
Le “Primavere Arabe” a sette anni di distanza.
Lo scorso 28 novembre dalle colonne di questo sito Elio Catania ha pubblicato un’interessante analisi basata sulle dinamiche delle “rivoluzioni” contemporanee. Tali rivoluzioni, dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, si sono manifestate nella forma “colorata” in diverse parti del mondo, dal Kyrghizistan all’Ucraina, dalla Georgia al Myanmar.
Nessun movimento ha però condensato in maniera tanto eloquente le istanze originarie dei sommovimenti politici del nuovo millennio quanto le cosiddette Primavere Arabe, che deflagrarono esattamente 7 anni fa: l’evento simbolicamente considerato come l’inizio del moto di proteste e rivolte che sconvolsero il mondo arabo tra il 2010 e il 2011 è generalmente considerato l’autoimmolazione del fruttivendolo tunisino Mohamed Bouazizi, avvenuta il 17 dicembre 2010 nella città di Sidi Bouzid.
Le Primavere Arabe furono fenomeni decisamente eterogenei nell’ampio arco compreso tra il Marocco e l’Iraq, ma furono caratterizzate da alcuni significativi elementi di convergenza:
• Generale rifiuto del sistema di governo clientelare, asfissiante, repressivo e inefficiente incarnato da buona parte dei regimi personalistici del Medio Oriente.
• Denuncia della mancanza di prospettive per una popolazione in larga parte giovane e penalizzata da elevati tassi di disoccupazione e insufficienti opportunità di impiego, studio formazione.
• Manifestazione dell’islamismo militante come principale forza organizzativa e trainante dell’opposizione a regimi in larga parte di matrice laica.
• Ruolo decisivo giocato dai mezzi di comunicazione di massa e dai social network come strumenti di organizzazione dei movimenti di base che gestivano la rivolta.
Tale mix incendiario si propagò sulla scia di un vero e proprio contagio emotivo che dalla Tunisia raggiunse tutti i Paesi mediorientali e si manifestò nelle più diverse maniere. A ciò si aggiunsero le decisive ripercussioni sulla geopolitica di una regione che aveva visto il “vaso di Pandora” scoperchiato dall’invasione dell’Iraq da parte degli USA di George W. Bush nel 2003.
Il successore di Bush, Barack Obama, nel 2011, si ritrovò nella difficile situazione di principale leader interessato all’evoluzione della dinamica delle Primavere Arabe e finì per concretizzare la discutibile decisione di garantire un’apertura di credito francamente eccessiva alle forze della Fratellanza Musulmana, avallandone di fatto la strategia di strumentalizzazione di proteste nate per la richiesta di sacrosanti diritti di base (cibo, servizi, lavoro) e trasformatesi in operazioni di regime change.
Come riportato da Mario Del Pero nel suo saggio “Era Obama”, la presenza nell’amministrazione Obama di numerosi liberal interventisti come Hillary Clinton, Samantha Power e Susan Rice favorì l’intervento dei Paesi NATO in Libia e la conseguente destituzione e uccisione di Gheddafi, mentre al contempo in Egitto Washington sostenne la caduta di Hosni Mubarak e offrì un’eccessiva copertura al suo successore Mohamed Morsi, alto esponente della Fratellanza Musulmana.
Oltre a Gheddafi, barbaramente trucidato, e Mubarak, anche il Presidente tunisino Ben Alì e il collega yemenita Saleh furono infine costretti a dimettersi sulla scia dell’ondata di proteste che sconvolsero la regione. La strenua resistenza di Bashar al-Assad evitò, al contempo, al rais di Damasco una fine analoga a quella di Gheddafi, ma la Siria fu precipitata in una sanguinosa guerra civile nella cui genesi non mancava lo zampino di Qatar e Arabia Saudita.
A sette anni di distanza, il caos scatenato dall’ondata di proteste della Primavera Araba e dalla loro strumentalizzazione da parte di precise correnti politiche, a loro volta incasellate e sdoganate dalle strategie geopolitiche occidentali, che con le “guerre umanitarie” di inizio millennio contribuirono a scompigliare il tavolo mediorientale, non si è ancora ricomposto.
Tutto il Medio Oriente è stato scosso da un movimento tellurico che ha avuto il suo epicentro in Siria, dove il legittimo governo di Damasco è riuscito infine, col sostegno di Russia e Iran, ad avere la meglio sull’onda lunga della Primavera Araba, degenerata ben presto nelle bande jihadiste di ISIS e Al-Nusra. La Libia e lo Yemen risultano al momento ingovernabili, mentre l’Egitto ha visto la repentina restaurazione dello status quo incarnato dal Generale al-Sisi, oggi saldamente al potere al Cairo. L’unico regime politico nato dalle Primavere Arabe che sembra contraddistino da una discreta stabilità è quello tunisino, sebbene il Paese risulti vulnerabile alla piaga dell’arruolamento jihadista, che pesca negli stessi strati socialmente svantaggiati che hanno alimentato con le loro voci una rivoluzione rimasta, in larga misura, tradita dai suoi stessi portavoce.
