Parole e numeri. Una risposta ai commenti.
Le reazioni dello sparuto gruppo di commentatori al mio recente articolo sull’austerity, che analizza le vicissitudini della Grecia, mi hanno colpito, perché mettono in gioco un principio: che un numero valga più di 1000 parole. E pensare che lo ritenevo dimostrato. Anzi dico che con 35 anni di collaborazione fattiva e soddisfacente con le principali aziende europee lo continuo a ritenere dimostrato. E prima di rassegnarmi mi chiedo – e vorrei l’aiuto di tutti – se non sia io ad usare un linguaggio sbagliato, quei diagrammi su assi cartesiani, che altrove mi hanno sempre funzionato a meraviglia.
Parto dalle osservazioni di uno dei più dotti commentatori: “Il problema del debito pubblico è un falso problema….. L’introduzione dell’euro ha provocato l’assalto della Grande distribuzione….-Il problema è la crescita, non il debito pubblico”. Insomma, è l’entrata nell’Euro responsabile della crisi greca. E giù citazioni. Ma quei venerati maestri hanno visto i numeri della Grecia?
Il diagramma ci illustra le variazioni del PIL reale in % un anno sull’altro. Tra il 2001 e il 2007 la variazione media del PIL reale – lo sottolineo – è del 4,1%. Me’ cojoni! Direbbe qualcuno. Chi non vorrebbe crescere a questi tassi? Come si fa ad affermare perentoriamente che la crescita della Grecia è stata vittima dell’euro? Cosa ci raccontano maestri adorati come Flassbeck, Krugman, H.Werner Sinn?
E il conclamato assalto alla grande distribuzione? Ecco l’indice dei prezzi.
Ricordo che la Grecia è entrata nell’euro nel 2002, come noi. Per cui sembra che questa maledetta moneta sui prezzi abbia addirittura fatto da calmiere. O non è così? Comunque le folle all’assalto della grande distribuzione non si vedono. Dov’erano i venerati maestri?
Conclusione.
Alla crisi greca, di crescita, ha indubbiamente contribuito la recessione del 2008. L’austerity parte nel 2010-2011. Per questo non si può ancora affermare una sua diretta responsabilità. Ma lo faremo col confronto con i paesi che la recessione l’hanno altrettanto subita, però l’austerity, se ce l’avevano, era diversa. Ma a ciò eravamo già arrivati con l’articolo sul patto.
Ora la questione è un’altra: per dimostrarlo, se non diagrammi, cosa posso usare?
Lamberto Aliberti
austerità, austerity, europa, grecia, lamberto aliberti, modellistica, tsipras
Andrea T
Forse per la credibilità di questo blog sarebbe meglio non dare spazio a certe analisi di stampo criptofriedmaniano.
Per spiegare i “numeri” esposti in questo post (che poi non basta che siano solo esposti, andrebbero anche interpretati correttamente e messi in relazione anche ad altri “numeri”, secondo le relazioni di economia internazionale generalmente condivise anche dalle scuole economiche più conservatrici) basta solo una frase: ciclo di Frenkel.
Aldo Giannuli
andrea: questo è un blog che, pur avendo una sua linea in genere espressa nei miei editoriali, dà volutamente spazio ad opinioni diverse e spesso sono comparsi articoli che, pur divergenti, avevano le necessarie garanzie di serietà, Ed anche sugli interventio come si vede c’è la massima tolleranza salvo che per quelli che presentano aspetti penalmente rilevanti. Perchè mai dovremmo cambiare?
Junius
Mi spiace, non sono d’accordo.
Di “permeismo” stiamo morendo.
Lei è una persona colta e, SOPRATTUTTO, è un professore che INSEGNA una materia.
Inoltre è un democratico. (È nel senso di “essere” non nel senso di “apparire”).
Quindi, anche se si cimenta in un’analisi che non è direttamente correlata alla sua materia, la sua opinione ha comunque un valore a livello divulgativo.
I post dei commenti sono una cosa: vanno al limite moderati.
Gli articoli postati DEVONO rappresentare, quanto meno, il pensiero dell’intellettuale che fa divulgazione, almeno a livello “valoriale”.
Per leggere roba neoliberista posso andar direttamente su NFA o sul sito del Bruno Leoni.
Aldo Giannuli
iuntanto non mi pare che Lamberto Aliberti possa definirsi neo liberista che se può avere punti di contatto con quella cultura economica, ma insisto a dire che io credo nel valore del confronto di idee. Non mi piaceva il cehtralismno democratico già 40 anni fa figuruamoci adesso
Andrea T
Guardi Professore, un tempo avrei probabilmente condiviso la sua impostazione di lasciare spazio “ad opinioni diverse”, ma dopo aver passato gli ultimi tre anni ad aprofondire lo studio della macroeconomia ed economia internazionale devo dire che la vedo in modo un po’ diverso:
l’errore di fondo – come ho già avuto modo di rimarcare altrove in questo blog – non sta in “diverse”, ma in “opinioni”.
L’economia NON è un’opinione. L’economia (contrariamente a quanto siano stati indotti a credere – non a caso – gli uomini della strada, inclusi tanti “inutili intelligenti di sinistra” (cit.)) è una scienza. Esiste un dibattito feroce (tra diverse scuole di pensiero economico che divergono tra loro essenzialmente a partire dai presupposti epistemologici che derivano da ideologie politiche differenti e contrastanti e che puntano a finalità politiche contrastanti, perchè – anche qui mi ripeto – la teoria economica e la politica economica sono scienze POLITICHE) e si sono fatti morti e feriti (come il famoso paper di Rogoff) ma comunque un dibattito SCIENTIFICO. Chi ha avuto la pazienza – e, mi sia consentito, anche l’umiltà – di studiare e seguire questo dibattito sa che ci sono dei pilastri portanti, dei FATTI ECONOMICI, oggi generalmente riconosciuti e condivisi da tutti i partecipanti al dibattito. Il dibattito è molto più avanzato rispetto a quello che viene raccontato sui media di massa (soprattutto italiani), ancorchè lo scontro sia e rimanga feroce sulle soluzioni di politica economica e su certe questioni controverse, su altre questioni la controversia è già CHIUSA (game over): si è raggiunta, alla luce dei nudi fatti economici registrati ed esaminati ex post, una interpretazione bene o male condivisa. Una di queste questioni è quello che è accaduto alla Grecia e agli altri paesi “periferici”. Lo ha riconosciuto e spiegato in maniera definitiva la stessa BCE per bocca del suo vicepresidente, Vitor Constancio, nel 2013! Costancio (e prima ancora lo aveva fatto il FMI) ha spiegato che il debito pubblico non c’entra NULLA con la crisi europea (al massimo è un sintomo, non la causa del male) e che la crescita della Grecia pre crisi del 2008 è spiegabile dalla “droga” dei capitali confluiti dall’estero grazie alla “credibilità” data dalla moneta unica.
