Il Referendum di ottobre: il punto debole di Renzi.
Questo articolo potrebbe ridursi a pochissime parole: Renzi ha la maggioranza relativa dei simpatizzanti, ma la maggioranza assoluta degli odiatori. Non c’è dubbio che, fra i politici attualmente in corsa, Renzi sia quello che conta il maggior numero di simpatizzanti, magari non più il mitico 41% delle europee di due anni fa, ma, comunque, è al di là del 30%, un livello che non raggiunge nessun altro esponente politico attuale. Però è anche molto odiato da tutti gli altri.
Dai sostenitori del M5s a quelli della Lega, da quelli di Sel e Rifondazione a quelli di Forza Italia e raccoglie una nutrita schiera di antipatizzanti anche nell’area di chi non vota. Detto così potrebbe essere un’ affermazione ovvia: ogni uomo politico raccoglie il maggior numero dei suoi simpatizzanti fra gli elettori del suo partito, mentre ha più numerosi antipatizzanti fra quelli che votano per gli altri partiti.
Ma non si tratta di questo: Renzi è un caso particolare, come lo fu Berlusconi (quando ancora era vivo). Il fiorentino non suscita solo ovvi dissensi, freddezza o semplici antipatie come qualsiasi altro politico, lui accende ostilità feroci. Fra gli elettori di altri partiti, uno come Veltroni, Bersani, Franceschini può attirare antipatie, ma anche molta indifferenza, freddezza, forse anche una vaga commiserazione, mentre Renzi non risulta mai indifferente: è detestato. Neppure D’Alema è mai riuscito a riscuotere tanta avversione.
A rendere il fiorentino tanto inviso sono la sua arroganza, rozzezza, maleducazione, la sua incapacità di trattare in modo civile con chi non è un suo fans, la cialtroneria nel vantare successi inesistenti o non suoi, lo stile da telepromozioni commerciali dei suoi discorsi, la sua andatura pavoneggiante, ma, più di tutto, il suo sfrenato narcisismo. Renzi si sente bravo, è convinto di essere meglio di Napoleone, Cavour e De Gaulle messi insieme. E questo può costargli molto.
In qualche modo è quello che spiega la “maledizione del secondo turno” per il il Pd: di solito, vince quando vince al primo turno, mentre al secondo spesso perde anche con avversari che partono da 20 o 25 punti in meno. Il segreto è questo: gli elettori della sinistra preferiscono astenersi o votare M5s piuttosto che votare Pd. Gli elettori della destra preferiscono il M5s o l’astensione ma non votano mai per il Pd. Quello del M5s preferiscono l’astensione, più raramente la destra e quasi mai il Pd. Al secondo turno l’elettorato dei partiti che non sono arrivati al ballottaggio non votano per qualcuno, ma contro l’altro, quello più odiato. Ed il Pd, con l’immagine di Renzi è il più odiato. La cosa divertente è che il doppio turno è sempre stato il sistema preferito ad Pci-Psd-Pd sino all’Italicum.
Dicevamo che questo può costare molto a Renzi e c’è già un’occasione in cui verificarlo: il referendum di ottobre sulla riforma istituzionale. Sul merito del referendum scriveremo ad hoc, qui ci limitiamo ad affermate che Renzi parte in forte vantaggio: stante il tasso di spoliticizzazione della gente, il sentire comune degli elettori è dalla parte sua perché la gente capisce solo che Renzi vuol tagliare le spese per la politica ed, in qualche modo, dare un ceffone alla casta e questo suscita simpatie. Stare a spiegare il progetto autoritario che c’è dietro per il combinato disposto con l’infame legge elettorale (la Boschi-Acerbo) è cosa complicata e da specialisti, per cui affrontare il referendum su quel fianco (come propongono gli ottuagenari costituzionalisti della sinistra) significa perderlo con sicurezza. E sai che novità: l’unica cosa che la sinistra sa fare con stile e competenza è perdere.
Dunque, per il Presidente del Consiglio potrebbe essere una partita di tutto riposo, da affrontare in scioltezza, ma il “fiorentino spirito buzzurro” ha vellicato il suo imbattibile narcisismo suggerendogli di trasformare il referendum in un plebiscito sulla sua augusta persona, in modo che la vittoria lo incoroni Re d’Italia a vita. Dopo pochi mesi andremmo a votare e, con un successo referendario alle spalle, per lui sarebbe un gioco da ragazzi: la destra sarebbe impreparata (e temo lo sarebbe anche il M5s che sarebbe comunque dalla parte degli sconfitti ai referendum anche lui), nel partito nessuno oserebbe fare un bliz e lui potrebbe massacrare la sinistra uomo per uomo (e questo sarebbe l’unico dato positivo) e poi andare a vincere le elezioni in tutta tranquillità. Per di più, se si votasse nel 2017 si scanserebbe anche il giudizio della Corte Costituzionale sull’Italicum.
