La fine del riformismo e l’ordine neo liberista.
Ci fu un tempo in cui la sinistra si divise fra rivoluzionari (che volevano conquistare il potere con l’insurrezione armata e fondare, con un solo atto di volontà, un sistema sociale e politico totalmente diverso da quello esistente) e riformisti (quanti volevamo andare al potere con il voto per cambiare il sistema attraverso una politica, appunto, di riforme graduali).
Poi sorsero una serie di correnti che ibridavano in vario modo le due posizioni di partenza; l’antirevisionismo luxemburghiano, il gradualismo malatestiano, le riforme di struttura togliattiane, il riformismo rivoluzionario di Lelio Basso o Andrè Gorz, i movimenti del sessantotto che comprendevano una fitta gamma di posizioni che miscelavano l’antica vocazione insurrezionale con forme di lotta sociale extraistituzionali ma non necessariamente violente.
Qui non entriamo nel merito delle singole posizioni, limitandoci a segnalare uno “slittamento semantico” per il quale, la socialdemocrazia accettò via via il sistema capitalistico e il riformismo non fu più un metodo per giungere ad un mutamento del sistema sociale, ma una politica orientata ad ottenere le migliori condizioni di vita per le classi subalterne, attraverso il welfarestate.
Mentre la sinistra “radicale”, abbandonata la prospettiva insurrezionale, manteneva l’aspirazione ad un diverso sistema sociale e e si dichiarava “riformatrice” per distinguersi dai “riformisti” e pensava che le “riforme di struttura” potessero essere lo strumento idoneo a raggiungere l’obiettivo. Per definizione, la sinistra riformista era “ritenuta interna al sistema”, mentre quella radicale “antisistema”, in riferimento alla sua alterità di sistema, a prescindere dai mezzi utilizzati per il cambiamento. Poi, man mano, anche la sinistra radicale (primo fra tutti il Pci) finì per accettare il sistema capitalistico, e ripiegò sulla difesa e l’espansione dello Stato Sociale. In qualche modo, le politiche welfariste diventavano l’”alternativa interna al sistema”. Il sistema restava capitalistico ma aperto ad una redistribuzione della ricchezza (in particolare attraverso la leva fiscale) ed alla modificazione delle gerarchie di classe attraverso le politiche sociali (in particolare l’istruzione e l’estensione dell’intervento statale in economia). Non si usciva dal sistema, ma lo si poteva modificare restando al suo interno perché il sistema prevedeva alternative interne.
Lasciamo perdere in questa sede differenze, successi ed insuccessi di queste diverse linee politiche e soffermiamoci a ragionare sul presupposto comune a tutte queste posizioni: la possibilità di modificare la struttura economica attraverso l’azione politica (più moderatamente nella prospettiva riformista, più radicalmente in quella rivoluzionaria), entro la cornice della sovranità dello stato nazionale. Anche la prospettiva della rivoluzione mondiale coltivata dall’Internazionale Comunista, scontava che la rivoluzione si affermasse nel contesto nazionale e la presa del potere avvenisse di contesto nazionale in contesto nazionale. Peraltro, la prospettiva della rivoluzione mondiale, intesa come rapido processo di estensione dei regimi rivoluzionari in tutta Europa, fu sconfitta sin dall’ottobre 1923 e mantenuta solo nominalmente nel ventennio successivo, in cui prevalse la politica del “socialismo in un solo paese” che, di fatto, risolveva la prospettiva rivoluzionaria nell’estensione dell’area di influenza dell’Urss.
Dunque, riformisti o rivoluzionari (e di tutte le sfumature intermedie o confinanti) definivano la loro politica all’interno dello schema concettuale statale che prevedeva alternative politiche interne al sistema.
La rivoluzione neo liberista (a suo modo è stata una rivoluzione, per quanto regressiva) ha distrutto questo presupposti:
1. affermando il primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica
2. costruendo un ordine gerarchico mondiale tendenzialmente monopolare (oggi in crisi) che riduce la sovranità degli stati nazionali
3. sottraendo i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse
4. attraverso la delocalizzazione produttiva e la liberalizzazione degli scambi commerciali che, inevitabilmente premia i paesi a costo del lavoro più basso e, quindi, agendo come attrattore verso il basso dei livelli salariali
5. realizzando un sistema monetario sganciato dalla base aurea o, comunque, da parametri oggettivi e basato solo sull’apprezzamento reciproco delle monete, che fa dipendere la stabilità monetaria di ciascuno dalla dittatura del rating e dalle decisioni dei mercati finanziari (in realtà da Wall Street) di fatto, riducendo ai minimi termini la sovranità monetaria dei singoli paesi
6. coprendo l’intero ambito rapporti economici ed a livello mondiale, con una fittissima rete di accordi e trattati internazionali (a partire dagli accordi di Marrakesh del 1993) che precludono ogni politica diversa da quella neo liberista e proibiscono esplicitamente l’intervento statale in economia
7. impedendo ogni politica industriale nazionale, privatizzando le imprese pubbliche e promuovendo grandi fusioni internazionali a guida finanziaria
8. liquidando i presupposti stessi dello stato sociale.
Di conseguenza, l’ordine neo liberista ha carattere politicamente monistico e non ha spazio per una sinistra interna. Nel mondo della globalizzazione neo liberista non c’è spazio per politiche keynesiane, per compromessi welfaristi e, di conseguenza, per ogni politica riformista. L’ordine neo liberista non prevede alcuna sinistra interna, è tutto ed organicamente di destra. A fronte dell’assolutismo neo liberista, il riformismo, anche il più moderato, assume valenza antisistema al pari di qualsiasi indirizzo rivoluzionario.
Ne consegue che occorre abbandonare la pratica istituzionale per passare a forme di lotta violente o addirittura armate? Per nulla: sarebbe una risposta incongrua rispetto all’obiettivo. Che si prenda il potere in un paese tanto per via pacifica e legale quanto per via violenta ed illegale, il problema non si sposta di un centimetro, perché il nuovo governo, comunque formatosi, avrebbe di fronte lo stesso problema di fare i conti con un ordine mondiale ostile, dove l’unica variabile decisiva sarebbe quella dei rapporti di forza. La Cina ha realizzato un sistema di capitalismo di Stato che si discosta per più versi dall’ordinamento neo liberista, ma può permetterselo perché i rapporti di forza economici, finanziari e, non ultimo, militari, glielo consentono e rappresenta una torsione del sistema internazionale nella misura in cui i rapporti di forza glielo consentono. Il passaggio a diverse politiche non liberiste è antisistema nella misura in cui presuppone la rottura dell’ordine mondiale e della sua rete di trattati ed accordi.