Chi non conosce (o finge di non conoscere, questo non saprei dirlo…) questo dibattito e continua a parlare di debito PUBBLICO e ad esporre numeri e grafici veri, se presi a sè, ma non veritieri perchè rappresentativi di un quadro parziale e incompleto, a mio avviso non sta esprimendo “un’opinione diversa”; a mio avviso sta facendo disinformazione economica. Il che è intollerabile durante una crisi economica. Punto.
Aldo Giannuli
Tuminelli, mi dica, che rapporti ha con lo Spirito Santo?
Junius
Spirito Santo?
Certo, io sono convinto che sono stati sterminati ebrei in quanto ebrei nei campi di concentramento per una questione di Verità rivelata… stiamo tornando al livello dei dibattiti del tempo di Galileo in cui si faceva un po’ di confusione fra verità scientifiche e verità rivelate…
Epistemologia portami via!
Professore, prima l’amore per cultura e in separata sede le relazioni private: se Aliberti ha argomentazioni per mettersi di traverso a tutta la comunità scientifica lo faccia. Pubblichi un paper e sconvolga tutti i Nobel viventi.
Altrimenti di propaganda qualunquista ne abbiamo i giornali e i talk show saturi.
Aldo Giannuli
junius lei ed Andrea T avete una mentalità totalitaria, con il vostro metodo non ci sarebbe discussione scientifica
Junius
Sì, Professore, sono TOTALITARIAMENTE Democratico e socialista. E chi mente alla classe lavoratrice è un fascista.
Il “relativismo” che difende veniva chiamato dal socialista Orwell “bipensiero”: ok?
Vuole difendere il “bipensiero”? Vuole riscrivere la storia del dibattito economico dell’ultimo secolo? Siamo a questo punto? 2 + 2 = 5?
Bene, a questo punto, visto che dal socialismo siamo passati al socing, si può prendere anche in considerazione che chi professa una simpatia per “Goldstein” non faccia parte altro che dell’ennesima reazione del “Grande Fratello”.
Ora, o Lei dimostra che il metodo di discussione seguito da me, Andrea e altri non è conforme ad un dibattito a fini di chiarezza divulgativa, oppure è chiaro che anche in questi spazi si fa della reazione.
Da una parte sono state linkate delle fonti e un certo numero di – massimi – autori della comunità scientifica mondiale che sono compatti nel definire il problema dell’eurozona come un TIPICO squilibrio delle bilance dei pagamenti causato dalla moneta unica: ora mi DIMOSTRI che esistono altrettanti autori del medesimo livello che argomentano che il problema NON è nell’esplosione del debito privato causato dall’EURO come sostiene Aliberti, simpaticamente conforme alla propaganda TOTALITARIA del regime eurocratico.
(Tanto che nei regimi totalitari il dissenso viene registrato come “terrorismo”…)
Visto che a vari livelli tutti qui abbiamo a che fare con la discussione scientifica, è giusto che si faccia chiarezza, anche solo per rispetto verso i lettori che, sempre più confusi, pensano seriamente che gli economisti – di destra e sinistra, da Cambridge a Chicago – non abbiano previsto COMPATTAMENTE cosa sarebbe successo in eurozona.
Giusto per capire cosa è rimasto della Sinistra in Italia.
Andrea T
Bella battuta.
Però la inviterei – senza appellarmi allo Spiriti Santo – a riflettere su quello che ho scritto.
Avendo frequentato questo blog per diversi anni, credo di poter affermare che non avrebbe mai dato spazio all'”opinione diversa” di qualcuno che avesse cercato di argomentare (magari con grafici e numeri) che 2+2=5. Mi sbaglio?
Per strada ho appena incontrato una ragazza di circa 25 anni, dignitosamente vestita, che mi ha pregato di comprarle qualcosa da mangiare. Capisce perché è urgente assoggettarsi al “totalitarismo” del dibattito scientifico (a maggior ragione quando i post di un blog come il suo vengono ripresi dal blog di Grillo con effetto di notevole amplificazione)?
leopoldo
penso che l’incomprensione comunicativa dipenda dalla lunghezza dell’articolo. Il web non è fatto per articoli troppo lunghi che richiedono confronti con troppe tavole, anche se una decina possono sembrare poche. Generalmente si legge velocemente e di sfuggita tra una commissione e una riunione o in viaggio sul treno. Penso che spezzare un articolo in più sotto articoli sia magari dispendioso ma forse né guadagna la comunicazione. Un po’ come i romanzi di appendice dei giornali dell’ottocento, se mi è permessa la blasfemia 🙂
Paolo
A quanto pare l’autore continua ad ignorare un fatto ormai noto ai più, ovvero che la Grecia, come gli altri paesi del sud Europa, hanno avuto una crescita sostenuta durante i primi anni dell’euro perché la moneta unica ha favorito un massiccio afflusso di capitali dai pesi del nord (leggi debito privato), fino a quando tale debito non è diventato insostenibile provocando la crisi finanziaria prima e quella sovrana successivamente (leggi debito pubblico).
Quindi francamente non si capisce bene cosa voglia dimostrare.
A proposito, il cambio “irrevocabile” euro-dracma è stato fissato nel 2001, negli altri paesi nel 1999, quindi è sbagliato dire: “la Grecia è entrata nell’euro nel 2002 come noi” (anno in cui sono entrate in circolazione le monete).
Saverio
Egregio, sono contento che i diagrammi cartesiano l’abbiano aiutata con le principali imprese europee per 35 anni.
Però, vede, qui molti si sono formati, duramente formati, sui blog o sui siti o sui libri di Brancaccio, Bagnai, Mazzalai, Sapir, Borghi, Barra Caracciolo, Krugman e tanti altri. Leprechaun ha scritto un ottimo articolo sulle cause del debito pubblico italiano.
Quando mostra il grafichetto per dimostrare che l’euro ha fatto tanto bbbene alla Grecia dimostra plasticamente che… non ha capito un tubo ma ha la presunzione di fare la lezioncina.
Mi perdoni la franchezza, ma di professoroni o presunti tali che riciclano l’acqua calda facendola passare per chissà quale grande innovazione ne abbiamo un po’ piene le scatole
Aldo Giannuli
scusi saverio, io posso anche avere delle opinioni diverse su qualche punto con Lamberto Aliberti ma ne conosco il valore professionale, Le spiacerebbe essere un po’ più garbato?
Junius
No, Professore, Saverio ha ragione!
La gente muore e non si sa difendere perché ci sono dei banditi che con l’arroganza della totale IGNORANZA si permettono di uscire belli belli con un «perché mettono in gioco un principio: che un numero valga più di 1000 parole»
Allora, non se ne può più di questa totale mancanza di cultura: qui siamo al livello di scuole primarie.
Ma quando mai si presentano dei dati che, in quanto tali, offrono delle “informazioni”? Ma qui siamo al livello delle primarie inferiori!
