L’afasia degli intellettuali europei.

Nella vicenda dello scontro con gli islamisti si distingue con nettezza quel fenomeno che definiamo  “afasia degli intellettuali” e che cercheremo di spiegare proprio a partire dalla vicenda di  Charlie.

Ovviamente, rimane fermissima la condanna morale del massacro ed il rifiuto intransigente di ogni censura alla satira, ma, superata l’immediatezza del fatto, chiediamoci: “Le vignette di Charlie erano politicamente opportune? Quale è stata la loro oggettiva funzione politica?”.

La cosa che colpisce di più è la caratterizzazione ideologica dei redattori del settimanale: Stéphane Charbonnier collaborò con l’Humanitè, il giornale del Pcf, le sue vignette erano di schietta ispirazione anticapitalistica, Jean Cabut fu conquistato all’antimilitarismo dalla sua esperienza di soldato in Algeria, Philippe Honoré collaborò a Liberation e quanto a George Wolinski non c’è bisogno di ricordare che fu una delle espressioni più forti del maggio francese, con il suo orientamento libertario. Dunque, non certo persone di destra vicine alla Le Pen o sospettabili di razzismo.

La loro satira, anche nei confronti dell’Islam, aveva un segno libertario, proponendosi di combattere non una fede in sé, quanto il fanatismo di una parte (più o meno grande) dei suoi seguaci.  D’altra parte, proprio le minacce dei fondamentalisti (la redazione fu distrutta da un attentato nel 2011) li obbligavano a “tenere il punto”, proseguendo su quella strada.

Dunque, sostenere che “se la sono andata a cercare” è un’ ignobile manifestazione di viltà morale. E neppure è in discussione il tipo di satira fatta (per la verità di grana un po’ grossa) assai simile a quella anticlericale, ai primi del secolo, di Podrecca e Galantara, ma i due colpivano una fede del loro mondo ed a nessuno poteva venire in mente che volessero disprezzare la cultura europea, perché il conflitto, fra laici e credenti, restava tutto interno ad essa.  Nel nostro caso, al contrario, la polemica laica si intreccia inevitabilmente con quella fra culture e civiltà.  Una parte degli islamici (e non mi riferisco ai fondamentalisti, che non avrebbero bisogno di alcun pretesto, ma a molti credenti anche di orientamento “moderato” e persino non credenti ma di nazionalità mediorientale) hanno avvertito, in quella satira, l’eco del disprezzo dei colonizzatori. Nella manifestazione milanese contro i terroristi di Al Quaeda, molti appartenevano alla locale comunità islamica, ed  esprimevano la loro condanna per l’eccidio, però, cogliendo l’occasione per dire (era scritto anche su qualche cartello) “Con la religione non si scherza” ed alcuni loro portavoce hanno espressamente chiesto rispetto per la propria cultura.

Siamo convinti che Chabu, Wolinski e gli altri non intendessero assolutamente riprendere i luoghi comuni del razzismo colonialista, ma non hanno considerato adeguatamente come gli altri avrebbero letto le loro vignette. E qui siamo al punto: gli intellettuali europei non hanno prestato ascolto ai nostri interlocutori afroasiatici e non sanno parlagli (in questo senso dico “afasia degli intellettuali”).

Sarebbe indispensabile che i nostri lavoratori della cultura (storici, sociologi, politologi, psicologi in primo luogo, ma poi anche giuristi, economisti, letterati e via via medici ecce cc) assumessero come loro principale compito la mediazione culturale, indispensabile se vogliamo evitare davvero il conflitto fra le diverse civiltà, che la globalizzazione mette ogni giorno a contatto.

Vice versa, gli intellettuali, chiusi nelle proprie carriere, seguitano imperterriti a lavorare come se il mondo fosse sempre e solo l’Europa e gli Stati uniti, calzando addosso a tutto il resto del mondo le solite intramontabili categorie europee. Un esempio? E’ il caso della categoria di “Islamo-fascismo” coniata ai tempi della guerra dell’Afghanistan e disinvoltamente usata da intellettuali come Cristopher Hitchens, Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara. Una delle più colossali fesserie che siano mai state dette. E non perché manchino settori di Islam (settori, non tutto l’Islam) profondamente autoritari ed anche totalitari.

