Capire la corruzione in Italia. 4. La “corruzione sistemica” (2a parte)
La prima parte. Fine settanta-primissimi novanta. Se la malversazione ebbe un notevolissimo impatto sul piano economico, esso fu, naturalmente, ancor maggiore sul piano politico. La corruzione politica, che negli anni sessanta- settanta era andata diventando generalizzata e fisiologica, con gli anni ottanta divenne sistemica. E ciò non solo per l’estesa gamma della tipologia tangentizia o per la diffusione all’intero paese, ma soprattutto per la sua coincidenza con il funzionamento stesso del sistema politico. Sino alla metà degli anni settanta, la corruzione, pur estesissima, tuttavia si concretava in una numerosissima serie di casi indipendenti l’uno dall’altro. Ovviamente, poteva accadere che un certo potentato politico si alleasse con un altro per condurre a buon fine una determinata operazione di finanziamento illegale, ma questo accadeva episodicamente.
Con la solidarietà del ceto politico trasversale ai partiti ed agli schieramenti ( la “casta” è nata molto prima che Stella e Rizzo la definissero tale) si determinava una convergenza di interessi che divenne regola del sistema. Ad un certo punto, divenne inevitabile il concerto generalizzato per condurre le operazioni di finanziamento illegale.
Il punto di svincolo, a nostro parere, fu la legge 8 agosto 1977 n. 584 che riordinò la normativa degli appalti spingendo verso l’adozione dell’ “appalto concorso” come forma privilegiata di contratto di questo tipo. Come si sa, nell’appalto concorso, l’Amministrazione può limitare l’accesso ad un certo numero di aziende. Altri meccanismi analoghi consentirono man mano di restringere ad un piccolo gruppo di concorrenti (sempre gli stessi) le aziende che si sarebbero spartite l’intero monte lavori. In questo modo ogni azienda aveva determinati referenti politici (una o più correnti di partito).
Per poter escludere altri concorrenti e, nello stesso tempo, massimizzare il profitto delle operazioni, si rendeva necessario evitare scontri fra le diverse cordate aziendal-politiche. Nacque in quel periodo la prassi -poi evidenziatasi nel corso delle inchieste giudiziarie dei primi anni novanta- per la quale l’intero monte-lavori in sede locale (regione, province e comuni) veniva preventivamente diviso nel corso di riunioni cui partecipavano tanto le aziende quanto i rappresentanti delle diverse correnti di partito ed assessori interessati. Si giunse al punto che, per evitare sorprese dell’ultimo momento, ciascuna azienda inviava la propria documentazione a quella che avrebbe dovuto vincere la gara, in modo che fosse questa a formulare l’offerta di tutti gli altri concorrenti ed essere quindi certa della vittoria. Ovviamente, questo implicava la distribuzione di quote-tangente ad ogni corrente di partito coinvolta nella trattativa, per ciascuna opera pubblica.
Questo sistema imponeva di consociare anche il Pci, perchè spesso uno dei tre livelli istituzionali (o la Regione, o la Provincia o il Comune capoluogo) era retto da una amministrazione di sinistra e non sarebbe stato possibile spartire “equamente” il monte-appalti senza che esso fosse considerato nella sua interezza. Pertanto si provvide ad estendere il sistema anche al Pci che, però, vi partecipò in modo diverso dagli altri: ovviamente nel Pci non vi erano correnti e il partito trattava in quanto tale, ma, in linea di massima, non riceveva alcuna tangente, preferendo assicurarsi solo una quota dei lavori per le società della Lega delle Cooperative. Poi la Lega trovava modo di sovvenzionare il partito in altro modo (pubblicità sui giornali di partito, partecipazione ai festival dell’Unità, assorbimento di funzionari in eccesso, facilitazioni varie).
Tutto questo rende conto della nostra affermazione per la quale la corruzione negli anni ottanta divenne sistemica, cioè basata su un funzionamento combinato che metteva in relazione necessaria i diversi soggetti della pratica corruttiva.