Il punto è che fare il referendum non sulla riforma ma su Renzi è, per il valente statista, l’unico modo serio di rischiare di perdere. La sua sfida va raccolta e nel referendum bisogna parlare poco del merito della riforma e molto dei sisastri combinati da questo governo, delle sue mirabolanti promesse e dei sui desolanti risultati, delle figuracce internazionali, ecc. Ai giovano precari ed ai lavoratori bisogna parlare del job act, agli insegnanti ed agli studenti della legge sulla buona scuola, ai risparmiatori ed ai piccoli azionisti delle banche degli scandali bancari e delle strane riforme sulle popolari e le Bcc, e così via. Poi gli eruditi giuristi della sinistra intrattengano pure le signore bene, all’ora del the, con le loro dotte disquisizioni: va bene, servono anche quei quattro voti.
Dobbiamo accontentalo: Renzi deve essere il centro della campagna referendaria. Slogan centrale: ”Renzi ha detto che se perde se ne va: un’occasione da non perdere!”.
Aldo Giannuli
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Giacomo
Buongiorno professore,
non sono d’accordo. Una motivazione da ‘mandiamoli a casa’ può essere il perno di una campagna della Lega, forse dei 5stelle, ma non è vincente per chi è a sinistra o tendenzialmente si astiene. Nel secondo caso ad esempio si tratta di fornire una forte motivazione che porti all’azione (il voto) laddove non si riconosce differenza alcuna tra i partecipanti ad un gioco, al quale magari invece si tiene anche solo in linea teorica. Detto altrimenti: se devo votare per respingere una manovra autoritaria, seppur deluso dalla classe politica, ho motivazioni di altro ordine per farlo, se l’obbiettivo e cacciare uno dei tanti, che sarà rimpiazzato da un altro dei tanti no grazie.
Nel primo caso invece: la sinistra per quanto mi riguarda deve provare a costruirsi una fiducia da parte nostra (eh sì, anche se non sono ottuagenario sono di sinistra) che ha abilmente saputo sperperare negli anni, e può farlo solamente partendo dai contenuti e dai valori (se tra di loro/noi esistono ancora) che li/ci identificano. Detto questo condivido le critiche che fa verso questa parte: sono dinamiche che vivo quasi quotidianamente e rendono difficile, quasi impossibile, ripartire.
Scusate il pippone mattutino
Giovanni
Sono vent’anni che non voto, l’ultima volta per Rifondazione e sono ancora quì a darmi del coglione. Renzi ha detto che se perde si dimette dalla politica ? bene…allora forzo me stesso e vado a votare.
Roberto B.
Chiedo scusa, ma non sarà meglio, anzichè votare contro, votare per, ad esempio per un programma piuttosto che per un partito o per una persona?
Anche perchè le dimissioni di Renzi sono una delle tante promesse ad uso dei gonzi.
A parte la ben nota improntitudine del personaggio, è risaputo che in Italia alle elezioni nessuno ha mai perso. Infatti, c’è sempre la possibilità di fare confronti di comodo, tipo con le europee del 2002, oppure le amministrative del ’52, persino con le politiche del ’19; insomma, alla fine tutti riescono a dimostrare che “nel complesso, il partito ha tenuto, anzi, in alcuni collegi abbiamo addirittura progredito”.
paolo
Roberto B. Beh… no in un referendum è diverso, ho passa o non passa. In questo caso poi che, per volere dello stesso Renzi, è visto ed ha valore di plebiscito cambia di molto!
Roberto B.
Stia pur sereno. 🙂
Se anche dovesse perdere il referendum, Renzi potrebbe sempre rivendicare un 40% (perlomeno) di consensi.
Insisto a dire che bisogna sempre andare a votare, referendum o elezioni che siano, e votare per qualcosa a cui si è favorevoli: l’astensione è proprio il miglior modo per favorire coloro che si vorrebbe penalizzare.
Al limite, se proprio non si sa dove mettere la crocetta, meglio annullare la scheda (NON lasciarla in bianco, in modo da rendere più difficili certi “giochetti”, sempre possibili con questi disonesti).
