La diversa logica del maggioritario e del proporzionale.

I partiti italiani, con il passaggio al nuovo sistema elettorale, avrebbero dovuto passare da una logica maggioritaria ad una logica proporzionale, cercando in Parlamento le alleanze necessarie, questo non è accaduto. Perché? La risposta è molto semplice: perché un partito educato da un sistema maggioritario, ha un modo di essere e di pensare completamente diverso da quello di un partito che agisce in regime proporzionale: cambiano le strategie comunicative, la cultura politica, il rapporto con l’elettorato, soprattutto il modello organizzativo; passare da un modello all’altro non è affatto semplice ed indolore. Per capirlo vale la pena di analizzare la diversa logica dei due sistemi.


Nel sistema parlamentare-proporzionale non è affatto necessario ottenere la maggioranza assoluta o relativa di voti e seggi, quanto, piuttosto, il grado di “coalittività”, cioè la capacità di comporre una coalizione che abbia un numero sufficiente di seggi (qui ragioniamo al netto delle diverse forme costituzionali come il cancellierato tedesco che prevede governi di minoranza e sfiducia costruttiva). Quello che garantì alla Dc 45 anni di governo fu la sua maggiore capacità di trovare alleati (di volta in volta Pli, Psdi, Pri, Psi, monarchici) rispetto al Pci che ebbe sempre pochissimi partiti disposti ad allearsi con lui (essenzialmente i socialisti, prima del Psi, poi del Psiup).

Ne deriva che i partiti tendono ad un modello di comunicazione meno “generalista” e più mirato a raccogliere il consenso di gruppi particolaristici qualificati (coltivatori diretti, professionisti, insegnanti, artigiani, minoranze religiose, particolari aree culturali eccetera).

Ovviamente i partiti più grandi si orienteranno verso i gruppi sociali maggiori (ad es. pubblico impego in blocco, oppure commercianti o artigiani organizzati nelle rispettive formazioni di categoria) ed al maggior numero di gruppi sociali possibili, per cui essi riserveranno pur sempre una quota del proprio discorso politico ad un approccio generalista, ma coltivando rapporti privilegiati con questa o quella categoria. Questo perché, per quanto l’ipotesi di ottenere il 51% sia molto remota, il partito maggiore si batte per ottenere il maggior numero di voti possibile che lo ponga in buona posizione per conquistare la guida del governo. Al contrario, il partito minore sa di non avere probabilità di conquistare la guida del governo (salvo situazioni eccezionali come, ad esempio, il governo Spadolini) pertanto è meno attento al discorso generalista che coltiverà solo limitatamente, e punterà le sue carte sulla rappresentanza di un determinato gruppo sociale circoscritto e qualificato (ad esempio i professionisti o gli operatori di borsa o una particolare categoria di operai) o un particolare territorio. Il partito minore sa di avere un ruolo ancillare, ma gioca sulla possibilità di essere il “partner marginale” cioè quello determinante per una particolare formula di maggioranza ed alzare il prezzo.

Ne consegue che tanto i partiti maggiori quanto quelli minori non puntano ad allargare il proprio seguito elettorale oltre misura e si concentrano sull’elettorato “simpatizzante”, meno distante e più facile da conquistare, destinando all’elettorato più lontano e difficile (antipatizzante) una attenzione residuale o magari lasciandolo a qualche alleato più digeribile da parte dell’elettorato ostile (la Dc sapeva di avere poche speranze di conquistare un elettore laico e delegava questo compito a repubblicani, liberali o socialdemocratici). Pertanto, nella competizione proporzionale, ciascun partito curerà la maggiore precisione della sua comunicazione, cercando di realizzare il massimo di seduttività sull’elettorato gardè, mentre i messaggi diretti all’elettorato lontano saranno in secondo piano, meno efficaci e più generici.

Contrariamente a quanto la vulgata maggioritaria di questi anni ha sostenuto, i partiti minori, in un regime proporzionale, non sono meri elementi di frammentazione della rappresentanza, nicchie particolaristiche che ostacolano e rallentano la formazione di una maggioranza solida. Al contrario, essi hanno la funzione di “fluidificare” la rappresentanza politica e creare più facilmente una coalizione di maggioranza. Infatti, tanto nei regimi proporzionali quanto in quelli maggioritari, la “regola” non è quella delle “grandi coalizioni”, per la banale ragione che i partiti maggiori, normalmente, sono alternativi fra loro ciascuno aspira all’egemonia nella coalizione e, dunque, sono più difficilmente alleabili. Dunque, nel regiome maggioritario la soluzione è quella di trasformare la maggioranza relativa (cioè la minoranza più grande) in maggioranza assoluta, mentre ne proporzionale la soluzione è quella della più efficace politica delle alleanze, attirando intorno al partito maggiore una quantità sufficiente di partiti minori.

E’ per questo che il sistema proporzionale è più propenso a valorizzare il principio di rappresentanza, la positività del conflitto sociale e la mediazione politica. Inoltre, nel regime proporzionale (normalmente accoppiato al sistema parlamentare) l’opposizione non è del tutto esclusa dal processo governativo: ci sono terreni di condivisione (spesso lo è la politica estera) ma, attraverso i regolamenti parlamentari e le commissioni, c’è una continua dialettica fra maggioranza ed opposizione che porta in diversi casi a testi di legge unificati o emendati. Anche nel periodo più acuto della guerra fredda, il Pci ottenne in diverse occasioni l’approvazione di proprie proposte di legge o l’istituzione di commissioni parlamentari di inchiesta o di indagine.

Questa esigenza di mediazione politica spinge i partiti a preparare progetti molto elaborati, che bilancino gli interessi particolaristici fra loro e rispetto al “progetto paese”, che ogni partito cerca di proporre in modo dettagliato, perché nella competizione proporzionale paga il progetto che appaia come il più concreto, preciso ed articolato, più capace di raggiungere i diversi strati sociali e sollecitarne il consenso Dunque, il partito del sistema proporzionale ha due caratteristiche: la preminenza dell’elaborazione politica rispetto alla comunicazione (che pure ha una sua importante funzione) ed una partecipazione di base forte e continua. Infatti, il contatto con i diversi gruppi sociali, più che alla comunicazione mediatica è affidato alla partecipazione dei suoi militanti alla vita dell’associazionismo di categoria, ai movimenti sociali in atto eccetera.