Qui il problema è capire le caratteristiche proprie dei fenomeni culturali, politici, sociali ecc. che stanno avvenendo nell’Islam, non dobbiamo stabilire la graduatoria dei peggiori criminali della storia. Forse quelli di Boko Haram o del Califfato sono anche peggiori dei nazisti, ma hanno caratteristiche proprie e parlare di fascismo serve solo a confondere le idee. Le categorie di fascismo ed antifascismo non sono universali, ma europee.

Una volta, la frase di una mia studentessa di colore mi rivelò di colpo quanto poco questo approccio eurocentrico parli al Mondo. Avevo appena finito di parlare del massacro degli ebrei perpetrato dai nazisti e, nella discussione seguente, una ragazza zairese, per nulla impressionata dal racconto dello sterminio ebraico, disse “Va bene, voi bianchi siete macellai e vi siete massacrati fra voi”. In Congo i belgi trucidarono circa 10 milioni di nativi, ma nessuno ricorda Leopoldo I come uno dei grandi criminali della storia. Teorizzare che quello del genocidio ebraico sia un “unicum” storico, oltre che essere una bestialità storiografica, suona alle orecchie dei popoli non europei come un espediente per rimuovere i crimini del colonialismo, dissimulandoli dietro le malefatte di un regime sconfitto, come quello nazista, per restaurare l’onore di francesi, inglesi, olandesi, belgi eccetera.

Si badi che nella frase di quella studentessa non traspariva alcuna pietà per le vittime del furore nazista: per gran parte dei popolo afro-asiatici gli israeliani sono solo europei che hanno occupato un territorio dei palestinesi, cui vanno le loro simpatie. Certo: le cose stanno diversamente, lo sappiamo, ma non è possibile ignorare il punto di vista degli altri che, per quanto erroneo, parziale o impreciso non è irrilevante. Tutto questo corrisponde a stati d’animo che sarebbe sbagliato ignorare e che segnalano quanto poco dica, fuori d’Europa, questa storia che continuiamo a raccontarci, con i suoi giudizi di valore, con i suoi topoi, con le sue figure e categorie di riferimento.

L’antifascismo è una categoria culturale importantissima ed ancora vitale, per l’Europa, ma dice molto poco al di fuori, a meno di non far rientrare a calci nella categoria di fascismo il regime nazionalista del Mikado, il peronismo, il regime Kemalista, il Kuomintang, i regimi castrensi di Asia ed America Latina, ed, appunto, il fondamentalismo islamico, che sono fenomeni peculiari dotati ciascuno di propria definizione. Usare la categoria di fascismo come “generalizzante” non è altro che il solito peccato eurocentrico.

Il problema è che gli intellettuali europei (di quelli americani non è il caso di dire) in gran parte sono stati assolutamente acritici di fronte al processo di globalizzazione o ne hanno criticato solo singoli aspetti (società dei rischio, liquidità…). Ma non ne hanno colto il contenuto aggressivo e potenzialmente bellicista. Raramente ne hanno criticato la prospettiva di puro e semplice adeguamento delle “periferie del Mondo” alla modernità occidentale e non ne hanno criticato il carattere fortemente ideologico. Solo pochi ne hanno colto la carica oligarchica legato al predominio finanziario. Tutto questo oggi li condanna all’afasia di fronte alla crisi che si apre e che non è solo finanziaria, ma insieme finanziaria, politica, sociale, culturale. E’ la “paralisi del linguaggio nell’epoca della comunicazione globale” cui Alessandro Colombo dedica le conclusioni del suo più recente libro (che consiglio vivamente di leggere). E di questa paralisi, gli intellettuali europei portano la massima responsabilità.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (13)

  • Sono fondamentalmente d’accordo. E penso che il punto centrale sia questo:
    “…hanno avvertito, in quella satira, l’eco del disprezzo dei colonizzatori”
    Finché noi ci comportiamo da colonizzatori è inevitabile che si manifestino certi sentimenti nei nostri confronti. Smettiamola di fare i colonizzatori, di voler imporre i nostri modelli agli altri, di pretendere che altri popoli siano al nostro servizio, e gran parte di queste pulsioni saranno disinnescate.