Paolo Selmi
Buongiorno Professore!
e se cominciassimo dal referendum del 17 aprile?
Con le amministrative a ridosso hanno avuto – per l’ennesima volta – il coraggio di buttar via milioni di euro puntando alla bella giornata, alla disinformazione generalizzata e allo scarso interesse per l’argomento per far saltare il quorum. Solo per questo meriterebbe una trivella nel giardino! Ora, le speranze di raggiungerlo sono meno del 2011, certo. Ma non potrebbe, malauguratamente per il PD, trasformarsi in un boomerang in caso, per esempio, di una forte partecipazione popolare, almeno nelle regioni interessate, di comitati territoriali e associazioni nazionali che “si ricordassero” del colpo basso un mese dopo, alle amministrative e, in misura ancor maggiore, al referendum plebiscitario? Per cui mi sentirei di dire…
UNA TRIVELLA PER RENZI!
SE MATTEO VUOI TRIVELLARE
IL 17 VAI A VOTARE!
E che il metano ci dia una mano…
Vincenzo Cucinotta
L’impostazione del nostro ospite l’ho letta anche altrove, ma non potrei essere più contrario.
E’ sbagliata sul piano tecnico di assicurare la vittoria, perchè sembra completamente ignorare che ci si aspetta un’altissima astensione, chre colpirà inevitabilmente molto più gli anti-Renzi che i pro-Renzi (visto che l’impostazione sarebbe tutta sull’immagine di Renzi). Sarebbe in effetti il primo caso se come prevede Giannuli, riuscissimo a portare alle urne gente con la semplice e banale motivazione che Renzi gli sta antipatico, non credo che esistano precedenti. Da manuale, avviene l’esatto opposto, che sostenere qualcuno risulta ben più mobilitante che non il rifiutarlo.
E’ sbagliato perchè il merito della questione è della massima importanza, e non sarà l’eventuale sconfitta nel referendum a cambiare la situazione sul punto fondamentale della sovranità e del conseguente rifiuto dell’unione europea, e ciò perfino nel caso improbabile che Renzi davvero si togliesse dalle scatole, perchè si troverebbe subito chi lo sostituisce ed oscurare le motivazioni reali del referendum finirebbe con il non vincolare questo nuovo premier a specifici comportamenti post-referendum, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la UE.
Sono al contrario fortemente convinto che della costituzione bisognerebbe parlarne e tanto. Anche il volere sempre accostare la riforma elettorale alla revisione costituzionale, mi pare sbagliato, perchè suggerisce che se cambiamo la legge elettorale, allora la revisione costituzionale diventa accettabile.
Infine, questo volere delimitare così fortemente il senso del referendum, non consente ai nostri concittadini meno attenti di orientarsi in un periodo in cui la situazione politica è uin così rapido cambiamento da potersi definire rivoluzionaria (in verità, controrivoluzionaria).
La costituzione mi pare l’unica cosa che noi possiamo utilizzare come un argine a questa ondata neoliberista e globalista, e non credo che sia così difficile far capire il significato reale della consultazione, non sottovalutiamo la gente.
Herr Lampe
Apprezzo molto il passaggio su Gustavo, Stefano e relativo codazzo.
cinico senese
Si concordo col professorone: ascoltando i discorsi da bar – che oramai sono il livello di analisi politica e coscienza del popolo a tutti i livelli sociali – è perdente parlare del merito del referendum, perchè la distruzione del sistema costituzionale viene presentata dalla propaganda delle prostitute della combo massmediale in modo pop, come 1) riforma che 2) modernizza il paese, 3) anticasta, e 4) che fa risparmiare un sacco di soldi: e questo basta e avanza perchè sia vincente.
Quindi, siccome non è più possibile discutere del merito e agli italioti della costituzione non gli fotte nulla ma gli fotte della vita sempre più difficile, per avere chances di vittoria il referendum deve diventare una chiamata alla battaglia contro il renzino e il PD: o con lui o contro di lui. Dalla sua parte i piddioti, contro il resto del mondo.
PS: notare come i difensori della Costituzione che, ai tempi del governo Berluska, girotondeggiavano contriti, siano spariti dalla circolazione, trasformati in complici silenti degli assassini piddini della stessa Costituzione. Benigni, Nanni Moretti, e intellettualoidi bolliti vari: dei veri Cuor di Leone
SOLLEVAZIONE
Caro Aldo,
analisi perfetta.
Conclusioni impeccabili.