Non dico di conoscere cosa sia un modello econometrico e con quale criterio svilupparlo e contestualizzarlo in un determinato paradigma economico… ma almeno il buon gusto di non prendere per fessi chi conosce i fondamenti delle principali teorie economiche e le differenze – anche nelle intenzioni politiche – dei vari paradigmi contrapposti.
Il collaboratore che difende ha pubblicato un precedente post delirante che – dato il livello del contributo, facilmente all’insaputa dell’autore – basava i suoi assunti sulle “equivalenze ricardiane”! Questi sono gli europeisti che con le loro consulenze sono 35 anni che sterminano le PMI europee!
Non si possono più accettare analisi pinochettiane nel blog di un trotzkijsta.
Aldo Giannuli
pinoichettiane????? Mi sa che non vi state capendo granchè
Anna
La verità è che non è possibile pagare il debito che è stato accumulato dall’economia mondiale, per un motivo molto semplice: perchè ormai l’economia non genera flussi finanziari sufficienti. E questo non lo dico io, ma illustri economisti. E’ inutile fare voli pindalici e schernire il professore quando paragona l’economia di un paese a quella di un privato: le dinamiche sono le stesse, cambiano solo i “rimedi” che ha a disposizione uno Stato o il sistema rispetto al privato, ma quando si è toccato il fondo non ci sono artifici che tengano. Ed il problema, ormai, non riguarda solo la Grecia, ma tutta l’economia occidentale.
Aldo Giannuli
Anna: però in fondo il Mondo è indebitato con sè stesso perchè se c’è un debito c’è anche un credito e visto che i venusiani non ci hanno fatto prestiti… Il fatto è che il debito (equindi il credito) è cresciuto su sè stesso per l’effetto perverso degli interessi e del debito programmaticamente senza fine.
Forse il rimedio antico del sabbatico meriterebbe d’essere riscoperto….
Anna
Verissimo professore, se c’è un debito c’è anche un credito. Ma poi bisogna che ci sia equilibrio tra debito e credito, ovvero l’incontro tra l’aspettativa del creditore di essere rimborsato e la capacità del debitore a rimborsarlo. Ed allora è indispensabile rispondere ad una domanda: cosa crea e concretizza questo equilibrio. Mi sembra ovvio: la capacità di generare flussi finanziari sufficienti. Ed alla base della generazione dei flussi a mio avviso non ci può che essere la capacità di creare ricchezza reale, ovvero beni . Se invece si introducono artifici illusori ad un certo punto il meccanismo si inceppa ed è quello che, temo irreversibilmente, sta accadendo.
Junius
Oltre a quotare il Professore, aggiungo che nel mondo c’è, all’origine della crisi, un gigantesco problema di “debito privato”: perché è importante costruire la cronologia dei nessi causali?
Perché quello che è successo negli ultimi 35 anni è che i lavoratori hanno perso la lotta di classe.
Cosa significa?
Che la quota salari si è progressivamente compressa in favore delle rendite da capitale: ovvero i profitti della “finanza”, il reddito dei rentier.
Quindi il problema non sono mai né i debiti in quanto debiti né i crediti in quanto crediti: ciò che conta è la dinamica. Per questo ai post-keynesiani non garba assolutamente parlare di default in quanto tali… proprio perché generalmente il problema non è mai lo “stock” in quanto tale ma le motivazioni “politiche” che lo hanno generato.
Cosa voglio dire?
Che poiché marginalmente i salariati vedevano crescere il proprio reddito sempre meno rispetto alla produttività, progressivamente il reddito da lavoro dipendente non è stato più sufficiente a permettere che i lavoratori potessero comprare ciò che producevano.
Poiché a livello macro questo impatta la “domanda aggregata” (cioè la “spesa” effettiva di tutti i consumatori che è un’identità contabile con ciò che viene complessivamente prodotto, ovvero il PIL, che coincide contabilmente anche con il “reddito nazionale”), per poter “tenere in piedi il sistema”, le upperclass atlantiche hanno concesso crediti (privati, al consumo…) ai lavoratori per potersi permettere di continuare a comprare quello che i loro padri – proporzionalmente – potevano permettersi di comprare: quanto meno quello che producevano (ricordiamoci Ford…).
Questo gioco è stato portato ad estremi inimmaginabili grazie alle magie finaziarie assicurative dei, cosiddetti, derivati.
In pratica, ciò che ha fatto la Germania con la Grecia: ovvero invaderla con prodotti che non poteva “permettersi” e contestualmente finanziandola (e indebitandola) per permetterglielo lo stesso (giochetto portato all’estremo grazie all’euro). Qesto “giochetto” è stato fatto anche “a livello mondo” nei rapporti di classe e, nel conflitto, siamo al redde rationem.
Poiché il creditore controlla anche i mezzi di informazione e le Accademie, si ritrova nella posizione di vantare un potere assoluto nei confronti delle classi subalterne che vengono contestualmente spogliate di tutto: dei beni, del lavoro e dei propri diritti. Prima sociali e, in ultimo, politici e della persona.
Proprio come sta avvenendo in Grecia.
Da un post-keynesiano con spiccato profilo hegelo-marxiano che rifiuta i modelli di politica economica della Mont Pelerin Society.
(Tra l’altro, chi denunciò il ruolo del complesso industriale e finanziario sotto la guida della scuola di Chicago di Friedman e von Hayek dietro agli orrori del Cile degli anni ’70, fu proprio il nostro padre costituente Lelio Basso nel Secondo Tribunale Russell….)
Andrea T
Esatto.
A quanto detto da Junius si potrebbe aggiungere che l’analisi di Rosa Luxemberg ne L’accumulazione del capitale (1913) su l’imperialismo e i “mercati di sbocco”, necessari per la realizzazione del plusvalore delle nazioni capitalisticamente più avanzate, ha moltissimi punti di contatto e si sposa benissimo con il fenomeni di “ciclo di Frenkel” teorizzati dell’economia postkeynesiana e più volte osservati dagli anni ’80 ad oggi.
Peraltro si può (forse) dire che oggi il “ciclo di Frenkel” vada considerato patrimonio condiviso della teoria economica (non più confinato alle scuole postkeynesiane).
lamberto
Caro Aldo, ti ringrazio per il sostegno e la fiducia. Avevo qualche sospetto, ma senza arrivare a pensare che un’analisi sull’austerity si andasse a scontrare contro una religione rivelata (1), con tanto di ayatollah (e pensare che Krugman ha vinto il suo Nobel con un modello, come facciamo noi). Capisco meglio certe tue recenti levate di scudi. E continuo a divertirmi molto. Certo i nostri ragazzi sono un po’ scossi, ma li rimetteremo in carreggiata presto e avranno il successo che si meritano.
1) A quando il terrorismo? Credo che ce ne sia molto bisogno. E, vista l’attualità, forse ancora arriveremo alle stanze dei bottoni, come l’altra volta, per merito tuo.
