
Allora, facciamo la guerra all’Isis?
D’Alema ha proposto una azione di guerra contro l’Isis per debellare il “Califfato”. Molti altri ancora non l’hanno detto ma lo pensano. E, d’altro canto è la risposta più facile da dare alla rabbia popolare.
Escluso che si possano bombardare i casermoni delle banlieu da dove provengono alcuni dei terroristi che sarebbero stati identificati, non potendo essere certi di identificare ed arrestare i clandestini dell’Isis presenti in Europa in tempi brevi, l’unico obiettivo visibile ed a portata di mano è quello, per cui la risposta immediata può essere quella. Ma sarebbe una mossa saggia?
Riflettiamoci un attimo: il nostro problema più urgente è stroncare la minaccia terroristica sul nostro territorio e radere al suolo il Califfato non azzererebbe quella minaccia. Se la memoria non mi inganna, aver abbattuto il regime dei talebani non eliminò la minaccia terroristica di Aq e dei gruppi più o meno collegati, visto che ci furono le stragi di Madrid, di Londra e così via. Quindi, Califfato o non Califfato, il problema di come sradicare la rete terroristica in Europa resterebbe.
Personalmente, essendo marxista, non sono un pacifista o un non violento e, pur odiandola, non escludo la guerra dal novero delle scelte politiche possibili (pur odiandola: ripeto), inoltre penso che il Califfato vada estirpato senza troppi complimenti e che questo sia possibile solo con la forza, prima o poi. Ma questo è un problema distinto dall’altro e lo terrei separato. Per ora il problema è quello di riattrezzare l’intelligence dei nostri paesi rendendola un po’ più efficace di quello che è stata sinora.
Poi c’è il problema dell’Isis che, ripeto, va tolta di mezzo, ma nelle forme, nei modi e nei tempi giusti. Fare l’ennesimo intervento occidentale sarebbe la ripetizione del solito errore, riducendo la questione alla solita guerra fra i “crociati” occidentali e l’Islam, cioè esattamente quello che gli jihadisti vogliono perché questo gli è funzionale a scalzare le classi politiche nazionali dei diversi paesi arabi. E non credo che questo ci convenga, anzi correremmo il rischio di vederci spuntare altri Califfati in giro per il Mondo (come è successo, per esempio in Nigeria con Boko Haram o in Libia con Derna) e magari la cosa prende fuoco in zone ultra pericolose come India-Pakistan oppure Indonesia. Non credo sia una prospettiva piacevole.
La questione del Califfato richiede due condizioni: che alla coalizione partecipino in primo luogo i paesi islamici della zona ed, in secondo luogo, che della coalizione facciano parte anche Russia e Cina e magari anche l’India. Ma per ottenere la prima condizione è necessario che ci sia un minimo di progetto per il dopo che riprenda in considerazione l’assetto complessivo del Mena, visto che i confini scaturiti dalla fine dell’Impero Ottomano, sembra che non tengano più. E qui occorre rosilvere seriamente la questione palestinese.
Per ottenere la seconda condizione occorre lasciar perdere il pretesto ucraino e riprendere rapporti decenti con la Russia. Per ora si può armare convenientemente, quindi anche con armi pesanti ed aerei, i curdi e cercare di spingere i giordani ed i sunniti irakeni a far qualcosa in più. E per sostenere i curdi occorre fare bene il conto con Erdogan convincendolo che non è bello quello che sta facendo. Nel caso sia necessario, si può anche accompagnare il discorso con qualche sonoro ceffone, magari puntando al rovesciamento del suo governo, in fondo non sarebbe la prima volta ed il fatto che la Turchia sia un paese membro dell’Alleanza Atlantica non dovrebbe essere di impedimento, visto che la logica con cui si muove non sembra tanto leale nei confronti dell’Alleanza. O no?!
Ma per ora lascerei perdere progetti insensati come un intervento unilaterale degli euro-americani: abbiamo già dato.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, boots on the ground, califfato, guerra isis, isis, parigi, stato islamico, strage parigi, terrorismo, terrorismo islamico

nic
Puntare al rovesciamento del governo della Turchia??? E questo sarebbe un modo per non veder spuntare altri califfati in giro per il mondo? Alla faccia della realpolitik.