Dunque, il problema, al di là della praticabilità ed auspicabilità di un ricorso a forme di lotta interna violente, si pone in termini diversi: come maturare i rapporti di forza internazionali che consentano di aprire spazi a politiche sociali ed economiche non liberiste. Il che significa che l’asse dell’azione politica si sposta dall’arena nazionale a quella internazionale.
Le sinistre riformiste (Spd, Socialisti francesi e spagnoli, Labour party ecc) perdono terreno e sono destinate all’estinzione o all’assorbimento organico nelle formazioni di destra, perché all’interno di questa cornice di sistema non possono avere altra sorte.
Le sinistre “radicali” (Linke, Front de Ganche, Izquierda Unida, Rifondazione Comunista e Sel ecc.) stanno subendo lo stesso declino perché non hanno iniziativa politica e non possono averla, perché, incapaci di iniziativa internazionale (neppure a livello europeo), mancano di una proposta politica che non sia pura propaganda senza contenuto.
Syriza è destinata al fallimento perché non trova supporto internazionale e perché non ha il coraggio di utilizzare l’unica arma (a doppio taglio) in suo possesso: il ricatto del debitore.
Podemos (che, tutto sommato, è una variante intermedia fra Sel ed il M5s) è destinata ad analogo insuccesso, perché non pensa neppure di mettere in discussione la cornice europeista.
Il M5s temo sia destinato a schiantarsi contro le resistenze del sistema perché, pur avendo intuito che il nodo è quello dell’ordine internazionale (come dimostra la posizione sull’Euro), non riesce ad articolare questa intuizione in un progetto politico adeguatamente articolato, perché non svolge alcuna azione internazionale e, quando tenta qualcosa, sbaglia (leggi Ukip), perché non ha costruito uno strumento organizzativamente adeguato allo scontro.
Come si vede siamo in un cul de sac, dal quale non usciremo né con improbabili referendum e colpi di testa, né con le solite alchimie di orrendi cartelli elettorali costruiti sul nulla. Ma sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale Podemos, Syriza, M5s, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’Euro, la revisione dei principali accordi internazionali. Non sarebbe la soluzione dei nostri problemi, ma un possibile inizio. Il resto è già votato al fallimento.
Aldo Giannuli
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ilBuonPeppe
“Proletari di tutto il mondo unitevi”?
mmmmh… Non mi pare abbia mai funzionato. Se non si riesce a fare a livello nazionale, come si può fare a livello internazionale?
Temo sempre più che la cosa si risolverà da sola: privandoci via via di tutte le conquiste sociali maturate nei decenni passati, quindi di ogni possibilità di intervenire all’interno del sistema, ci lasceranno come unica possibilità la lotta armata. Con conseguenze difficilmente immafinabili.
Gerardo D'Ambrosio
Da questo pezzo, però, sembra che esista una specie di Fronte Neo Liberista, una fazione che ha imposto un sistema a livello globale che ha prevalso su qualsiasi altra forma di gestione del potere. Se è vero che una classe dominante ha tutti gli interessi per “fare i propri interessi”, fiancheggiata da coloro che pur non facendone parte ne traggono comunque dei vantaggi (e nel suo libro “uscire dalla crisi” mi pare che facesse anche delle stime numeriche a riguardo, ossia quanti fossero gli abitanti di riccopoli e i loro aiutanti), e dunque esiste una classe orientata a perseguire il profitto con ogni mezzo e ciò che favorisce il capitale (per esempio limitazione della sovranità nazionale, del welfare, compressione salariale ecc) avvantaggia chiunque appartenga a tale classe, mi domando come ciò possa essere realizzato in maniera così efficace, sistematica, implacabile. Come se in questa moderna lotta di classe da un lato ci fosse un’organizzazione efficiente che ha dalla sua parte persone preparate, competenti, che sanno come agire, e dall’altra parte il caos, l’incapacità, l’impreparazione, la disorganizzazione.
Antonio
Normativa antitrust dovrebbe contrastare cartelli, espressione concreta dell’esistenza del cosiddetto fantomatico, composito, liquido “Fronte Neo Liberista” citato da Gerardo D’Ambrosio il 13 giugno, non palese o formalmente costituito, ma effettivo come la criminalità organizzata, si ritrova intorno al business o no?
franco valdes
non esiste un capitalismo keynesiano, non esiste un capitalismo neo-liberista, non esiste un capitalismo finanziario, non esiste un capitalismo produttore di merci, esiste il CAPITALISMO.
il cosidetto welfare viene graziosamente concesso al mondo proletario solo in virtù del fatto che esisteva l’unione sovietica. quando l’unione sovietica é crollata…
franco valdes piccolo proletario di provincia
Franco Ghelfi
Breve e conciso. Hai afferrato la vera causa della realtà dell’oggi!! Mi trovi pienamente d’accordo!!
simone
Chapeau!
Peró,tornando all’articolo, credo che “il ricatto del debitore” non sia l’unica arma a disposizione di Atene, capisco che ai greci faccia paura ma ce né un altra: Mosca!
Valdo
Il sistema è questo, verissimo, ma non bisogna rassegnarsi, altrimenti è la fine per tutti coloro che non vogliono una società profondamente diseguale e non appartengono all’elite dei dominanti o alla casta dei loro camerieri.
Syriza, Podemos, M5S e altri possono e debbono costituire un fronte riformista a difesa delle Costituzioni nazionali, del Welfare, del primato della politica sull’economia e dell’economia sulla finanza. Dentro il mercato ma esigendo regolamentazioni. Il neoliberismo ha potere e media, ma i riformisti hanno dalla loro la stanchezza della gente che aumenta ogni giorno di pi e infatti sta abbandonando i partiti sistemici. Però occorrerebbe una presa di posizione molto più netta da parte di queste forze; dovrebbero smetterla di concentrarsi esclusivamente su problemi secondari (la corruzione, per esempio) e dialogare a livello internazionale.
Vincenzo Cucinotta
Mi trovo in profondo dissenso un po’ su tutto l’articolo.
Sulla prima parte, non riesco a capire il punto 5 cosa c’entri con il neoliberismo. La teoria dello standard aureo fa parte integrante della teoria monetarista che a sua volta è neoliberista, anzi ne ha costituito la premessa, il fondamento.