Completamente diversa è la logica del sistema maggioritario che si basa sull’idea di trasformare una maggioranza relativa in una maggioranza assoluta e, dunque, sacrifica una quota di rappresentanza per favorire la decisione, nel presupposto che una compagine governativa più coesa esprima un indirizzo politico più omogeneo e processi decisionali più rapidi.

Nel maggioritario l’essenziale è conquistare la maggioranza assoluta dei seggi. In alcuni casi questo coincide con la maggioranza relativa dei voti cui si aggiunge un premio di maggioranza, ma, nel caso di un maggioritario su collegi uninominali non è neppure necessario avere la maggioranza relativa dei voti, perché è possibilissimo che un partito con meno voti ottenga più seggi: se il partito A ottiene la maggioranza dei voti, perché vince di larga misura in pochi collegi, mentre il partito B vince di stretta misura nella maggior parte dei collegi ed arriva secondo nella somma nazionale dei voti, a vincere è il partito B che ottiene più seggi. Ne consegue che in ogni caso i partiti tenderanno ad allargare al massimo il loro raggio di azione includendo nelle proprie fila esponenti dei più diversi orientamenti politici, in modo da pescare nella maggior parte dell’elettorato. Il partito da competizione maggioritaria, è una coalizione in sé, la differenza rispetto alle coalizioni del proporzionale sta nel fatto che qui c’è un vincolo disciplinare per cui il partito resta coeso (o così dovrebbe essere) anche in presenza di dissensi interni.

Pertanto, il partito del maggioritario, al contrario di quello da competizione proporzionale, non può concentrarsi solo sull’elettorato più vicino, ma deve cercare di sfondare anche in quello “antipatizzante” che deve sottrarre nella maggior quantità possibile al suo avversario e, vice versa, deve curarsi che il suo competitore non faccia breccia sul suo elettorato, magari perché una sua frangia è ostile a qualche proposta particolare del proprio programma. Questo ha due conseguenze: in primo luogo il programma dovrà rivolgersi alla maggior parte dell’elettorato e dovrà evitare punte che possano urtare particolari nicchie elettorali. La soluzione sta in un programma prevalente mente generalista, assai vago e retto da uno “slogan di trascinamento” (il milione di posti di lavoro di Berlusconi, gli 80 euro di Renzi, la Flat Tax del centro destra o il reddito di cittadinanza dei 5 stelle eccetera). La seconda conseguenza è che proprio la vaghezza del programma e il carattere composito degli esponenti del partito, spinge a cercare il punto di unificazione della figura del capo, cui è demandato il compito di “incarnare” lo spirito del partito, garantirne l’unità e sciogliere le ambiguità e vaghezze del programma con le sue decisioni dopo la vittoria.

Dunque lo spirito del maggioritario è quello di esaltare al massimo la delega ai governanti, l’esatto contrario della democrazia diretta ed una concezione molto restrittiva anche della democrazia rappresentativa, quasi una cosa a metà strada fra essa e la dittatura temporanea. Per questo, la comunicazione politica, nel maggioritario, ha un ruolo preminente sull’ideazione politica: il suo compito è presentare il messaggio del partito nel modo più suggestivo, proprio per colmare “buchi” e vaghezze del programma e la risorsa estrema sarà quella della pubblicità negativa contro l’avversario costantemente demonizzato. Il messaggio implicito sarà sempre “Anche se il mio programma non ti convince, votami perché l’altro è peggiore: votami per non far vincere il mio nemico che è in assoluto peggiore di me”. Dunque, il confronto politico gradualmente cederà il passo allo scontro sulle caratteristiche personali dei due capi coalizione, allo scandalismo eccetera.

Riassumendo: il sistema maggioritario (e la forma presidenziale del governo cui spesso sii accompagna) privilegia la decisione sulla mediazione, esalta l’autonomia del ceto politico rispetto alla rappresentanza del corpo elettorale, esalta il momento generalista rispetto al consenso sociale qualificato e, di riflesso, deprime la conflittualità sociale e il ruolo dei corpi intermedi (associazioni di categoria, sindacati, ecc.) rispetto alla comunicazione mediatica.

Ne derivano ulteriori differenze fondamentali. Se il sistema proporzionale privilegia il ruolo del partito come aggregatore della domanda politica e, pertanto produce partiti a gruppo dirigente collegiale, al contrario, il sistema maggioritario esalta il ruolo del singolo capo: l’”uomo forte” che incarna il progetto del partito e che “sa comunicarlo” meglio degli altri, pertanto lo stesso partito viene ridotto alla funzione di comitato elettorale di supporto al capo attivo solo in campagna elettorale e pertanto è incline ad una passivizzazione dei cittadini: la partecipazione politica è sempre più ridotta all’attimo in cui il cittadino deposita la sua scheda nell’urna.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (35)

  • …ed è per questo che io sarei per il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale senza premi e senza sbarramenti di sorta… favorendo per il Senato l’assegnazione dei seggi su base “regionale” …grazie.

    • Venceslao di Spilimbergo

      Buonasera Esimio signor Camo
      Porgo le mie scuse per questo inopportuno disturbo ma non sono riuscito a trattenermi dallo scriverle dopo aver letto il suo interessante commento. Prendo atto del suo legittimo punto di vista Esimio ma, de facto, quello che Lei propone per l’Italia è un sistema elettorale simile (se non addirittura uguale) a quello presente presso altri Stati, quali il Regno dei Paesi Bassi e/o il Regno di Danimarca. Sorvolando sulla fattibilità al giorno d’oggi di un sistema proporzionale (essendo venute a mancare le grandi ideologie e conseguentemente i partiti “classici”, di massa, ecc…), mi permetta di porgerle un quesito scientifico- geopolitico: un sistema elettorale che può venire applicato (tralasciamo con quali risultati pratici) in determinati Paesi, del tutto secondari/ marginali nello scenario internazionale, potrebbe venire applicato anche a Paesi aventi (piaccia oppure no) un peso globale ben maggiore, con relativi doveri e impegni gravanti? Può un sistema esistente in realtà marginali avere un senso/ funzionare anche presso realtà aventi ben più alti impegni (e quindi necessità di Governo)? Purtroppo non possono tutti adoperare gli stessi strumenti, le stesse regole politiche; per scegliere quale legge elettorale sarebbe migliore per l’Italia bisognerebbe tenere conto non solo (e non tanto) degli aspetti costituzionali, giuridici, sociali, ecc… ma piuttosto di quelli geopolitici. Gran Bretagna, Francia e Spagna docent.
      Scusandomi per il disturbo recato, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata

      • “per scegliere quale legge elettorale sarebbe migliore per l’Italia bisognerebbe tenere conto non solo (e non tanto) degli aspetti costituzionali, giuridici, sociali, ecc… ma piuttosto di quelli geopolitici. Gran Bretagna, Francia e Spagna docent.”
        ___________________________
        Nel caso della Spagna, alla luce dell’esperienza acquisita a riguardo nel corso degli ultimi 40 anni e al fine di migliorare, per quanto possibile, certi aspetti geopolitici dell’Italia odierna, vi ricordo soltanto che la normativa elettorale vigente risale alle Cortes istituite da quell’altro fenomeno geopolitico chiamato franchismo:

        https://it.wikipedia.org/wiki/Cortes_Espa%C3%B1olas

        • Venceslao di Spilimbergo

          Buonasera Esimio signor Foriato
          La ringrazio per l’attenzione che ha voluto concedere al mio scritto di ieri. Concordo in buona parte con Lei: l’attuale Stato Spagnolo deriva dal tentativo politico (più o meno riuscito) di far convivere tra loro pacificamente gli esponenti moderati del cosiddetto “Franchismo” (i quali avevano preso atto del fallimento del loro progetto statuale dopo la morte del “generalissimo”) e gli esponenti della fu esperienza Repubblicana, usciti sconfitti dalla Guerra Civile del 1936- 39. Va altresì ricordato però come entrambi i due schieramenti derivino a loro volta dalle vicende Ispaniche del 1800, quando, a seguito della fine dell’Impero, riemersero le varie divisioni etniche, culturali, sociali sino a quel momento silenziate; in particolare riemerse il conflitto tra le province (che reclamavano la indipendenza perduta o quantomeno una forte autonomia quale controparte) e la Castiglia (centro del sistema appena decaduto e fautrice del mantenimento centralista, sul modello Francese). I problemi interni della Spagna stavano/ stanno nel non aver saputo scegliere come superare l’esperienza Imperiale e come affrontare il suo lascito; Madrid deve decidersi se rimanere “monumento vivente” alla passata gloria (con relativi onori e oneri) o diventare quello che avrebbe già potuto essere da tempo: un normale stato federale sul modello Tedesco (la Spagna è storicamente- geopoliticamente sempre stata filotedesca). Per fortuna o purtroppo tertium non datur.
          Ringraziandola nuovamente per la sua cortesia, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata

          • Egregio don Venceslao: riassume Lei la storia recente della Spagna come farebbe un ‘conseller’ dell’attuale presidente autonomico, Quim Torra, prestanome del precedente, oggi in esilio, Carles Puigdemont, prestanome a sua volta di Artur Mas, braccio destro, e parte del sinistro, dell’exonorevole Jordi Pujol, gran capo dei capi di affari diversi, tanti di natura criminosa, commessi durante più di 30 anni, e perpetrati -come Dio comanda- in compagnia di tutta la sua famiglia, per cui sono a processo…

            https://es.wikipedia.org/wiki/Jordi_Pujol#Controversias

            I conflitti svolti nel corso del s.XIX, cui fa menzione, hanno il suo epicentro nelle lotte dinastiche combatutte a partire del 1700. Si tratta insomma di una serie di scontri tra fazioni tutte monarchiche e sempre spagnoliste.

            https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_successione_spagnola

            https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_carliste

            Ci sono infatti degli storici che vogliono inserire in questo contesto il golpe contro la II Republicca (a mio avviso in maniera un po’ forzata, manco a dirlo). In ogni caso, e per quanto riguarda il coinvolgimento dell’Italia fascista in quelle conflagrazioni dinastiche, ci sono dei documenti affidabili relativi allo schieramento decisamente asburgico dei camerati Mussolini e Italo Balbo:

            https://es.wikipedia.org/wiki/Emilio_Barrera#Segunda_Rep%C3%BAblica

            Se Sciaboletta sollevasse la testa…

      • grazie per la considerazione Vencel… (mi permetta di chiamarla così, internettianamente) e comprendo il suo punto di vista e le sue considerazioni!
        io però sono attratto da certe linee ideologiche marginali tipo l’auto-riduzione dei consumi e altre eresie e quindi magari metto nel “non cale” la governabilità et similia, ragiono come “opposizione a prescindere al modello vigente”, sono più vicino alla posizione del commentatore “Que se vayan”… se fossi un cittadino Francese o Regnounitense non andrei neanche a votare con quel tipo di sistema di voto… viceversa vorrei tornare a 500.000 voti = 7 seggi Camera; e perchè no, 90.000 voti= 1 seggio Camera… com’era comunque normalissimo negli anni ’80 del Novecento in uno Stato dell’Europa Occidentale a economia di mercato o comunque mista, membro della NATO….