Aldo Giannuli
a la guerre comme a la guerre
GherardoMaffei
Tragica frase pronunciata dal partigiano dei GAP romani Rosario Bentivegna uno degli esecutori della strage di via Rasella. Fu data in risposta alla ovvia obiezione che l’inutile strage di poliziotti sud tirolesi, avrebbe comportato una prevedibile rappresaglia. La strage di via Rasella rappresenta la prima vera strage di stato avvenuta nel novecento in Italia, che videro coinvolti i vertici del PCI con la tacita complicità dell’OVRA i cui funzionari furono ricompensati nel dopoguerra con il prosieguo impunito delle loro brillanti carriere. Gli autori di essa vennero insigniti di medaglie al valore militare (?) ed eletti in parlamento.Chi controlla il passato controlla il presente e il futuro.
ale
“poliziotti sud tirolesi” e’ una tua metafora per indicare gli spilungoni biondi in uniforme con la svastica sul braccio che giravano per l’europa verso la meta’ del secolo scorso, immagino?
GherardoMaffei
Il reparto di appartenenza si chiamava Regiment Polizei Bozen.Era composto da abitanti del Sud Tirolo ( o Alto Adige) della provincia di Bolzano.Erano anziani montanari e contadini arruolati obbligatoriamente, facevano parte della polizia ordinaria e non delle SS. Furono esentati dal partecipare alla rappresaglia perché inaffidabili politicamente, in quanto ferventi cattolici, che alla domenica facevano pure la comunione.Non portavano nessuna svastica al braccio,avevano compiti di piantonamento nei vari comandi germanici presenti a Roma.I miseri resti di alcuni di loro furono seppelliti nel cimitero militare di Pomezia.Requiescat in pace.
Gaz
Mi sembra eccessivo pensare che a Roma nel marzo del ’44 ci fosse uno stato sovrano, quanto piuttosto uno di occupazione.
francescoT
Solo coinvolgendo Russia e Iran si potrebbe pensare ad un intervento militare che non sappia di crociata. Ma la coalizione internazionale deve essere guidata da qualcuno…e gli altri in coda. Perchè nessuno considera semplicemente di andarsene dal medio oriente magari dopo aver ridefinito i confini dei paesi più destabilizzanti? Via militari e civili e aziende occidentali. Semplicemente immaginare e progettare nel medio periodo un distacco completo dall’oro nero. Restituire loro i loro deserti e procedere verso la terza rivoluzione industriale descritta da Jeremy Rifkin. Complicato o no, dopo aver clonato pecore e essere giunti su marte non posso credere che dobbiamo ancora “guerreggiare” per le fonti fossili. Se, ripeto SE fosse possibile (ma fino a quando neppure si considera l’ipotesi lo sarà in eterno -il che mi ricorda il pensiero unico sull’euro-) avremmo già tolto di mezzo buona parte del problema.
Aldo Giannuli
servono anche egiziani, sunniti irakeni, giordani…. è fondalemntale che ci siano gli arabi
Antonio
La vedo grigia visto che l’ISIS è la testa di ponte dei sauditi in Siria
nic
Non credo assolutamente che il “guerreggiare” di oggi sia anche solo lontanamente riferibile al petrolio (prezzo crollato, autonomia degli Usa grazie al fracking, ecc…).
Credo piuttosto che si stiano ridesegnando alcuni equilibri e, purtroppo, questo avviene spesso a suon di bombe.
Mauro
Caro Nic, sulla Turchia ha ragione, ma per il petrolio no. Il prezzo è crollato non per una ineludibile legge del mercato, ma perché qualcuno lo vuole basso allo scopo di sfiancare i russi e distoglierli dai loro progetti ferroviari euro-asiatici via Donbass. Gli stessi poteri ambiscono al petrolio dell’Iraq, per stivarlo nei pozzi esausti negli USA con CO2 sequestrata e compressa a spese dei virtuosi emettitori europei. Quanto al fracking, esso non può dirsi ancora più conveniente della rapina mediorientale.
andrea z.