Ogni teoria economica che consideri la moneta come valore, finisce inevitabilmente per confermare l’ideologia neoliberista. Finchè non si capisce che il denaro è soltanto uno strumento di politica economica, non si esce da una logica neoliberista. La sottomissione ai mercati non è in alcun modo conseguenza dell’assenza dello standard aureo, è l’espressione stessa del neoliberismo, più che uno strumento che lo favorisce.
Anche la ricostruzione storica dell’evoluzione di ciò che comunemente si indica come sinistra appare sommaria e discutibile, ma nella sintesi richiesta dal mezzo ci potrebbe anche stare.
Il dissenso totale sta nella conclusione a cui l’articolo giunge ed anche al modo ingiustificato, perchè non argomentato, con cui vi giunge.
In sostanza, si esclude la possibilità di iniziative nazionali, affermando la necessità di iniziative internazionali.
Partiamo da qui. L’articolo non dice nulla su quali debbano essere queste iniziative, elenca alcuni temi, ma nello stesso tempo non entra nel merito di come affrontarli ed inoltre ammette candidamente che esse non potranno risultare risolutive.
Ditemi voi se esagero dicendo che questa conclusione equivale a dire che non c’è nulla da fare, conclusione inevitabile se a quanto dice l’articolo, si aggiunge che non vi è alcuna premessa perchè le forze politiche elencate dovrebbero entrare in questa logica. In particolare, mi pare che ci sia un equivoco enomre sui partiti socialdemocratici che vengono trattati come entità che ingenuamente hanno consentito un’evoluzione politica che li mette fuori da ogni ruolo significsativo. Ciò è falso, i partiti socialdemocratici hanno scientemente scelto di adeguarsi alla nuova realtà geopolitica del neoliberismo globalista, determinando un loro appiattimento sulle posizioni dei popolari, ed ormai questo processo è irreversibile, chi li vota, a meno di considerare gli elettori dei poveri mentecatti, sa bene cosa vota e sicuramente lo sa tutto quel ceto politico subalterno che costituisce l’ossatura portante di questi partiti: non si può cavare alcun succo da una rapa.
Torniamo quindi alle brevi e apodittiche affermazioni che portano Giannuli ad escludere ogni possibilità di agire nazionalmente.
Egli afferma che nessuna nazione può resistere al clima ostile internazionale.
Io non lo credo per una serie di ragionui.
La prima è che neanche negli anni novanta, nel pieno del trionfo dell’impero USA. sarebbe stato così facile per la superpotenza unica intervenire con la forza contro una nazione sovrana, meno che mai se essa è uno dei paesi più svilòuppati del mondo intero.
C’è però un’altra argomentazione che forse è anche più rilevante, che negli ultimi venti anni il ruolo imperiale degli USA si è molto ridimensionato, ed apparentemente solo l’Europa, i suoi alleati più tradizionali, non se ne sono accorti. A paete la Cina, già citata dall’articolo, serve ricordare che la Russia di Putin non è la Russia di Eltsin, che Turchia ed Israele non solo assumono comportamenti palesemente difformi dagli USA, ma addirittura arrivano a deridere quel paese, certi di poterlo fare impunemente. Difatti, non solo la Turchia arma l’ISIS come è stato documentato, ma addirittura Israele costringe gli USA a capovolgere alcune mosse decisive nel teatro mediorientale per non risultare smarcata rispetto alle sue scelte. Lo stesso potrebbe dirsi per i sauditi e loro alleati nella zona, significativamente rispetto all’atteggiamento verso l’Iran.
Analogamente, la maggior parte dei paesi dell’America latina, considerata da sempre dagli USA il loro cortile di casa, hanno clamorosamente sbattuto fuori gli USA che in quell’area non contano più nulla.
Insomma, mi pare chiaro che il quadro dipinto da Giannuli di un impero potente è del tutto irrealistico, l’impero è in vistoso declino e presto imploderà, qualunque cosa facciano gli europei, perchè la stessa esistenza di sacche di resistenza ai voleri imperiali ne determina il loro indebolimento.
Come dicevo, solo in sede UE si pensa di dovere assecondare pedissequamente ogni volere imperiale come se questa scelta fosse ineluttabile, e proprio da questo punto di vista trovo che quest’articolo sia perfettamente in linea con la visione politica egemone nella UE, per cui le scelte possono essere assunte solo in ambiti molto ampi e che quindi travalicano i singoli paesi. Dopodichè,l’articolo compie anch’esso l’errore ormai sistematico di credere che la UE possa essere utilizzata per operazioni totalmente differenti da quelle che pratica. La UE non può che essere neoliberista perchè lo è prima ancora che politicamente, sul piano istituzionale, e quindi è una sua caratteristica intrinseca.
Infine, l’aritcolo sembra del tutto ignorare la fragilità seppure abilmente occultata della situazione internazionale, innazitutto dal punto di vista economico. Prima o poi, quei settecentomila miliardi di dollari di cartaccia stampata dal ssitema bancario privato globale si riverseranno sul mercato, ed allora ci sarà un big bang mai prima visto nella storia dell’umanità.
Io ho una poszione esattamente opposta, le uniche iniziative che possono funzionare, sono quelle assunte a livello nazionale in stati che abbiano una costituzione democratica. Essi costituiscono strutture politicamente influenzabili e che posseggono risorse in grado di dare gambe ai progetti.
Quando peraltro dico che le iniziative vanno assunte nazionalmente, non intendo dire che vadano assunte solitariamente, dico che se alleanze sono possibili, esse possono procedere parallelamente, cioè più paesi che assumono decisioni analoghe anche se tramite iniziative separate purche concordate. La direzione sarebbe antiglobalista, per la piena riappropriazione delle sovranità nazionali
Voglio ricordare allo stesso Giannuli che solo pochi giorni addietro, egli sosteneva che Tsipras avrebbe dovuto rompere con la UE e procedere alla solitaria uscita dall’eurozona della Grecia, cioè l’esatto contrario di quanto afferma oggi. Mi chiedo cosa gli abbia fatto cambiare opinione così rapidamente.
Iinfine, riassumendo, dirò che mettere assieme tante paure dell’impero del male che può soffocarci non fa un coraggio, mentre più coraggi fanno un progetto internazionale.