        • Venceslao di Spilimbergo

          Buonasera Esimio signor Camo
          La ringrazio per il tempo che ha voluto gentilmente concedere al mio scritto di ieri. Ci mancherebbe Esimio. Anzi! Mi permetta di rassicurarla: nella mia vita sono stato chiamato così tante volte Vencel, Ven, Venc, Ve, ecc… che oramai li considero come miei “secondi nomi”. Prendo atto del suo interessante e legittimo punto di vista Esimio… e probabilmente la sorprenderà sapere che una parte di me la pensa come Lei. L’educazione, l’istruzione ricevuta e le esperienze di vita vissute mi impediscono però di poter far parte della “opposizione a prescindere” (formula molto suggestiva) a cui Lei onorevolmente appartiene. Mi consolerò sapendo che Ella porterà avanti questo peculiare impegno anche per le persone come me… fatto codesto per cui sono/ sarò intellettualmente in debito con Lei.
          Ringraziandola nuovamente per la sua cortesia, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata

      • Buongiorno gent.mo Venceslao,
        mi perdonerà l’intromissione, ma ho anch’io una domanda da porle.
        Sappiamo bene che con i se e con i ma non si fa la storia, ma per amor di ragionamento per una volta facciamo un’eccezione.
        Le chiedo perciò questo: trascurando l’evidente motivazione opportunistica peculiare del suo carattere, cosa sarebbe successo se Mussolini non avesse ceduto alle lusinghe del suo maggior estimatore Hitler (finto, a parer mio, ma questa è un’altra storia), per la paura che aveva di essere da lui fagocitato (cosa che è poi comunque accaduta)?
        Che ci azzecca con il suo discorso?
        E’ presto detto: limitarsi nel proprio agire per paura del giudizio e delle reazioni altrui, può essere giusto se si è sotto una minaccia diretta, con una pistola puntata alla testa (una vera, non una metaforica ed immaginata!) .
        Va un po’ meno bene se ci si autolimita quando tratta di decidere come si vuole vivere e con quali regole, semprechè eticamente lecite: se si soggiace a possibili limitazioni che altri ci impongono, supposto che siano reali e non ipotetiche, il pericolo di collaborazionismo è, quello si, reale.
        Mi scuso di nuovo e le auguro buona lettura.

        • Venceslao di Spilimbergo

          Buonasera Esimio signor Roberto B.
          La ringrazio per la perdonatissima “intromissione” che Ella ha voluto cortesemente compiere nei miei confronti. Come sempre il suo punto di vista è molto interessante ma, spero non me ne vorrà per questo, dal suo scritto intuisco vi possa essere stato un involontario fraintendimento (dovuto certamente a causa mia e per il quale porgo le doverose scuse): io non volevo in alcun modo intendere che l’Italia dovesse/ debba “autolimitarsi”, adottando un determinato sistema elettorale anziché un altro per timore della reazione (reale o ipotetica) degli altri Paesi, alleati e/o avversari che siano. Io semplicemente mi domandavo se, per uno Stato quale il nostro, una legge elettorale maggioritaria (autentica!) non porterebbe più cospicui benefici rispetto al “proporzionalismo” sino ad ora variamente sperimentato… in quanto, seppur non determinanti, i sistemi di voto possono comunque favorire o meno la formazione di maggioranze Parlamentari solide e, conseguentemente, di Esecutivi autorevoli nello scenario internazionale- geopolitico. Personalmente non credo che il Belpaese (visto il suo peso globale non indifferente) possa permettersi situazione Parlamentari e/o Governative similari a quelle che son solite esserci presso i Paesi Bassi… prendo però rispettosamente atto degli altri pensieri diversi dal mio.
          Ringraziandola nuovamente per la sua cortesia, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata.

          P.S.
          Quale sarebbe stato il futuro dell’Italia se il signor Mussolini non si fosse alleato (controvoglia) con Herr Hitler? Quesito alquanto interessante. Da un punto di vista geopolitico non saprei cosa risponderle; socialmente ed economicamente ritengo che ci troveremmo nelle condizioni di Cuba; di certo il decorso del Regime Mussoliniano sarebbe stato molto simile a quello cosiddetto “Franchista” in Spagna o a quello cosiddetto “Salazariano” in Portogallo. A prescindere, direi che ci è andata oltremodo modo bene così come la Storia si è sviluppata.
          Nuovamente a Ella i miei ossequi

          • Egregio, nessun fraintendimento mi pare. Lei stesso afferma che “visto il suo peso globale non indifferente”, “il Belpaese non può permettersi situazioni Parlamentari e/o Governative similari a quelle che son solite esserci presso i Paesi Bassi”. Ed è esattamente ciò che contesto, cioè sottomettere la propria organizzazione sociale alle altrui aspettative di cui, badi bene, bisogna pur tener conto, ma non fino al punto da rinunciare a quel poco di autodeterminazione che ci è ancora consentita.

            P.S.: quanto poi alla mia ipotesi fantapolitica, naturalmente il mio era un artificio retorico.
            Tuttavia, atteso che non possiamo sapere cosa sarebbe successo se, ma considerati i morti, le distruzioni e le condizioni in cui si è poi venuta a trovare l’Italia grazie a quel patto sciagurato, mi sentirei tranquillamente di affermare che se “ci è andata oltremodo modo bene così come la Storia si è sviluppata”, lo dobbiamo per una grandissima percentuale alla capacità tutta italiana di tirarsi fuori dai guai un attimo prima del punto di non ritorno.
            Grazie per la risposta e saluti.

          • @Venceslao
            “degli altri Paesi, alleati e/o avversari che siano.”
            e/o mirabile congiunzione avversativa geopolitica !

      • Arend Lijphart e Klaus Armingeon si sono occupati del “problema geopolitico” ma è noto che il proporzionale sia stato applicato per lungo tempo anche in Italia.

        Nat Le Roux ha scritto del fatto che gli stessi inglesi percepiscano la puzza di un sistema che taluni invidiano.
        http://blogs.lse.ac.uk/politicsandpolicy/elective-dictatorship-democratic-mandate/

        Ma si sono anche storici che hanno illustrato il fine antidemocratico di certi sistemi affinché non si potesse fare finta di niente.

        http://www.historyandpolicy.org/policy-papers/papers/electoral-reform-dilemmas-are-single-member-constituencies-out-of-date

        Nei sistemi angloamericani l’uninominale si affermò come argine alle masse semianalfabete ed è poi stato preservato per opportunismo giacché serve gli interessi di un cartello politico bipartitico che in toto raggruppa una maggioranza assoluta di votanti che si avvantaggia dell’elevato astensionismo che tale sistema genera.

        Magari lorsignori fingono di essere per la competizione ed il libero mercato ma non hanno remore a sfruttare condotte anticompetitive.