A sette anni di distanza, si può leggere la deflagrazione delle Primavere Arabe come la manifestazione di tensioni che da decenni covavano sotto la superficie dei Paesi mediorientali, ma che palesandosi in maniera tanto dirompente hanno finito per travolgere gli stessi portatori di istanze di cambiamento, presto egemonizzati dalla propaganda radicale e dalla tentazione del salafismo e dell’islamismo politico più estremista. Con la logica conseguenza di entità statali completamente distrutte e Paesi, come la Siria, che hanno individuato la via per la salvezza nella lotta senza quartiere a coloro che delle Primavere Arabe stesse si dichiaravano portavoce ed eredi.
Andrea Muratore
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Gaz
Tutto quel colore sprecato nelle primavere colorate .. Che sciupio !!
Avrebbero potuto tinteggiare la Casa Bianca, l’Eliseo, Villa San Martino con disegni psichedelici.
In più i relativi tenutari si sarebbero fatti quattro chili di fatti loro e tutti saremmo stati più felici e contenti. Invece no.
Persino Carla Bruni avrebbe avuto più tempo per migliorare la qualità dei suoi brani musicali.
E per fortuna la Clinton se sta a casa a fare la calza !
Gaz
O.t.
Help !
Ci capisco poco in politica. Aiutatemi. Nostra signora del cappello di pezza, un tempo sodale del fu Giacinto, si è dissociata dai radicaloni storici. In vista delle elezioni, per non raccogliere le firme di lista, si fa prestare il simbolo da un partito di centro, di ex democristiani, perchè il pd si vergogna di dargli il proprio, sebbene alcuni dirigenti gigliati dicano che le battaglie dei due partiti siano identiche, ovvero che si tratti di due partiti di destra. Dopo le elezioni nostra signora del cappello di pezza ha fatto intendere che, se prende seggi, potrebbe andare con la sinistra. Potrebbe ! Ma lei non fu nominata commissario europeo dal Berlusconi, che almeno dichiara apertamente di essere di destra? E ora vuole mettersi in società con la ex sinistra, che è destra. Ma prima ancora dicevano di stare a sinistra.
Mah ! Ci capisco poco nell’altalena di nostra signora del cappello di pezza.
Se si tratta di darle un posto al sole, tanto vale interpellare il concessionario di un bagno sulla riviera. Una cabina la si trova. Dentro le si può sistemare una poltrona.
Help !
Amedeo Maddaluno
Ottima analisi, equilibrata, sintetica e completa.
Complimenti all’autore!
Andrea Muratore
Grazie mille, gentilissimo!
Massimo Soricetti
mi dispiace di non ricordare più dove era scritto (un saggio di sociologia, comunque) ma sosteneva che le rivolte sociali, se vengono soltanto represse e non vedono una soddisfazione almeno parziale delle loro istanze, tendono a ripetersi a intervalli di dieci anni circa. Portava alcuni esempi tipo risorgimento italiano 1828, 1838 e 1848. Ma pure l’attualità sembra accordarsi bene: Ucraina 2004 e 2014, Iran 2007 e 2017… a questo punto, sono curioso di vedere i paesi arabi nel 2021.
Venceslao di Spilimbergo
Buonasera Esimio signor Muratore
Mi congratulo con Lei per il bel articolo offertoci. Anche se non sono completamente d’accordo con Lei, riguardo alcuni aspetti evidenziati, non posso non riconoscere il valore di questo suo ultimo interessante lavoro.
La saluto auguradnole ogni bene e una buona serata
Andrea Muratore
La ringrazio, è sempre interessante leggere i suoi interventi! Buona serata a lei!
Lorenzo
Come per l’articolo precedente la ricostruzione di Muratore lancia una serie di sassolini, accenna a concause ed intromissioni, ma si guarda dall’enunziare una tesi chiara. Se il Nostro ritiene che ogni caso debba essere considerato a se stante sarebbe meglio scrivere articoli sulle singole primavere anziché continuare a girare attorno all’argomento. Se invece aspirando a un dottorato o un ricercatorato vuole evitare tesi scomode, si vede che ha capito bene come funziona l’università, ma non vale la pena di leggerlo.
Anche perché se, su argomenti di scottante attualità, si aspetta di avere prove provate dei panni sporchi svolazzanti qua e là, si rimane sempre al palo.
foriato
A furia di dieta e di fatiche il professore Giannuli è diventato ente tanto sottile quanto innominabile. E frattanto il nostro caro Lorenzo, onorevole ministro per le pari opportunità in questo sito sovrano e araldo del tragico destino a tempo perso, continua a provare… Il mondo va avanti.
Luigi Caddeo
Sono sinceramente allibito della sua analisi. Ma pensa veramente che fossero sommosse spontanee, e non pilotate dagli u.s.a. Cia per distruggere governi e nazioni non piegate al volere dell’Impero. Mi sa che ci marci un po