Aldo Giannuli
guardate che un post così lungo non lo legge nessuno, è inefficace
Pasquale Cocozza
Io l’ho letto operaio di Reggio Emilia e non immaginate in fabbrica quanti si siano resi conto che la situazione mondiale si stia deteriorando rapidamente .Forse non ci credete ma molti operai non guardano piu’ la tv e chi puo’ si informa sui canali di controinformazione ammesso che siano attendibili il risultato e’ che comunque alla fantomatica ripresa al modello neoliberista non ci crede piu’ nessuno.
Tenerone Dolcissimo
Ah, si informano alla stampa libera e ancora non hanno capito che se stanno nella merda è colpa della tassazione all’80% che ha fatto evaporare i consumatori che acquistano i prodotti da loro fabbricati facendoli finire licenziati??? Cmq fanno bene a non credere alla ripresa, perché finché dovremo mantenere legioni di parassiti la ripresa corca che la vedrete.
Dì pure ai tuoi colleghi -e se vuoi vengo a spiegarglielo io di persona- che i nostri sindacati hanno voluto le supertasse sulle imbarcazioni da diporto per far piangere i ricchi. I ricchi hanno trasferito le barche in croazia e non piangono affatto. Piangono invece i lavoratori della nautica rimasti senza lavoro. Ma alcuni di loro non mi fanno per niente pena. Specialmente gli iscritti a CGIL e CISL, fautori dell’ipertassazione, perché quando uno è bischero è giusto che muoia di fame e non deve essere compatito ma deriso e sbeffeggiato.
Saluti
simone
VeriSSimo!
Cesare
Io, invece, l’ho letto per intero e ho trovato la critica del sig. Cucinotta al suo articolo estremamente interessante, ben argomentata e convincente. Non sottovaluti, dr. Giannuli, i suoi lettori.
Aldo Giannuli
non sottovaluto affatto e trovo il pezzo interessante, ma so per esperienza che oltre le 20 righe a leggere un intervento non sono più del 5% dei visitatori
sto poensando a come valorizzare gli interventi piùinteressanti come questo
luigi
L’ho letto anche io e sono d’accordo con il prof. Cucinotta. Un’osservazione: per certi versi gli USA nei confronti dell’Europa e di altri stati sono più potenti ora che prima, mancando adesso la paura dell’Unione Sovietica.
leopoldo
per valorizzare gli interventi come quello di Cucinotta, potresti ripubblicarlo poi inserire gli stessi tag, collocarlo in una nuova sezione commenti, così dovrebbe comparire tra il gruppo ‘leggi anche’. tanto sei in grado di intercettare il commenti prima di pubblicarlo e al suo posto inserisci il link alla pagina.
Aldo Giannuli
sto pensando a qualcosa del genere e ma devo sentire che mi dicono i miei onnipotenti “tecnici”
Tenerone Dolcissimo
“essi costituiscono strutture politicamente influenzabili e che posseggono risorse in grado di dare gambe ai progetti.”
Cucinotta, ti ricordo la frase della Thatcher: IL SOCIALISMO E’ L’IDEA DI VIVERE CON I SOLDI DEGLI ALTRI. IL PROBLEMA E’ CHE I SOLDI DEGLI ALTRI PRIMA O POI FINISCONO.
Ecco i soldi sono finiti e quindi a livello internazionale o nazionale o regionale o comunale o dipartimentale o cantonale o rionale o condominiale i parassiti grandi (politici con autoblu) e piccoli (cassaintegrati e forestali e statali nullafacenti) devono capire che la festa è terminata. Se poi, caro amico di Equitalia, pensi di confiscare le case degli italiani per continuare a gozzovigliare, ti devo avvertire che
1) quei soldi li hanno già prenotati alcuni paraculi più paraculi di te;
2) potrebbe accadere l’irreparabile come avvenne in francia a fine settecento quando i ceti produttivi inviarono i parassiti a madame la ghigliottina per risolvere la situazione.
Zuccherosi saluti
Aldo Giannuli
veramente ol sistema che fa vivere con i soldi degli altri sapevo che era il capitalismo
Tenerone Dolcissimo
Forse Lei, Professore, si riferisce al capitalismo familiare all’italiana, id est al “capitalismo senza capitali”. Se è così parliamo di cose diverse. Quello e’ assistenzialismo. Cordiali saluti
Aldo Giannuli
no no, mi riferisco proprio al capitalismo in quanto tale
andrea z.
I grandi finanzieri che controllano l’economia mondiale, come è noto, possiedono immense ricchezze ed esercitano un controllo ferreo sull’informazione radiotelevisiva e sui giornali (per ora gli sfugge solo internet in modo completo).
Hanno solo un punto debole, di cui sono perfettamente consapevoli, e che spiega la loro ossessione per il controllo dell’informazione e delle comunicazioni: sono pochi (al massimo l’1% dela popolazione del mondo occidentale).
Quindi, in teoria, se l’immenso esercito dei sudditi si rendesse conto della situazione, il potere di questo ristretto numero di individui sarebbe in pericolo.
Quello che tutti possono fare, nel loro piccolo, per ribaltare la situazione, è denunciare il pensiero unico neoliberista e i suoi tentativi di ridurre i diritti e le libertà individuali: con il passaparola, con articoli e dibattiti su internet, tramite i movimenti e le associazioni che si oppongono ad un mondo futuro controllato da pochi fortunati che vivono di rendita sul debito degli Stati e dei popoli.
Solo la presa di coscienza del maggior numero possibile di persone, può spingere dal basso la politica, a fare della lotta al capitalismo finanziario, il punto centrale del suo programma.
io
L’articolo, nel complesso, é abbastanza condivisibile ma credo lo siano altrettanto i commenti. In particolare di Valdes e Cucinotta. Quello che non trovo condivisibile é questo passaggio “L’ordine neo liberista non prevede alcuna sinistra interna, è tutto ed organicamente di destra”. Le dinamiche destra – sinistra come le abbiamo conosciute vanno un po’ accantonate. Che il nuovo ordine sia di destra é una qualificazione che non regge, se per destra intendiamo appunto i movimenti nazionalistici. Come dice Cucinotta, i movimenti nazionalisti sono i soli che si oppongono a logiche internazionali, che portano necessariamente allo scontro l’istituzione dello Stato – nazione con un sistema di tipo multinazionale, che ha attori economici e politici necessariamente sovranazionali. E’ semplicemente il capitalismo, come dice Valdes, che funziona così, in un’analisi che mi sembra molto vicina a quella fatta da G.Arrighi http://tempofertile.blogspot.it/2015/03/giovanni-arrighi-il-lungo-xx-secolo.html – http://tempofertile.blogspot.it/2015/04/pagine-giovanni-arrighi-ed-il-ruolo.html
La sinistra, nel senso tradizionale del termine, é in crisi ovunque in quanto, pur avendo nel suo DNA una matrice internazionalista che le consentirebbe di meglio valutare e gestire proprio le dinamiche sovranazionali, non riesce politicamente a varcare i confini nazionali.
