Riforma Renzi: l’elezione del Presidente della Repubblica.
Il testo della riforma modifica sensibilmente la figura del Presidente della Repubblica per effetto del “combinato disposto” fra legge elettorale e riforma costituzionale.
Sinora la composizione del collegio elettorale per il Capo dello Stato prevedeva 630 deputati, 320 Senatori (315+ quelli a vita, oltre gli ex Presidenti) e 58 consiglieri regionali, per un totale di circa 1.008-10 grandi elettori, per cui la maggioranza assoluta era di 505-6.
Già l’introduzione del maggioritario ha sbilanciato fortemente la partita a favore della maggioranza governativa, ma questo trovava un limitato contrappeso nel Senato eletto “su base regionale”, per cui la maggioranza di governo era sempre più risicata che alla Camera, e nei 58 consiglieri regionali che, il più delle volte, erano divisi quasi a metà fra maggioranza ed opposizione; peraltro, la maggioranza era costantemente composta da più partiti coalizzati e, per l’elezione del Capo dello Stato, il vincolo di maggioranza non sussisteva, senza contare il ruolo dei franchi tiratori che spezzavano la disciplina di partito. Per cui, pure avvantaggiata dal sistema maggioritario, la coalizione vincente trovava diversi limiti e la partita dell’elezione era ancora abbastanza aperta, come ha dimostrato la tormentata scadenza del 2013 terminata con la rielezione di Napolitano dopo che il Pd si era frantumato per il ruolo dei franchi tiratori. La norma prevedeva una maggioranza dei 2/3 nelle prime votazioni, quella assoluta degli aventi diritto dalla quarta in poi. Salvo rarissime eccezioni (De Nicola nel 1946, Cossiga nel 1985) il Presidente è sempre stato eletto dalla quarta votazione in poi.
Nel nuovo Parlamento in seduta comune, che in totale conterebbe 730 membri (non ci sono più i 58 rappresentanti delle regioni ed i senatori sono solo 100, più gli ex Presidenti della Repubblica) la maggioranza richiesta è di 2/3, come prima, per i primi tre scrutini, del 60% dal quarto al sesto e la maggioranza assoluta (dei votanti e non degli aventi diritto) dal settimo quando basterebbero 366-7 voti qualora votassero tutti.
Considerando che con l’Italicum il partito di maggioranza dispone già di 354 seggi alla Camera, questo significa che, con altri 12-13 voti esso, dalla settima votazione, potrebbe eleggersi il Presidente da solo . Anche perché è del tutto improbabile che il partito di maggioranza alla Camera, non disponga almeno di 1/3 dei 95 senatori provenienti dagli enti locali, il che significa una quota aggiuntiva di altri 31-32 voti cioè un pacchetto di partenza di almeno 385-6 voti, cioè una ventina in più di quelli necessari. Ovviamente, a condizione che il gruppo parlamentare di maggioranza resti compatto e non si decomponga.
Pertanto, al vantaggio precostituito del partito di maggioranza, vengono meno tanto il contrappeso del Senato ma, soprattutto, viene meno il freno della coalizione, dato che il premio va al singolo partito che, in linea generale, può esercitare più efficacemente il vincolo disciplinare.
Detto in parole povere, l’unica insidia possibile sulla strada del “Presidente di partito” è la “congiura dei boiardi”, cioè il ruolo dei franchi tiratori interni al partito.
Dunque, l’elezione del Presidente sarebbe decisa sostanzialmente da una maggioranza che, con ogni probabilità, rappresenterebbe solo una minoranza degli elettori. Pertanto avremmo un Presidente la cui genesi ne comprometterebbe dal nascere il ruolo arbitrale e di garante della Costituzione. Di fatto, godrebbe dell’autorevolezza di un qualsiasi funzionario di partito.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, come cambia il presidente della repubblica con la riforma renzi, presidente della repubblica, referendum costituzionale
Brugial
Era mia intenzione proporre questo intervento in coda al precedente articolo, ma questo di oggi arriva come il cacio sui maccheroni.
Allora: la riforma della Costituzione è da respingere senza se e senza ma perchè altrimenti andiamo a finire in un sistema di stile “turco” dove di democratico rimane ben poco.
E va bene, prendiamola per buona e non controbattiamo.
