Tag: debito pubblico

Ma siamo sicuri che non debba riprendere l’intervento Statale in economia?

Uno dei caspisaldi ideologici del neo liberismo (e forse il principale) è stato l’espulsione dello Stato dall’economia: le grandi holding statali (come le Partecipazioni Statali in Italia), dove c’erano, sono state smantellate e in gran parte privatizzate; alcune grandi aziende pubbliche, come quelle nel settore dell’energia e dei trasporti in alcuni paesi (come Francia e Italia) sono state trasformate in società per azioni  di cui lo Stato è l’unico azionista o comunque quello di riferimento, ma con la tacita intesa che, prima o poi si sarebbe privatizzato tutto.

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Sulla sostenibilità del debito.

Il mio intervento sulla questione della solvibilità e sostenibilità del debito ha sollevato obiezioni che non intendo ignorare ed alle quali preferisco rispondere collettivamente. Mettiamo in chiaro una cosa che mi pare sia stata fraintesa: la mia citazione del libro di Rogoff e Rehinart non implica una mia accettazione né della loro impostazione né delle ricette che propongono.

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Il Califfato, l’Ucraina e la crisi di panico dell’Occidente.

Siamo sull’orlo di una crisi di nervi? Pare proprio di si: il neo presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk evoca la “grande guerra con la Russia”, invitando implicitamente l’Europa a prepararsi a menare le mani, David Cameron gli va dietro, Hollande assume pose da dittatore romano davanti al Rubicone, il premio Nobel per la Pace Obama va a corrente alternata: un giorno minaccia apocalissi ed il giorno dopo si ritira. E sui giornali si leggono cose impensabili sino a qualche settimana fa.

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Abolire le province? E se abolissimo le regioni?

Per diminuire i costi della politica si era pensato di abolire le provincie, in considerazione che regioni e comuni già bastano alla bisogna. Poi, dopo le prevedibili proteste dei diretti interessati, è spuntata una mediazione: non le aboliamo, ma le riduciamo accorpandole. Lasciamo perdere i soliti piagnistei sulla ferite all’identità locale, per cui Livorno non può andare sotto Pisa, Mantova si sente degradata sotto Cremona, Prato si sente assassinata a tornare sotto Firenze ecc., veniamo alla sostanza: è una riforma inutile.

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L’idea sbagliata di partenza sul debito pubblico

Negli anni sessanta e settanta circolava un’idea, ritenuta una verità di fede, per la quale perseguire il pareggio di bilancio dello Stato era non solo sbagliato ed utopico, ma addirittura reazionario e fuori del tempo. Il disavanzo era programmato, perchè così si garantiva lo sviluppo.
All’epoca ero un giovane militante di gruppi di estrema sinistra,  ma, ciò nonostante, la cosa non mi convinceva affatto e la trovavo una idea completamente sballata. Perchè se per qualche anno poteva essere necessario fare disavanzo, prima o poi bisognava rientrare e ripianare i debiti.
Molti amici e compagni mi dicevano che i miei dubbi erano completamente fuori luogo e tradivano una “mentalità ottocentesca” e un po’ reazionaria, perchè la modernità impone il disavanzo come condizione di progresso e, dunque, esso deve essere costante, strutturale, permanente. E giù citazioni di Keynes che dimostravano quanto fosse auspicabile  chiudere i conti in rosso. Rispondevo “Sarà, ma non mi convince”.

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La gallina e la crescita

Alcuni frequentatori di questo blog (come Steffa88 e Gae, che ringrazio per la pazienza con cui mi leggono e rispondono) hanno mosso qualche appunto al mio articolo su crescita e debito ai quali mi sembra utile rispondere.
Gae (Immagino stia per Gaetano, o no?!) mi fa presente che la crescita non è la soluzione del problema, perchè da sola non ripaga il credito: “meravigliarsi che la crescita non ripaghi il debito è come meravigliarsi che la gallina, dopo aver fatto l’uovo non faccia anche la frittata”. Perchè è necessario un intervento umano che usi le risorse della crescita per ripagare il debito e, quindi, la crescita è solo la precondizione dell’eventuale risanamento del debito.
Steffa88 (suppongo possa stare per Stefano) osserva che la strategia della crescita è l’unica adatta a diminuire il debito, perchè: “In realtà non ci interessa lo stock di debito in sé, ma il flusso che il debito genera, e che è dato dalla quantità di debito ma anche dalla sostenibilità dello stesso. Una crescita sostenuta non solo diminuisce il rapporto debito/pil ma anche gli interessi”
Probabilmente non siamo affatto in disaccordo, ma semplicemente non devo essermi espresso con chiarezza, per cui si è generato qualche malinteso.

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Si può ridurre il debito con la crescita?

C’è una sorta di mantra per il quale il modo “vincente” per risolvere il nodo del debito pubblico è solo quello di puntare sulla crescita del Pil: se io ho un debito di 160 ed un Pil di 100 vuol dire che il mio debito è il 160% del Pil, ma se il mio Pil diventa di 200 vuol dire che il debito, pur restando fermo, è diventato l’80% del Pil e se arrivo a 400 si è abbassato al 40%. Man mano, il gettito fiscale dovrebbe crescere in cifra assoluta così da permettere la graduale riduzione del debito e dei relativi interessi, per cui, già dopo i primi anni (sempre che non ci sia un ulteriore disavanzo statale da finanziare con nuovo debito) il capitale inizierebbe ad essere gradualmente rimborsato e, via via, ridotto.

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I possibili sviluppi della crisi

La tempesta in borsa non si è ancora placata e fa ballare banche, monete, società per azioni, fondi speculativi e Stati.
Il punto è questo: la seconda recessione appare sempre più probabile e vicina e il troppo denaro in cerca di remunerazione moltiplica la tempesta. Come è noto, il liquido scorre lungo i pendii dove incontra minore resistenza ma quando è troppo e scorre fra canali troppo stretti, agitato da venti di tempesta e maree improvvise, il liquido dà luogo a tempeste rovinose. E la “liquidità” del denaro non fa eccezione.
Dunque, è lecito chiedersi “dove stiamo andando a sbattere” con le nostre fragili scialuppe, così come siamo in balia del fortunale.

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La liquidità di Bernanke

Greespan (al quale si attribuisce –giustamente- buona parte della responsabilità del crack del 2008) non ci è mai sembrato un granchè, ma al confronto di Bernanke è un genio.
Insomma, tutto quello che il baldo governatore della Fed è riuscito ad escogitare in tre anni, per far fronte alla crisi, è stata l’alluvione di dollari che avrebbero dovuto favorire la ripresa economica degli Usa.

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