Saint Simon
lamberti, dopo questo post scelga lei cosa dobbiamo pensare:
che mette in evidenza la pochezza delle sue argomentazioni?
che pensa che il livello di conoscenza dell’economia dei suoi interlocutori sia alquanto scarsa, tale che puo’ raccontare la qualunque?
che non sa di quello di cui sta parlando o che fa finta di non saperlo?
che’ ha fatto un quick post senza scendere in ulteriori dettagli che adesso provvedera’ a darci senza accusare di terrorismo chi la contesta veemente per “lesa economitudine” di chi si fa scudo di aver lavorato per oltre 35 anni con grandi aziende europee?
Faccia lei. Mentre ci pensa, le lascio il contributo di qualcuno che di economia ne sa piu’ di noi e che lei sembra apprezzare.
http://www.nytimes.com/2012/06/18/opinion/krugman-greece-as-victim.html
Ovviamente e’ solo il primo contributo che puo’ trovare di una letteratura ormai poderosa che raccoglie altri “de passaggio” come Kaldor, Dornbusch, Stiglitz, Feldstein, etc etc, e di cui credo di poter avere il lecito dubbio che lei non sia a conoscenza.
Il problema non e’ l’austerita’ bruttacattiva. Il problema e’ l’unione monetaria, il cui epifenomeno e’ l’euro, che scatena dinamiche distruttive e asimmetriche tra i paesi membri.
E’ sufficiente che accanto ad andamento del pil e del cpi greco aggiunga quello del cab e li confronti con quello tedesco e dei paesi core nel medesimo periodo e avra’ l’immagine plastica di cio’ che e’ successo nell’eurozona, ovvero un ciclo di Frenkel.
Va da se’ che dietro la tecnicalita’ di questi dati, la cui dinamica leprechaun ha descritto nel precedente post, si nascondono precise scelte politiche (la lotta di classe delle elites citata da Junius) che attraverso l’ideologia del vincolo esterno (cit. featherstone) stanno ridisegnando il panorama sociale e politico, e i rapporti di forza tra gli Stati (quel che ne rimane), in Europa.
S.
Paolo Federico
Signor Aliberti, lei ha riproposto quasi con le stesse parole un mio commento a queste persone in occasione di un post precedente dove Giannuli aveva osato parlare di economia. Io credo che per fare il banchiere e il finanziere di successo ci vogliano almeno quattro dita di pelo sullo stomaco; che il peccato originale sia stato essersi messi nelle mani di carogne pronte a sacrificare al proprio l’interesse della collettività, non importa quanto vasta essa sia; che qualsiasi modello o teoria affinché abbia una minima possibilità di successo debba essere guidato e corretto strada facendo da uomini abili esperti potenti ma soprattutto forniti di buona volontà. Insomma l’aspetto cruciale ed inquietante di questo monetarismo assurto a religione risieda nel suo presentarsi come scienza che impedisce di vedere l’essenza della cosa, che genera l’inganno.
Junius
Sorvolando sull’infamia del “terrorismo” che, dalla tastiera di un europeista friedmaniano che abbraccia la “shock economy” eurista, la si può con onore iscrivere nel CV.
Sorvoliamo pure che anche un pinochettiano come Vitor Constancio – “reo confesso” – l’abbia sorpassato abbondantemente a sinistra: https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2013/html/sp130523_1.en.html
Ma questo: «pensare che Krugman ha vinto il suo Nobel con un modello, come facciamo noi» non si può far passare.
Qui si continua a insultare l’intelligenza degli interlocutori e, soprattutto, l’epistemologia.
Cercherò di essere un po’ più semplice, così che anche Lei possa capire i fondamenti epistemologici che ho imparato in seconda media.
Se i “modelli teorici” senza i “dati” sono peti nel vento – di cui i friedmaniani ci deliziano da decenni – i “dati” senza un modello teorico sono la scatola di fagioli che completa il delizioso quadretto del dibattito PUBBLICO economico.
Grazie per la scorta di fagioli di cui ci ha rifornito, sappiamo già bene quale risultato “al mentolo” producono le sue “consulenze”.
Spero che da scout non gli sia mai capitato di dormire nella stessa tendina con Scalfari…
roberto b
Ma alla fine della fiera, con il massimo rispetto per i dotti interlocutori, qualsiasi sia la teoria economica considerata, quale dovrebbe (o potrebbe) essere una possibile percorso per uscirne vivi, per la Grecia anzitutto, ma in definitiva anche per questa Europa?
Spero di leggere prima o poi qualche risposta, oltre alle tante teorie che spiegano a posteriori, per non dover constatare con rammarico che quello che ho letto in questo intervento, in quelli precedenti sullo stesso tema ed in tutti i commenti, non sia solo un’esercizio di stile e una dimostrazione delle ampie conoscenze degli intervenuti, precluse agli ignoranti in materia come il sottoscritto ed ai tantissimi altri che seguono questo blog (che certamente non si azzardano a dire la loro, per non rischiare di fare la figura dell’imbecille; e credo che questo, prof. Giannuli, le sia perfettamente chiaro).
Junius
Bisogna USCIRE DALL’ EURO! Svegliaaaaa!
Ti sono stati citati economisti di TUTTE le scuole economiche che dicono TUTTI la stessa cosa! E la dicono da almeno 50’anni!
Ma non hai letto i link di Krugman e Constancio?
Questo è un progetto POLITICO, ed è una guerra aperta contro le classi subalterne. Il decennale dibattito accademico tra economisti ( internazionali, che fannno ricerca in Politica Economica, non microeconomisti – che si occupano di singole aziende – che si improvvisano “macro” come lo sprovveduto autore del post…) non finisce sui mezzi di comunicazione di massa… ma ti sei mai reso conto della fogna fascista che imperversa nei canali rossobruni piddini della TV o nelle radiofrequenze pinochettiane di Confindustria?
Bisogna avere orrore di ciò che sta accadendo in Europa! Ma siamo tutti ciechi?
Sono tornati al potere i NAZISTI, ma non vedi cosa sta facendo la Germania? Ti sembra normale?
In Grecia si muore di cancro senza potersi curare e i bambini fanno la fame! La mortalità infantile è a livelli ottocenteschi, africani! È un Paese occupato!
Ma cosa succede in Italia? C’è stato un GOLPE 3 anni fa con Monti, è il terzo governo non eletto a conduzione estera che ci sta RADENDO AL SUOLO, e abbiamo un Primo Ministro che fa discorsi di “aule sorde e grigie”! Ma lo senti cosa dice Renzi? Normale?
E la “geniale” trovata con cui sono anni che l’Europa si ciuccia la shock economy eurista, è stata quella di far fare il lavoro sporco – non più alle camicie brune – ma a quelle tinte di rosso.
Cosa è che non hai capito?