Combattere seriamente l’Isis significa inimicarsi il suo principale sponsor: l’Arabia Saudita, che ha un ruolo fondamentale nell’economia e nella finanza americana e europea.
E’ di questi giorni la notizia che aerei sauditi hanno trasportato uomini del Califfato nello Yemen per eliminare gli sciiti nemici dei Saud, mentre altri Jihadisti sono stati spostati in Libia.
Ormai è chiaro che Arabia, Israele e Turchia con la benevola complicità degli USA si servono dell’Isis per l’esecuzione dei “lavori sporchi” contro il blocco sciita guidato dall’Iran.
Non credo che ci sarà mai da parte degli occidentali una seria volontà di combattere questi utili terroristi.
E’ vero che qualche volta questi signori vengono da noi a spargere terrore per conto di qualche entità superiore o per vendicarsi di qualcosa, ma nessun Paese occidentale rinuncerà mai ai miliardi di dollari che provengono dai loro protettori per qualche vittima innocente.
Tenerone Dolcissimo
Soprattutto fare guidare i russi. Sono gli unici a saper parlare il linguaggio che capiscono da quelle parti.
Giovanni Talpone
Sono d’accordo solo in parte. Il parallelo con AQ non regge, AQ non aveva un territorio (glielo ha inventato la follia dei collaboratori di G. W. Bush; non certo lui, che probabilmente non sapeva dov’era l’Asia). Probabilmente nell’immaginario dei terroristi l’idea di avere una patria, e quindi un popolo che li considera eroi è uno stimolo ulteriore. Inoltre bisogna ragionare, purtroppo, anche in termini religiosi: pensiamo all’espressione: “con il permesso di Allah”. Se il Daesh venisse distrutto, non vorrebbe forse dire che l’Unico Dio non ha permesso? Comunque, non bisogna solo parlare in termini di bombe: gli arabi (e i turchi) ci vogliono anche per sigillare economicamente l’area. Se riesce a esportare petrolio, che non si contrabbanda nei doppifondi delle valige, vuol dire che il Daesh gode ancora di complicità enormi. Bisogna partire da lì. Per quanto riguarda l’antiterrorismo in Europa, sorry: ci vuole una polizia europea, e quindi un Ministro degli Interni europeo, e quindi…
Mauro
Gentile Professore,
riprendo l’acuto discorso di Francesco T, tornando però prima al Suo cenno sulla Turchia.
In quel Paese, a mio modesto avviso si potrebbero individuare due fazioni prevalenti e trasversali: i devoti servi degli USA (vedi l’ex presidente) e i giocatori d’azzardo doppiogiochisti (vedi quello attuale). Entrambe le fazioni si illudono forse un po’ troppo che la cupola d’Occidente possa accettare che finalmente un bel giorno la Turchia sia il luogo di transito o quantomeno di imbarco del petrolio mediorientale e di quello centro-asiatico, rispettivamente nei porti di Iskenderun e Ceyhan. Ma ciò è del tutto estraneo agli obbiettivi della cupola, mai come oggi. Una nazione di 78 milioni non può gestire i rubinetti di transito, soprattutto con una Cina sempre più disposta a fare investimenti in nuove infrastrutture presso qualunque stato estero strategico glielo richieda, sopratutto se a fini elettorali. E qui le do ragione: la cupola vorrebbe eliminare tramite il Califfato le elezioni in tutti i Paesi strategici del Medio Oriente. Basti considerare quanto un Paese altrettanto popoloso, com’è l’Egitto, sia, a causa di Suez, nel mirino dei destabilizzatori islamici.