Avrei però qualcosina da ridire, e scusate se è poco, su quanto invece andremmo a tenerci visto che, chissà perchè, nessuno vuol vedere.
Bene. Prendiamo ad esempio il Berlusconi dei tempi d’oro e poniamo che abbia corso da solo con il suo partito “Forza Italia- Berlusconi presidente del consiglio” prendendo, con un sistema puramente proporzionale (notare bene!), 316 alla Camera, cioè la maggioranza assoluta (idem al Senato).
A questo punto tutti penserebbero che la sua nomina a Presidente sia automatica.
Ma c’è la nostra Costituzione, proprio quella che si vuol difendere a tutti i costi, e a prescindere.
Tu hai il Presidente della Repubblica che, visto la situazione internazionale, la Merckel, FMI, Bilderberg, ONU, Braccobaldo, Padre Pio ecc ecc… arriva alla conclusione che nominare Berlusconi sarebbe una sciagura nazionale e che bisogna invece assolutamente fare altrimenti.
Ecco che spunta allora un tale prof. Papargianni, l’unto del Signore, in quanto lui, e solo lui, è in grado di guidare al meglio e mettere in sicurezza il Paese.
50 deputati di Forza Italia (i fedelissimi) dicono subito di no e chiedono il rispetto “delle regole” (ma quali???). Gli altri 250 lasciano intendere che invece la cosa si potrebbe anche fare.
Ecco che allora 100, 120 o più deputati della “opposizione” si dichiarano disponibili a sostenere il Parpagianni il cui governo passa alla Camera con 370 voti a favore, ben 55 in più di quanti ne avrebbe avuti Berlusconi.
Ed è tutto perfettamente legale, legittimo e soprattutto costituzionale in forza della carta che volete tenervi.
Vi va bene così??
Perchè queste solo le regole in vigore, o mi sbaglio?
Ancora una volta lo dico e lo ripeto: voglio lo spacchettamento per decidere io cosa va bene e cosa no in modo che poi, in base alle pezze che si dovranno mettere insieme, salti fuori qualcosa che sia veramente di garanzia della volontà popolare.
Riccardo M
La Repubblica Italiana è Parlamentare. Significa che il PDC è scelto dal parlamento, non direttamente dai cittadini al momento del voto. Non vi sta bene? Provate a cambiarlo, ma ricordate che c’erano eccome le ragioni per decidere questo assetto nel 1948, ragioni che sono ben raccolte negli atti della Costituente. Prima di sparare sentenze andrei a leggerli, quegli atti, prima di stabilire se quell’assetto istituzionale è obsoleto o meno (spoiler: direi proprio di no).
Tra l’altro se paesi che uscivano da una dittatura (come la Spagna del post franchismo o vari paesi ex comunisti) hanno copiato a man bassa dalla nostra Costituzione, forse un motivo ci sarà. Ed è bene chiarire, per evitare polemiche a vanvera, che l’attuale instabilità politica nel paese iberico nostro vicino, non dipende affatto dall’essere una Repubblica Parlamentare come la nostra, ma da altri aspetti che riguardano l’etica politica, lo spirito democratico e la crisi rappresentativa dei partiti, crisi che è propria di tutto l’occidente.
Brugial
L’ignoranza può anche essere scusata, ma certo arrogate spirito di polemica del tutto fuori luogo proprio no.
Vatti a rileggere la Costituzione e, forse, riuscirai a capire che il PDC non è certo scelto dal Parlamento (altrimenti cosa mai avrei scritto il mio intervento?? Proprio non ci arrivi???!) ma è scelto dal Presidente della Repubblica, massima espressione del ceto politico, la cui scelta è poi ratificata dal Parlamento.
Ed entra in carica subito dopo il giuramento e ben prima di ricevere la fiducia dalle Camere.
Allora ditelo
“Parlamentare” doveva significare che il governo del paese fosse affidato all’unica Istituzione per la quale era stata CONSAPEVOLMENTE prevista elezione diretta.
Le nomine concorrenti da parte di più istituzioni hanno generalmente la funzione di consentire la garanzia di imparzialità.
Giacché l’esecutivo doveva avere funzioni di supporto ad un Parlamento multipartitico rappresentativo, l’elezione di secondo livello ne sanciva la subalternità ad un organo che aveva mandato rappresentativo direttamente dai cittadini.