Cosa bisogna argomentare per far capire che gli “euristi” di oggi sono i fascisti di ieri? Cosa bisogna fare per far entare nella zucca degli Italiani che la cosiddetta politica del “vincolo esterno”, ovvero quella di denazionalizzare la moneta – con l’euro – per costringere i governi democratici a cedere sovranità al capitale internazionale è la versione 2.0 di quella del duce della “quota 90”? Il partito fascista di Repubblica e Scalfari, quelli “che abbiamo bisogno dell’Unione Europea o della Troika perché non ci sappiamo governare”, quelli degli “Italiani corrotti, pigri e fannulloni”, sono i nipotini di quello che, similmente, asseriva che “governare gli italiani non è difficile, ma inutile”.
Ok?
Il parallelismo storico con i FASCISTI – veri, quelli storicamente esistiti, non con i vari scimmiottamenti degli ignoranti d’oggi – non va fatto con Casapound o il FN: ma con gli europeisti che mentono spudoratamente sulle dinamiche dell’eurozona che sono PACIFICHE nella comunità scientifica.
IL PRIMO – PRIMO! – PASSO INEVITABILE PER LA LIBERAZIONE È USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA E FAR CAPIRE AI CONCITTADINI, COME FACEVANO I SOCIALISTI – VERI! – ALL’INIZIO DEL SECOLO, QUALI SONO GLI STRUMENTI DI LOTTA DI CLASSE E ISTRUIRE LE CLASSI SUBALTERNE PER PREPARARSI ALLA RESISTENZA. Cazzo sì, hai letto bene, RESISTENZA.
Leggersi cosa scriveva Gramsci prima dell’affermazione fascista.
I Greci muoiono di fame in silenzio perché, anche se si ribellassero, NON SAPREBBERO COSA RIVENDICARE! che Tsipras a Varoufuckis fossero uomini della BCE era risaputo dentro il loro stesso partito. Infatto hanno MENTITO parlando di austerità e NON DI EURO.
La Politica Economica è la scienza della gestione del conflitto distributivo, ovvero del conflitto di classe: se non viene fatta chiarezza su come funziona il “capitale” moderno, il destino è di un ritorno alla proletarizzazione ottocentesca… o peggio.
È chiaro?
Saint Simon
Chioso quanto scritto da Junius.
Il dibattito scientifico sull’euro è ormai chiuso, se mai si fosse aperto dopo il lavoro dell’economista James Meade nel 1957 (lo riscrivo per sottolineare che non è un errore:1-9-5-7) sulle aree valutarie ottimali. Qua trovate un rapido antipasto:
http://it.wikipedia.org/wiki/Area_valutaria_ottimale
Che l’unione monetaria europea sarebbe stato un disastro era noto a tutti gli economisti non finanziati dall’Unione Europea e/o senza voglie di accreditamento presso le nuova burocratzja di Bruxelles da almeno quaranta anni, ma la geopolitica (prima ancora della politica) e la politica -specie francesi – vollero fare altrimenti.
L’unione monetaria divenne la cornice nella quale i diversi attori cercavano il compimento dei propri fini: gli USA volevano un’Europa sempre più integrata (gli USE) che facesse da seconda stampella al potere atlantico, nel momento in cui potevano finalmente proiettarsi in tutto il mondo dopo la sconfitta dell’orso sovietico; Mitterand voleva togliere la principale arma – la moneta e la banca nazionale – alla temuta Germania riunificata; Kohl voleva la riunificazione; l’elite tedesca ed europea, morti gli equilibri della Guerra Fredda, dovevano dare vita ad un nuovo ciclo di accumulazione e ridisegnare i rapporti di forza tra le componenti sociali europee per poter far fronte alle sfide poste dalle economie americane ed asiatiche; i partiti socialisti ed eurocomunisti, morto il riferimento sovietico, dovevano accreditarsi con i nuovi padroni della ferriera e portare a compimento il sogno distopico dell’internazionalismo nella versione spinelliana; i nipotini di Friedman (altro oppositore dell’euro, en passant) sul fronte atlantico e quelli di von Hayek sul fronte continentale potevano finalmente regolare i conti con gli stati sociali e le economie miste delle socialdemocrazie europee.
A distanza di 30 anni, chi abbia vinto e chi abbia perso è ormai chiarissimo.
Aldo Giannuli
mi spiace ma io non conosco dibattiti “scientifici” sull’euro, ma solo dibattiti politici. Ma forse dovremo tornare a parlare del se si possa ritenere l’economia una scienza ed in che senso…
Junius
Questo ultimo post è un epitaffio su ciò che si è creduta “sinistra” negli ultimi 35 anni.
Che non conosca «dibattiti “scientifici” sull’euro» ce ne siamo accorti: ed è un’affermazione di una gravità inaudita per chi si occupa di politica da decenni.
Affermazione paludata di un velato “qualunquismo” di DESTRA che presume che poiché la SCIENZA economica è notoriamente una SCIENZA POLITICA, allora cadono le premesse epistemologiche.
(“Qualunquismo” necessario per far passar dai media i peggio strafalcioni a favore dei rentier in danno ai salariati e al lavoro della comunità scientifica: tra l’altro fu B. Russell a definire JMK l’uomo più intelligente del XX secolo… e non mi pare che si occupasse né di astrologia, né di alchimia… o almeno non fu chiamato per questo a prestare consulenza a Bretton Woods per decidere il futuro del mondo post bellico….)
Certo, ci sono R&R che si fanno spernacchiare pure dagli studenti, ci sono i Friedman che si “pentono” solo in punto di morte… ma ciò non toglie che esiste un terreno di gioco comune su cui ci si confronta: indipendentemente dal fatto che si studi a Chicago e si promuovano gli interessi del capitale o si studi nelle aule della scuola keynesiana che promuove gli interessi del lavoro come da tradizione marxiana.
Prima della metamorfosi che trasformò il socialismo in un’ideologia espressione della falsa coscienza di una classe politica esponente della sovrastruttura di un altro potere imperialista, l’avanguardia era composta da economisti o, quantomeno, studiosi di economia.
C’era un certo Carletto Marx che disquisiva di socialismo SCIENTIFICO, Rosa Luxemburg era anch’essa una studiosa – laureata – in economia, Lenin era un altro genio tanto di giurisprudenza, quanto di filosofia, quanto di SCIENZA economica: morto lui e i suoi progetti di politica INDUSTRIALE in URSS, è morto anche il socialismo rappresentato da partiti di massa. (Lasciamo perdere Togliatti, per carità… infatti gli stalinisti hanno portato i loro caproni ideologizzati dalla dittatura del proletariato (?) alla dittatura europeista senza colpo ferire)
L’economia è la regina delle SCIENZE politiche… certo… è difficile, non è molto intuitiva.
Hayek previse con estrema esattezza già dagli anni ’30 il risultato di un’integrazione federalistica europea: la cessione della sovranità dagli stati nazionali ai mercati!
Ma per lui, dalla parte degli oligarchi, era un bene.