Alcune forme di finanziamento surrettizio non erano neppure nascoste: quando nei primissimi anni ottanta emersero contributi di alcuni enti a Ppss a favore di alcune correnti della Dc e del Psi, l’allora segretario della Dc Ciriaco De Mita, sostenne che quello del finanziamento alla politica era uno dei “fini sub-istituzionali” delle Ppss.
Tutto questo, insieme al proliferare delle pratiche clientelari, determinò un irrigidimento del sistema politico che, ben presto, perse ogni capacità di auto riforma. A concorrere a tanto fu anche la sostanziale inerzia del sistema giudiziario nei confronti della dilagante corruzione.
Nei primi anni ottanta esplose un vistoso scandalo a Savona, che ebbe come protagonista un assessore socialista aderente alla P2, Alberto Teardo. Nel caso erano presenti in nuce tutti gli elementi di quella che, 10 anni puù tardi, verrà chiamata “Tangentopoli”, ma l’inchiesta ebbe vita difficile ed il magistrato Michele Del Gaudio andò incontro a molte traversie disciplinari. E’ da notare anche l’isolamento politico del magistrato, determinato anche dall’atteggiamento del locale Pci.
Aldo Giannuli
1- tardi anni quaranta-primi cinquanta: corruzione endemica
2- metà anni cinquanta-metà sessanta: corruzione diffusa
3- fine anni sessanta-metà settanta: corruzione generalizzata
4- fine settanta-primissimi novanta: corruzione sistemica [prima parte | seconda parte]
5- prima metà anni novanta- fine anni novanta: disgregazione delle precedenti reti corruttive e metamorfosi del fenomeno
6- anni 2000: iper corruzione finanziaria.
alberto teardo, aldo giannuli, corruzione politica, magistratura, michele de gaudio, P2, pci, storia della corruzione politica in italia, tangentopoli
Peucezio
Aldo, perché non pubblichi in un breve saggio questi articoli sulla storia della corruzione?
Non penso vi siano in giro sintesi così chiare e obiettive.
Angelo
Aggiungerei che la corruzione sistemica degli anni 80 ha causato 3 mali assoluti: 1) quel mostro che è il debito pubblico italiano che da allora ci ritroviamo sulle spalle ed impedisce ogni politica di riforme modernizzatrici redistributive e di espansione, in quanto le tasse servono per pagare i debiti e al resto non si può pensare; 2) la eliminazione delle regole di mercato, in quanto le imprese che operano con la PA non vengono selezionate dal mercato, ma dalla amicizia politica (ora cricca mafiosa); 3) il cinismo amorale del popolo italiano, perchè è diventato valore comune di tutti che vince nella vita chi intrallazza col potere e il merito non conta tanto sono tutti uguali.
Questi 3 mali sono i capisaldi ideologici intestinali del berlusconismo.
Il berlusconismo come modo di pensare ed essere nasce in quegli anni. Complice è stato anche il PCI,PDS PD in quanto attore secondario nella divisione dei soldi, ma principale moralmente perchè compartecipe. Il che spiega come sia impossibile richiedere che il PD faccia opposizione, essendo pure loro ficcati in quel sistema.
Dopo 20 anni, ora, siamo alla fase terminale della corruzione sistemica degli anni 80: 1) il debito è quasi da default e iniziano a tagliare seriamente il welfare; 2) la corruzione nella PA è la norma e le spese sono fuori controllo; 3) l’onestà la giustizia il merito sono un disonore.
Non vedo vie di uscita da questa situazione se non un collasso totale del sistema economico (default con uscita dall’euro) che faccia piazza pulita di tutta la cricca generazionale destra-sinistra o all’esito infausto una dittatura modello putin che con le maniere forti faccia ripianare il debito alla classe media e bassa.
Tertium non datur: un sistema no si riforma mai per cause endogene.
Siamo alla frutta. E il caffè?