Una scelta che si riconduceva all’esigenza di impedire conflitti di investitura (accezione discussa esplicitamente negli atti pertinenti all’elezione del Presidente della Repubblica) e che solo una propaganda massiva ha potuto negare.
Intanto mentre si mente sulla lentezza del Parlamento si accumulano i ritardi dei decreti attuativi che sono pertinenza dell’esecutivo.
Non tutti i padri costituenti furono soddisfatti dalla Costituzione: ancora oggi i parlamentari non giurano su di essa.
Sappiamo tutti quale maggioranza ha avuto il dominio incontrastato del Parlamento:
Fu la stessa che elaborò la legge truffa già alla I legislatura. La stessa che lasciò che nelle scuole venisse dato più spazio alla religione che all’educazione civica.
La repubblica televisiva maggioritaria con format da reality è una narrazione fittizia ordita da mediatori (elitari) dei mass media.
Gli unti dalla televisione a cui viene negata l’investitura plebiscitaria come se fosse un affronto recitano calpestando il cadavere di una Costituzione che designava nei parlamentari eletti la responsabilità delle scelte.
Non ad una immagine fittizia creata in favore di telecamera.
La disciplina di partito ha un altro nome
https://it.wikipedia.org/wiki/Groupthink
La costituzione (art 67) non la prevedeva ma è stata introdotta surrettiziamente sfruttando l’autodichia delle Camere (e gli statuti dei gruppi).
L’errore indotto condizionando le votazioni con forme di pressione (inclusa la questione di fiducia) non è scusabile né insindacabile.
Se a decidere sono in realtà pochi soggetti che vincolano una massa di “rappresentanti incompetenti scelti per gli elettori” (che hanno poche scelte oltre all’astensione) è bene che siano particolarmente preparati (teorema della giuria di Condorcet) e che rispondano giuridicamente delle loro decisioni senza giovare implicitamente della insindacabilità parlamentare che era fondata su presupposti che sappiamo generalmente calpestati senza ritegno.
Paolo Nobili
Il fatto che a eleggere il Presidente sia la maggioranza dei votanti e non più degli aventi diritto concretamente che differenza fa? In fondo alle votazioni per il Presidente della Repubblica gli schieramenti in genere sono al gran completo in aula, o comunque i partiti possono costringerli ad esserci, quindi il tipo di maggioranza necessario non mi pare che pregiudichi la capacità del partito maggioritario di eleggersi il suo presidente alla settima votazione.
Paolo Selmi
La differenza, per entrambi gli interventi, la fa quella cosa strana che si chiama legittimazione. Un presidente della repubblica succursale del segretario del partito di maggioranza è delegittimato in partenza. Non è e non può essere una figura di garanzia istituzionale, un riferimento per tutti, maggioranza e opposizione. È una semplice pedina, una comparsa, un ingranaggio da mettere in moto, un automatismo che non necessita, quindi, di nessuna legittimazione. Mattarella, per come si sta comportando, rappresenta il prototipo di questo processo involutivo. Vince il si e avere sassolini in un ingranaggio perverso, non dico contrappesi democratici nell’esercizio dei poteri, sarà ancora più difficile di adesso, se non impossibile.
Vincenzo Marineo
Premesso che io sono per il NO, mi preme però osservare che mi sembra che il partito che vince abbia 340 seggi, e non 354; e che la maggioranza richiesta dal settimo scrutinio sia dei 3/5 dei votanti (nuovo articolo 83).
Supponendo, come risulta da una simulazione de “La Stampa”, che il PD abbia in Senato 55 voti, sarebbero allora da trovare 440 – 340 – 55 = 45 voti tra i restanti 340 delle opposizioni, che non sono certamente “una parte rilevante delle opposizioni” come affermano i sostenitori del sì in questo intervento:
http://www.bastaunsi.it/bufala-fronte-no-presidente-della-repubblica/
Aldo S. Giannuli
giusto il rilievo numeroco docuto alla fretta, per cui ho fatti una “casi prsicologic” FRA IL 54% DEL
giustoil rilievo numeroco per cui ho fatto una involontaria “crasi” fra il 54% del prenio e la cifra assoluta di 340, comunque cambia poco ai fini del nostro ragionamento, epr cui al partito vincente alla camera macherebbero solo 26-7 votida trovare fra gli eletti all’estero, i senatori (sia elettivi che presidenziali) e qualche Scilipoti si trova sempre.