  • “superata l’immediatezza del fatto, chiediamoci: “Le vignette di Charlie erano politicamente opportune? Quale è stata la loro oggettiva funzione politica?”.”
    Se lei si pone questa domanda allora erano opportune e necessarie.

    “Una parte degli islamici (e non mi riferisco ai fondamentalisti, che non avrebbero bisogno di alcun pretesto, ma a molti credenti anche di orientamento “moderato” e persino non credenti ma di nazionalità mediorientale) hanno avvertito, in quella satira, l’eco del disprezzo dei colonizzatori.”
    E chi se ne frega!
    Personalmente, sono rimasto sconvolto da alcune reazioni dell’Islam “moderato” ascoltate in televisione: condanniamo l’eccidio ma…
    Ma cosa? Ma non erano opportune? La vostra civiltà deve ancora progredire parecchio per raggiungere il livello di quella europea se osate anche solo pensare quel ma!

    Certo, la civiltà europea ha prodotto anche una marea di schifezze, chi lo nega, compreso il colonialismo, le dittature del Novecento, le crociate, l’Inquisizione ecc. ecc.
    Quelle, però, sono cose alle nostre spalle che abbiamo condannato e che non sono state compiute da noi ma dai nostri avi. Noi non ci abbiamo niente a che fare!

    “Raramente ne hanno criticato la prospettiva di puro e semplice adeguamento delle “periferie del Mondo” alla modernità occidentale”
    Non so se lei ha presente la situazione di donne, atei e omosessuali in Arabia Saudita o anche solo nel più “moderato” dei paesi arabi: è qualcosa di inaccettabile!
    Totale parità tra i generi, tra omosessuali ed eterosessuali, tra credenti ed atei implicano necessariamente l’adeguamento dei paesi musulmani alla modernità occidentale!

    • ecco il suo errore: pensare che il colonialismo ecc siano cose superate, fatte dai nostri avi e con cui noi non c’entriamo. Questo è il nostro punto di vista (un po’ ptroppo auto assolutario) ma non quello di chi è stato colonizzato e che vede in ogni intervento militare dell’Occidente il ritorno della logica di crociata. E il punto di vista degoi altri si può non condividere ma non ignorare. Dire “chi se ne frega” è un sintomo grave di rozza arroganza

    • Signor Lettore anonimo, visto che noi europei ne abbiamo combinate di tutti i colori a casa nostra per secoli, perché non vogliamo permettere agli altri di vivere come pare loro a casa propria? E con quale coraggio noi critichiamo il modo di vivere altrui quando solo 60 anni fa nella civilissima Gran Bretagna uno scienziato e un genio come Alan Turing veniva incarcerato e costretto alla castrazione chimica e poi al suicidio perché omosessuale? Io se fossi un arabo o un nero e un europeo mi venisse a fare la predica risponderei “ma come ti permetti di dirmi cosa devo o non devo fare, chi ti credi di essere?” Perché loro devono adottare immediatamente certi comportamenti quando noi ci abbiamo impiegato secoli? Perché se si ostinano a seguire le loro tradizioni che noi, sottolineo noi, riteniamo sbagliate li bombardiamo? Perché devono per forza avere un governo democratico? Se preferiscono la dittatura o la monarchia assoluta o tanti capi tribù chi siamo noi per impedirglielo? Forse non se ne è accorto ma le schifezze, come le chiama lei, noi e i nostri amici americani non abbiamo smesso di commetterle, tutt’altro. E la colpa è di gente come lei che pensa di essere un esponente della civiltà più progredita del pianeta. Quando si comincia a dividere gli esseri umani in superiori ed inferiori il passo successivo sono gli eccidi: nativi americani, ebrei, congolesi, palestinesi, ecc.