Ciò non significa che gli strumenti e i modelli che ha utilizzato per far le sue previsioni non fossero “scientifici”: non ha guardato nel fondo di una tazzina di caffé….
Semplicemente giocava dall’altra parte del conflitto distributivo: proprio come coloro che HANNO SOSTITUITO LA SCIENZA CON L’IDEOLOGIA.
Aldo Giannuli
no junius, l’economia, al pari delle altre materie umanistiche è solo una scienza sui generis. Ma ne riparleremo.
Una curiosità: lei è boirdighista?
Junius
Capisco perché me lo chiede: ma la comunione di vedute e la formazione “scientifica” è incidentale (come sono incidentali gli scambi “affettuosi” con la massoneria…).
Ho una sensibilità prettamente umanistica: l’intellettuale di Sinistra da cui più ho imparato e che più mi influenza è Lelio Basso. Un giurista.
Insomma, se fossi stato un militante negli anni della Resistenza, avrei dato anima e corpo nello PSIUP.
Un caro saluto.
Saint Simon
Con tutto il dovuto rispetto, ci aveva già resi edotti che lei del dibattito “scientifico” sull’euro non ha mai sentito nulla, anche perchè per la gran parte è rimasto nelle eburnee torri delle riviste specializzate. Purtroppo per lei, non le basterà ripetere che l’economia non è una scienza esatta (cosa sulla quale tutti concordiamo) per sanare la sua ignoranza sull’argomento.
Per inciso, il dibattito non è iniziato avendo come oggetto l’euro, ma una possibile unione monetaria in Europa e più in generale le aree valutarie cosiddette ottimali, ovvero quelle che consentono di avere una moneta unica.
Atteso che l’Europa non aveva e non ha nessun requisito per poter essere considerata area valutaria ottimale, il paletto nel cuore dell’unione monetaria europea lo mise Meade nel 1957, e i chiodi sulla bara furono piantati da Mundell (neoclassico) nel ’61, e a seguire da molti altri economisti di scuola neoclassica o monetarista (tra cui Friedman stesso). Sul lato neo-keynesiano, Kaldor previde i disastri che avrebbe fatto l’unione monetaria nel ’71.
Venendo più vicino a noi, ci sono Thirlwall (neo-keynesiano) nel ’91, Dornbusch (scuola di Chicago) nel ’96, Feldstein e Salvatore (neoclassici) nel ’97, Krugman (post-keynesiano) nel ’98. E non dimentichiamoci questo articolo sul Corriere di Alberto Alesina, uno dei migliori economisti (bocconiani) italiani, annata 1997:
http://archiviostorico.corriere.it/1997/dicembre/15/QUATTRO_GRANDI_BLUFF_DELL_UNIONE_co_0_97121514176.shtml
Questo per farle capire quanto “sana” sembrava agli economisti di ogni scuola la costruzione dell’unione monetaria europea senza uno stato federale.
Ad onor del vero, ci fu un sussulto di flebile dibattito accademico all’avvicinarsi dell’ora X (il 1999) con i sostenitori della teoria dell’area valutaria ottimale endogena, ovvero un’area che, pur non avendo i requisiti per un’unione monetaria, una volta accomunata da una moneta unica crea da sola le condizioni per diventare ottimale (Rose, Emerson, Pisani-Ferry, Gros, Giavazzi e Pagano). Lasciando perdere Rose, i cui studi erano fallati da “eccesso di ottimismo” (eufemisticamente parlando), Emerson e soci dichiaravano che nella UEM non ci sarebbe stato bisogno dei trasferimenti fiscali dalle aree ricche a quelle svantaggiate, perchè i trasferimenti (di un eventuale governo federale) sarebbero stati forniti invece…dal mercato privato, per la teoria dei rendimenti decrescenti. Ed effettivamente i privati dei paesi core hanno fornito tanto credito, come hanno poi dimostrato i fatti, peccato che le cose siano andate molto diversamente da quello che prevedeva Emerson, che parlava di convergenza delle economie europee. E’ stato qualcosa di più simile ad un’enorme bolla continentale, non trovate?
Giavazzi e Pagano (1988) invece asserivano che l’agganciamento ad un’area monetaria stabile (quella dei paesi core) avrebbe dato ai gruppi dirigenti delle periferie la credibilità per esercitare quelle riforme che avrebbero consentito la convergenza delle aree dell’unione. Questo effettivamente è stato l’ultimo argomento ad essere smentito: Tornell e Velasco (2005) e lo stesso Feldstein (2005), ragionando proprio sul fallimento del Patto di stabilità, hanno mostrato che è vero l’esatto contrario, ovvero che i governi che partecipano ad una unione monetaria centralizzata con politiche fiscali decentrate sono più portati all’indisciplina e al free riding, e proprio per questo rimandano le celebri “riforme”.
Scritta questa panoplia, è ovvio che lei non abbia mai letto nulla di tutto questo sulla stampa italiana (a parte il pezzo di Alesina, se è stato fortunato), perchè la stampa italiana, e in generale quella europea, non ne ha mai parlato, impostando tutto il dibattito sull’opportunità politica di entrare nell’unione monetaria. Certo che il dibattito fosse soltanto politico: dal lato economico la discussione sull’opportunità di creare l’unione monetaria era già stata chiusa da un pezzo, e la scelta di crearla (e di entrarci) fu eminentemente politica per i vari attori in gioco, in base agli interessi di cui ho scritto sopra.
Aldo Giannuli
saint simon io non conosco dibattiti scientifici sull’Euro non perchè sia ignorante, mi creda, ma perchè dibattiti scientifici sull’Euro non ne esistono, esistono solo dibattiti politici. Sia meno presuntuoso
Roberto B.
Ringrazio chi mi ha risposto.
Ebbene se, come anch’io da ignorante penso e spero, la prima cosa da fare è uscire dall’Euro (ma non dalla UE, non vorrei proprio morire autarchico e ridurmi a farmi il caffè con ghiande o ceci tostati!), allora mi auguro che si riesca anzitutto a fare quel referendum proposto dal M5S, l’unica iniziativa concreta in mezzo a tanto mugugno immobilista. Poca cosa, forse, ma potrebbe essere il sassolino che provoca la valanga: d’altronde, se aspettiamo che PD, PDL, Lega, ecc., si muovano davvero in tal senso, stiamo freschi.
All’uscita dall’Euro aggiungerei però un’altro provvedimento che mi pare altrettanto indispensabile, ma che tutti gli economisti ed i politici vivono come una bestemmia al solo sentirlo nominare: i DAZI DOGANALI, non so in che modo e con quali tempi (non lunghissimi, si spera).
Mi pare che abbiamo aiutato abbastanza l’economia cinese a liberarsi dall’arretratezza; che comincino anche le loro industrie a misurarsi con il vero mercato, non drogato da concorrenza sleale e mancanza di sane, e sottolineo sane, politiche protezionistiche.
Mi ricordo tutte le prediche degli esperti, che raccomandavano di aprirsi alla Cina come ad una grande opportunità; ora ne viviamo le conseguenze.