Gisella Bottoli
Per Marineo: solo una piccola aggiunta, i 340 sono calcolati sui seggi nazionali, cioè su 618, l’Italicum non si applica alla Circoscrizione estero, quindi ai 340 andranno certamente aggiunti per il partito di maggioranza alcuni seggi esteri, aumentando così il n° dei parlamentari a disposizione nel 7° scrutinio
Gaz
Caligola nominò senatore il proprio equino Incitatus per dimostrare quanto egli fosse potente e quanto poco valesse il senato.
Agnoletto Ugo
se io ho una bussola che funziona male, qualsiasi cosa segni, so che è sbagliato. Idem per Renzi che è antidemocratico, particolare da niente vero?
Giuseppe
Comunque dal settimo scrutinio in poi il quorum non è della maggioranza assoluta dei votanti, ma del 60% (3/5) dei votanti. Mi pare che questo affossi tutto il ragionamento.
Aldo S. Giannuli
giusto ma non affossa niente: il quortum è di 438 quiondi alla maggioranza servono 98 voti il Senato ha 100 membri, da cui attngere, alla Camera ci sono gli eletti nelle circoscrizioni estere (altri 12 voti) ed è facile aggiungere una lista civetta o un alleato minore, con qualche piccola fatica in più, l’obiettivo è sempre raggiungibile.
Giuseppe
Quindi, ricapitolando, la maggioranza avrà 340 voti. Ne servono 438, quindi altri 98. Che, secondo lei, sarà possibile trovare agevolmente fra i 112 voti disponibili fra Senato e Circoscrizioni estere (cioè quasi tutti….), eventualmente da integrare con qualche lista civetta (che però abbia superato la soglia di sbarramento del 3% a livello nazionale, naturalmente). E sempre ipotizzando che non ci siano franchi tiratori, perché altrimenti i voti necessari sarebbero ben oltre 98 (quanti sono stati i franchi tiratori l’ultima volta? 101?) .
Mi permetterà, ma sento un forte rumore di unghie sugli specchi……
Aldo S. Giannuli
lei dice?, intanto trascira la possibilità di aggregare gruppi minori come gli attuali gruppi centristi ad esempio, di raschiare qualcoosa nel barile delle opposizioni (quanti di Sel 5 stelle e Fi sono passasto alla maggioranza? I nomi di Razzi e Scilipoti le dicono nulla). trascura che il Senato è il prodotto di un sistema di tipo maggioritario perchè le regioni sono elette con quel sistema, che ci sono i 5 senatori di nomina presidenziale, che (come dirò prossimamemnte) si uò metter su liste civetta ovviamente contando sul fatto che abbiamno più del 3% dei voti. Insomma non dico che sia una passeggiata, ma di cose da fare ce n’è.Quanto ai franci tiratori, dipende da come fai le liste…. e Renzi non è Bersani
Giuseppe
Nel suo articolo ha affermato che è presumibile che il partito di maggioranza si attesterà attorno a 385/386 voti (senato incluso), cioè una ventina in più di quei 365-366 che (erroneamente) indicava come necessari dal settimo scrutinio. Ne consegue (secondo lei) che il Presidente della Repubblica diventa, di fatto, un funzionario di partito, la cui elezione può essere ostacolata soltanto da un numero importante di franchi tiratori. Invece adesso mi viene a dire che è necessario aggregare gruppi minori, introdurre liste civetta, raccattare transfughi e voltafaccia vari e stare comunque molto, molto attenti ai franchi tiratori. Eh si, ha proprio ragione, il ragionamento alla base del suo articolo non ne esce affatto affossato.
Aldo S. Giannuli
va bene , mi sdembra i caso di scrivere un pezzo per chiarire. Però non ho mai detto che il partito di maggioranza si attesta ecc ecc, ma ho fatto una stima minima attribuendogli un terzo dei senatori, mentre stando agli attuali equilibri, il Pd ne avrebbe 55 circa (poi dobbiamo vedere un poò di situazioni incerte). D’altro cantro attemnzione questo ragionamento vale solo per l’elezione del Presidente mentre per la sua maessa in stato d’accusa, e per il resto le cose sono invariate e dunque…