      • Quello che la Gran Bretagna ha fatto a Turing è inaccettabile! È uno schifo e non ho nessun problema a dirlo. Così come affermo che è inaccettabile impiccare (nei paesi islamici non moderati) o imprigionare e frustare (nei paesi islamici moderati) atei e omosessuali. Per non parlare poi della discriminazione delle donne.
        Naturalmente è scontato per me dire che l’Italia e gli altri paesi europei dovrebbero adottare in massa la legislazione spagnola in materia di adozioni da parte di coppie omosessuali.

        Si tratta di principi inalienabili, non di tradizioni o costumi.
        Una tradizione può essere quella di indossare vestiti di colore rosso invece che blu, tanto per fare un esempio. L’esistenza del reato di apostasia non è una tradizione o, almeno, non è una tradizione accettabile. È una schifezza!
        L’infibulazione è qualcosa di mostruoso, un crimine contro l’umanità, non un costume!

        “Perché se si ostinano a seguire le loro tradizioni che noi, sottolineo noi, riteniamo sbagliate li bombardiamo? ”
        Ma non è vero! Nessuno ha mai parlato di bombardare l’Arabia Saudita!
        Abbiamo bombardato quando ci sono state delle ragioni geopolitiche tutto sommato condivisibili (Afghanistan) o per niente condivisibili (Iraq).
        Il colmo di tutto ciò è che in Iraq abbiamo rimosso un dittatore (senza dubbio crudele, sanguinario, colpevole di crimini contro l’umanità) meno fanatico dal punto di vista religioso della media della regione per ritrovarci ora con quello schifo di ISIS.

        Ora io non pretendo che in Arabia Saudita vengano legalizzate le adozioni da parte di coppi omosessuali dall’oggi al domani. Sono realista e so che è impossibile.
        Però affermo che, senza dubbio, la loro civiltà, il loro sistema giuridico è inferiore a quello europeo.
        E, per concludere, non ho alcun problema ad affermare che la civiltà europea è la più avanzata del pianeta, anche più di quella degli USA (civiltà che, sostanzialmente, discende da quella europea)! Nel caso in cui troviate possibili eccezioni (Canada, forse qualche stato in via di sviluppo del Sud-America, Australia, Giappone) si noterà subito che, nonostante alcune differenze (come nel caso del Giappone) si tratta di società molto simili a quella europea.

  • pienamente d’accordo, sugli intellettuali afasici europei, rimane sempre il problema dalla parte islamica a cui mancano costrutti ideologici alternativi all’attuale jihadismo e simili soprattutto il perché della necessità di pulizia etnico-culturale che non è coincidente con lo sviluppo economico anche se l’eliminazione dei concorrenti ci lascia a disposizione tutte le risorse, però non è una strada da internazionalisti di terza o quarta :P, come se fosse live motive di comunione sociale. Cose che si potrebbe affrontare nelle prossime puntate ;D.
    buona pasqua ai miscredenti :D.

  • “… gli israeliani sono solo europei che hanno occupato un territorio dei palestinesi, ..omissis… Certo: le cose stanno diversamente, lo sappiamo, …”.
    Prof. Giannuli, potrebbe chiarire questa affermazione?
    Perchè ed in quale misura le cose stanno diversamente? Lo stato di Israele è una diretta conseguenza della II guerra mondiale, oppure a suo avviso sarebbe comunque nato?
    Infine, senza volerne mettere in discussione l’esistenza, una persona che considera gli ebrei che hanno popolato la Palestina al pari dei colonialisti di qualsiasi tempo e nazionalità, si deve considerare necessariamente “di destra” e filo-nazista?