        Ancora oggi negli USA si osservano casi di gerrymandering.
        https://edition.cnn.com/2017/10/03/politics/redistricting-supreme-court-gerrymandered/index.html
        https://www.ranker.com/list/most-gerrymandered-districts-in-america/eric-vega

  • Professor Giannuli, che ne direbbe di un sistema proporzionale puro con sbarramento al 5% e di una riforma dello Stato in senso presidenzialista, con il presidente eletto dal popolo a doppio turno, come in Francia? Secondo me, in questo modo si garantirebbero sia la stabilità e la governabilità che il principio di rappresentanza popolare.

    • A prescindere da quello che personalmente io ritenga sia il sistema migliore, cioè quello che mi piacerebbe di più non avendo le competenze per analizzare la questione in modo circostanziato, quanto Lei suggerisce si scontra con l’attuale bilanciamento dei poteri sancito dalla nostra costituzione. Realizzare quanto da Lei suggerito comporterebbe dover ripensare completamente tutti gli organi principali dello stato. Un lavoro che, secondo me, non potrebbe essere svolto da un parlamento, che fra l’altro è stato eletto con una legge elettorale a rischio d’incostituzionalità, ma richiederebbe la convocazione di una nuova assemblea costituente. Non voglio con questo affermare che non sia fattibile, ma richiederebbe uno sforzo civile che nell’Italia di oggi non vedo facile.

  • Micio Gelli ha apportato alla materia dei contributi rilevanti.
    Avrebbero dovuto almeno dargli la cattedra a Berkley o a Princetown !!

  • Ottima spiegazione (come sempre ) del n/s. dott.Aldo Giannulli .

    ( premessa : dal topic in oggetto , secondo me , traspare che il n/s. la pensa come me , dico meglio : io la penso come il dott.Giannulli , perchè sono un convinto proporzionalista , al limite con una bassa soglia di “sbarramento ” )

    Conosco sufficientemente bene pochi ” politici di mestiere/mestieranti-politicanti ” ( 4 o forse 5, in tutto ) categoria a cui appartiene la stragrande maggioranza di quelli che “fanno politica” ,
    ma Vi posso assicurare che la pensano tutti allo stesso modo ( ovviamente non lo dicono apertamente ) .
    Il sogno di tutti i politici ( in senso classico della parola cioè “di mestiere” ) è in pratica la “Legge Acerbo” ( cioè il maggioritario con premio di maggioranza-presidenzialismo ) , con cui assicurarsi una poltrona privilegiata per almeno 5 anni .
    Il “problema” , per Loro, è quello di capire Chi sarà il cavallo vincente e di salire sul carro che vincerà ( al limite , si può sempre sfruttare l’assenza del vincolo di mandato in costituzione ) .
    Morale :
    Chi “fa politica” la fa per i Suoi interessi personali (economici , carriera, prestigio, potere, ecc. ) , ovviamente deve scendere a compromessi con le lobby/lobbisti che lo sostengono ( ma questa è un’altra storia ) .
    Di risolvere in modo serio e concreto i problemi economici del “popolo bue” , in fondo , non interessa a nessuno .

  • …e poi c’è il maggioritario tacito, alias sistema di rappresentanza proporzionale rettificata (sic), cioè proporzionale formalmente ma con tutte le caratteristiche del maggioritario (elezioni per il parlamento spagnolo, ad es.): metodo D’Hondt e circoscrizione provinciale (50) più Ceuta e Melilla.

    Grazie tantissime, professore!

  • Il tarlo finisce col colpire inevitabilmetne il matterello, non foss’altro perchè è di legno duro, non ragiona.
    A sentir Segni il proporzionale era la causa di ogni sciagura, forse inclusi terremoti e alluvioni.
    Mah !

  • Francesco Pirrone

    Il proporzionalista Giannuli pretende di spiegarci “obbiettivamente” le differenze tra il sistema proporzionale e quello che genericamente definisce maggioritario. Tipico poi di ogni proporzionalista è mettere nello stesso calderone “maggioritario” sistemi profondamente diversi come il proporzionale con premio di maggioranza e l’uninominale di collegio. “Nel maggioritario l’essenziale è conquistare la maggioranza assoluta dei seggi. In alcuni casi questo coincide con la maggioranza relativa dei voti cui si aggiunge un premio di maggioranza, ma, nel caso di un maggioritario su collegi uninominali non è neppure necessario avere la maggioranza relativa dei voti, perché è possibilissimo che un partito con meno voti ottenga più seggi: se il partito A ottiene la maggioranza dei voti, perché vince di larga misura in pochi collegi, mentre il partito B vince di stretta misura nella maggior parte dei collegi ed arriva secondo nella somma nazionale dei voti, a vincere è il partito B che ottiene più seggi.” Come si vede in questa esposizione l’uninominale appare ancora più… “perverso” e per essere sicuro di questo effetto fa sparire l’uninominale a doppio turno che invece permette a maggioranza degli elettori di scegliere la “minoranza” di governo. E’ una “scomparsa” assolutamente necessaria per avvalorare la tesi di Giannuli: “Dunque lo spirito del maggioritario è quello di esaltare al massimo la delega ai governanti, l’esatto contrario della democrazia diretta ed una concezione molto restrittiva anche della democrazia rappresentativa, quasi una cosa a metà strada fra essa e la dittatura temporanea.” I governanti nell’uninominale a doppio turno, non possono imporre liste di fedeli, come sempre storicamente accaduto col proporzionale + premio di maggioranza, inoltre non basta loro avere la maggioranza relativa per aggiudicarsi il secondo turno determinato dagli “sgradimenti” degli elettori, dunque i governanti ridimensionati dal doppio turno a vantaggio degli elettori, facendolo sparire diventano i premiati dell’indistinto e zoppo maggioritario di Giannuli. Riconosce tuttavia che “tanto nei regimi proporzionali quanto in quelli maggioritari, la “regola” non è quella delle “grandi coalizioni”, per la banale ragione che i partiti maggiori, normalmente, sono alternativi fra loro ciascuno aspira all’egemonia nella coalizione e, dunque, sono più difficilmente alleabili.” Da questo riconoscimento tuttavia non fa discendere la logica conclusione che l’alternativa dei partiti maggiori dovrebbe incarnarsi in una alternativa di governo, impedita nei fatti proprio dal proporzionale che favorisce le alleanze di potere piuttosto che la scelta di indirizzo e programma, scelta sacrificata e imbastardita da alleanze obbligatorie e spurie come la grande coalizione tedesca o quella giallo-verde. Evidente poi che il potere di comporre liste di fedeli dato ai partiti ed ai capi partito, come Renzi, e il programma sempre mediabile e non vincolante per gli stessi capi, ne aumenta potere, discrezionalità e permanenza per impopolari che maggioritariamente siano diventati. Dunque nei fatti la conclusione non può che ribaltare del tutto le conclusioni sballate di Giannuli: “Se il sistema proporzionale privilegia il ruolo del partito come aggregatore della domanda politica e, pertanto produce partiti a gruppo dirigente collegiale, al contrario, il sistema maggioritario esalta il ruolo del singolo capo: l’”uomo forte” che incarna il progetto del partito e che “sa comunicarlo” meglio degli altri, pertanto lo stesso partito viene ridotto alla funzione di comitato elettorale di supporto al capo attivo solo in campagna elettorale e pertanto è incline ad una passivizzazione dei cittadini: la partecipazione politica è sempre più ridotta all’attimo in cui il cittadino deposita la sua scheda nell’urna.” La realtà del proporzionale contrapposta a quella mitica di Giannuli invece è un partito ostaggio dei capi bastone locali gestori delle clientele sul territorio, che aumenta astensione e delega e impedisce la partecipazione: pensate a chi in Campania volesse partecipare per contrastare il De Luca o il Cosentino di turno. Un sistema che sarebbe sconvolto da un uninominale a doppio turno (immaginate cosa sarebbe accaduto alla Boschi a Bolzano con l’uninominale a doppio turno), mentre invece prospera con i sistemi tipo Italicum o Rosatellum a dispetto di ogni “equivalenza” maggioritaria, così come il Rosatellum permette la permanenza di Renzi, malgrado la pesante sconfitta, mentre il doppio turno francese ha cancellato per sempre Hollande e Sarkozy e promette di potere ottenere lo stesso risultato a danno dell’attuale “monarca” Macron.

