Prima, seconda, terza Repubblica: che significa?


Nella confusione generale del momento, c’è chi parla di un secondo tempo della seconda repubblica, chi accenna, senza spiegare di che si tratti, di una terza repubblica ed altri parlano di “ritorno alla Prima Repubblica” dimostrando di non aver capito niente.

Questo ci porta ad una domanda: perché numeriamo le repubbliche (prima, seconda, terza, sino alla quinta nel caso francese)? La risposta sta nella storia.

In Spagna c’era già stata una Repubblica fra il 1873 ed il 1874, cui era seguita una restaurazione monarchica. Per cui nel 1931 il risorgere della Repubblica fece parlare di una “seconda Repubblica” ed oggi, dopo una nuova fase monarchica la sinistra spagnola chiede una “terza Repubblica”. Al pari della Francia, dove repubbliche e restaurazioni monarchiche si sono alternate con una certa frequenza: Prima Repubblica 1792-1804, poi impero 1805-1815, quindi restaurazione della monarchia borbonica 1815-1830, quindi quella orleanista 1830-1848, poi la seconda Repubblica 1848-1852 seguita dal nuovo Impero 1852-1871, poi la Terza Repubblica 1871-1940, poi la guerra con l’occupazione nazista ed il regime di Vichy, la Quarta repubblica 1946-1958 e poi la Quinta Repubblica ancora oggi vigente.

Sino al 1946 era stato un alternarsi di Repubbliche e regimi monarchici, per cui si capisce il perché del numerare le repubbliche, ed anche la quarta poteva sembrare avere un senso per via della cesura rappresentata dalla guerra e dall’occupazione, ma la quinta succedeva ad un periodo parimenti repubblicano, per cui non ci sarebbe stata ragione di numerarla come quinta. Questo accadde perché De Gaulle impose per via referendaria una nuova costituzione che segnava il passaggio della Francia dalla repubblica parlamentare a quella semi presidenziale. Di qui l’idea (del tutto infondata) che la numerazione delle repubbliche sia segnata dal cambiamento di costituzione.

Infondata prima di tutto perché, con questo criterio, dovremmo dire che la Francia è alla settima repubblica, perché nella prima Repubblica si succedettero tre testi costituzionali. E poi perché non è affatto detto che se cambia la costituzione in una repubblica (curiosamente nessuno parla di prima, seconda o terza monarchia) questo implica che si debba parlare di un diverso ordinale per indicare la Repubblica: in Unione Sovietica la Costituzione è cambiata più volte (1924, 1936, 1977 poi 1993 ma per la sola repubblica federativa russa, essendosi distaccate le repubbliche precedentemente raccolte nell’Urss) come in Cina (1954, 1975, 1978, 1982 poi rivista e sensibilmente modificata nel 1988, 1991, 1999, 2004) senza che sia mutato sostanzialmente il sistema politico basato sul ruolo guida del Partito Comunista, per cui a nessuno è venuto in mente di parlare di una prima, seconda e terza Repubblica russa o cinese.

Ed oggi, che in Russia vige una diversa Costituzione che ha eliminato il ruolo del partito ed ha introdotto forme più simili alle democrazie classiche, nessuno parla neppure di seconda repubblica russa, così come nei paesi dell’Est Europa che, similmente, sono passate dal modello delle “democrazie popolari” a regimi più simili alle democrazie liberali, non si indicano quelle come “seconda (o meglio terza) repubblica Polacca, Cecoslovacca (o Boema) o Ungherese. E considerazioni analoghe potremmo fare per quasi tutti i paesi dell’America Latina.

E non è neppure vero il contrario, cioè che quando la costituzione resti la stessa, resti uguale il sistema di potere e si pensi proprio al caso italiano, dove lo Statuto albertino è restato formalmente vigente dal 1848 al 1946, ma nessuno definisce il fascismo come “il secondo tempo dell’Italia Liberale.

Dunque, numerare le repubbliche è una convenzione, neppure sempre osservata, per indicare un mutamento nel sistema di potere. Quello che conta è il cambiamento nell’architettura di un paese che si associa ad un cambiamento dei rapporti di forza fra i diversi attori politici, sociali ed economici. Talvolta questo si associa ad un mutamento costituzionale, ma talvolta no, così come non è detto che un mutamento costituzionale segni un cambiamento nei sistemi di potere.