Saint Simon
Articolo interessante, con qualche punto debole.
Il primo, veniale, e’ il punto 5) secondo il quale il liberismo avrebbe bisogno di un sistema monetario a cambi flessibili sganciato dall’oro.
il secondo, molto piu’ importante, e’ ritenere che l’unica possibilita’ di azione di partiti o movinenti radicali sia a livello internazionale, cosa che temo non trovi molti precedenti storici (difficile avere successo senza una potenza alle spalle). In realta’ le risposte al modello neoliberista sono gia’ dentro il sistema e riportate correttamente nell’articolo: sono le parziali eccezioni internazionali che sono state consentite in virtu’ dei rapporti di forza interni al sistema, vedi Cina e Russia. Il sistema iniziera’ a cedere quando il peso geopolitico di queste e altre nazioni, probabilmente combinato con il deteriorarsi della tenuta delle societa’ occidentali -il centro dell’impero -, fara’ evolvere l’ordine verso un multipolarismo piu’ marcato. A quel punto si apriranno spazi per lotte politiche radicali a livello naziobale all’interno del blocco occidentali, spazi in cui potranno inserirsi idee anti-liberiste. Non so quanto questo scenario sia favorevole alle sinistre descritte nell’articolo, ma nel frattempo e’ bene che si preparino, prendendo sempre piu’ posizione contro l’euro, l’unione europea (liberista nei trattati costituenti) e a favore delle costituzioni democratiche nate dal secondo dopoguerra.
andrea z .
Dire che non c’è differenza tra capitalismo industriale e finanziario mi sembra inesatto.
Nel primo caso il capitale per moltiplicarsi deve passare attraverso la trasformazione in merce e il capitalista deve cercare l’accordo con gli operai, i sindacati e i partiti politici di riferimento.
Nella fase del capitalismo finanziario, individuata dall’Arrighi come quella successiva, i detentori dei capitali evitano momentaneamente la caduta del saggio di profitto attraverso la speculazione finanziaria, bypassando il mondo del lavoro e eliminando l’importanza di partiti e sindacati.
Anche la possibilità di tornare agli stati nazionali per attuare politiche economiche favorevoli ai cittadini, come indicato in qualche intervento, mi sembra difficile da realizzare.
I grandi centri finanziari hanno spostato il livello decisionale su un piano transnazionale, proprio per sconfiggere la resistenza dei lavoratori, che si era dimostrata troppo efficace dentro i confini nazionali.
Tornare indietro significa sfidare forze che hanno accumulato in questi anni una potenza economica e militare troppo grande per un singolo stato.
La caduta di Berlusconi nel 2011, causata da una vendita massiccia di titoli italiani da parte della banca centrale tedesca, ma in realtà gestita dalla società finanziaria americana Black Rock, dimostra chiaramente la forza e la spregiudicatezza dei signori della finanza.
david arboit
Bella sintesi Aldo. Concordo quasi su tutto.
L’analisi. aggiungo un altro fattore strutturale che è l’era del computer e del web. A computer e digitalizzazione e web si può applicare tranquillamente la “legge dell’uso capitalistico della macchine” (Panzeri). È un percorso sotterraneo e silente con il quale la tecnologia e l’innovazione sono più un arma politica contro il lavoro che un arma per sostenere la guerra del mercato. Il web e il computer sono l’arma finale per ottenere l’assoluta atomizzazione della forza lavoro nella forma del telelavoro. Urge riflessione tecnica per rivoltare quest’arma contro il capitale.
La risposta. È uno slogan. È una risposta tanto vecchia quanto giusta e qualcuno l’ha subito colta: “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Sì, ma come?
Urge più che mai una seria riflessione politica (direi leninista, non teorico accademica inincidente, no perditempo) sullo strumento partito. Tutti si dimenticano che lo strumento partito è nato con e per la partecipazione politica di massa. Prima non c’erano i partiti, c’erano degli agglomerati politici di notabili sostanzialmente basati su assetti politici variabili, opportunistici e interessi rigorosamente corporativi. Vedo che stai iniziando a lavorarci con le due “lezioni” su politica e professionalità e credo che anche questo pezzo possa stare nel medesimo libro “libro” perché pone in modo sintetico la descrizione dell’oggetto a cui il metodo (il partito) deve adeguarsi.
Dissento totalmente sulla strategia, cioè sull’obiettivo politico della costruenda unità proletaria.
Storicamente, a partire da Marx stesso e dal seguente marxismo, abbiamo sempre giocato di rimessa. Ma è logico che sia così perché l’iniziativa non può che essere del capitale, per sua natura e per sua potenza economica.
Ecco allora che è improponibile l’idea di spaccare l’euro che, per quanto tarato dai numerosi problemi che tu e molti altri citano, è l’unico piolo a cui è attaccata la prospettiva di una possibile unione europea. Unione europea liberista e tecnocratica? Sì certamente sarà così, ma sarà ciò da cui partire, è l’unica via per costringere i narcisismi proletari a unirsi.
Ciò di cui occorre discutere è invece, dato l’euro, quale Unione Europea vogliamo e contro i nazionalismi e i localismi di ogni tipo, compreso quello di M5s, un movimento che per struttura e ideologia non potrà mai varcare i confini nazionali. L’euro è una moneta, un mezzo di scambio, non è determinante, se non in minima parte, del sistema economico che è il risultato di rapporti sociali; attaccare l’euro è fuorviante, un falso obiettivo. Il problema è la struttura, i rapporti sociali.
Mugo
“è improponibile l’idea di spaccare l’euro”.
Mi pare dimentichi che l’euro è nato proprio per forzare il proletariato dei vari paesi ad una gara al ribasso – dei salari e dei diritti – l’uno contro l’altro.
In un’Europa unita dall’euro sarebbe facile diffondere la narrazione dei nordici efficienti conto i sudici ; ) fancazzisti, ricattare i pensionati con la minaccia della svalutazione delle loro pensioni – la tattica che ha tenuto unita la Scozia al Regno Unito – e via dicendo
ClaudioC
Mi fa piacere che “lento pede” anche lei stia arrivando (forse) a quello che ci si era detti mesi fa (http://aldogiannuli.it/disfare-euro-come-e-quando/#comment-14259) e con altri ancora prima.