Dunque fino ad oggi la cupola si è avvalsa della Turchia, ma per scaricarla domani. Non dico che Erdogan non ci abbia pensato, tant’è che molti turchi oggi militano nell’ISIS, per poter dare a lui preziose informazioni ed eventualmente ribellarsi al Califfo, creandogli non pochi problemi. Ma certamente per la cupola la sola ISIS, una volta presa Latakia, sarebbe stata, prima che i russi rompessero le uova nel paniere, l’entità statuale più perfetta per il transito del petrolio proveniente da Kirkuk e dintorni (mette in fuga persino i pochi residenti, altro che libere elezioni!).
Ciò varrebbe anche per il transito del petrolio proveniente dal Caspio meridionale. Infatti l’ISIS ha già allungato le mani sul Kurdistan turco per fomentarne la secessione in modo da includere nelle terre redente anche l’oleodotto esistente fra Baku e Ceyhan (sebbene le ultimissime elezioni in Turchia non agevolano tale piano, a meno di denunciarne i probabili brogli). Questa operazione ordita dalla cupola sarebbe comunque alquanto difficile da attuare, salvo che i “devoti servi” ad Ankara lo siano così da frenare la reazione dell’esercito turco. Ma se ciò avvenisse, avendo russi, iraniani e iracheni già preparato nel Kurdistan turco formazioni curde pronte sì alla secessione da Ankara, ma anche dal Califfato, il transito del petrolio dall’Azerbaigian sarebbe in definitiva dirottato sulla rete russa, lasciando la cupola con un pugno di mosche in mano.
Da questa impasse la cupola potrebbe uscire solo con un intervento in “stile Afghanistan”. Guarda caso Venerdì 13 è comparsa a Parigi la fotocopia sbiadita del primo passo. Gli scarponi sul suolo siriano permetterebbero di imbrigliare l’autonomia di volo dei russi e sradicare lentamente da Latakia gli Assad e i suoi abitanti, magari offrendo loro un bel posto in Germania, e poi in una seconda fase, dopo la secessione del Kurdistan turco, lanciarsi all’inseguimento del Califfo in quei territori, sbaragliando però solo le milizie curde appoggiate da Mosca e Teheran.
La cupola tuttavia non immagina neanche che resterà con un palmo di naso quando un nuovo gruppo di tecnologie si diffonderà dai laboratori sperimentali d’Oriente, renderà del tutto obsolete quelle attuali riguardanti l’estrazione, il trasporto e la distribuzione sia degli idrocarburi che del carbone, e ridisegnerà tutta la geopolitica attuale, portando la pacifica disubbidienza perfino dentro il cortile di casa dei “lor signori”. E’ di questo che abbiamo bisogno nel lungo periodo, mentre nel breve basterebbe astenerci da ogni avventura e fornitura militare all’estero e ricordarci della grande attenzione che gli italiani dimostrarono nel denunciare ogni movimento sospetto sulle loro strade durante gli anni di piombo, sventando non pochi delitti.
Speriamo che ciò accada in fretta, prima che il cornuto riesca a fare altri danni irreparabili.
Gaz
MD’A ha una fissa?
Roberto B.
Immaginare di armare altri perchè facciano la guerra al posto nostro, è esattamente quello sporco lavoro che hanno fatto negli ultimi 50/60 anni i cosiddetti “Paesi civili”, in prima linea americani ed inglesi.
E questi sono i risultati.
Se si continua ad eludere il nocciolo del problema, che consiste nel pensare alla guerra di offesa (che è ovviamente altra cosa da quella di difesa), come possibile soluzione, ai mali odierni noti se ne aggiungeranno inevitabilmente altri ignoti futuri, come purtroppo la storia dovrebbe averci insegnato.
Tutti i ragionamenti che si leggono e si sentono fare in questi giorni, sono pieni di dietrologia che lascia il tempo che trova. Per conto mio, molto semplicemente e (forse) banalmente, penso che l’ISIS sia il frutto di quanto dichiarato dagli americani all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle: “Porteremo la guerra fuori del nostro Paese”.
E questo è esattamente quello che sta accadendo: non è la sola causa, le varie guerre “inevitabili” nel frattempo ne hanno prodotte altre, ma è certamente la prima e principale causa.
