Abbiamo vinto la guerra con l’Isis? Non direi.
L’enclave libica a Sirte sta cadendo e Raqqua e Mossul stanno per essere prese: allora abbiamo vinto la guerra con l’Isis? No, non mi convince.
L’enclave libica a Sirte sta cadendo e Raqqua e Mossul stanno per essere prese: allora abbiamo vinto la guerra con l’Isis? No, non mi convince.
Almeno un dubbio sulla strage di Istanbul che lo siamo tolti: è stata l’Isis come dimostra la rappresagli turca su oltre 500 postazioni militari del Califfato. Resta da capire il perché si stia sviluppando questa guerra fra due soggetti che sembravano tanto amici sino a venti giorni fa e resta da capire cosa voglia dire Erdogan quando parla di entità nascoste che stanno dietro la strage. L’attentato di Giacarta ci dà qualche lume sulla logica dell’Isis in questa fase.
Non era difficile prevedere che la strage di Parigi non sarebbe rimasta isolata: nel giro di due mesi sono venute quelle in Libia, a Baghdad, altre minori e adesso quella ad Istanbul. Questa intensificazione nel ritmo non è casuale e segna una svolta su cui meditare per capire che sta succedendo.
Tutta la questione dell’Isis e della conseguente decisione sulla guerra, si basa su un assunto di partenza: che l’Isis voglia distruggere l’Occidente cristiano, il nostro stile di vita, le nostre libertà e trasformare San Pietro in una Moschea, come si legge nei loro proclami che ci appaiono farneticanti. Dunque è l’Occidente il nemico principale della jihad da cui dobbiamo difenderci. Ma le cose stanno proprio così?
Dopo la morte di re Abd Allah, il 23 gennaio scorso, l’Arabia Saudita sembra entrata in una fase di fibrillazione. Le ultime notizie sono di pochi giorni fa: il re Salman ha dichiarato eredi al trono in successione il ministro dell’Interno Mohamed bin Najaef (figlio di un fratello suo predecessore) e il proprio figlio Mohammed bin Salman (”saltando” il suo più anziano fratello Muqrin), contestualmente, ha insediandolo anche come ministro della Difesa ed ha esautorato Saud Al Feisal dal ministero degli esteri, che reggeva dal 1975 e che era uno storico alleato degli Usa, sostituito con Adel al Juber, un tecnico, non appartenente alla casa regnante e già ambasciatore a Washington.
Con l’attentato di Tunisi è ormai chiaro che siamo tornati alla situazione del 2004-2006, quando gli attentati terroristici si susseguivano a livello mondiale (Madrid, Londra, Bali, Sharm el sheikh ecc.), con la differenza che ora, oltre con Al Quaeda, ce la dobbiamo vedere con l’Isis e con la concorrenza fra i due che spinge a moltiplicare il loro attivismo.
Martedì 10 marzo us, sono stato ascoltato, in qualità di esperto, dalle Commissioni Difesa e Giustizia della Camera, in seduta comune, sul DdL-antiterrorismo appena emesso dal governo. Qui di seguito riassunto quanto ho detto in proposito.
Siamo in piena tempesta nel campo delle relazioni internazionali che sono entrate in fibrillazione già dal tempo della “primavera araba” e che hanno registrato forti divaricazioni nell’anno appena concluso. Le maggiori si sono aperte con la crisi ucraina, prima con l’annessione della Crimea alla Russia e poi con la nascita della repubblica del Dotensk, parimenti sostenuta dalla Russia. Questo ha prodotto un doppio ordine di divisione: da un lato la contrapposizione fra Russia e fronte occidentale che ha condannato e sanzionato l’annessione. Dall’altra una divisione intra-occidentale e intra-europea fra il fronte anti-russo – Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Svezia e Regno Unito – e quello che pur sanzionando Putin vuol dialogare –Germania ed Italia in testa-.
Il 27 gennaio scorso, a Tripoli, un commando del cd. Califfato di Derna (che ha riconosciuto la leadership dell’Isis) ha attaccato l’hotel di lusso Corinthia, dove abitualmente risiedono i manager ed i diplomatici restati in città e dove era ospite il premier islamista, Omar al Hasi (non rsconosciuto dalla comunità internazionale a differenza del governo di al Thani rifugiato a Tobruk) che però non era presente al momento dell’attacco.
Al Quaeda della Penisola Arabica –Aqpa- (ex Al Quaeda Yemen) ha rivendicato l’attentato a Charlie, con un video, sulla cui autenticità non mi pare possano esserci dubbi. E’ interessante notare che non si parla di una cellula di “Lupi solitari”, ma si dice esplicitamente che la decisione è venuta dal numero uno di tutta Aq Ayman al-Zawahiri e che l’azione è stata ordinata ai fratelli Kouachi (secondo la dichiarazione di Nasser bin Ali al-Ansi (dirigente del braccio operativo di Aqpa).