Una legge di regolamentazione dei partiti?

Nella scorsa legislatura, la Camera approvò il disegno di legge di regolamentazione dei partiti, passandolo al Senato. Favorevoli 268 (i dem e parenti stretti come casiniani, alfaniani…) contrari 36 (Sinistra Italiana e Conservatori Riformisti di Fitto), astenuti 114 (Forze Italia, Lega, democrazia solidare e … sorpresa, M5s che non ha votato contro). Il M5s ha sostenuto una battaglia serrata contro la legge, ritenendola diretta contro di sé, ma si è astenuto dichiarando di non essere contrario in linea di principio ad una regolamentazione per legge dei partiti. Naturalmente non se ne è saputo più niente. Qui riprendiamo il senso politico della questione.

Intanto partiamo da una constatazione: solo pochissimi paesi europei non sottopongono i partiti ad una qualche normativa più o meno stringente.

L’assenza di una regolamentazione per legge dei partiti e la ripresa del modello dell’autodichia del partito politico proprio del regime fascista fu una delle cause di rilievo della degenerazione dei partito in oligarchie antigiuridiche: tesseramenti truccati, brogli congressuali e congressi fatti “a tavolino”, bilanci truccati, espulsioni pretestuose dei dissidenti, lottizzazioni per corrente dei posti di potere furono tutte prassi rese possibili o anche solo facilitate dal ”far west partitico” della Prima Repubblica.

La seconda repubblica ha risolto il problema azzerando il discorso della democrazia interna attraverso la nascita dei “partiti del leader”: congressi karaoke o nessun congresso, statuti inesistenti o impossibili da trovarsi, leadership non elette e mai verificate, gruppi dirigenti informali (cerchi magici, gigli magici, corte di Arcore ecc.) che contano più di quelli formali eccetera.

Dunque, un riordino della materia è necessario e non credo basti più l’autodichia dei partiti che continua a produrre disastri. Il punto è questo: i partiti vengono considerati società private ed al livello giuridicamente meno significativo, quello delle società di fatto, per cui i magistrati trovano facile eccepire il difetto di giurisdizione.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (5)

  • una delle storture derivanti dalla mancata regolamentazione è il fatto che, per es., Salvini incontri la LePen come segretario della Lega ma rivesta anche le vesti di ministro, per di più degli interni …

  • Timeo Danaos et dona ferentes.

    Ce ne possiamo mica fregare delle altre formazioni sociali ove si svolge la personalità umana? (art 2 Cost)

    Se le associazioni non riconosciute presentano criticità ci si aspetterebbero interventi normativi volti ad affrontarle senza doppiopesismi che riguardino i soli partiti.

    Sembrerebbe sensato che all’incrementare del numero di iscritti (o dei fondi gestiti) siano necessarie garanzie in modo che la maggiore complessità non privi i membri di associazioni non riconosciute dei necessari meccanismi di controllo e partecipazione.

    Nei verbali dell’Assemblea Costituente si rende chiaro che l’articolo 49 non intendesse regolamentare gli interna corporis (lo dice chiaramente lo stesso relatore umberto merlin il 22 maggio 1947) e dai dibattiti verbalizzati se ne possono intuire le ragioni.

    Il timore di comunisti e socialisti, tuttora valido, è che ci fosse il rischio censura politica mascherata dietro la parvenza di regolare la “democrazia interna” ai partiti (certo non è il solo come mostra la sentenza Ekoglasnost v. Bulgarie)

    Il senso del 49 dunque fu che il “metodo democratico” dovesse essere garantito all’esterno dei partiti dove più contava, cioè nel Parlamento.

    Già, il “metodo democratico” della Costituzione “doveva” essere l’autodichia parlamentare di gruppi eletti col proporzionale puro senza soglie (ma il proporzionale puro non è stato reso principio costituzionale; per fortuna è stato reso principio costituzionale neanche quel sotterfugio noto come “governabilità”)

    Se in Francia i regolamenti parlamentari sono soggetti al vaglio della corte costituzionale, in Italia c’è un’autodichia che assume connotazioni meno democratiche maggiore è la disporporzionalità dei risultati elettorali.

    Quando si creano abbastanza ostacoli alla formazione di nuovi partiti il cartello di potere che monopolizza i maggiori partiti esistenti ha in ostaggio le possibilità di voto degli italiani (che poi si astengono a vantaggio dello status quo).
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    PS: Gli statuti dei gruppi parlamentari (che nulla hanno a che vedere con quelli dei rispettivi partiti) possono prevedere espulsioni nonostante il divieto di mandato imperativo.

    Dunque l’espulsione dai gruppi parlamentari generalmente comportano la morte politica o il “trasformismo” di coloro che si spostano all’interno del cartello di potere esistente (trasformismo che come sappiamo si intende impedire).

    Che ci possano essere un certo numero di elettori che sarebbe disposto a rieleggere dissidenti generalmente conta meno della benedizione di un cartello di potere.

    Sostanzialmente si creano pressioni che vengono rafforzate da altri meccanismi come quello del groupthink e del’ignoranza pluralistica. Il tutto in punta di statuto.

    In presenza di soglie di sbarramento e cavilli vari il numero di dissidenti deve superare un valore critico che consenta di formare un nuovo partito che abbia la possibilità di essere riconfermato da un numero sufficiente di cittadini (numero che potrebbe crescere col tempo sulla base del precedente di Yumak e Sadak c. Turchia; numero che potrebbe superare di gran lunga quello con cui si vincono primarie dei più grandi partiti di questo paese)

  • L’articolo centra il cuore del cuore della vita politica italiana, se così si può dire.
    L’autodichia trasposta dal diritto costituzionale al diritto privato, sub specie di riserva di giurisdizione statutariamente prevista, è un’aberrazione.
    L’esercizio dei diritti politici -e quali- all’interno di un partito è soggettivamente disponibile o meno ?
    Così impostato sul piano processuale, il problema assume una coloritura diversa.
    Il maneggio di denaro pubblico all’interno di un partito politico va rendicontato, e a chi ?
    La Corte costituzionale agli inizi degli anni ottanta per sostenere la negativa fece addirittura leva sulla continuità tra i discilti Senato del Regno e la Camera, con gli attuali Organi costituzionali.
    Quando qualcuno bara … è ovvio che si perda.

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