E forse gli faremmo anche un favore: tra Euro e Dollari, sono zeppi di cartaccia e non sanno più nemmeno loro cosa comprarci.
Chissà, magari davvero il Partenone; potrebbero smontarlo pezzo a pezzo e rimontarlo a piazza Tienanmen, p.e., similmente quello che hanno fatto certi americani ricchi nel dopoguerra con qualche castello inglese o francese.
Saint Simon
Per chiudere il discorso “che fare”…
La soluzione migliore rimane quella in cui i paesi dell’eurozona concordano lo smantellamento della stessa, anche passando per una fase transitoria con due euro (Euro Sud e Euro Nord), in modo da evitare il crollo del mercato unico, ritorsioni reciproche e crisi finanziarie e/o diplomatiche. Purtroppo è l’opzione meno probabile.
In subordine, c’è la rottura disordinata dell’euro, con l’uscita di uno o più membri, a cui seguirebbe la rapida disintegrazione dell’eurozona. In questo caso lo scenario più desiderabile è che ad uscire per prima sia la Germania, essendo il partner che causa gli squilibri maggiori e anche quella con più crediti (in euro) nel sistema Target 2. Se il primo paese ad uscire non fosse la Germania, i rischi di implosione del mercato unico e disintegrazione anche dell’Unione Europea aumentano notevolmente.
Se l’euro non va in pezzi subito, ci sono ancora altri due scenari: il primo, il più improbabile sia per le resistenze della potenza egemone sia per il fatto che non esiste un popolo europeo, è quello in cui l’unione monetaria procede sempre più verso lo stato federale, con un ulteriore e progressivo svuotamento delle sovranità nazionali e trasferimenti fiscali su scala europea. E’ anche lo scenario meno desiderabile per noi italiani, perchè l’Unione sopravviverebbe e si trasformerebbe finalmente nel tanto sognato (dai piddin-sinistri) Stati Uniti d’Europa al prezzoo della mezzogiornificazione dell’Italia, che sarebbe inevitabile a causa del progressivo impoverimento che le dinamiche dell’unione monetaria ci impongono. Ironico come l’Italia del Nord, dopo aver meridionalizzato 150 anni fa quella del sud, subirà l’identico destino negli USE.
L’ultimo scenario è quello intermedio, ed anche il più probabile, nel quale i vari attori politici (e geopolitici) faranno (o saranno costretti a dare dagli opposti interessi) il minimo indispensabile per mandare avanti la baracca, al costo di tragedie sociali sempre più grandi, come fatto dal 2011 ad oggi. In questo caso sarà l’ennesimo shock esterno, che colpirà un’eurozona sempre più debole e malconcia, a far crollare tutto, facendoci tornare allo scenario “rottura disordinata”. Sempre che non scoppino prima moti interni.
Più tempo passiamo dentro l’euro, noi e tutti i paesi periferici, più profonde saranno le ferite inflitte alle nostre società, alle nostre economie, alle nostre comunità, e maggiori le violenze che scateneranno.
Massimo
In parlamento il negazionismo è recentemente diventato reato, se venisse applicato anche a certi supposti “economisti” sarebbe un grande vantaggio per questa nazione. Ma ancora a difendere l’euro? Dopo che tutte, ma dico tutte, le politiche monetarie condotte da Draghi & company sono fallite?
Sento gente tessere le lodi del QE senza sapere che con la deflazione che c’è in Europa questa è una mossa dettata dalla disperazione. La Grecia è entrata nell’eurozona con consulenze, pagate fior di milioni, della Goldman Sachs per la quale all’epoca lavorava il signor Draghi come vice-presidente, è stato un suicidio assistito e tutti i principali players erano complici e sapevano che l’economia greca sarebbe presto collassata ma sono andati avanti come carri armati, aprendo alla speculazione più vergognosa e lasciando poi le macerie con l’arrivo della troika.
Andate avanti a fare disinformazione e a scrivere balle, la gente comunque si sta svegliando, ai negazionisti pro-euro non crede più per fortuna
Fabrizio
dato che le piacciono i grafici, provi a guardarsi i grafici di produzione industriale e debito privato in questo post http://goofynomics.blogspot.co.uk/2015/01/cosa-sapete-della-grecia-fact-checking.html
Inizialmente la Grecia ha visto una forte crescita del PIL perché, come da ciclo di Frenkel, hanno cominciato ad affluire in Grecia una quantità spropositata di capitali esteri (che hanno aumentato il debito privato perché capitali esteri sono interessi o dividendi che se ne vanno all’estero) e alla fine purtroppissimo i debiti (privati) devono essere restituiti e la Grecia non poteva farlo se non a costo di una pesante austerity distruggendo così il suo mercato interno e ponendo fine ai suoi squilibri verso l’estero. Volete l’euro? Ebbene volete anche l’austerità perché è necessaria ai paesi debitori per correggere gli squilibri.
Paolo Federico
Basta, non se ne può più, addirittura è stato scomodato il negazionismo, su questo blog non siamo d’accordo su nulla, ma non ho mai visto nessuno scrivere in favore dell’euro!
Roberto B
Sarà un caso?
Luca M.
Parlare di stato come di un’impresa privata è grosso modo ridicolo, al netto delle frasi fatte lette sui blog no-euro.
Non si può considerare l’austerity come una variabile indipendente da tutto il resto. L’austerity MODIFICA lo scenario, e dubito che questa causalità bi-direzionale sia catturata dal modello (seppure colpevolmente non lo ho guardato).
Così come non si può ignorare che la Grecia ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità a CAUSA dell’euro. Ben diverso dal “non ha saputo cogliere le occasioni dell’euro”.
La liberalizzazione totale dei movimenti dei capitali e il cambio fisso hanno causato, come letteratura vuole, una bolla creditizia, indebitando eccessivamente le famiglie e causando problemi di bilancia dei pagamenti ai paesei a inflazione più elevata (inflazione non è una parolaccia, né un peccato da espiare), a favore dei paesi a inflazione più bassa, ovvero la Germania, storicamente “inflazione-fobica”. Oltre al dumping salariale messo in atto ai danni dei partner europei, violando il trattato di Maastricht, senza alcuna sanzione, a differenza di ciò che i teutonici fanno adesso coi paesi più deboli.
L’austerity funziona solo nel raffreddare l’economia e portarla su un sentiero di crescita sostenibile QUALORA l’economia corra troppo.
Ma chiedere ad un’economia mantenuta artificialmente al di sopra delle proprie possibilità (senza euro ci sarebbe stata la svalutazione a far smettere ai greci di “spendere troppo”) di “ripagare i debiti” è assurdo, così come non si può togliere la droga a un tossicodipendete. Prima ci vuole “il metadone”, come vuole Tsipras. Senza contare il fatto che, nel caso greco, pusher e medico sono la stessa persona.