Fa piacere che si sia accorto che la strada del referendum su € sia fuffa. Farebbe ancora più piacere se, al di là del magnifico excursus storico che inquadra le considerazioni finali, avesse aggiunto uno “scusate, non mi ero informato, fino a pochi mesi fa ho detto cazzate” (http://www.laprimaveradellascienza.it/chiedere-scusa/)
Perchè poi lasciare tanto credito a M5S che “ha intuito” la dimensione internazionale della cosa? “Intuire” è sinonimo di disinformare? M5S a cui anch’io ho rivolto nel mio piccolissimo e insignificante angolino tanti accorati quanto inutili appelli (http://autori.fanpage.it/claudio-cardone/) è ed è stato uno strumento di disinformazione, e come tale va trattato. M5S ha avuto più occasioni per rivedere le proprie posizioni, e non l’ha fatto.
La menzogna è tanto più subdola quando ammantata di una mezza verità, e per questo M5S, come tsipras e podemos, non solo sono destinati al fallimento, ma (più o meno consapevolmente) sono strumenti vergognosi e infami di un prolungamento dell’agonia.
Ora, SECONDO ME il problema è un altro, per lei: che fra qualche mese, così come si è trovato a dover cambiare idea sul referendum, dovrà ammettere che anche la ristrutturazione del debito è una enorme cazzata con la medesima funzione della prima: mantenere lo status quo.
Quello che mi sembra che lei tema, leggendo l’articolo, è l’abbandono di una cornice ideologica (di sinistra) che è stata la lettura più consona alla critica al liberismo fino ad oggi, e che adesso, davanti agli occhi di chi è cresciuto in quegli ambienti culturali (io compreso) si è rivelato in tutta chiarezza uno strumento liberista come tutti gli altri, e ancor più subdolo. Quindi è inutile cercare di “salvare il salvabile” e sperare, come altri hanno già scritto, in una nuova internazionale.
Ma come può lei credere davvero in quello che scrive? Crede davvero che delle forze politiche che avanzano mentendo spudoratamente sugli argomenti cardine della crisi attuale possano mai riunirsi per tirarcene fuori?
Tiri fuori un po’ di coraggio e dia il colpo di grazia al suo ventricolo sinistro, poi anche a quello (più piccolo) destro, e vedrà che il cuore tornerà magicamente a pompare sangue al cervello.
Qualcuno ha twittato: siamo in tempi in cui il senso di appartenenza è ancora superiore al senso di sopravvivenza.
Roberto B.
Un mio amico è proprietario, assieme alla sua numerosa famiglia, di una piccola fabbrica di prodotti per calzature. Come tanti altri in Italia, e non solo, sta soffrendo e si sta dannando per tirare avanti, per via del combinato risultante da tasse, crisi dei consumi, assenza di politiche economiche, corruzione ed inadeguatezza dei nostri politici, ecc.
La loro situazione si è ulteriormente aggravata con le sanzioni alla Russia, con la quale avevano buoni rapporti commerciali: commentando con me la questione, senza entrare in discussioni politico-filosofiche ma restando nella concretezza di chi ogni
giorno deve far quadrare i conti, mi diceva che lui non è pregiudizialmente favorevole o contrario alle sanzioni.
Se l’EU su indicazione USA decide di tagliare un mercato fonte di reddito per tanti piccoli produttori, che sono quelli colpiti davvero, perchè i grossi, compresi gli americani, trovano sempre il modo di aggirare le regole (pecunia non olet), facesse pure: soltanto, quello che toglie da una parte deve garantirlo in altro modo. Ai tempi della divisione del mondo in due blocchi, questo accadeva normalmente; oggi invece, si pretende di stabilire regole che danneggiano senza alcuna contropartita per i danneggiati.
Sono fuori tema? Non credo. Questa comunissima storia dimostra, una volta di più, che non sono le cosiddette avanguardie intellettuali (destra, sinistra, rivoluzionari, riformisti, ecc.), a determinare i grandi cambiamenti: alla fine, è il buon senso ed il
pragmatismo delle persone comuni che davvero porta al collasso i sistemi quando diventano autoreferenziali, perdendo di vista il comune interesse e coltivando solo il particolare, a vantaggio di pochi ed a scapito dei tantissimi.
I Movimenti come Podemos e M5S sono l’espressione e la voce delle persone comuni; se non si corrompono lungo la via, possono fare errori, perdere battaglie, resta il fatto che il sostegno che hanno non è dato da ideali astratti ed elitari, ma da quel sentimento comune a tante persone comuni, appunto.
pierpista
Allora prof. giannuli dia un consigio e faccia breccia sul m5s affinchè eseguano i suoi consigli che meritano di essere presi in considerazione. Ma non che qualcuno scrive che lei è in rotta col m5s…non voglio credere !
Aldo Giannuli
Non sono affatto in rotta con il M5s, ma non sopravvalutate neppure la mia capacità di essere ascoltato
Cesare
A me pare, dr. Giannuli, che la sua analisi sia una sorta di riedizione aggiornata in un’ottica rassegnata della teoria trozskista della rivoluzione permanente, già sconfitta dalla storia. Il capitale nasce fin dalle origini, e per sua intrinseca natura, internazionale, questo perché la sua forza espansiva, che è anche la sua condanna, non può essere limitata da nulla che la ostacoli: già Marx indicava che il fine ultimo dell’espansione delle forze produttive capitalistiche era il possesso e lo sfruttamento globale del mondo e che questo era un processo inarrestabile, che avrebbe portato alla continua ricerca di creare plusvalore senza limiti di tempo e di spazio. Dove Marx, invece, sbagliava era nel credere che a questo “cosmopolitismo” del modo di produzione capitalistico sarebbe corrisposto dialetticamente e automaticamente l’internazionalismo della classe operaia, che avrebbe saputo rispondere colpo su colpo organizzandosi come classe antagonista prima, egemone poi, a livello mondiale, abbattendo le barriere nazionali: il che non è avvenuto e, nemmeno credo, possa avvenire nelle condizioni storiche attuali. Non c’è altra risposta caro Giannuli, che quella graduale di singoli stati che si dotino di strutture produttive, economiche e politiche che li sgancino dal modello neoliberista, che è oggi tutt’altro che monolitico. Altrimenti si cade nell’errore tipico del trozskismo o delle teorie negriane, che a un “Impero” astrattamente inteso vorrebbero contrapporre un’altrettanto astratta idea di “moltitudine” rivoluzionaria, votata in partenza al fallimento e che, per la sua intrinseca astrattezza, percepisce sé stessa come idea irraggiungibile nel farsi concreto della storia. Errore in cui, se me lo consente, lei cade fatalmente nel suo articolo.
