Capire la corruzione in Italia. 2. La “corruzione diffusa”.
Secondo periodo: dalla metà anni cinquanta alla metà sessanta: corruzione diffusa.
Intorno alla metà degli anni cinquanta, il sistema politico si consolidava ed i partiti si davano apparati autonomi e fortemente strutturati.
In particolare, con la segreteria Fanfani, la Dc si autonomizzava dalla rete organizzativa della Chiesa, dandosi sedi distinte, propri funzionari, ecc.
Ovviamente questo implicò un volume di spese maggiore del passato, per cui le precedenti sovvenzioni americane o confindustriali non furono più sufficienti da sole.
La Dc cercò di coprire la differenza in primo luogo attraverso iniziali forme di finanziamento surrettizio (finanziamenti ad hoc ad associazioni collaterali, forme improprie di utilizzo di beni pubblici, utilizzo di enti pubblici -spesso costituiti proprio a questo scopo- come strutture di appoggio elettorale ecc.) espresse essenzialmente attraverso il canale degli enti a partecipazione statale, ed in primo luogo l’Eni di Enrico Mattei.
Altra forma di sovvenzione fu quella proveniente da massicce pratiche malversative di enti come la federconsorzi, che contribuirono ad alimentare la vita di organizzazioni collaterali di particolare importanza come la Coldiretti.
Ma il canale principale per la Dc fu quello proveniente dalle banche di raccolta (in particolare le Casse di Risparmio), i cui vertici erano spesso di nomina pubblica: “l’avvilente canale dell’Italicasse” di cui disse Moro nelle sue lettere dalla prigionia.
D’altra parte, nel partito iniziarono a strutturarsi correnti organizzate, spesso collegate a qualche associazione collaterale o riunite intorno a qualche esponente nazionale con forte base locale. Tutto questo produsse campagne elettorali personali e crescita di importanza del voto di preferenza.
Pertanto, alla ricerca di fonti di finanziamento da parte del partito in quanto tale, si affiancava quella da parte delle singole correnti o dei singoli candidati. E questo produsse un forte incrocio con le pratiche malversative di tipo amministrativo, tanto negli enti locali quanto nei ministeri. D’altra parte, la rilevanza politica della lotta anticomunista contribuì a “giustificare” ideologicamente tale operato, spesso incoraggiando a chiudere gli occhi anche sulle iniziative autonome dei singoli uffici della Pa, in cambio di sostegno elettorale.
La corruzione iniziò a penetrare anche in ambiti territoriali e settoriali precedentemente indenni. La corruzione da sporadica diventava diffusa e fu la Dc, senza alcun dubbio, il cuore del fenomeno ed il principale vettore infettivo.
Nello stesso tempo, il problema del finanziamento iniziò a manifestarsi anche per il Psi che, rompendo l’alleanza con il Pci, si era privato degli aiuti finanziari di provenienza sovietica. Ed il problema fu aggravato dalla circostanza per cui il Psi, su spinta del vice segretario Rodolfo Morandi, aveva fatto proprio il modello leninista, con un pesante apparato funzionariale. Di qui la spinta a cercare nuove fonti di finanziamento (presso gli Jugoslavi, presso l’Eni di Mattei, presso gli stessi americani) o con iniziali pratiche di tipo malversativo all’inizio circoscritte ad alcuni ambiti territoriali.
In questo periodo appariva la prima forma di appropriazione indebita di denaro pubblico comune a tutti i principali partiti (Dc, Psi, Pci ): la riscossione delle imposte era affidata alle agenzie che vincevano l’appalto in sede comunale e che per ottenere tale appalto, versavano una tangente alla locale giunta. Anche se l’Ingic, a livello nazionale, era retto da amministratori democristiani, la pratica tangentizia coinvolse anche comuni rossi come Pisa.
In effetti, anche il Pci si trovava nella situazione di dover “integrare” le sovvenzioni sovietiche e le cospicue contribuzioni dei suoi iscritti, con fondi di provenienza meno confessabile. L’imponente apparato organizzativo (forte di decine di migliaia di funzionari, di una decina di quotidiani fra nazionale e locali, di una fitta rete di associazioni collaterali, di case editrici ecc.), per reggere la prospettiva di una opposizione di lungo periodo, imponeva spese crescenti.
D’altra parte, l’incipiente processo di autonomia da Mosca rendeva sconsigliabile fare troppo affidamento su quel canale (peraltro non particolarmente generoso). Di qui l’iniziale ricorso anche da parte del Pci a fonti di finanziamento “non ortodosse” come il canale Ingic.
Il che, peraltro, non impediva che il Pci svolgesse energiche campagne di denuncia contro la corruzione diffusa che, però, si concentravano più sul possibile ricavo elettorale (“Mandate al governo noi che siamo onesti”) che sulla battaglia per l’adozione di precise misure anticorruttive che restavano sempre piuttosto nel vago.
Dunque, la corruzione si espandeva senza alcuna operazione di contrasto e neppure senza nessuna proposta seria di azioni di contrasto.
A questa assenza di contrasto dette il suo generoso contributo anche la magistratura che, attraverso una giurisprudenza sempre più esigente in tema di formazione della prova, rese sempre più difficile perseguire i reati di corruzione e persino gli abusi innominati in atti d’ufficio.
Sotto il manto dell’anticomunismo passava una sostanziale impunità della burocrazia statale, in massima parte democristiana.
Aldo Giannuli, 3 giugno ’10
1- tardi anni quaranta-primi cinquanta: corruzione endemica
2- metà anni cinquanta-metà sessanta: corruzione diffusa
3- fine anni sessanta-metà settanta: corruzione generalizzata
4- fine settanta-primissimi novanta: corruzione sistemica [prima parte | seconda parte]
5- prima metà anni novanta- fine anni novanta: disgregazione delle precedenti reti corruttive e metamorfosi del fenomeno
6- anni 2000: iper corruzione finanziaria.
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