Poi si possono fare tutti i ragionamenti da bar che si vuole: cui prodest, chi vende le armi a chi, la guerra per le risorse energetiche, e via chiacchierando.
E stiamo contenti così.
Gaz
Fratelli d’Italia
Algido s’è desto.
Dell’elmo di Alds’è cinto la testa.
Dov’è Raqqa
che ischiava
di Rho Iddio la creò.
Libiam a corte,
siamo pronti alla morte,
Algido Gridò !
Aldo Giannuli
un capolavoro di poesia!
Gaz
🙂 spezzeremo le reni all’Isis
Aldo Giannuli
sarà ma la vedo dura
Gas
… ma è un piccolo divertissement. Troppo impegno!
Se a un comico dici che fa ridere, lo hai neutralizzato. E per fortuna che mi sono trattenuto dal citare Totò ..
§§§§§
L’isis è una brutta gatta da pelare, dietro la quale, di volta in volta, sono in parecchi, col rischio di avere più isis.
Intanto Renzi, è presumibile, che con i sauditi abbia raggiunto qualche sorta di accordo. In questo i nostri tecnici hanno una certa maestria. Gli interessi del Qatar verso l’Italia invece non so quanto siano coincidenti con quelli del più grosso vicino. Bisognerà pensare di proiettarsi nel Golfo, dove qualche amico storico dell’Italia c’è.
Certo, la sindrone etrusca resta la migliore soluzione contro l’Isis, ma è la più difficile a realizzare a causa delle divisioni esitenti e dei protagonismi di diversi attori che volgiono giocare in proprio.
Gli interventi americani nell’area hanno turbato gli equilibri tra soggetti un tempo dotati più o meno della stessa forza, al punto da rendere allora inutili i risultati dei conflitti armati.
Tra i due litiganti, il terzo gode, e il terzo è Israele.
Il problema c’è e resta. Però non dimentichiamo che molte volte i governi hanno il mavezzo di comunicare e lanciarsi messaggi con petardi … Sullo spfondo si intravedono le questioni palestinese – dove Israele è avvezza a prendere tempo- e curda, dove la Turchia di un embrione di stato curdo non vuole sentirne parlare.
Come si vede il quadro è frammentato. Conviene non avere nemici in quella zona e stare molto attenti nello scegliersi gli amici.
Se la forza dei contendenti si equilibrerà, si andrà verso una situazione di stallo, altrimenti i confini saranno rimodificati.
Non va dimenticata neppure la presenza dell’Iran.
Assad bene o male, con l’appoggio russo resiste.
Tra i possibili esisti finali c’è la divisione dell’Irak …
andrea
ma l’is deriva proprio dai sunniti irakeni,non sto capendo se fa confusione lei o mi sto perdendo dei passagi.
andrea z.
C’è un solo modo per liberarsi dell’ISIS, dei reali arabi, del Qatar, delle guerre tra sunniti e sciiti e del terrorismo: trovare una fonte di energia diversa dal petrolio.
Abbiamo milioni di scienziati, mettiamoli al lavoro e facciamo uscire l’energia dall’acqua, dall’aria, da qualsiasi cosa, ma basta petrolio.
Ercole
Alleare i sunniti con gli sciiti per far la guerra ai sunniti a vantaggio degli sciiti la vedo dura.
E chi si fida dei turchi ormai? Ieri allo stadio di Costantinopoli hanno fischiato durante il minuto di silenzio per ricordare le vittime del massacro islamico di Parigi. Era già successo a ottobre prima di un’altra partita, contro l’Islanda, per un altro massacro islamico avvenuto ad Ankara.
Sul rafforzamento dell’antiterrorismo sono d’accordo, ma sono da smantellare anche tutti i centri di ideologizzazione in Occidente (le scuole coraniche e almeno le moschee dove predicano apertamente l’odio). Oltre a impostare un programma di remigrazione progressiva.