Aldo Giannuli
leoi conoisce le cose di cui parla come io conosco i dialetti esquimesi
Cesare
Non sapevo che lei fosse anche glottologo.
Aldo Giannuli
e infatti non lo sono, ma almeno evito di mischiare Trotzki e Negri e di confindere tutti due con i temi della ristrutturazione del debito pubblico europeo
giandavide
ho trovato ipocriti i commenti di quelli che dicono che ilcapitalismo è tutto uguale. benissimo. quanti anni hanno? hanno un posto fisso? hanno una pensione? la avranno? ben, ci rinuncino, a meno di non voler essere dei paraculo. noi il posto fisso e la pensione non li avremo, avremo solo tanti calci in culo, eppure viviamo sempre nello stesso sistema economico. quindi, per favore, infilatevi la testa nel cesso, che mi sembra un luogo molto appropriato.
per ilresto se fossi il professore ci andrei piano con i pronostici, dato che è stato previsto il corllo di syriza e di podemos in poche righe. quindi, o caro, non vorrei stare qua a ricordare che a fare i piccoli nostradamus spesso ci si sbaglia (come nel caso di draghi presidente della repubblica), e anzi ricorderei che il web è pieno di bastardi come me che le cose se le ricordano anche dopo mesi
Paolo B.
Ottimo articolo del prof. Giannuli. Su un paio solo di cose non sono d’accordo (tutt’altro che marginali). Penso che Podemos e Syriza abbiano proprio l’intenzione di mettere in discussione l’attuale cornice europea. Vogliono farlo guardando a una ristrutturazione del debito e alla critica dei trattati internazionali. Solo sull’Euro non la vedono come il prof. Giannuli. E anch’io, da anni, ritengo che la bandiera “no euro” sia inservibile, proprio perché non tiene conto dei rapporti di forza su base internazionale e aprirebbe a numerosi rischi di matrice neo-fascista. Il M5S, a mio avviso, ha capito ben poco della situazione. Devo dire che se Syriza avesse ricevuto più sostegno in Europa la negoziazione con l’UE forse avrebbe preso un’altra piega. Al momento, comunque, Tsipras e il suo Governo rappresentano un pericolo molto più concreto per l’ordine neoliberista di quando non lo siano gli anti-euro. Sul rapporto riformismo-rivoluzionarismo rimando al bellissimo libro di Roberto Mancini “Trasformare l’economia” (Franco Angeli). La trasformazione è l’unica possibilità: rinunciare a riformare l’irriformabile e alla violenza rivoluzionaria. Gettar semi, già nel presente, per un superamento del capitalismo. Serviranno forze diffuse che includano, oltre alla politica rappresentativa, tutta l’area dell’altreconomia, del pacifismo e dell’associazionismo. Perché senza rivoluzione culturale non si esce dalla società dello spettacolo. Un cordiale saluto e buon lavoro, Paolo Bartolini
Giovanni Talpone
Non sono d’accordo con l’articolo, perchè descrive solo la superficie degli avvenimenti, e così facendo sembra che il capitalismo faccia sempre quello che vuole. E ciò, in effetti, è stato interiorizzato dalla sinistra, che si è così ridotta a opportunismo spicciolo o testimonianza nostalgica. Se invece si vanno ad analizzare le trasformazioni sottostante dell’organizzazione e della divisione del lavoro che ha reso possibile tutto ciò (in estrema sintesi: fusione dell’informatica con toyotismo, containerizzazione e telefonia), ci si rende conto che si aprono nuove contraddizioni e nuovi spazi all’azione politica. Ma questo vorrebbe anche dire abbandonare miti, liturgie, totem e tabù della sinistra-sinistra.
Alessandro M.
“”il M5s temo sia… …come dimostra la posizione sull’Euro”.
Dottor Giannulli, ma lei l’ha capita la posizione “ufficiale”?
Io so che è “chiediamolo agli italiani” (attraverso il ref.).
Ma non rendersi conto della spaventosa assimetria informativa imperante sull’argomento e come dire sono favorevole.
Tenerone Dolcissimo
sottraendo i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse
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>Mah io sapevo che c’è un ente internazionale come l’OCSE il cui principale scopo è quello di scovare i capitali nascosti dai contribuenti nei paradisi fiscali, allo scopo di confiscarli per mantenere le burocrazie statali e internazionali a vivere nell’oro.
Come vittoria liberista mi ricorda quella di Rugantino che riempito di mazzate chiamava la cameriera strillando “Vittoria Vittoria”
Saluti
Aldo Giannuli
sapessi quanti ne ha scovati di capitali in fuga!!!
Tenerone Dolcissimo
Beh mi risulta che la voluntary disclosure sta fruttando qualcosa a Renzi … prontamente reimpiegato in mignotte e prebende ai parassiti ovviamente., alla faccia dei beoti che …. se tutti pagassero le tasse ognuno pagherebbe menotasse
Aldo Giannuli
Tenerone, a costo di dispiacerLe, mi cotta dire che lei è un “maoista del Capitale”. Spero non si offenda
Tenerone Dolcissimo
Caro Professore, lacosa non mi spiace per niente. Spesso indulgo in citazioni dal libretto rosso (“anche un viaggio di mille miglia comincia con un passo” – “non importa di che colore è il gatto ma è importante che acchiappi i topi”)
Inoltre, in contrasto con il proprio spirito comunista, ha sparato sul quartier generale facendo a fette parecchi burocrati. Il che a un liberale non può non far piacere.
Insomma anche per Mao potrei dire quel che Montanelli di ceva di stalin di cui teneva un busto sulla scrivania e, quando qualcuno stupito chiedeva il perché, rispondeva “perché è stato l’uomo che ha ammazzato più comunisti”
Edmond Dantès
Questa discussione è lo specchio perfetto della “sinistra”: dotte disquisizioni, argute citazioni, asserzioni tranchant, per la maggior parte dirette a smontare le tesi di quelli che dovrebbero essere i propri compagni di strada e sono invece visti come i più terribili dei nemici.
In the meanwhile, i destrorsi poveri sono in birreria e, tra una gara di rutti e l’altra, organizzano fiaccolate contro i negri (più tardi si faranno una prostituta nigeriana) ed escogitano i loro lavoretti in nero per “fottere lo stato”.