E, fa bene ricordarlo, chi presta (non chi prende a prestito) ha IL DOVERE di valutare l’affidabilità del debitore: se lo fa male, il default è la giusta sanzione. Se si abolisce la possibilità di fallire, si deve abolire anche il premio per il rischio di fallimento, la parte preponderante nella definizione del tasso d’interesse.
I numeri contano, ma senza parole che spieghino cosa sono, restano soltanto numeri senza significato.
Forse la lezione più importante continua a darla un Maestro troppo in fretta dimenticato dall’Italia e dai partiti (MoVimenti compresi per ora):
“Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili.”
Federico Caffè
Junius
@Luca M.
Caro Luca, al netto della spocchia sulle “frasi fatte dei no-euro”, poco empatica nei confronti di chi non ha approfondito politica economica per formazione personale, ma si è fatto il paiolo a studiare seguendo le indicazioni dei docenti che sono gli autori di questi blog, ti ringrazio per aver citato Federico Caffè che ho anch’io recentemente menzionato al Professore: proprio indicando come evidente fallimento della Sinistra che, negli “infuocati ’70”, invece di leggere le sue pubblicazioni, si leggeva “il libretto di Mao”…
Devo inoltre sottolineare che quella citazione di Caffè è ripresa evidentemente dal suo “blogger” preferito: ovvero da JM Keynes nella sua metafora de “l’incubo del contabile”.
Segnalo, però, che la tua affermazione per cui la Germania «violando il trattato di Maastricht, senza alcuna sanzione» è fuorviante.
È fuorviante perché si lascia intendere un comportamento “scorretto” della Germania che ha più a che fare con l’etica ma non con il diritto internazionale: proprio perché, ab origine, il Trattato di Maastricht prevede un trattatamento asimmetrico, anche a livello di sanzioni, differente tra chi fa politiche mercantiliste e chi le subisce, tra chi è in eccesso di surplus o di deficit.
In realtà non esistono importanti e particolari sanzioni che si possano comminare alla Germania che ha distrutto per la terza volta l’Europa: era “previsto” dai Trattati….
Mario Vitale
Cortese Sig. Aliberti,
quello che Lei sperimenta qui è ciò che io chiamo la “Sindrome di Cassandra” di cui sono spesso pure io vittima. Per spiegare cosa intendo, dirò che mi capita a volte di vedere con chiarezza quale sarà il risultato di certe azioni, o il motivo per cui si è verificato un determinato esito, ma di non riuscire a convincere chi mi circonda della bontà delle mie tesi.
Lego questo al mito di Cassandra perché, a mio modesto parere, Cassandra era una donna molto perspicace, che quindi riusciva a prevedere le conseguenze delle azioni proposte, da cui l’attribuzione di capacità divinatoria, ma era dotata di scarsa eloquenza, per cui non riusciva a convincere chi le stava attorno.
A onor del vero, va anche detto che chi, come Cassandra, profetizza sciagure, viene facilmente malvisto, mentre coloro i quali propugnano ardite e coraggiose soluzioni, hanno gioco facile ad attirarsi il consenso.
Per quanto detto, si rassegni. La verità è spesso molto semplice, ma anche noiosa, per cui chi come noi non è in grado di presentarla con fine oratoria, troverà sempre poco credito.
Saint Simon
Prof, faccio ammenda sulla spocchia, se non altro perche’ sono in casa sua ed e’ buona cortesia rispettare l’ospite. Tuttavia non posso non notare che quella che a lei sembra spocchia e’ direttamente proporzionale a quella che a me sembra un deficit di conoscenza delle basi di macroeconomia, se ancora nel 2015 lei sostiene, con un articolo di qualche settimana fa, che il problema sia il debito pubblico – e non il debito tout court -, quando tutti gli attori in campo, dalla Bce al fmi, asseriscono ormai che il problema e’ il debito privato. Ma sono sicuro che capitera’ occasione di tornare sull’argomento.
Intanto le segnalo questo articolo di Godley, anno 1992 (cita anche feldtein).Palla di vetro o scienza economica?
http://vocidallestero.it/2015/03/15/wynne-godley-su-maastricht-e-tutto-il-resto-2/
Buona lettura.
Aldo Giannuli
non c’è bisogno di fare ammenda, Attendo solo che mi spieghiate come pensate di risolvere lil problema (padon, :la questone) del debito pubblico per paesi che non possono emettere moneta. Quanto al debito privato, nessuno dice che non sia un problema, ma mi pare cosa diversa e non incompatibile con l’altra
Saint Simon
Ci sono solo due strade: o l’uscita dall’unione monetaria con il riappropriarsi della facoltà di emettere moneta o l’ulteriore integrazione verso la federazione politica con la cessione di altra sovranità verso un governo federale con il potere di trasferimenti fiscali. Tertium non datur.
Qualsiasi soluzione di ristrutturazione del debito (pubblico) in assenza di trasferimenti è soltanto una misura di breve periodo tesa a mandare avanti la baracca, poichè il ciclo di Frenkel ripartirà riportando il paese indebitato esattamente dove era al punto di partenza (col bisogno di una nuova ristrutturazione).
Lei potrà dire che è una misura appunto temporanea in attesa che i padroni della ferriera si decidano in un senso o nell’altro, ma io le chiedo se il percorso verso la federazione può essere appetibile per la Grecia (e per noi italiani), atteso che sarà una di queste regioni, per dirla con Godley:
“una regione che non potesse produrre nulla, non morirebbe di fame perché sarebbe titolare di pensioni, indennità di disoccupazione e reddito dei dipendenti pubblici”
ovvero il mezzogiorno d’europa.
Aldo Giannuli
allora mi spiega cosa c’è di diverso rispetto alle cose che sostengo da almeno due anni?
Saint Simon
A parte che i suoi due ultimi articoli sul tema non sono proprio una pietra miliare di chiarezza (e con la citazione del lavoro di Reinhart e Rogoff poi e’ partito che peggio non poteva, e con la difesa dell’idea alla base del loro lavoro, ad oggi tuttora non dimostrata, proseguiva malissimoo), lei mi spiega perche’ se la disfunzionalita’ e’ insita nell’unione monetaria e di conseguenza nell’euro, lei ospita l’articolo anti-austerita’ bruttacattiva? non mi dica ancora che l’economia non e’ una scienza e quindi basta avere un modello econometrico per dire la qualunque
Aldo Giannuli
dico più semplicemente che Lei legge a modo suo e che è molto ideologico
Saint Simon
Prof, temo che lei stia scambiando ideologico con scientifico laddove con l’aggettivo si voglia intendere il rigetto di tesi ampiamente screditate dal dibattito accademico nel 2015. Dia dell’ideologico a krugman o a godley, se lo meritano piu’ di me.
con immutata stima.
Aldo Giannuli
guardi che molte sue convinzioni nin sono affatto così condivise e l’economia è la “scienza” più imnfluenzata dagli interessi che si conosca.