Andrea T
Egregio Prof. Giannuli ,
colgo l’occasione di questo post per scusarmi con lei e ringraziarla.
Per anni sono stato (fino a non moltissimo tempo fa) un sostenitore del sistema elettorale maggioritario a doppio turno e persino del semi presidenzialismo sul modello della v repubblica francese. Su questo blog, come forse ricorderà, ho più volte polemizzato (o provato a polemizzare) con lei per via della sua dichiarata predilezione per il proporzionale.
Oggi riconosco che lei ha ragione e ne capisco il motivo: qualsiasi forma di sistema di elezione maggioritario finisce per porre una FINTA alternativa che di fatto si risolve nel blocco della politica – quella sulle questioni serie che contano – per mancata (o inadeguata) rappresentanza delle minoranze (alle volte persino corposissime) che, in un sistema maggioritario, vengono tagliate fuori o fortemente ridimensionate. In poche parole è l’unico sistema elettorare su cui può fondarsi un sistema politico controllato dalla classe dominante e abitato da lacché incompetenti (che fingono di contrapporsi con quelli della sponda avversa e alla fine fanno tutti insieme le stesse politiche) e personaggi che studiano più come fare una bella apparizione televisiva che come tirare fuori dalle secche un paese di 50 milioni di abitanti.
L’ ho capito leggendo – tra gli altri – i suoi libri, e per questo le sono grato (insieme ad altri autori che hanno influiito sulla mia formazione in questi anni). A mia discolpa posso solo dire che sono nato nell”86 e avevo ancora i calzoni corti quando ho cominciato a subire il lavaggio del cervello su “i governi che duravano pochi mesi”, la “governabilità” e quant’altro.
Durante la prima repubblica (con tutto il male che si può volere alla DC o al pentapartito) anche se i governi duravano pochi mesi, COMUNQUE IL PAESE E’ STATO GOVERNATO. Da quando si è passati al pastrocchio del maggioritario il paese è alla deriva, in balia di nani e ballerine di ogni genere e specie e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il sistema è strutturalmente fatto (concepito?) per il leader fenomeno da baraccone à la Berlusconi/Renzi con poca sostanza sotta alla “capacità comunicativa”.
Aldo Giannuli
davvero grazie per questo post che mi dice che non è inutile continuare a battersi in nome della ragione
M
Bravo Andrea.
Vorrei mettere in luce molti aspetti di quella che tu chiami un po’ troppo sinteticamente “deriva”, ma mi limiterò a quello più stratosferico: la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito in Italia com’è oggi, in confronto a quello che era prima del Mattarellum. Pochissime istituzioni (“bisogna accorpare le banche per reggere la competizione internazionale!”) e per giunta in mano a megacorporation anglosassoni (adesso non scappano alla loro presa neanche le Poste Italiane, dove la vecchietta metteva i suoi spiccioli), che gestiscono i nostri soldi per strozzare la nostra economia e piegarla agli interessi geopolitici di una ristrettissima, folle e guerrafondaia casta straniera. I controlli su queste istituzioni sono ora gestiti da Francoforte, cioè da Wall Street e, se quelli della casta s’incazzano, non solo le nostre imprese rimangono all’asciutto, ma persino i nostri risparmiatori si beccano il bail-in. Più stretti per le palle di così si muore.
Io sono del ’62 e ti assicuro che quando andai a votare al referendum contro il Mattarellum già sentivo il puzzo di questo disastro preannunciato. Sai allora cosa mi rinfacciavano? Che solo un “anarchico” come me poteva non vedere il malcostume dilagante e l’ingessatura del sistema, e quindi votare contro la “sacrosanta riforma elettorale”. Ribattevo allora che avevo votato anche contro la libertà di aborto e che dunque non ero collocabile in nessuna delle due solite caselle, destra e sinistra. E sai cosa mi guadagnava quest’ultima affermazione? La fulminea interruzione del dialogo, perché non si poteva interloquire con un apolide.
Potei così dedurre che coloro che detengono televisione e giornali, i cosiddetti opinion makers, detengono non solo gli occhi, ma anche l’intelletto e la dialettica dei sudditi. Peccato che costoro non sanno che tutte le menzogne che hanno spacciato per vere, gli sono già state messe in conto dal Creatore, moltiplicate per i milioni di quelli che se le sono bevute sommati ai milioni di quelli che ne hanno patito.
david arboit
Ilvo Diamanti concorda.
http://www.repubblica.it/politica/2016/03/21/news/il_referendum_antipolitico-135954554/?ref=HRER2-1