I destrorsi ricchi fanno invece quello che hanno sempre fatto 365 giorni all’anno, 24 ore su 24: soldi alle spalle dei poveri.
Aldo (che mette a disposizione del nostro ego questo spazio e forse andrebbe un po’ più rispettato) ha svolto un’analisi impeccabile, ma, a mio parere, non ha avuto poi il coraggio di trarne le conclusioni: non c’è più niente da fare, hanno vinto loro.
Tenerone Dolcissimo
Sono un uomo di destra liberale. Effettivamente lo scopo principale della mia vita è “fottere lo stato” anche se, purtroppo, essendo un lavoratore dipendente ho poche occasioni per farlo. Tuttavia, sarebbe onesto da parte tua ricordare anche che uno deve fottere lo stato
a) prima che lo stato lo fotta
b) perche’ dietro lo stato vi è una masnada di fottitori effettivi, cioe’ tutti i parassiti che magnano alle spalle dello stato e che compongono il popolo della sinistra.
Quindi …CHI LA FA, L’ASPETTI
andrea z.
Perchè le cose cambino occorrono politici che facciano semplicemente gli interessi dei cittadini.
Il caso della piccola Islanda dimostra che non occorrono miracoli.
Nonostante fosse stata colpita dalla crisi del 2008 più di ogni altro paese, l’isola è in piena ripresa economica: hanno spedito a casa i politici che si erano venduti alle banche americane, hanno fatto fallire le banche senza salvarle con i soldi dei cittadini, hanno perseguito penalmente i dirigenti bancari coinvolti.
Poi hanno lasciato scendere il valore della moneta per favorire le esportazioni e hanno votato una serie di leggi a favore dell’impresa e dell’occupazione a danno della finanza speculativa.
L’Islanda è una piccola realtà, ma dimostra che le cose possono cambiare; dipende tutto dalla qualità e dall’onestà dei politici e soprattutto dalla capacità dei cittadini di usare al meglio lo strumento del voto.
Aldo Giannuli
sarebbe già qualcosa se i cittadini facessero gli ingteressi dei cittadini
Marco Villasmunta
Ciò che negli ultimi trent’anni, a mio avviso, è mancato non soltanto alla sinistra ma a qualsiasi forza alternativa al neoliberismo è stato un serio strumento di analisi economico-politico della realtà. Il neoliberismo ci ha raggiunto come “nu sckaff arregalat”, come diciamo a Bari, senza sapere da dove provenisse e dove volesse arrivare. il crollo dello bolscevismo ha privato completamente di una visione alternativa al capitalismo, senza che fosse elaborata una teoria alternativa. Sono stati anni di ubriacatura collettiva: da una parte si cedeva a tutte le delizie del sistema capitalistico, dall’altra si cercava di combatterlo con concetti di 170 anni fa. È chiaro che la ricetta marxiana non è più attuale nè attuabile ma è innegabile che le teorie di Marx fossero l’unica alternativa reale alla visione individualistica del capitale. Ció che credo si stenti a capire é che l’unica regola del capitalista è la massimizzazione del profitto individuale e, che questo avvenga in accordo con altri capitalisti piuttosto che in contrasto, rubando e corrompendo piuttosto che instaurando la legalità, accumulando con speculazioni finanziarie piuttosto che redistribuendo e producendo beni, ciò fa tutto legittimamente parte del gioco .
Prima di qualsiasi analisi e prassi politica andrebbero approntati strumenti nuovi per cercare di ipotizzare nel modo probabilisticamente piú valido le dinamiche delle forze economiche. bisognerebbe mettere attorno ad un tavolo economisti, matematici, filosofi, politici che elaborino una nuova dottrina economico politica che possa combattere il capitalismo sul suo stesso campo: una teoria della massimizzazione del profitto collettivo.
andrea z.
Alla base della forza dell’elite finanziaria internazionale vi è il potere di creare moneta dal nulla e a costo zero mediante l’erogazione di prestiti a interesse.
Questa cessione del potere di creare denaro a dei privati da parte degli Stati permette all’elite finanziaria di controllare i mezzi monetari di cui necessita la società e quindi di essere in una perenne posizione di credito e di ricatto.
L’elite controlla anche le agenzie che giudicano la solvibilità dei debitori e i media che diffondono le notizie economiche che condizionano gli investimenti dei cittadini e quelle politiche che possono fare la fortuna o bloccare la carriera di un governante.
La crisi e la situazione di sudditanza della politica nei confronti della finanza nasce da questa situazione; combatterla potrebbe essere uno dei punti del programma di un partito di sinistra.
Tenerone Dolcissimo
Hai dimenticato di parlare dei malefici dei nani che accumulano tesori nelle caverne di Noria.
andrea z .
Sui risultati delle politiche economiche di questi anni dicono tutto due dati: negli USA, il centro dell’economia mondiale, la crescita dell’economia reale dal 2010 ad oggi e’ stata del 2%, mentre l’indice Dow Jones e’ aumentato dell’80%.
I tassi d’interesse erano quasi a zero e la banca centrale metteva a disposizione quantita’ enormi di denaro.
L’amministrazione americana non ha mantenuto le promesse elettorali, che prevedevano leggi in grado di mettere sotto controllo Wall Street e cosi’ la finanza si e’ mangiata tutti i soldi destinati a imprese e famiglie.
Inutile dire che la grande forbice tra crescita industriale e finanziaria portera’ per gli esperti ad un inevitabile crollo borsistico.
Antonio
URGE intervento analista moderatore. E’ molto chiaro: il capitale adotta regole condivise ed aggreganti, funzionali alla realizzazione di enormi profitti; l’enorme massa costituente la forza lavoro ha idee confuse e divergenti. Forse è necessario estrarre le idee portanti degli interventi, le critiche e le proposte al fine di predisporre modelli per indagini demoscopiche o elaborazioni di verifica.
Tutti si sforzano a motivare le proprie considerazioni, attingendo ad esperienze sovente discutibili, complicando il lavoro di sintesi, distraendo il discorso dal problema individuato e dai rimedi praticabili.
Come il capitale (non più “detentori mezzi di produzione” come il popolo delle partite iva con unico cliente, spinto in basso verso il proletariato) interviene a più livelli anche i sudditi o cittadini devono fornire risposte adeguate su tutti i tavoli. Grazie, qui ho trovato informazioni che ignoravo