DiegoSansone
Rovesciare Erdogan è una buona idea, ma non lo è se si individua nell’ingerenza imperialista e nei suoi servizi il soggetto del cambiamento. Forse la mia analisi è vetusta, tuttavia constato che le borse sono in rialzo ad ogni “ventata di guerra” :
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-11-17/siamo-guerra-ma-perche-borse-salgono-e-parigi-e-migliore-d-europa–111704.shtml?uuid=ACA7gnbB
Volano ENI e Finmeccanica:
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-11-17/cade-l-euro-borse-europee-netto-rialzo-091042.shtml?uuid=ACkaVjbB
Invece di combattere l’ISIS credo sia più opportuno combattere il capitalismo ed evitare di farsi intruppare dalla logica geopolitica.
Troppe incongruenze. Da sinistra sarebbe opportuno rivendicare lo scioglimento dei servizi segreti e l’apertura degli archivi di Stato.
Sarò banale ma credo al vecchio adagio: Il nemico è in casa nostra! » (Karl Liebknecht)
In questo caso la NATO e come sempre il nazionalismo. Vedere Parigi invasa da un’orgia di tricolore mi fa rabbrividire.
Così come mi rammarica vedere la gente dichiararsi “sicura” di fronte alla militarizzazione delle nostre città. In Italia abbiamo un governo illegittimo e i militari per le strade, in altri tempi si sarebbe gridato al golpe… ma siamo nell’era della postmodernità e pare che tutto vada bene.
Cordialmente
Ugo Agnoletto
una bella guerra vista da casa mia può anche farmi comodo, come anche il petrolio.
Ma mandare gli altri in guerra mi sembra un pò meno etico.
Certo, forse non abbiamo alternative, ma dobbiamo pur essere coscienti che qualcuno dovrà morire
Herr Lampe
Paradossalmente il suo ragionamento ha dei punti in comune con quello, mi pare, di Obama.
Il problema con Isis infatti non è di natura esclusivamente militare: in Iraq Saddam fu fatto cadere e, con un paese che ormai quasi non esiste più, il governo “legittimo” è ormai in mano all’Iran; in Libia Gheddafi fu fatto cadere e poco dopo l’ambasciatore Usa venne ucciso senza tanti complimenti proprio dai tagliagole che insieme a Francia e Uk avevano armato.
Per cui, mi pare, hanno capito – non senza una bella dose di schizofrenia – che il Frankestein che hanno nutrito è diventato il principale problema anche per loro ma che per risolverlo non possono seguire la strategia di Bush jr. (truppe di terra), devono appoggiarsi sui principali avversari di ieri. Ma che fare con gli amici turchi e sauditi di oggi?
Probabilmente non sanno bene neanche gli Usa cosa fare.
Di sfuggita rimane che gli unici, ben prima dei Russi, che hanno realmente dato uno stop a questa barbarie sono stati i curdi del Pkk.
Quindi ok alla guerra, ma dipende da chi la combatte. Una “coalizione internazionale”, pure con i paesi sciiti e sunniti (modello prima guerra del Golfo), ammesso si possa fare per i motivi di cui sopra, esacerberebbe il problema.
E, se sbaglio, mi corigerete.
Aldo Giannuli
corrigerò per quel che mi riguarda
DiegoSansone
Ahah grande!
Aggiungo che tirare in mezzo il PKK mentre si auspica una missione imperialista è ridicolo.
Aldo Giannuli
imperialista? Non si fa molta strada con questi schemi.Comunque la II guerra mondiale aveva caratteri di scontro fra imperialismo ma la resistenza ci fu lo stesso. o no?!
DiegoSansone
Imperialismo schema “sfasato”?
Può essere… ma come possiamo definire diversamente lo scontro tra le potenze mondiali sullo “scacchiere geopolitico”?
Lei cita un caso interessante: quello della Resistenza. La comparazione visto il ruolo giocato dai curdi è calzante. Tuttavia ritengo che sia proprio dall’insegnamento degli sviluppi di ciò che avvenne a seguito della Liberazione che dobbiamo apprendere:
-la conferenza di Yalta aveva segnato il destino nazionale;
-il ruolo di stay-behind, che lei ha analizzato meglio di altri incise sulle strategie del paese; o no?