    • Corsi e ricorsi storici: «Lussu Ha dovuto constatare, nell’esperienza pratica compiuta, che il sistema del collegio uninominale è strettamente connesso alla corruzione politica italiana, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle Isole. Si dispensa dal citare dati di fatto che sono noti a tutti. È quindi favorevole in linea di principio alla rappresentanza proporzionale, pur rispettando l’opinione espressa dall’onorevole Bordon, quale rappresentante della Val d’Aosta, e non intende affatto rinunciare a questa conquista democratica.&raguo;
      http://www.nascitacostituzione.it/05appendici/06p2/01p2t1/03/05/index.htm?003.htm&2

      Anni di propaganda sul voto utile, circoscrizioni blindate lasciate a fedelissimi non promettono nulla di buono in aggiunta alla certezza che l’uninominale generi una mole abnorme di voto non rappresentato in ogni circoscrizione.

      Il doppio turno sceglierà pure chi comanda ma lo fa a spese della possibilità che che i cittadini dovrebbero avere di vede almeno espresse, nelle sedi opportune, le istanze che ritengono importanti da rappresentati di prima scelta.

      Simili sistemi uninominali coercitivi non fanno altro che incrementare l’astensione el malcontento che non si direbbero tra i fini di una democrazia.

      Per non dire delle possibilità di manipolazione,.
      https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Condorcet

  • vinicio giuseppin

    L’articolo è eccellente,didatticamente impeccabile ,un’analisi razionale e approfondita.Si hanno ben chiare le differenze tra il maggioritario ed il sistema proporzionale nonchè le conseguenze dell”uno e dell’altro sulle sintesi collegiali o prevalentemente individuali nell’esecutivo,sulla stesura di un programma generalista o selettivamente particolarista,…Chiari e condivisibili anche gli esiti dei due metodi di confronto elettorale:la costruzione del nemico da una parte e dall’altro la mediazione politica degli interessi del composito corpo sociale. Bene.Mi consenta però un appunto,che forse dipende più dalla mia ignoranza che dal contenuto del suo articolo. Mi sembra che oggi ci sia anche la ricerca di un altro metodo per ottenere la rappresentanza politica:il contatto tramite l’uso del social media…esso è una sfida pionieristica della società del welfare maturo o potrebbe essere assimilata alla categoria generalista o una via di mezzo ? Quali sarebbero le conseguenze sulla tenuta economica del NOSTRO Paese dei diversi metodi di governo,stante che esso è inserito nella Ue e nella NATO ?

  • Nella speranza di poter finalmente abolire lo stato (come alla fine del Best seller del celebre romanziere russo Stato e Rivoluzione), almeno che questo sia più democratico e meno efficiente possibile!
    Vista la fase storica, tutte le nostre speranze restano ora concentrate sull’inefficienza, unica qualità alla portata della compagine (ma non sarei troppo ottimista, temo che qualcosa combineranno).

  • Venceslao di Spilimbergo

    Buonasera Professore
    Prendo atto del suo sempre interessante punto di vista ma, sperando non me ne vorrà, non riesco a condividerlo in toto. Probabilmente sbaglierò ma, libri di Storia e ricordi/ esperienze personali “alla mano”, ritengo che molti dei difetti del sistema maggioritario si possano riscontrare anche presso il sistema da esso alternativo… tanto presso il contesto peculiare Italiano, quanto presso quello di molti altri Paesi (cosiddetti “Occidentali” e non). Se per quanto concerne l’ambito teorico non dubito che le sue argomentazioni siano assolutamente corrette, sotto l’aspetto pratico sono dell’idea che il “proporzionalismo” abbia dimostrato empiricamente una notevole serie di difetti tali per cui la maggioranza della popolazione Italiana ha voluto esprimersi in maniera totalmente negativa (e ancora pare esprimersi in tal senso)… preferendo tendere ad un sistema elettorale che non ci è storicamente estraneo, dato che fu dai nostri “maggiori” utilizzato sino al 1924 (maggioritario uninominale a doppio turno). Comunque sia, a prescindere da tutto quanto ho tentato sinteticamente di esporre, gradirei porle un quesito di carattere scientifico- filosofico: in una realtà del tutto diversa da quella conosciuta durante la cosiddetta “Guerra Fredda”, presso cui i partiti classici e/o di massa (quindi organizzati, strutturati, ecc…) non esistono più (eccezion fatta, sino ad un certo punto, per la “Nuova Lega”), può avere ancora senso e/o può concretamente funzionare un sistema elettorale quale quello proporzionale che solo in presenza di partiti “classici” esiste e della presenza di questi necessita?Può un sistema funzionante in un determinato contesto esistere/ funzionare in un ambiente culturale, socio- economico del tutto diverso?
    Attendendo con vivo interesse una sua risposta, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata

    • Anche se nella Costituzione non si fa vincolo del sistema elettorale tutti i quorum in essa stabiliti sono riferiti al proporzionale puro senza soglie.

