca e sorda che sta lasciando nelle mani delle destre una probabile e auspicabile uscita dall’euro e dall’Europa. Aggiungo che per costruire una società dove i popoli siano più importanti della finanza è necessario uscire dall’Europa unitamente alle politiche liberiste. Questo però non potrà succedere se la sinistra lascerà l’iniziativa in mano alle destre.

  • ps: l’inps presenta conti gravemente in rosso …cosa avevo detto aspettiamo 3anni 3 anni e mezzo poi vediamo come finisce l’italia…in stagnazione ‘strutturale’ quando non recessione senza potere svalutare senza potere fare politica economica anticiclica…vedrete i conti dell’inps fra 3 anni (che necessita di un moderata crescita per autosostenersi) è uno schifo una vergogna…arriva l’8 settembre anche per ‘voi’ prima o poi , magari poi che prima ma arriva…

  • @ Robert e SantiNumi

    Mi sono limitato ad evidenziare un errore nel timore che l’autore lo potesse ripetere.

    P.S. Sul sito di Bagnai non lo posso fare, il Prof mi “modera” a comodo suo, forse teme di essere messo in difficoltà

  • La cosa assurda è che il cambio fisso deciso in tutta fretta con regolamento 1467/97 ha convertito a parità la LIRA e il MARCO sull’Euro: 1€=1.95DEM; 1€=1.93 ITL!!! http://www.ecb.europa.eu/euro/intro/html/index.it.html
    Quindi il MARCO si è tenuto sottovalutato e la LIRA sopravvalutata. L’Italia di Ciampi, Prodi, e Visco, fu costretta ad accettare questo cambio in guisa di garanzia sul debito pubblico, portando quindi ad un veloce e consistente trasferimento interno alla zona monetaria dall’Italia alla Germania.

  • Tutto essenzialmente corretto, ma per far politica dentro una “macchina statale”, bisogna aver una “macchina statale”, e i Padri Fondatori han deciso di cominciare dall’economia per costruirla, sessant’anni fa, senza poter immaginare che l’economia reale sarebbe nel frattempo diventata economia finanziaria, che è IL problema globale, attualmente.
    Quindi sarebbe bene che “i tecnocrati” più o meno elitari si dessero una mossa verso il passo successivo, l’integrazione politica: se questo deve prima forzatamente passare per il fiscal compact e l’unione bancaria pazienza, è questione ancora tecnica, diverrà politica poi… e poi si potrà riprendere forse anche a veder un po’ di Politica, e non solo isterie…

  • @ paolo raffone

    In pratica il tasso di conversione della LIRA e del MARCO fu deciso il 24 novembre 1996, quando in sede di riunione ECOFIN l’Italia trattò le condizioni per il rientro nello SME : fu deciso un rapporto di conversione di 990 LIRE contro 1 MARCO ( all’epoca il MARCO valeva 985 LIRE)

    Questa decisione fu la base del passaggio successivo cioè 1€=1.95DEM e 1€=1.93 ITL

    Quindi l’apparente parità della LIRA e del MARCO rispetto all’€ non era arbitraria ma in linea con i valori reali delle valute in questione

  • Aldo, una precisazione che è quasi altrettanto scientifica quanto quella del cambio euro/marco.

    I partiti che citi alla fine dell’articolo sono fascisti. Nigel Farage Pim Fortuyn…

    Non è che se sono dei nazionalisti impiantati in culture anti-tedesche e dunque non hanno riferimenti culturali al Reich non sono fascisti. O comunque la stessa merda condita in altra salsa.

  • @Roberto Buffagni
    la francia esce dall’euro comunque…vinca o non vinca il FN…semplicemente sono un paese sovrano e i francesi non si faranno imporre le politiche economiche dalla bce e dalla germania …quando questo avverra’ è impossibile dirlo , probabilmente non tanto presto perchè è molto problematico anche per loro…certo quando accadra’ sara’ nascosto il piu’ possibile fino al giorno dopo…
    o magari sara’ un operazione unilaterale non concordata , un vero incidente della storia

    @paolo raffone : e la lira ha rivalutato sul marco prima dell’aggaccio definitivo…

  • @Giovanni Talpone
    Hai colto un punto importante : se riformare la UE è impossibile perché distruggerla dovrebbe essere più facile ?

    E la risposta è semplice : perché mentre per cambiarla bisogna che tutti siano d’accordo, per distruggerla basta che uno solo degli stati più importanti esca dall’euro, per esempio l’Italia o la Francia.
    E allora ragionando in termini di salvezza della nazione , se conveniamo che l’intero tessuto produttivo e sociale italiano siano sull’orlo della catastrofe, e se conveniamo che la prima condizione necessaria anche se non sufficente sia il ritorno alla sovranità monetaria, per poter riattivare una politica di investimenti e di crescita economica impossibili da far digerire alla UE, allora in questa ottica è pensabile , anzi doveroso, fare fronte comune anche con quelle destre che a modo loro abbiano a cuore i destini della nazione.
    Intanto riprendiamoci la moneta poi ognuno tesserà la sua tela.

  • LA LISTA TSIPRAS FALLIRA’ IN ITALIA PERCHE’ NON SERVE A CHI SOFFRE SUL SERIO LA CRISI. Di Patrizia Turchi e Franco Astengo
    La lista pro-Tsipras fallirà in Italia non tanto perché proposta dai soliti “intellettuali degli appelli” che si pongono in contrasto con presunti dirigenti di partiti oscillanti tra il 2% e lo 0,6%.
    Fallirà perché non ha dentro le due idee di fondo che servirebbero: 1) Portare lo scontro sociale in Europa al livello della contraddizione di classe, come invece stanno facendo i gestori del feroce capitalismo di oggi (e di sempre); 2) Richiamarsi concretamente alla costruzione di una soggettività politica, di un partito per essere chiari che oltre a basarsi proprio sulla contraddizione di classe sappia anche porsi per intero nel contrasto al riguardo del tentativo in atto di cancellare il concetto stesso di rappresentanza politica.
    Due questioni molto semplici ma anche difficili da affrontare che nel “pasticcio” della costruzione di questa lista e/o di queste liste non compaiono all’ordine del giorno, mentre si pensa semplicemente alla sopravvivenza esprimendo anche analisi in forte ritardo rispetto alla realtà internazionale in movimento (si arresta la globalizzazione; torna la geopolitica: tanto per dirla con due slogan).
    Del resto, per quel che riguarda l’Italia, il punto non è quello degli intellettuali che escludono i partiti, ma della ricostruzione urgente di un partito comunista e della sinistra anticapitalista collegato anche alla storia e all’identità della sinistra italiana, che faccia ”opposizione” e progetti “alternativa “fornendo un senso alla possibile militanza delle tante e dei tanti che in questi anni, opportunamente, si sono messi ai bordi.
    Per richiamarli non basterà certo l’imitazione “soft” , senza insulti, del Movimento 5 Stelle: saranno necessarie le idee, quelle grandi della trasformazione del mondo e della rivoluzione, quelle forti di una militanza seria, impegnata, finalizzata all’espressione collettiva delle idee e alla loro concretizzazione nel quotidiano tenendo assieme opposizione politica e opposizione sociale.

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