Dunque, la domanda che dobbiamo porci è “siamo di fronte ad un mutamento dell’architettura di potere del paese?”. In questo senso, possiamo dire che c’è un passaggio dalla seconda alla terza repubblica? E la risposta ci pare che debba essere affermativa.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (15)

  • Rimane da considerare come l’attuale legge elettorale proporzionale (bisognera vedere poi come la cambiano e se la cambiano), va a disegnare uno scenario che ha forti similitudini con quelli della prima repubblica, dove per governare ci si è inventati il famoso pentapartito. Secondo gli scenari descritti dai sondaggi, per governare bisognera trovare alleanze piuttosto larghe che rievocano momenti passati della Repubblica. In base a cio nn è del tutto scorretto parlare di ritornoa all prima repubblica penso.

  • La resa di una Costituzione dicono dipenda dalla “costituzione materiale“.

    Per una Repubblica la cui sovranità appartiene al popolo il 50% di astensione è un mutamento significativo “dell’architettura di potere” stante l’influenza delle normative (come quelle elettorali) sulle dinamiche politiche.

    Par di capire che il M5S abbia il “merito di esistere” come opzione scelta da una parte rilevante di votanti soggetti ai limiti di una architettura istituzionale che, come abbiamo scoperto malamente, possono variare enormemente in una costituzione semirigida come la nostra con “lacune” talvolta scientemente predisposte:

    Solo così si è potuto avviare il progetto di imitare il modello Westminster sulla base della costituzione della Repubblica Italiana (parlamentarismo maggioritario), ridenominata trionfalmente II Repubblica dalle elite che controllavano i canali di comunicazione di massa.

    PS: A Genova si userà ancora il maggioritario a prescindere dalla corrispondenza del ceto politico con la volontà di tutta la popolazione.

  • Se ho capito bene quindi la prima repubblica fu quella dei partiti, che governando son diventati ladroni,…
    la seconda é quella dei ladroni che si son fatti il proprio partito per governare, …
    la terza sarà finalmente quella in cui i ladroni finiranno in galera?

    • almeno per le prime due lei ha ripetuto più o meno quello che scrissi 20 anni fa su Oggi, dicendo che la differenza fra Berluscono e D’Alema era che mentre il promo aveva una finanziaria e ne aveva fatto un partito, il secondo aveva un partito e ne aveva fatto una finanziaria. Poi, durante i miei giri negli archici dei servizi per contro della Procura Bresciana, presi un caffè con il direttore di uno di quei servizi che ridendo di gusto mi disse “E lei non sa quanto sia vero quello che ha detto”.

  • Allora c’è da chiedersi come stanno mutando i soggetti politici attuali?
    Quali soggetti stanno emergendo?
    Chi oggi detiene il potere e la rappresentanza come si sta riposizionando?

    Chi non esprime partecipazione politica e elettorale oggi, prossimamente aggirà?

    La domanda che mi pongo è quanto deve essere lungo un periodo storico per definirsi stabile?

  • Il fascino medievale del reame colpisce anche i repubblicani laico-depressi, che numerano le repubbliche non avendo i re.
    Insuperabile è il semi presidente francese, che per ragioni storiche, è (para)canonico onorario di due chiese romane, esattamente come i re di Francia, abbattuti da una rivoluzione.
    Un semi presidente, mezzo prete !

  • Egregio professore,il suo post mi ha indotto a riflettere sul perchè di questa numerazione nel caso Italia e sono arrivata ad una conclusione che a me sembra plausbile e a Lei potrà sembrare semplicistica.La cesura tra i vari periodi si potrebbe trovare in accadimenti che hanno sconvolto un sistema di potere, come per es. “mani pulite”, che ha palesato alle persone(anche a quelle meno attente) un sistema corruttivo sistematico (direi quasi scientifico) dei partiti e quindi la loro rapida dissoluzione a furor di popolo.Sopravvisse solo il PCI mentre gli altri,come il proverbiale trasformismo italiano impone, si riciclarono in FI (il grosso) o diedero origine a una miriade di piccole formazioni con denominazioni che non ricordassero l’appartenenza pregressa ai vecchi partiti. L’inganno è durato poco più di 20 anni nel corso dei quali si è tentato di semplificare il sistema creando delle coalizioni che altro non sono state se non dei “carri” guidati dai partiti più grossi su cui i piccoli sono saliti per non essere tagliati fuori dal potere decisionale sul paese. L’altra cesura è stata determinata dall’avvento imprevisto e imprevedibile del M5S che ha creato scompiglio tra le fila di coloro che ritenevano il “sistema” “cosa loro” in modo indiscutibile. Oggi siamo in una fase “liquida” in cui i partiti tradizionali cercano di riposizionarsi trasformandosi ancora una volta, per sopravvivere e impedire alla nuova formazione politica di estirpare la loro posizione di potere nei vari gangli dell’apparato statale.Determinante sarà la scelta della legge elettorale che molti vorrebbero in funzione anti M5S. In questo marasma la crisi economica sta facendo la sua parte.

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