      Quorum che regolano importanti equilibri e bilanciamenti e che già sappiamo scardinati senza molti scrupoli con conseguenze che avremmo potuto già valutare.

      I sistemi disproporzionali hanno sempre come conseguenza il sovrarappresentare per una legislatura qualche minoranza ma questo è un un modo per concedere potere incontrastato ad interessi particolari, non certo per dare voce al popolo come recitano gli slogan.

      Il principio di maggioranza (rappresentativa) è la minima precondizione della legittimità politica giacché in alcuni casi (come la modifica della costituzione) si prevedono quorum più elevati.

      A nulla vale fingere di rispettare il principio di maggioranza quando nelle sedi istituzionali non esiste una reale corrispondenza con gli aventi diritto di voto confidando che i cittadini (malconsigliati) non se ne avvedano.

      La disproporzionalità è stratagemma di censura politica che priva l’elettore della possibilità di vedere dibattute alcune istanze nelle sedi istituzionali che la democrazia a quel ruolo ha deputato.

      I sistemi a doppio turno poi creano sofisticamente “false scelte” che siano tra due o più non importa. https://it.wikipedia.org/wiki/Falsa_dicotomia

      E tale forzatura comporta più di un a beffa:

      Parte di chi ha scelto il vincente vedrà comunque censurate molte istanze che avrebbe voluto almeno discusse in sede istituzionale.

      L’intera totalità di chi ha scelto il perdente non ne vedrà discussa alcuna anche se ammontasse al 40% degli aventi diritto di voto.

      In democrazia la possibilità di vedere espresse richieste nelle sedi opportune è importante quanto la possibilità di una maggioranza (rappresentativa) di rigettarle.

      Quanto al referendum maggioritario è dimostrazione della fiducia dei cittadini avevano per chi li informava, non certo monumento di volontà imperitura.

      Senza la costante propaganda a favore dei sistemi disproporzionali certi luoghi comuni si sgretolerebbero.

      • Venceslao di Spilimbergo

        Buonasera Esimio signor “Allora ditelo”
        La ringrazio per il tempo che ha voluto concedere al mio scritto di ieri. Prendo atto del suo sempre interessante punto di vista Esimio ma, spero non me ne vorrà per questo, non riesco a condividerlo: se da un alto non concordo rispetto alla sua affermazione secondo cui “… nella Costituzione non si fa vincolo del sistema elettorale tutti i quorum in essa stabiliti sono riferiti al proporzionale puro senza soglie…” (l’applicazione di determinati sistemi di voto entro le istituzioni non comporta automaticamente che quei sistemi debbano essere applicati anche per le elezioni), dal altro lato non riesco a fare mie le critiche che Ella rivolge al sistema maggioritario. La filosofia che sussiste a fondamento di quella tipologia di voto prevede che il Popolo non sia (e non possa essere) una realtà compatta e uniforme ma bensì un’insieme di soggetti tra loro uniti da vincoli di affetto, interesse; ne deriva che la società è costituita da un insieme di gruppi più o meno vasti, più o meno consolidati nel tempo, portanti avanti determinati propositi da/ per i rispettivi membri. Grazie alle sue caratteristiche, il sistema maggioritario permette a una o ad alcune di queste fazioni, anche se relativamente minoritarie, di diventare la guida della Nazione, assumendo su di se onori e oneri di siffatta posizione… sapendo che se non saprà dare soddisfazione ai propri sostenitori e/o se non saprà intercettarne altri allora dovrà lasciar il comando a qualcun altro. A differenza del sistema proporzionale, il maggioritario non crede nell’esistenza di una reale maggioranza elettorale a livello popolare; qualunque maggioranza non può che essere relativa e pertanto (in un Regime cosiddetto Parlamentare) sovra rappresentata numericamente in seggi. Tenuto conto di questo, nonché della mancanza oggigiorno in Italia di partiti di massa (indispensabili per l’applicazione del “proporzionalismo”), ritengo che il Belpaese potrebbe trarre beneficio dall’utilizzo di un sistema elettorale siffatto, sul modello o Britannico o Francese… ben sapendo che questo ultimo in realtà già lo usammo dal 1861 al 1919 come sistema elettorale Nazionale e locale (quindi non è a noi storicamente estraneo).
        Rinrgaziandola nuovamente per le sue cortesie, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata

  • Tenerone Dolcissimo

    Analisi ineccepibile ma occorre anche rammentare che mentre il proporzionale è un sistema abbastanza unitario, il maggioritario è varissimo.
    Un conto è lo schifo che abiamo conosciuto, con listoni bloccati e un conto è l’uninominale meglio se alla francese e meglio ancora se permette a un quidam de populo di candidarsi senza un partito alle spalle.
    Se non ci credete riflettete sul fatto che il candidato dell’uninominale deve battere il territorio cercando i voti casa per casa. Ve lo figurate Renzi o la Boldrini o la Bonino che giranon per le case???
    Qualcuno qui dentro sicuramente si fregherà le mani al solo pensiero.
    MEMENTO PD DELENDUM EST

    • “Qualcuno qui dentro sicuramente si fregherà le mani al solo pensiero.”: in che senso?
      Forse perchè quel qualcuno ne approfitterebbe per esprimere loro la propria opinione nel posteriore?