    • Israele sarebbe nato comunque. Il sionismo è una idea dell’800, che riprende l’idea dello stato nazionale. Gli israeliani non sono colonizzatori: in parte sono discendenti di coloro che hanno lasciato Israele quasi 100 generazioni fa e che sono ritornati (o ritornano) in patria; inoltre, c’è sempre stata una continua presenza ebraica in quel territorio, anche durante la diaspora. Non esistono ‘confini’ del 1967, ma soltanto una linea armistiziale, che risale al 1948 (infatti si chiama anche ‘linea verde’) e la ‘Cisgiordania/ West-Bank’ (Giudea e Samaria per gli israeliani) è un territorio conteso (e non ‘occupato’). Inoltre Gerusalemme non è mai stata capitale di uno stato arabo (neanche la parte est). E i cosiddetti ‘palestinesi’ nulla hanno a che fare con i filistei della bibbia (da cui deriva il nome), ma sono in massima parte discendenti degli arabi che sono incominciati ad immigrare a seguito delle aliyah ebraiche alla fine del diciannovesimo secolo.

    • E’ il solito riflesso condizionato del cane di Pavlov, per cui ogni critica all’entità sionista è bollata con l’epiteto di antisemitismo. Ne vogliamo parlare finalmente di questo moderno tabù?

  • Proprio a ridosso della strage di Parigi scrissi un articolo che cercava – in termini molto affini – qualche risposta alle stesse domande poste da Giannuli: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114346&typeb=0&#CharlieHebdo–E-l-Impero-del-Caos-che-bussa-non-l-Islam.
    Un estratto:
    “Il fatto è che noi, in Occidente, possiamo coprirci di infamia, tra di noi. Possiamo sbertucciarci oltraggiosamente senza freni, e mettere il nostro deretano bene in vista. Ma non possiamo pretendere che la nostra sfrontatezza diventi norma per altri. Non possiamo piallare il pianeta, pretendere che tutto si misuri e si scomponga con la stessa velocità del grande acido solvente rappresentato dal nostro modello di vita. Era Rousseau, se non sbaglio, a criticare i filosofi del suo tempo: «Pensano di parlare dell’Uomo, in realtà parlano di un parigino». Cos’è cambiato nella coscienza occidentale, nel frattempo, anche a Parigi?”

  • Se non ho capito male, le cosiddette libertà civili (inclusa quella di espressione) sono un ottenimento o un fallimento, dipendendo dall’occasione e “le diverse civiltà, che la globalizzazione mette ogni giorno a contatto”.

    Mi ricorda un po’ il regalino che orgoglioso sfoggiava Unto Dunto: Cintura? Cravatta? A nodo semplice, piccolo, all’Hussein…?