-vi fu innegabilmente continuità tra lo stato fascista e quello “democratico”;
La Resistenza ci fu ugualmente ma venne confinata al ruolo di comparsa a alla fine del conflitto. Possiamo accettare la riproposizione di questi esiti?
Personalmente mi chiedo perché non ipotizzare un’alternativa alle conferenze degli Stati e ai loro giochi a difesa delle Corporation.
Agli inizi del ‘900 esisteva una sinistra internazionalista che seppe rivitalizzarsi dopo la conferenze di Zimmerwald. L’orizzonte di riferimento era l’autonomia di classe e l’idea che i popoli e non gli Stati potessero aprire un futuro diverso. Probabilmente sono sconnesso dalla realtà ma credo che la sola soluzione passi da una nuova Internazionale comunista, il solo antidoto alla barbarie.
Herr Lampe
Il concetto (chiamiamolo così) di imperialismo in senso marxista mi pare piuttosto attuale.
Si può pure dire che una resistenza popolare e di massa a Isis non ha le condizioni per sorgere.
Ciò detto, ammesso e non concesso che una coalizione che tenga dentro sauditi e iraniani, turchi e siriani pro Assad,i mille cani sciolti più o meno fondamentalisti dell’area, russi e americani, terminando questo crescendo rossiniano con Al Qaeda, come ha dichiarato un generale Nato (e a questo punto pure Godzilla e Pacciani, perché no?), dicevo, ammesso e non concesso si possa realmente fare: che effetto avrebbe? Azzardo un’ipotesi: con una mano combatterebbero Isis, con l’altra si tirerebbero coltellate alla schiena prima ancora di cominciare a sedersi al tavolo.
Mica come ora…
patrizia de lellis
Gentile prof. Giannuli,
scusi se mi intrometto in un post che non c’entra niente con la mia domanda ma ho visto che i commenti sul post su Pasolini del 2 novembre 2015 erano chiusi. La mia domanda è questa: cosa intendeva dire Pasolini quando scriveva “Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974)”?
La ringrazio in anticipo
Patrizia
Giorgio gattei
Se posso rispondere al posto di Giannuli, ecco l’Interpretazione autentica che da’ Pasolini in un’altra pagina degli Scritti corsari:
“Prendiamo le piste nere.Io ho una idea, magari un po’ romanzesca ma che credo giusta, della cosa. Il romanzo è questo. Gli uomini di potere, e potrei forse fare addirittura dei nomi senza paura di sbagliarmi tanto, hanno prima gestito la strategia della tensione a carattere anticomunista, poi, passata la preoccupazione della eversione del 68 e del pericolo comunista immediato, le stesse identiche persone hanno gestito la strategia della tensione antifascista. Le stragi quindi sono state compiute sempre dalle stesse persone. Prima hanno fatto la strage di piazza fontana accusando gli estremisti di sinistra, poi hanno fatto le stragi di Brescia e di Bologna accusando i fascisti e cercando di rifarsi in fretta e furia quella verginita’ antifascista di cui avevano bisogno, dopo la campagna del referendum e dopo il referendum, per continuare a gestire il potere come se nulla fosse accaduto” (sull’Europeo il 26 dicembre 1974). Insomma, estremisti di sinistra e fascisti (a meno di manovalanza) non c’entrerebbero affatto con la stagione stragista italiana, sempre e comunque “stragi di Stato” ma mi raccomando “deviato”! In Petrolio c’è pure una profezia: ci sarebbe stata ancora una bomba da far scoppiare, ma dove? “La bomba viene messa alla stazione di Bologna”!!!
Aldo Giannuli
ciao Giorgio. Abbastanza d’accordo
Zerco
Il primo problema della lotta all’ISIS è che non c’è c’è nessun “Califfato” (guardare le cartine: il territorio dello “Stato Islamico” è il deserto).
Il secondo problema della lotta all’ISIS è che non possiamo eliminarne gli organizzatori (siamo noi).