      • Tenerone Dolcissimo

        Forse perchè quel qualcuno ne approfitterebbe per esprimere loro la propria opinione nel posteriore?

        Questo nel migliore dei casi
        MEMENTO DELENDUM PD

  • Gentile professore,
    la sua presentazione è oltremodo analitica ma temo che non includa con eguale dettaglio la particolare situazione della politica oggi in Italia: c’è il partito di maggioranza relativa, che non si definisce nemmeno partito, che, fino ad ieri, si è mostrato indisponibile in senso assoluto ad ogni alleanza e solo oggi, stipula un contratto, sotto molti punti ambiguo, con un altro partito condividendone solo l’aspetto populistico e anti-sistemico. Se il maggioritario aprirebbe indubbiamente scenari da fosche tinte autoritarie, il proporzionale rischierebbe una paralisi governativa come negli anni ’80 lasciando l’ago della bilancia, come per Craxi all’epoca, a formazioni di lobbisti alla Verdini. Oggi non c’è più un sistema che va avanti da solo, c’è bisogno di scelte politiche decise e avvedute che reimpostino tutta la strategia italiana, interna ed esterna. Non ho la soluzione ma, almeno mi sembra, mi rendo conto che entrambe le ipotesi, con un sacco di loro varianti, non riuscirebbero a portarci da nessuna parte apprezzabilmente risolutiva. Forse è meglio puntare al merito di tante questioni politiche oggi pressanti, chissà…

  • Facendo l’avvocato del diavolo, vorrei che Aldo Giannuli risponda ad alcuni critiche che vengono fatte al proporzionale.
    1) Il proporzionale costringe solitamente partiti che in campagna elettorale hanno portato avanti programmi diversi ad allearsi dopo il voto con il governo con il rischio che nessuno può realizzare effettivamente il suo programma e può scaricare la mancata realizzazione del programma e gli insuccessi sugli alleati. Diminuirebbe così, rispetto al maggioritario, la responsabilità di chi governa e il controllo degli elettori. Invece nel maggioritario chi governa ha la possibilità di realizzare pienamente il suo programma e può essere giudicato facilmente dagli elettori.
    2) Nel proporzionale un piccolo partito decisivo per permettere la formazione di una maggioranza ha un potere eccessivo rispetto alla sua presa sugli elettori.

    • Il principio di maggioranza è un requisito minimo per garantire che non si impongano decisioni fregandosene della maggioranza degli aventi diritto ma appoggiando il maggioritario è proprio quello che avviene.

      Si noti che l’uninominale a doppio turno è meramente uno stratagemma per privare l’elettore della possibilità che si faccia opposizione a certe scelte politiche obbligandolo a dare carta bianca una maggioranza relativa nonostante non sia la prima scelta.

      In democrazia (in quella italiana esiste pure divieto di mandato imperativo) non si tratta di scegliere un menu al ristorante chiedendo uno sconto sul prezzo ma istituzionalizzare la possibilità di mediare tra differenti orientamenti presenti nella nazione.

      Slogan come la “responsabilità di chi governa” suonano bene ma in considerazione dell’entità dei DANNI che è possibile fare a tali livelli “le ferite narcisistiche” di qualche politico non sono contraccambio adeguato.

      Il risultato concreto della propaganda pro maggioritario può essere già “apprezzato” nel numero di leggi incostituzionali che hanno passato senza inceppi le pregiudiziali di costituzionalità in parlamento grazie alla riduzione del pluralismo introdotta coi maggioritari.

      https://it.wikipedia.org/wiki/Groupthink#Prevenzione_del_groupthink

      Quante leggi dichiarate incostituzionali hanno causato ammanchi di bilancio?
      I pulpiti mediatici che fanno perenne propaganda per il maggioritario non le stanno mica a contare.

      L’abuso della decretazione di urgenza per poi imporre tagliola (taglio dei tempi parlamentari) sulla rispettiva conversione in legge non ha visto nessuno rimborsare i danni economici o dimettersi per incostituzionalità.

      In effetti alcuni decreti d’urgenza rimandano l’entrata in vigore alla pertinente legge di conversione (approvata magari con questione di fiducia) ed il parlamento è insindacabile ex art 68 Cost.

      PS: Quando una maggioranza disrappresentativa approva una legge incostituzionale è il cittadino che ne paga le spese, che esso abbia la possibilità di fare ricorso in tribunale o meno.

      Non dovrebbe essere possibile imporre all’intera popolazione delle scelte senza neanche aver avuto la fiducia dell’effettiva maggioranza degli aventi diritto di voto.

      Essere maggioranza relativa non legittima a tanto: Il programma di una minoranza che viene surrettiziamente ad occupare un numero maggioritario di seggi non è in grado di rappresentare gli interessi della Nazione ma solo di una fazione politica.

  • “Forse è meglio puntare al merito di tante questioni politiche oggi pressanti, chissà…”
    Che è, esattamente quello che è accaduto con il Contratto di Governo, che affronta proprio alcuni dei temi politici più pressanti.
    Poi naturalmente alcune o tutte le soluzioni prospettate possono piacere o non piacere, ma è certo che salvo in casi e contingenze veramente eccezionali (mi viene in mente solo una invasione straniera del suolo patrio, che costringe tutto un popolo a reagire all’unisono), dato un problema politico non esiste una soluzione che metta d’accordo tutti. Perciò, la maggioranza che governa ha il diritto e il dovere di decidere; se non altro, in questo caso sappiamo almeno dove si vorrebbe andare a parare. E non è poca cosa. Se poi ci riusciranno, staremo a vedere; ma questo è altro discorso; ricordando comunque che gli interventi per risolvere alcuni dei punti del Contratto, se non di tutti, vanno spalmati nell’intera legislatura, cioè in cinque anni.

    • Bravo, sig. Roberto B., ha enucleato con una sola pennellata la questione: un’invasione straniera del suolo patrio. Non vorrei che, però, si illudesse troppo: come già accaduto, gli italiani non reagiscono all’unisono ma il drappello dei lealisti ha già costituito da tempo la sua Salò. Si tratta di far emergere il sommerso e vedrà che i temi politici veri dirigeranno essi stessi le scelte tattiche.

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