  • Professor Giannuli, il vero punto che lei solleva, probabilmente in maniera inconsapevole e involontaria, è l’impossibilità di conciliare interpretazioni culturali e modi di rapportarsi, al mondo e a sé stessi, diversi tra loro. Samuel Huntington, nel suo fondamentale e troppo spesso, volutamente frainteso libro “Lo Scontro delle Civiltà”, ha spiegato in un modo che non potrebbe essere più chiaro ed esaustivo come il mondo sia suddiviso in aree culturali ben distinte le une dalle altre, portatrici di storie, percorsi sociali e sistemi di valori che portano inevitabilmente a confliggere le une con le altre. Il che non significa che ci siano un miliardo e mezzo di persone, da una parte, e un miliardo e mezzo di persone, dall’altra, che si sparano a vicenda, questa è appunto l’interpretazione che danno al libro di Huntington coloro che volutamente, per fini politici, intendono fornirne una lettura deviata. Significa, semplicemente, che persone che appartengono a civiltà diverse tra loro non potranno mai giungere ad una piena e reale comprensione reciproca. E’ giusto e doveroso conoscere l’altro da sé, studiarne la storia e la cultura, e ascoltarne il punto di vista, ma una reale sintonia non ci potrà mai essere, perché ognuno di noi è troppo legato alla propria sfera culturale di appartenenza, per poter creare un’autentica empatia, perlomeno mentale, con chi appartiene ad un’altra sfera. Se poi vi sono dei contenziosi storici, come quelli che oppongono Occidente e Islam, e colonizzatori europei e colonizzati africani, Lei mi insegna che la faccenda, già complicata di suo, diventa quasi irrisolvibile. L’aneddoto che Lei ha riportato riguardante la ragazza zairese basterebbe da solo a sintetizzare il discorso: “Va bene, voi bianchi siete macellai e vi siete massacrati fra voi”. Al di là della considerazione morale (provi Lei ad immaginare, Professore, se noi dicessimo a dei ruandesi “Va bene, voi negri siete macellai e vi siete massacrati fra voi”, e lo scandalo che ne deriverebbe), questa frase spiega bene il muro che esiste tra le diverse civiltà, muri che neanche i più approfonditi studi e le più assidue frequentazioni reciproche riusciranno mai ad abbattere. Lei, probabilmente, mi risponderà che, in tempi di globalizzazione è impossibile che grandi gruppi di persone non entrino in contatto con altri grandi gruppi di persone di opposta (non diversa, ma proprio opposta) cultura, e che quindi occorre regolarsi di conseguenza e imparare a comunicarvici e a trovare un modus vivendi, come appunto ha scritto nel suo articolo. Anticipo la mia controrisposta affermando che se una cosa è sbagliata e nociva, come lo sono la globalizzazione, anzi, il mondialismo, e i movimenti di massa di interi gruppi umani (l’immigrazione contenuta e regolata è fisiologica e utile, l’immigrazione di massa che è in atto è un problema tanto che per chi immigra a bordo dei barconi quanto per noi che veniamo invasi), non bisogna accettarla a scatola chiusa, senza neanche avanzare delle riserve critiche, ma bisogna, quantomeno, contenerla e governarla. E se si vuole manifestare solidarietà nei confronti dei popoli diseredati (amicizia no, amici si può esserlo solo con i propri simili), occorre intervenire sulle cause che spingono milioni di afro-asiatici a riversarsi in Europa (e quanto affermo non è assolutamente fuori luogo rispetto al suo discorso, Professore, e non lo approfondisco solo per motivi di spazio). Contenendo il fenomeno migratorio, e limitando la portata del mondialismo, il numero di persone di cultura e civiltà diverse dalle nostre che vivono nelle nostre terre, con annessa forzata convivenza, calerà, perlomeno in termini percentuali. Riducendosi la forzata convivenza con persone di cultura diversa, non si porrà più il problema di come comunicare e di come trattare determinati temi senza temere di urtare la suscettibilità altrui e di provocarne reazioni come quella del gennaio scorso a Parigi. Mi rendo conto che, quanto ho scritto, possa dispiacere agli assertori del multiculturalismo e dell’universalismo umanitarista, ma è stato Lei stesso, Professore, seppure in maniera implicita e involontaria, a spiegare come i linguaggi, le sensibilità, e gli approcci risentano troppo della storia e dell’evoluzione socio-culturale della propria civiltà di appartenenza perché si possa giungere ad una comunanza di vedute. Per il bene di tutti, occorre prendere atto di questa realtà, e trarre le dovute, e realistiche conclusioni. Concludo dicendo che se io fossi stato al Suo posto, Professore, quella ragazza zairese non solo l’avrei fatta cacciare dall’università, ma l’avrei fatta espellere da tutto lo spazio europeo: una persona che ricambia l’ospitalità che le viene generosamente concessa, unita alla possibilità di vivere una vita estremamente migliore di quella che avrebbe potuto vivere in Africa, mostrandosi tanto sprezzante nei confronti di una nostra tragedia, come la Shoah, non è degna di calpestare il suolo europeo.

  • Condivido il Suo intervento. L’immigrazione di massa (che avviene solo in parte tramite i barconi, perchè molti di più arrivano comodamente in aereo o in nave con il ‘visto’ o con un passaporto UE), l’UE, l’Euro, l’eliminazione dei dazi doganali, ecc. sono stati tutti dei progetti delle élite ‘occidentali’, realizzati senza legittimazione democratica. Ci rimane poco tempo per eliminarne gli effetti deleteri.

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